Corte di Giustizia UE 14 marzo
2019, n. C-557/17, Y.Z. e a. (Fraude dans
le regroupement familial)
Rinvio pregiudiziale – Diritto al ricongiungimento
familiare – Direttiva 2003/86/CE – Articolo 16, paragrafo 2, lettera
a) – Articolo 17 – Revoca del permesso di soggiorno del familiare di
un cittadino di un paese terzo – Status dei cittadini di paesi terzi che
siano soggiornanti di lungo periodo – Direttiva 2003/109/CE –
Articolo 9, paragrafo 1, lettera a) – Perdita di tale status –
Frode – Assenza di conoscenza della frode
1) L’articolo 16, paragrafo 2,
lettera a), della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003,
relativa al diritto al ricongiungimento familiare, dev’essere interpretato nel
senso che, nel caso in cui ai fini del rilascio di permessi di soggiorno ai
familiari del cittadino di un paese terzo siano stati prodotti documenti
falsificati, la circostanza che detti familiari non fossero a conoscenza del
carattere fraudolento di tali documenti non osta a che lo Stato membro
interessato proceda, in applicazione di tale disposizione, alla revoca di detti
permessi. In conformità all’articolo 17 di tale direttiva, spetta tuttavia alle
autorità nazionali competenti effettuare preliminarmente un esame
individualizzato della situazione di tali familiari, procedendo a una
valutazione equilibrata e ragionevole di tutti gli interessi in gioco.
2) L’articolo 9, paragrafo 1,
lettera a), della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003,
relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di
lungo periodo, dev’essere interpretato nel senso che, nel caso in cui lo status
di soggiornante di lungo periodo sia stato concesso a cittadini di paesi terzi
in base a documenti falsificati, la circostanza che detti cittadini non fossero
a conoscenza del carattere fraudolento di tali documenti non osta a che lo
Stato membro interessato proceda, in applicazione di tale disposizione, alla
revoca di detto status.
Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
14 marzo 2019
Nella causa C‑557/17,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Raad van State
(Consiglio di Stato, Paesi Bassi), con decisione del 20 settembre 2017,
pervenuta in cancelleria il 22 settembre 2017, nel procedimento
Staatssecretaris
van Veiligheid en Justitie
contro
Y.Z.,
Z.Z.,
Y.Y.
LA CORTE
(Quarta Sezione),
composta da T. von Danwitz, presidente della
Settima Sezione, facente funzione di presidente della Quarta Sezione,
K. Jürimäe, C. Lycourgos (relatore), E. Juhász e C. Vajda,
giudici,
avvocato generale: P. Mengozzi
cancelliere: M. Ferreira, amministratrice
principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito
all’udienza del 5 luglio 2018,
considerate le osservazioni presentate:
– per
Y.Z., Z.Z. e Y.Y., da M. Strooij e A.C.M. Nederveen, advocaten;
– per il
governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman, M.H.S. Gijzen e
J.M. Hoogveld, in qualità di agenti;
– per il
governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;
– per la Commissione europea,
da R. Troosters e C. Cattabriga, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza del 4 ottobre 2018,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La
domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 16,
paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22
settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GU 2003,
L 251, pag. 12), e dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della
direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status
dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU 2004,
L 16, pag. 44).
2 Tale
domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra lo
Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie (Segretario di Stato alla sicurezza
e alla giustizia, Paesi Bassi; in prosieguo: il «Segretario di Stato») e Y.Z.,
Z.Z. e Y.Y. (in prosieguo, rispettivamente: il «padre», il «figlio» e la
«madre»), in merito a talune decisioni del Segretario di Stato che hanno
revocato i permessi di soggiorno concessi a Y.Z., Z.Z. e Y. Y, ingiungendo loro
di lasciare immediatamente il territorio Paesi Bassi e vietando loro il
reingresso.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
La direttiva 2003/86
3 I
considerando 2 e 4 della direttiva 2003/86 così recitano:
«(2) Le misure
in materia di ricongiungimento familiare dovrebbero essere adottate in
conformità con l’obbligo di protezione della famiglia e di rispetto della vita
familiare che è consacrato in numerosi strumenti di diritto internazionale. La
presente direttiva rispetta i diritti fondamentali ed i principi riconosciuti
in particolare nell’articolo 8 della convenzione europea per la salvaguardia
dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalla Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea.
(…)
(4) Il
ricongiungimento familiare è uno strumento necessario per permettere la vita
familiare. Esso contribuisce a creare una stabilità socioculturale che facilita
l’integrazione dei cittadini di paesi terzi negli Stati membri, permettendo
d’altra parte di promuovere la coesione economica e sociale, obiettivo
fondamentale della Comunità, enunciato nel trattato».
4 Ai
sensi dell’articolo 1 di tale direttiva:
«Lo scopo della presente direttiva è quello di fissare
le condizioni dell’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare di cui
dispongono i cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio
degli Stati membri».
5 L’articolo
2 della direttiva di cui trattasi così dispone:
«Ai fini della presente direttiva, si intende per:
(…)
c) “soggiornante”:
il cittadino di un paese terzo legalmente soggiornante in uno Stato membro che
chiede o i cui familiari chiedono il ricongiungimento familiare;
d) “ricongiungimento
familiare”: l’ingresso e il soggiorno in uno Stato membro dei familiari di un
cittadino di un paese terzo che soggiorna legalmente in tale Stato membro, al
fine di conservare l’unità familiare, indipendentemente dal fatto che il legame
familiare sia anteriore;
(…)».
6 L’articolo
4, paragrafo 1, della direttiva 2003/86 così recita:
«In virtù della presente direttiva e subordinatamente alle
condizioni stabilite al capo IV e all’articolo 16, gli Stati membri autorizzano
l’ingresso e il soggiorno dei seguenti familiari:
a) il coniuge
del soggiornante;
b) i figli
minorenni del soggiornante e del coniuge (…);
(…)».
