giovedì 29 ottobre 2015





Qualificazione di Poste Italiane s.p.a.

Tar Campania, Salerno, 23 settembre 2015, n. 2064

Esula dalla disciplina dell’accesso, ex l. 241/1990, l’attività creditizia – di cui costituisce espressione il libretto postale di risparmio – di Poste Italiane s.p.a.



Cass. pen. 13 febbraio 2015, n. 31660

Ai fini penali, in tema di qualificazione soggettiva degli addetti ai servizi postali, la trasformazione dell’amministrazione postale in ente pubblico economico e la successiva adozione della forma della società per azioni, di cui alla legge 23 dicembre 1996, n. 662, non fanno venir meno la natura pubblicistica non solo dei servizi postali definiti riservati dal D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261, ma neppure dei servizi non riservati, come quelli relativi alla raccolta del risparmio attraverso i libretti di risparmio postale ed i buoni postali fruttiferi (cosiddetto “bancoposta”), ora disciplinata dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 284.

Ai fini penali, il dipendente di un ufficio postale addetto allo svolgimento del servizio di raccolta del risparmio riveste la qualità di persona incaricata di pubblico servizio.  (Fattispecie in tema di peculato)




In tema di concessione cimiteriale

Cons. di Stato, V,  ottobre 2015



Lo ius sepulchri, ossia il diritto, spettante al titolare di concessione cimiteriale, ad essere tumulato nel sepolcro, garantisce al concessionario ampi poteri di godimento del bene e si atteggia come un diritto reale nei confronti dei terzi. Ciò significa che, nei rapporti interprivati, la protezione della situazione giuridica è piena, assumendo la fisionomia tipica dei diritti reali assoluti di godimento. Tuttavia, laddove tale facoltà concerna un manufatto costruito su terreno demaniale, lo ius sepulchri non preclude l’esercizio dei poteri autoritativi da parte della pubblica amministrazione concedente, sicché sono configurabili interessi legittimi quando sono emanati atti di autotutela. In questa prospettiva, infatti, dalla demanialità del bene discende l'intrinseca "cedevolezza" del diritto, che trae origine da una concessione amministrativa su bene pubblico

La posizione giuridica soggettiva del privato, titolare della concessione, tende a recedere dinnanzi ai poteri dell'amministrazione in ordine ad una diversa conformazione del rapporto, trattandosi di una posizione soggettiva che trova fonte, se non esclusiva, quanto meno prevalente nel provvedimento di concessione, cosìcché, a fronte di successive determinazioni del concedente, il concessionario può chiedere ogni tutela spettante alla sua posizione di interesse legittimo.

Nel corso del rapporto concessorio si devono rispettare tutte le norme di legge e di regolamento emanate per la disciplina dei suoi specifici aspetti, in quanto lo ius sepulchri attiene ad una fase di utilizzo del bene che segue lo sfruttamento del suolo mediante edificazione della cappella e che soggiace all'applicazione del regolamento di polizia mortuaria. Questa disciplina si colloca ad un livello ancora più elevato di quello che contraddistingue l'interesse del concedente e soddisfa superiori interessi pubblici di ordine igienico-sanitario, oltre che edilizio e di ordine pubblico

Una volta costituito il rapporto concessorio, questo può essere disciplinato da una normativa entrata in vigore successivamente, diretta a regolamentare le concrete modalità di esercizio dello ius sepulchri, anche con riferimento alla determinazione dell'ambito soggettivo di utilizzazione del bene: sotto questo profilo, non è pertinente il richiamo al principio dell'articolo 11 delle preleggi, in materia di successione delle leggi nel tempo, dal momento che la nuova normativa comunale applicata dall'amministrazione non agisce, retroattivamente, su situazioni giuridiche già compiutamente definite e acquisite, intangibilmente, al patrimonio del titolare, ma detta regole destinate a disciplinare le future vicende dei rapporti concessori, ancorché già costituiti

martedì 27 ottobre 2015





Trascrizione del matrimonio ‘same sex’ contratto all’estero: l’intervento di Palazzo Spada

Cons. di Stato, III, 26 ottobre 2015, n. 4897
Cons. di Stato, III, 26 ottobre 2015, n. 4898
Cons. di Stato, III, 26 ottobre 2015, n. 4899





Non è configurabile, allo stato del diritto convenzionale europeo e sovranazionale, nonché della sua esegesi ad opera delle Corti istituzionalmente incaricate della loro interpretazione, un diritto fondamentale della persona al matrimonio omosessuale, sicché il divieto dell’ordinamento nazionale di equiparazione di quest’ultimo a quello eterosessuale non può giudicarsi confliggente con i vincoli contratti dall’Italia a livello europeo o internazionale.

Sia che lo si consideri atto radicalmente invalido (cioè nullo) o inesistente (che appare, tuttavia, la classificazione più appropriata, vertendosi in una situazione di un atto mancante di un elemento essenziale della sua stessa giuridica esistenza), comunque il matrimonio omosessuale deve intendersi incapace, nel vigente sistema di regole, di costituire tra le parti lo status giuridico proprio delle persone coniugate (con i diritti e gli obblighi connessi), proprio in quanto privo dell’indefettibile condizione della diversità di sesso dei nubendi, che il nostro ordinamento configura quale connotazione ontologica essenziale dell’atto di matrimonio.