7 L’articolo
5, paragrafo 2, primo comma, di tale direttiva prevede quanto segue:
«La domanda [di ingresso e di soggiorno] deve essere
corredata da documenti che comprovano i vincoli familiari e il rispetto delle
condizioni previste dagli articoli 4 e 6 e, nel caso siano applicabili, dagli
articoli 7 e 8 (…)».
8 L’articolo
7, paragrafo 1, di detta direttiva dispone quanto segue:
«Al momento della presentazione della domanda di
ricongiungimento familiare, lo Stato membro interessato può chiedere alla
persona che ha presentato la richiesta di dimostrare che il soggiornante
dispone:
(…)
c) di risorse
stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari senza
ricorrere al sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato (…)».
9 L’articolo
13, paragrafo 3, della direttiva 2003/86 così recita:
«Il periodo di validità dei permessi di soggiorno
concessi al familiare o ai familiari non può in linea di principio andare oltre
la data di scadenza del permesso di soggiorno del soggiornante».
10 L’articolo
16, paragrafi 2 e 3, di tale direttiva così dispone:
«2. Gli Stati membri
possono inoltre respingere la domanda d’ingresso e di soggiorno ai fini del
ricongiungimento familiare, oppure ritirare o rifiutare il rinnovo del permesso
di soggiorno dei familiari se è accertato che:
a) sono state
utilizzate informazioni false o ingannevoli, sono stati utilizzati documenti
falsi o falsificati, ovvero è stato fatto ricorso alla frode o ad altri mezzi
illeciti;
(…)
3. Gli Stati membri
possono ritirare o rifiutare di rinnovare il permesso di soggiorno di un
familiare quando sia posto fine al soggiorno del soggiornante e il familiare
non sia ancora titolare del diritto al permesso di soggiorno autonomo in virtù
dell’articolo 15».
11 L’articolo
17 della citata direttiva recita:
«In caso di rigetto di una domanda, di ritiro o di
mancato rinnovo del permesso di soggiorno o di adozione di una misura di
allontanamento nei confronti del soggiornante o dei suoi familiari, gli Stati
membri prendono nella dovuta considerazione la natura e la solidità dei vincoli
familiari della persona e la durata del suo soggiorno nello Stato membro,
nonché l’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese
d’origine».
La direttiva 2003/109
12 I
considerando 2, 4, 6 e 12 della direttiva 2003/109 così recitano:
«(2) Nella
riunione straordinaria di Tampere del 15 e del 16 ottobre 1999, il Consiglio
europeo ha affermato che occorre ravvicinare lo status giuridico dei cittadini
di paesi terzi a quello dei cittadini degli Stati membri e che, alle persone
che soggiornano regolarmente in un determinato Stato membro per un periodo da
definirsi e sono in possesso di un permesso di soggiorno di lunga durata, lo
Stato membro dovrebbe garantire una serie di diritti uniformi e quanto più
simili a quelli di cui beneficiano i cittadini dell’Unione europea.
(…)
(4) L’integrazione
dei cittadini di paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri
costituisce un elemento cardine per la promozione della coesione economica e
sociale, obiettivo fondamentale della Comunità enunciato nel trattato.
(…)
(6) La
condizione principale per ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo
dovrebbe essere la durata del soggiorno nel territorio di uno Stato membro.
Dovrebbe trattarsi di un soggiorno legale ed ininterrotto, a testimonianza del
radicamento del richiedente nel paese in questione (…).
(…)
(12) Per
costituire un autentico strumento di integrazione sociale, lo status di
soggiornante di lungo periodo dovrebbe valere al suo titolare la parità di
trattamento con i cittadini dello Stato membro in una vasta gamma di settori
economici e sociali sulle pertinenti condizioni definite dalla presente
direttiva».
13 L’articolo
4, paragrafo 1, di tale direttiva dispone quanto segue:
«Gli Stati membri conferiscono lo status di soggiornante
di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che hanno soggiornato legalmente e
ininterrottamente per cinque anni nel loro territorio immediatamente prima
della presentazione della pertinente domanda».
14 L’articolo
5, paragrafo 1, della citata direttiva prevede quanto segue:
«Gli Stati membri richiedono ai cittadini di paesi terzi
di comprovare che dispongono, per sé e per i familiari a carico:
a) di risorse
stabili e regolari, sufficienti al sostentamento loro e dei loro familiari,
senza fare ricorso al sistema di assistenza sociale dello Stato membro
interessato (…).
(…)».
15 L’articolo
7, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2003/109 è formulato come segue:
«Per ottenere lo status di soggiornante di lungo
periodo, il cittadino di paese terzo interessato presenta domanda alle autorità
competenti dello Stato membro in cui soggiorna. La domanda è corredata della
documentazione comprovante conformemente alla legislazione nazionale la
sussistenza delle condizioni di cui agli articoli 4 e 5 (…)».
16 Ai
sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva:
«Lo status di soggiornante di lungo periodo è
permanente, fatto salvo l’articolo 9».
17 L’art. 9
della direttiva di cui trattasi così dispone:
«1. I soggiornanti di
lungo periodo non hanno più diritto allo status di soggiornante di lungo
periodo nei casi seguenti:
a) constatazione
dell’acquisizione fraudolenta dello status di soggiornante di lungo periodo;
(…)
7. Quando la revoca o
la perdita dello status di soggiornante di lungo periodo non comporta
l’allontanamento, lo Stato membro autorizza l’interessato a rimanere nel suo
territorio se soddisfa le condizioni previste nel suo diritto interno e/o se
questi non costituisce una minaccia per l’ordine pubblico e la pubblica
sicurezza».
La decisione n. 1/80
18 L’articolo
7, primo comma, della decisione n. 1/80 del Consiglio di associazione, del
19 settembre 1980, relativa allo sviluppo dell’associazione e acclusa
all’Accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, firmato il 12
settembre 1963 ad Ankara dalla Repubblica di Turchia, da un lato, nonché dagli
Stati membri della CEE e dalla Comunità, dall’altro, e che è stato concluso,
approvato e confermato a nome di quest’ultima dalla decisione 64/732/CEE del
Consiglio, del 23 dicembre 1963 (GU 1964, 217, pag. 3685), prevede quanto
segue:
«I familiari che sono stati autorizzati a raggiungere un
lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro:
– hanno
il diritto di rispondere – fatta salva la precedenza ai lavoratori degli
Stati membri della Comunità – a qualsiasi offerta di impiego, se vi
risiedono regolarmente da almeno tre anni;
– beneficiano
del libero accesso a qualsiasi attività dipendente di loro scelta se vi
risiedono regolarmente da almeno cinque anni».
Il diritto dei Paesi Bassi
19 L’articolo
14, paragrafo 1, della wet tot algehele herziening van de Vreemdelingenwet
(legge recante completa revisione della legge sugli stranieri), del 23 novembre
2000 (Stb. 2000, n. 495; in prosieguo: la «legge del 2000»), prevede
quanto segue:
«Il nostro Ministro è competente:
a) ad
accogliere, respingere o escludere senza esame la domanda volta a ottenere un
permesso di soggiorno a durata determinata;
(…)».
20 L’articolo
18, paragrafo 1, di tale legge dispone quanto segue:
«Una domanda diretta a ottenere la proroga della
validità di un permesso di soggiorno a durata determinata di cui all’articolo
14 può essere respinta quando:
(…)
c) lo
straniero ha fornito informazioni inesatte o non ha fornito informazioni
laddove tali informazioni avrebbero comportato il rigetto della domanda
iniziale di ottenimento o di proroga;
(…)».
21 L’articolo
19 di detta legge è formulato come segue:
«Il permesso di soggiorno a durata determinata può
essere revocato per i motivi di cui all’articolo 18, paragrafo 1, ad eccezione
di quello previsto alla lettera b) (...)».
22 Ai
sensi dell’articolo 45a, paragrafo 1, della legge del 2000:
«Il nostro Ministro è competente:
a) ad
accogliere, respingere o escludere senza esame la domanda volta a ottenere un
permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo;
b) a revocare
un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo».
23 L’articolo
45d, paragrafo 3, di tale legge prevede quanto segue:
«Il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo
periodo – UE è revocato qualora:
(…)
b) il permesso
di soggiorno sia stato ottenuto in maniera fraudolenta».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
24 A
decorrere dal 29 marzo 2001 il padre, cittadino cinese, ha ottenuto un permesso
di soggiorno ordinario a tempo determinato nei Paesi Bassi, nell’ambito delle
sue presunte attività di dirigente di una società, e poi, con decorrenza dal 28
aprile 2006, un permesso di soggiorno ordinario a tempo indeterminato in tale
Stato membro. Tali permessi di soggiorno sono stati rilasciati esclusivamente
in base al diritto nazionale.
25 Il
31 gennaio 2002, la madre ed il figlio, rispettivamente moglie del padre e
figlio minorenne della coppia, nato nel 1991 – anch’essi cittadini
cinesi – hanno ottenuto permessi di soggiorno ordinari a tempo determinato
nel suddetto Stato membro in forza dell’articolo 14 della legge del 2000. Tali
permessi sono stati rilasciati nell’ambito di un ricongiungimento familiare con
il padre, ai sensi della direttiva 2003/86. Con decorrenza dal 18 ottobre 2006,
alla madre e al figlio sono stati rilasciati permessi di soggiorno ordinari a
tempo indeterminato nello stesso Stato membro, recanti l’annotazione
«soggiornante CE di lungo periodo», in forza degli articoli 20 e 21 della legge
del 2000, sostituiti e riprodotti, sostanzialmente, all’articolo 45a di tale
legge, che traspongono nell’ordinamento giuridico dei Paesi Bassi gli articoli
7 e 8 della direttiva 2003/109.
26 Con
diverse decisioni del 29 gennaio 2014, il Segretario di Stato ha revocato con
efficacia retroattiva, da un lato, i differenti permessi di soggiorno ordinari
rilasciati al padre, con la motivazione che la presunta occupazione svolta da
quest’ultimo era fittizia in quanto la società da cui dipendeva non esercitava
alcuna attività, e che tali permessi erano quindi stati ottenuti in maniera
fraudolenta. Dall’altro lato, il Segretario di Stato ha revocato con efficacia
retroattiva anche i permessi di soggiorno a tempo determinato rilasciati alla
madre e al figlio nell’ambito del ricongiungimento familiare, nonché i permessi
di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo rilasciati a questi ultimi. Con
tali decisioni il Segretario di Stato ha inoltre ingiunto al padre, alla madre
e al figlio di lasciare immediatamente il territorio dei Paesi Bassi e ha
adottato un divieto di reingresso nei loro confronti.
27 Per
quanto riguarda, più in particolare, i permessi di soggiorno regolari a tempo
determinato della madre e del figlio, revocati in applicazione dell’articolo
18, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 19 della legge del 2000, che danno
attuazione nel diritto interno all’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), della
direttiva 2003/86, il Segretario di Stato ritiene che essi siano stati
acquisiti in maniera fraudolenta, dal momento che sono stati rilasciati in base
alle attestazioni fraudolente sull’occupazione del padre. Lo stesso varrebbe
anche per i permessi di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo della madre
e del figlio. In effetti, da un lato, tali permessi sono stati ottenuti in base
all’inesatto presupposto che la madre e il figlio beneficiassero, prima della
concessione di detti permessi, di un soggiorno regolare nei Paesi Bassi.
Dall’altro lato, le attestazioni fraudolente sull’occupazione del padre sono
state anch’esse prodotte ai fini di tale rilascio per far credere che la madre
e il figlio disponessero di risorse stabili, regolari e sufficienti, dal
momento che in nessun momento questi ultimi avrebbero avuto a disposizione tali
risorse in modo autonomo.