Tra i poteri assegnati al Prefetto, figura anche l’annullamento degli atti dello stato civile, di cui il Sindaco abbia ordinato, contra legem, la trascrizione, per effetto degli artt. 54, c. 11 e 12, d. lgs. 267/2000 e 9, c. 2, d.P.R. 396/2000

Il sistema di regole, che assegna al giudice civile i poteri di controllo, rettificazione e cancellazione degli atti dello stato civile, ex artt. 95 d.P.R. 396/2000  e 453 c.c.,  postula, per la sua applicazione, l’esistenza di atti astrattamente idonei a costituire o a modificare lo stato delle persone, tanto da imporre un controllo giurisdizionale sulla loro corretta formazione, con la conseguenza dell’estraneità al suo ambito applicativo di atti radicalmente inefficaci, quali le trascrizioni dei matrimonio same sex


lunedì 26 ottobre 2015





Ag. Entrate 23 ottobre 2015, n. 91: Interpello – Trattamento fiscale ai fini dell’imposta di bollo dell’autentica di firma apposta sulla busta contenente la scheda di votazione per il rinnovo collegi degli Ordini professionali

L’autentica di firma apposta sulla busta contenente la scheda di votazione per il rinnovo dei collegi dell’Ordine professionale dei geologi, eseguita ai sensi dell’art. 14 della l. 53/1990, beneficia dell’esenzione dall’imposta di bollo, di cui all’articolo 1 della Tabella annessa al DPR n. 642/1972

Quesito

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Geologi ha chiesto di conoscere il trattamento tributario, ai fini dell’imposta di bollo, da riservare all’autentica di firma apposta sulla busta contenente la scheda di votazione per il rinnovo dei consigli territoriali degli ordini dei geologi, trasmessa mediante lettera raccomandata, ai sensi dell’articolo 3, comma 7, del DPR 8 luglio 2005, n. 169.


Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

Il Collegio Nazionale dell’Ordine dei Geologi ritiene che l’autentica di firma apposta sulle busta contenente la scheda di votazione sia esente dall’imposta di bollo, ai sensi dell’articolo 1 della tabella, annessa al DPR 26 ottobre 1972, n. 642, che esenta in modo assoluto dall’imposta gli “… atti e documenti relativi all’esercizio dei diritti elettorali ed alla loro tutela sia in sede amministrativa che giurisdizionale”.
L’istante evidenzia, infine, che il Ministero di Giustizia, in risposta a specifici quesiti posti dallo stesso Consiglio nazionale dei geologi e dal Consiglio nazionale dei chimici, ha precisato che i pubblici ufficiali competenti alla legalizzazione della firma sulla busta, che contiene la scheda di voto per il rinnovo dei consigli degli ordini professionali, sono quelli indicati dall’articolo 14 della legge n. 53 del 1990.


Parere dell’Agenzia delle Entrate

Il DPR 8 luglio 2005, n. 169, recante il “Regolamento per il riordino del sistema elettorale e della composizione degli organi di ordini professionali” all’articolo 3, comma 7, stabilisce che “E’ ammessa la votazione mediante lettera raccomandata, ad eccezione che per l’elezione dei consigli provinciali. L’elettore richiede alla segreteria dell’ordine la scheda debitamente timbrata e, prima della chiusura della prima votazione, fa pervenire la scheda stessa, in una busta chiusa, sulla quale è apposta la firma del votante autenticata nei modi di legge…”.
Il Ministero di Giustizia, con riferimento alle votazioni effettuate per le elezioni degli ordini professionali, con nota prot. n. D.G. 10265 del 2 settembre 2005, ha chiarito che la dichiarazione di voto è per sua natura segreta, personale e non delegabile ed è esercitata sempre previo accertamento dell’identità del votante da parte dei componenti il seggio elettorale. Quando il diritto di voto è esercitato per corrispondenza, mediante lettera raccomandata, questa attività di riconoscimento e identificazione del votante non può essere omessa e, dunque, per l’autenticazione deve essere posta in essere un’attività equipollente a quella svolta per regola generale dai componenti il seggio elettorale.
Proprio in ragione dell’obbligatorietà dell’autenticazione della firma nella votazione inviata per raccomandata, il Ministero di Giustizia ha chiarito che i soggetti legittimati all’autentica sono quelli previsti dall’articolo 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53 recante “Misure urgenti atte a garantire maggiore efficienza al procedimento elettorale”.
Si tratta dei notai, dei giudici di pace, dei cancellieri e dei collaboratori delle cancellerie delle Corti di appello, dei tribunali e delle preture, dei segretari delle procure della Repubblica, dei presidenti delle province, dei sindaci, degli assessori comunali e provinciali, dei presidenti dei consigli comunali e provinciali, dei presidenti e dei vice presidenti dei consigli circoscrizionali, dei segretari comunali e provinciali e dei funzionari incaricati dal sindaco e dal presidente della provincia.
Fatte tali premesse, relativamente al trattamento tributario da riservare, ai fini dell’imposta di bollo, all’autentica di firma, si osserva che l’articolo 1, comma 1, della tariffa, parte prima, allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 642, prevede l’applicazione dell’imposta di bollo nella misura di euro 16,00, per ogni foglio, per gli “Atti rogati, ricevuti o autenticati da notai o da altri pubblici ufficiali e certificati, estratti di qualunque atto o documento e copie dichiarate conformi all’originale rilasciati dagli stessi”.
In deroga a tale principio, l’articolo 1 della tabella annessa al richiamato DPR n. 642 del 1972 (Atti, documenti e registri esenti dall’imposta di bollo in modo assoluto) esenta, in modo assoluto, dall’imposta di bollo gli “… atti e documenti riguardanti la formazione delle liste elettorali, atti e documenti relativi all’esercizio dei diritti elettorali ed alla loro tutela sia in sede amministrativa che giurisdizionale”.
A parere della scrivente, nell’ambito applicativo della citata previsione esentativa devono essere ricondotte anche le autentiche di firma effettuate ai sensi dell’articolo 14 della legge n. 53 del 1990, in quanto tale disposizione appare volta a garantire gli adempimenti connessi con lo svolgimento del procedimento elettorale.
Si ritiene, pertanto, che anche l’autentica di firma apposta sulla busta contenente la scheda di votazione per il rinnovo dei collegi dell’Ordine professionale dei geologi, eseguita ai sensi del citato articolo 14, possa beneficiare dell’esenzione dall’imposta di bollo, di cui all’articolo 1 della Tabella annessa al DPR n. 642 del 1972.