28 Secondo
il Segretario di Stato, la circostanza che la madre e il figlio fossero o meno
a conoscenza della frode commessa dal padre e del carattere fraudolento delle
attestazioni sull’occupazione di quest’ultimo è irrilevante.
29 Con
una decisione del 4 maggio 2015, il Segretario di Stato ha respinto il reclamo
proposto dal padre, dalla madre e dal figlio avverso le decisioni del 29
gennaio 2014.
30 Investito
di un ricorso avverso la decisione del 4 maggio 2015, con sentenza del 31
maggio 2016 il rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia, Paesi Bassi) ha
stabilito che il Segretario di Stato aveva revocato giustamente i diversi
permessi di soggiorno del padre nonché, da un lato, i permessi di soggiorno
ordinari a tempo determinato della madre e del figlio, in applicazione
dell’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86, e,
dall’altro, i permessi di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo di questi
ultimi ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva
2003/109. Per contro, tale Tribunale ha considerato il ricorso fondato in
quanto il Segretario di Stato non aveva debitamente esposto le ragioni per le
quali la revoca dei permessi di soggiorno accordati al figlio non violava il
diritto alla vita privata garantito dall’articolo 8 della Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata
a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»).
31 Il
Segretario di Stato, da un lato, e il padre, la madre e il figlio, dall’altro,
hanno proposto appello avverso tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio.
32 Tale
giudice ha accolto l’appello proposto dal Segretario di Stato.
33 Detto
giudice ha infatti stabilito che quest’ultimo non era incorso in errore nel
ritenere, in considerazione dei diversi interessi in gioco, che la revoca dei
permessi di soggiorno rilasciati al figlio non violasse l’articolo 8 della
CEDU. Egli ha aggiunto che l’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), cui occorre attribuire lo
stesso significato e la stessa portata che sono conferiti all’articolo 8 della
CEDU, non conduceva ad una diversa valutazione.
34 Con
riguardo all’appello incidentale proposto dal padre, dalla madre e dal figlio,
il giudice del rinvio rileva che è pacifico che il padre ha ottenuto i suoi
permessi di soggiorno a tempo determinato e a tempo indeterminato in maniera
fraudolenta, dal momento che la sua occupazione era fittizia. Pertanto, la controversia
verte soltanto sulle conseguenze della frode sul diritto di soggiorno della
madre e del figlio.
35 A
quest’ultimo riguardo, tale giudice sottolinea, da un lato, che è pacifico che
le attestazioni fraudolente sull’occupazione prodotte dal padre per dimostrare
che disponeva di risorse stabili, regolari e sufficienti ai sensi dell’articolo
7, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/86, sono alla base del
rilascio e della proroga dei permessi di soggiorno ordinari a tempo determinato
della madre e del figlio. Orbene, il padre non avrebbe mai potuto disporre di
tali risorse, in quanto la sua occupazione era fittizia. Peraltro, detto
giudice rileva che la madre ed il figlio non hanno ottenuto un permesso di
soggiorno autonomo ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, di tale direttiva,
in quanto nel diritto dei Paesi Bassi un tale permesso di soggiorno è limitato
a motivi umanitari non temporanei, e la madre e il figlio non ne hanno mai
richiesto il rilascio.
36 Per
quanto riguarda, dall’altro lato, i permessi di soggiorno per soggiornanti di
lungo periodo rilasciati alla madre e al figlio, il giudice del rinvio
sottolinea che è altresì pacifico che il soggiorno di questi ultimi nel
territorio dei Paesi Bassi prima dell’ottenimento di tali permessi era fondato
sulla frode del padre. Di conseguenza, si basava su una frode anche il
presupposto secondo il quale essi soddisfacevano la condizione di un soggiorno
legale di cinque anni sul territorio di uno Stato membro, prevista all’articolo
4, paragrafo 1, della direttiva 2003/109. Inoltre, detti permessi sono stati
ottenuti in base alle attestazioni fraudolente sull’occupazione del padre, che
sono state prodotte ai fini di tale ottenimento.
37 Tuttavia,
secondo tale giudice, nel caso di specie occorre partire dalla premessa che la
madre e il figlio ignoravano le condotte fraudolente del padre, dal momento che
il Segretario di Stato non solo non ha affermato che essi ne fossero a
conoscenza, ma ha inoltre considerato che tale aspetto era irrilevante.
38 Detto
giudice si chiede se, in tali circostanze, il Segretario di Stato potesse
validamente revocare, da un lato, i permessi di soggiorno a tempo determinato
rilasciati alla madre e al figlio, conformemente all’articolo 16, paragrafo 2,
lettera a), della direttiva 2003/86, e, dall’altro, i permessi di soggiorno per
soggiornanti di lungo periodo rilasciati a questi ultimi, in applicazione
dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/109.
39 In
tali circostanze, il Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi) ha deciso
di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni
pregiudiziali:
«1) Se
l’articolo 16, paragrafo 2, parte iniziale e lettera a), della direttiva
[2003/86] debba essere interpretato nel senso che esso osta alla revoca di un
permesso di soggiorno rilasciato nel contesto del ricongiungimento familiare
nel caso in cui il rilascio di detto titolo di soggiorno sia basato su dati
fraudolenti, laddove il familiare non era a conoscenza della natura fraudolenta
di detti dati.
2) Se
l’articolo 9, paragrafo 1, parte iniziale e lettera a), della direttiva
[2003/109] debba essere interpretato nel senso che esso osta alla revoca dello
status di soggiornante di lungo periodo nel caso in cui l’acquisizione di tale
status sia fondata su dati fraudolenti, laddove il soggiornante di lungo
periodo non era a conoscenza della natura fraudolenta di detti dati».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
40 Con
la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo
16, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86 debba essere interpretato
nel senso che osta a che uno Stato membro revochi i permessi di soggiorno che
sono stati rilasciati ai familiari di un cittadino di un paese terzo in
applicazione di tale direttiva, con la motivazione che per ottenere tali
permessi di soggiorno sono stati prodotti documenti falsificati, nell’ipotesi
in cui i suddetti familiari ignorassero il carattere fraudolento di tali
documenti.
41 Per
rispondere a tale questione occorre ricordare che, in forza dell’articolo 4,
paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2003/86, gli Stati membri
autorizzano l’ingresso e il soggiorno, in conformità a tale direttiva, del coniuge
del soggiornante e dei figli minorenni del soggiornante e del coniuge. Ai sensi
dell’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva, la domanda di ingresso e di
soggiorno è corredata dei documenti che comprovano il rispetto delle condizioni
previste in particolare all’articolo 7 della stessa direttiva, il cui paragrafo
1, lettera c), prevede che lo Stato membro interessato può chiedere alla
persona che ha presentato la richiesta di dimostrare che il soggiornante
dispone di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i
suoi familiari senza ricorrere al sistema di assistenza sociale di tale Stato
membro.
42 L’articolo
16, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86 prevede che gli Stati
membri possono ritirare il permesso di soggiorno di un familiare se è accertato
che sono state utilizzate informazioni false o ingannevoli, sono stati
utilizzati documenti falsi o falsificati, ovvero è stato fatto ricorso alla
frode o ad altri mezzi illeciti.
43 Dalla
formulazione di tale disposizione emerge che, in via di principio, gli Stati
membri possono ritirare tale permesso qualora per ottenerlo siano stati
prodotti documenti falsificati o sia stato fatto ricorso alla frode. La
suddetta disposizione non individua la persona che ha fornito o utilizzato tali
documenti o che ha commesso tale frode, né esige che il familiare interessato
fosse a conoscenza di quest’ultima. Da tale formulazione emerge anche che il
semplice utilizzo a questi stessi fini di informazioni false o di documenti falsi,
in particolare al fine di far credere che il soggiornante disponesse di risorse
stabili, regolari e sufficienti ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera
c), di tale direttiva, è sufficiente per fondare una decisione di revoca del
permesso di soggiorno dei familiari, senza che l’articolo 16, paragrafo 2,
lettera a), della direttiva 2003/86 esiga la dimostrazione di un intento
fraudolento da parte di tali familiari o la conoscenza da parte loro della
falsità di tali informazioni o di tali documenti.
44 Tale
interpretazione è corroborata da una lettura sistematica dell’articolo 16,
paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86.
45 I
motivi di revoca del permesso di soggiorno previsti da tale disposizione sono
infatti identici ai motivi di rigetto di una domanda di ingresso e di
soggiorno. Detta disposizione prevede, in tal senso, che l’utilizzo di
informazioni false o ingannevoli o di documenti falsi o falsificati nonché il
ricorso alla frode o ad altri mezzi illeciti costituiscono motivo non solo di
revoca del permesso di soggiorno rilasciato, ma anche di rigetto di tale
domanda. Tali motivi devono dunque essere interpretati allo stesso modo in
entrambi i casi. Orbene, come ha sottolineato il governo dei Paesi Bassi,
l’effetto utile della medesima disposizione impone che uno Stato membro possa
respingere la domanda di ingresso e di soggiorno di un familiare qualora a
sostegno di tale domanda vengano prodotti documenti falsi o falsificati,
quand’anche tale familiare ignorasse il carattere falso o falsificato di tali
documenti.
46 Peraltro,
in una situazione come quella di cui al procedimento principale, nella quale il
soggiornante ha commesso una frode, data l’importanza centrale del soggiornante
nel sistema istituito dalla direttiva 2003/86, risponde agli obiettivi
perseguiti da tale direttiva ed alla ratio ad essa sottesa che tale frode abbia
ripercussioni sul processo di ricongiungimento familiare e che, in particolare,
essa infici i permessi di soggiorno rilasciati ai familiari di tale
soggiornante, quand’anche questi ultimi non fossero a conoscenza della frode
commessa.
47 Dal
considerando 4 della direttiva 2003/86 risulta infatti che essa persegue
l’obiettivo generale di facilitare l’integrazione negli Stati membri dei
cittadini dei paesi terzi – ossia dei soggiornanti – consentendo la
vita familiare grazie al ricongiungimento (sentenza del 21 aprile 2016,
Khachab, C‑558/14, EU:C:2016:285, punto 26 e giurisprudenza ivi citata). Da
tale obiettivo, nonché da una lettura d’insieme di tale direttiva, in
particolare dell’articolo 13, paragrafo 3, e dell’articolo 16, paragrafo 3,
deriva che, finché i familiari di cui trattasi non abbiano acquisito un diritto
di soggiorno autonomo ai sensi dell’articolo 15 di tale direttiva, il loro diritto
di soggiorno è un diritto derivato da quello del soggiornante, finalizzato a
favorire l’integrazione di quest’ultimo. Alla luce di quanto precede, uno Stato
membro deve poter considerare che la frode commessa dal soggiornante pregiudica
il processo di ricongiungimento familiare nel suo complesso, in particolare il
diritto di soggiorno derivato dei familiari di tale soggiornante e, su tale
base, revocare ai suddetti familiari il loro permesso di soggiorno, quand’anche
questi ultimi non fossero a conoscenza della frode commessa. Ciò vale a maggior
ragione quando, come nel caso di specie, la frode commessa inficia la
regolarità del diritto di soggiorno del soggiornante.
48 A
quest’ultimo riguardo, occorre aggiungere che, ai sensi dell’articolo 1 della
direttiva 2003/86, lo scopo della medesima è quello di fissare le condizioni
dell’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare di cui dispongono i
cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio degli Stati
membri. Ne consegue che tale diritto è riservato a questi cittadini, il che è
confermato dalla definizione della nozione di «ricongiungimento familiare» di
cui all’articolo 2, lettera d), di tale direttiva. Orbene, il cittadino di un
paese terzo – quale il padre nel procedimento principale – cui siano
stati ritirati con effetto retroattivo i permessi di soggiorno, a motivo della
loro acquisizione fraudolenta, non può essere considerato come soggiornante
legalmente sul territorio di uno Stato membro. Risulta quindi giustificato a priori
che un tale cittadino non possa beneficiare del suddetto diritto e che i titoli
di soggiorno rilasciati ai suoi familiari sulla base di detta direttiva possano
essere revocati.
49 Nella
fattispecie, è pacifico, da un lato, che è stata commessa una frode da parte
del padre, il quale ha prodotto attestazioni sull’occupazione falsificate per
dimostrare che disponeva di risorse stabili e regolari, sufficienti per
mantenere se stesso e i suoi familiari e che, dall’altro lato, tali
attestazioni sono state fornite al fine di ottenere i titoli di soggiorno dei
suoi familiari, vale a dire la madre ed il figlio, sebbene questi ultimi
ignorassero il carattere fraudolento delle suddette attestazioni.
50 In
tali circostanze, dall’interpretazione delle disposizioni dell’articolo 16,
paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86 che figura al punto 43 della
presente sentenza emerge che la frode commessa dal padre e l’utilizzo di
attestazioni sull’occupazione false o falsificate al fine di dimostrare che il
padre disponeva di risorse stabili, regolari e sufficienti ai sensi
dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), di tale direttiva sono a priori
idonee a giustificare la revoca dei titoli di soggiorno che sono stati ottenuti
dalla madre e dal figlio sulla base della suddetta direttiva.
51 Ciò
premesso, come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 27 e 28 delle sue
conclusioni, la revoca di un permesso di soggiorno in applicazione
dell’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86 non può
avvenire in modo automatico. In effetti, dall’utilizzo dei termini «possono
(...) ritirare» contenuti in tale disposizione, risulta che gli Stati membri
dispongono di un margine di discrezionalità in merito a tale revoca. A tal
proposito, lo Stato membro interessato deve, in conformità con l’articolo 17 di
tale direttiva, effettuare preliminarmente un esame individualizzato della
situazione del familiare di cui trattasi, procedendo a una valutazione
equilibrata e ragionevole di tutti gli interessi in gioco (v., in tal senso,
sentenze del 6 dicembre 2012, O e a., C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776,
punto 81, nonché del 21 aprile 2016, Khachab, C‑558/14, EU:C:2016:285, punto
43).
52 In
forza di quest’ultimo articolo, detto Stato membro deve prendere nella dovuta
considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari di tale persona,
la durata del soggiorno di quest’ultima nel suo territorio, nonché, soprattutto
nel caso di una misura di revoca del permesso di soggiorno, l’esistenza di
legami familiari, culturali o sociali di detta persona con il suo paese
d’origine.
53 Inoltre,
come emerge dal considerando 2 della direttiva 2003/86, le misure in materia di
ricongiungimento familiare, quali le misure di revoca del permesso di soggiorno
rilasciato ai familiari, devono essere adottate in conformità con i diritti
fondamentali, in particolare con il diritto al rispetto della vita privata e
familiare, garantito dall’articolo 7 della Carta, che contiene diritti
corrispondenti a quelli tutelati dall’articolo 8, paragrafo 1, della CEDU (v.,
in tal senso, sentenze del 4 marzo 2010, Chakroun, C‑578/08, EU:C:2010:117,
punto 44, nonché del 6 dicembre 2012, O e a., C‑356/11 e C‑357/11,
EU:C:2012:776, punti 75 e 76). Pertanto, se è vero che lo Stato membro interessato
dispone di un certo margine di discrezionalità ai fini dell’esame previsto
dall’articolo 17 della direttiva 2003/86, tale esame dev’essere condotto nel
rispetto dell’articolo 7 della Carta.
54 Nella
fattispecie, quindi, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 32 delle
sue conclusioni, le autorità nazionali competenti dovevano prendere in
considerazione in particolare la durata del soggiorno della madre e del figlio
nei Paesi Bassi, l’età di quest’ultimo al momento del suo arrivo in tale Stato
membro e l’eventuale circostanza che ivi egli sia stato cresciuto e abbia
ricevuto un’istruzione, nonché l’esistenza di legami familiari, economici,
culturali e sociali della madre e del figlio con e nel suddetto Stato membro.
Esse dovevano altresì prendere in considerazione l’eventuale esistenza di tali
legami della madre e del figlio con e nel loro paese di origine, che si valuta
in base a circostanze quali, in particolare, una cerchia familiare presente in
tale paese, viaggi o periodi di soggiorno in tale paese, oppure attraverso il
livello di conoscenza della lingua di detto paese.
55 Come
ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 30 delle sue conclusioni,
nell’ambito della loro valutazione tali autorità dovevano anche tenere conto della
circostanza che nel caso di specie la madre e il figlio non sono essi stessi
responsabili della frode commessa dal padre, e che non ne erano a conoscenza.
56
Spetta al giudice del rinvio verificare se le decisioni di cui al procedimento
principale, con le quali il Segretario di Stato ha revocato i permessi di
soggiorno della madre e del figlio, siano giustificate alla luce delle
considerazioni di cui ai punti 51 e 55 della presente sentenza, oppure se, in
virtù di tali considerazioni, questi ultimi debbano conservare tali permessi di
soggiorno.
57 Alla
luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima questione
dichiarando che l’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86
dev’essere interpretato nel senso che, nel caso in cui, ai fini del rilascio di
permessi di soggiorno ai familiari di un cittadino di un paese terzo, siano
stati prodotti documenti falsificati, la circostanza che tali familiari non
fossero a conoscenza del carattere fraudolento di tali documenti non osta a che
lo Stato membro interessato proceda, in applicazione di tale disposizione, alla
revoca di detti permessi. In conformità all’articolo 17 di tale direttiva,
spetta tuttavia alle autorità nazionali competenti effettuare preliminarmente un
esame individualizzato della situazione di tali familiari, procedendo ad una
valutazione equilibrata e ragionevole di tutti gli interessi in gioco.
Sulla seconda questione
58 Con
la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se
l’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/109, debba essere
interpretato nel senso che osta a che uno Stato membro revochi lo status di
soggiornante di lungo periodo che è stato concesso a cittadini di un paese
terzo in applicazione di tale direttiva con la motivazione che tale status è
stato ottenuto mediante documenti falsificati, nell’ipotesi in cui tali
cittadini ignorassero il carattere fraudolento di detti documenti.
59 Per
rispondere a tale questione occorre ricordare che, in forza dell’articolo 4,
paragrafo 1, della direttiva 2003/109, gli Stati membri conferiscono lo status
di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che hanno
soggiornato legalmente e ininterrottamente per gli ultimi cinque anni nel loro
territorio. L’acquisizione di tale status non è tuttavia automatica. Infatti,
conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva, il cittadino di
un paese terzo deve, a tal fine, presentare domanda alle autorità competenti
dello Stato membro in cui soggiorna, domanda che deve essere corredata della
documentazione comprovante la sussistenza delle condizioni di cui agli articoli
4 e 5 della suddetta direttiva. In particolare, ai sensi dell’articolo 5,
paragrafo 1, lettera a), della medesima direttiva, egli deve dimostrare di
disporre di risorse stabili e regolari, sufficienti al sostentamento suo e dei
suoi familiari senza fare ricorso al sistema di assistenza sociale di tale
Stato membro.
60 L’articolo
8, paragrafo 1, della direttiva 2003/109 dispone che lo status di soggiornante
di lungo periodo è permanente, fatto salvo l’articolo 9 di tale direttiva.
61 A
tal proposito, l’articolo 9, paragrafo 1, lettera a) della suddetta direttiva
prevede che i soggiornanti di lungo periodo non abbiano più diritto a tale
status in caso di constatazione della sua acquisizione fraudolenta. Tale
disposizione non individua tuttavia la persona che dev’essere all’origine della
frode commessa, né richiede che il soggiornante interessato sia a conoscenza di
quest’ultima.
62 Orbene,
secondo una giurisprudenza costante della Corte, i soggetti dell’ordinamento
non possono avvalersi fraudolentemente delle norme dell’Unione, dato che il
principio del divieto della frode costituisce un principio generale del diritto
dell’Unione che i soggetti dell’ordinamento sono tenuti a rispettare (v., in
tal senso, sentenze del 6 febbraio 2018, Altun e a., C‑359/16,
EU:C:2018:63, punti 48 e 49, nonché dell’11 luglio 2018, Commissione/Belgio, C‑356/15,
EU:C:2018:555, punto 99). Il diniego o la revoca di un diritto in ragione di
fatti fraudolenti non è altro che la mera conseguenza della constatazione
secondo la quale, in caso di frode, le condizioni oggettive richieste ai fini
dell’ottenimento di tale diritto non sono, in realtà, soddisfatte (v., in tal
senso, sentenza del 22 novembre 2017, Cussens e a., C‑251/16,
EU:C:2017:881, punto 32).
63 Inoltre,
emerge dai considerando 2, 4, 6 e 12 della direttiva 2003/109 che quest’ultima
mira a garantire l’integrazione dei cittadini di paesi terzi stabilitisi
legalmente e a titolo duraturo negli Stati membri (v., in tal senso, sentenze
del 17 luglio 2014, Tahir, C‑469/13, EU:C:2014:2094, punto 32; del 4 giugno
2015, P e S, C‑579/13, EU:C:2015:369, punto 46, nonché del 2 settembre 2015,
CGIL e INCA, C‑309/14, EU:C:2015:523, punto 21) e, a tal fine, a ravvicinare i
diritti di tali cittadini a quelli di cui godono i cittadini dell’Unione, in
particolare assicurando la parità di trattamento con questi ultimi in una vasta
gamma di settori economici e sociali. Lo status di soggiornante di lungo
periodo permette quindi alla persona cui è attribuito di godere della parità di
trattamento nei settori di cui all’articolo 11 della direttiva 2003/119, alle
condizioni previste da tale articolo. In forza dell’articolo 14, paragrafo 1,
della stessa direttiva, tale status offre altresì al soggiornante di lungo
periodo il diritto di soggiornare, per un periodo superiore a tre mesi, nel
territorio di qualsiasi Stato membro diverso da quello che gli ha conferito
detto status, alle condizioni stabilite dal capo III della suddetta direttiva,
e di godere in questo Stato membro, in conformità con l’articolo 21 della
medesima direttiva, della parità di trattamento prevista dall’articolo 11.
64 Alla
luce degli estesi diritti connessi allo status di soggiornante di lungo
periodo, è importante che gli Stati membri possano combattere efficacemente la
frode, revocando al beneficiario lo status di soggiornante di lungo periodo che
si basi su una frode.
65 Da
quanto precede discende che nessuno può pretendere di conservare diritti
acquisiti in forza della direttiva 2003/109 mediante una frode,
indipendentemente dal fatto che tale frode sia o meno commessa dal beneficiario
di tali diritti o nota a quest’ultimo, in quanto l’elemento determinante è che
l’acquisizione dei suddetti diritti sia il risultato di una frode.
66 Ne
consegue che l’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/109 si
applica in tutti i casi in cui l’ottenimento dello status di soggiornante di
lungo periodo si basa su una frode, vale a dire quando una frode è all’origine
di tale ottenimento, chiunque sia la persona che ha commesso tale frode e
indipendentemente dal fatto che detto soggiornante ne fosse a conoscenza.
67 In
particolare, tale disposizione si applica qualora, come nel procedimento
principale, ai fini dell’ottenimento dello status di soggiornante di lungo
periodo il soggiornante interessato abbia fornito documenti falsificati per
dimostrare che disponeva di risorse stabili e regolari, sufficienti per
mantenere se stesso e i suoi familiari, e ciò anche se egli non era all’origine
della frode commessa ed ignorava il carattere fraudolento di tali documenti. In
un caso del genere, infatti, l’acquisizione di tale status si fonda
direttamente su tale frode, di modo che quest’ultima inficia necessariamente
detto status.
68 Questa
interpretazione non è rimessa in discussione dalla sentenza del 18 dicembre
2008, Altun (C‑337/07, EU:C:2008:744), menzionata dal giudice del rinvio.
69 In
tale sentenza, la Corte
ha statuito che, a partire dal momento in cui i familiari di un lavoratore
turco abbiano acquisito un diritto di soggiorno autonomo in forza dell’articolo
7, primo comma, della decisione n. 1/80, tale diritto non può più essere
rimesso in discussione a causa delle irregolarità che, in passato, hanno
pregiudicato il diritto di soggiorno di detto lavoratore, irregolarità che
nella fattispecie conseguivano al comportamento fraudolento di quest’ultimo
(v., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2008, Altun, C‑337/07,
EU:C:2008:744, punti 56, 57 e 59). Pertanto, la Corte ha dichiarato, in
sostanza, che la frode che viziava il diritto di soggiorno del lavoratore turco
non poteva pregiudicare il diritto di soggiorno autonomo dei suoi familiari.
70 Tuttavia,
si deve rilevare che le circostanze della causa che ha dato luogo a tale
sentenza si distinguono da quelle di cui al procedimento principale. Infatti,
conformemente all’articolo 7, primo comma, della decisione n. 1/80, i
familiari di un lavoratore turco ottengono un diritto di soggiorno autonomo
dopo un periodo di tre anni di residenza nello Stato membro ospitante, senza
che sia necessario presentare un’apposita domanda. La Corte non si è perciò
pronunciata sulle conseguenze che l’utilizzo di documenti falsificati a
sostegno di una tale domanda avrebbe avuto sui diritti delle persone
interessate.
71 Orbene,
nel caso di specie, emerge dalla decisione di rinvio che le decisioni di cui al
procedimento principale, con le quali il Segretario di Stato ha revocato i
permessi di soggiornante di lungo periodo della madre e del figlio, si fondano
proprio sul fatto che, segnatamente, sono state prodotte attestazioni
fraudolente sull’occupazione del padre a sostegno della domanda della madre e
del figlio volta ad ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo, al
fine di far credere che essi disponessero di risorse stabili, regolari e
sufficienti, dal momento che, come si è esposto al punto 59 della presente
sentenza, l’acquisizione di detto status era possibile solo a seguito di tale
domanda.
72 Da
quanto precede risulta che, conformemente all’articolo 9, paragrafo 1, lettera
a), della direttiva 2003/109, un cittadino di un paese terzo non ha più diritto
allo status di soggiornante di lungo periodo previsto da tale direttiva qualora
sia accertato che l’acquisizione di detto status era basata su documenti
falsificati, quand’anche tale cittadino ignorasse il carattere fraudolento dei
documenti.
73 Ciò
posto, la perdita dello status di soggiornante di lungo periodo non implica, di
per sé, che la persona interessata perda anche il diritto di soggiorno nello
Stato membro ospitante, in base al quale essa ha presentato la domanda di
concessione di detto status ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della
direttiva 2003/109, e in base al quale essa ha ottenuto tale status in
conformità all’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva, indipendentemente
dal fatto che tale diritto di soggiorno sia stato ottenuto in forza del diritto
nazionale o del diritto dell’Unione. Tale perdita, pertanto, non ha neanche
come conseguenza automatica l’allontanamento dal territorio di tale Stato
membro, come risulta dall’articolo 9, paragrafo 7, della direttiva 2003/109.
Nel caso in cui, come nel procedimento principale, le persone interessate,
ossia la madre ed il figlio, abbiano ottenuto lo status di soggiornante di
lungo periodo in base ad un diritto di soggiorno conferito in forza della
direttiva 2003/86, spetta al giudice del rinvio, come si è esposto al punto 56
della presente sentenza, verificare se tali persone debbano, conformemente
all’articolo 17 di tale direttiva, conservare il permesso di soggiorno che è
stato loro rilasciato in forza di quest’ultima.
74 Alla
luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla seconda
questione dichiarando che l’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della
direttiva 2003/109 dev’essere interpretato nel senso che, nel caso in cui lo
status di soggiornante di lungo periodo sia stato concesso a cittadini di paesi
terzi in base a documenti falsificati, la circostanza che detti cittadini non
fossero a conoscenza del carattere fraudolento di tali documenti non osta a che
lo Stato membro interessato proceda, in applicazione di tale disposizione, alla
revoca di detto status.
Sulle spese
75 Nei
confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce
un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire
sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni
alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione)
dichiara:
1) L’articolo 16,
paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22
settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare, dev’essere
interpretato nel senso che, nel caso in cui ai fini del rilascio di permessi di
soggiorno ai familiari del cittadino di un paese terzo siano stati prodotti
documenti falsificati, la circostanza che detti familiari non fossero a
conoscenza del carattere fraudolento di tali documenti non osta a che lo Stato
membro interessato proceda, in applicazione di tale disposizione, alla revoca
di detti permessi. In conformità all’articolo 17 di tale direttiva, spetta
tuttavia alle autorità nazionali competenti effettuare preliminarmente un esame
individualizzato della situazione di tali familiari, procedendo a una
valutazione equilibrata e ragionevole di tutti gli interessi in gioco.
2) L’articolo 9,
paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25
novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano
soggiornanti di lungo periodo, dev’essere interpretato nel senso che, nel caso
in cui lo status di soggiornante di lungo periodo sia stato concesso a
cittadini di paesi terzi in base a documenti falsificati, la circostanza che
detti cittadini non fossero a conoscenza del carattere fraudolento di tali
documenti non osta a che lo Stato membro interessato proceda, in applicazione
di tale disposizione, alla revoca di detto status.
Dal sito http://curia.europa.eu