Addetti ai servizi postali (sotto il profilo penale)


Cass. pen. 13 febbraio 2015, n. 31660

Ai fini penali, in tema di qualificazione soggettiva degli addetti ai servizi postali, la trasformazione dell’amministrazione postale in ente pubblico economico e la successiva adozione della forma della società per azioni, di cui alla legge 23 dicembre 1996, n. 662, non fanno venir meno la natura pubblicistica non solo dei servizi postali definiti riservati dal D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261, ma neppure dei servizi non riservati, come quelli relativi alla raccolta del risparmio attraverso i libretti di risparmio postale ed i buoni postali fruttiferi (cosiddetto “bancoposta”), ora disciplinata dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 284.

Ai fini penali, il dipendente di un ufficio postale addetto allo svolgimento del servizio di raccolta del risparmio riveste la qualità di persona incaricata di pubblico servizio.  (Fattispecie in tema di peculato)


Vedi anche Cass. pen. 30177/2013

Per assumere la qualifica di incaricati di pubblico servizio non è necessario che i dipendenti di Poste Italiane S.p.A. siano addetti alle attività di servizio postale o a quelle finanziarie, ma è sufficiente che vi sia una connessione con la funzione pubblica dell'Ente. Ne consegue che rivestono la qualifica de qua anche i dipendenti della Direzione Internal Auditing, struttura che svolge attività strettamente connessa all'esercizio della pubblica funzione da parte dell'ente Poste, non potendo certamente essere relativo ad attività diverse il compito di verifica dei conti e del conformarsi dei singoli uffici postali alle direttive gestionali.






domenica 25 ottobre 2015





Corte di Giustizia UE 21 ottobre 2015, n. C-215/15

Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia civile – Competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale – Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Sfera di applicazione – Articolo 1, paragrafo 1, lettera b) – Attribuzione, esercizio, delega, revoca totale o parziale della responsabilità genitoriale – Articolo 2 – Nozione di “responsabilità genitoriale” – Controversia tra i genitori in merito agli spostamenti del figlio minore ed al rilascio di un passaporto al medesimo – Proroga di competenza – Articolo 12 – Presupposti – Accettazione della competenza del giudice adito – Contumacia della controparte – Mancata contestazione della competenza giurisdizionale da parte del mandatario della controparte nominato d’ufficio dal giudice adito







L’azione con cui uno dei genitori chieda al giudice di sopperire al mancato consenso dell’altro genitore agli spostamenti del figlio minore al di fuori dello Stato membro di residenza del medesimo ed al rilascio di un passaporto a nome del minore stesso ricade nella sfera di applicazione ratione materiae del regolamento n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, e ciò sebbene l’emananda decisione in esito a tale azione debba essere poi presa in considerazione dalle autorità dello Stato membro di cui il minore stesso sia cittadino nell’ambito del procedimento amministrativo relativo al rilascio del passaporto.

L’articolo 12, paragrafo 3, lettera b), del regolamento n. 2201/2003 dev’essere interpretato nel senso che non può ritenersi che la competenza giurisdizionale del giudice adito a conoscere di una domanda in materia di responsabilità genitoriale sia stata «accettata espressamente o in qualsiasi altro modo univoco da tutte le parti al procedimento», ai sensi di tale disposizione, in base al solo rilievo che il mandatario ad litem rappresentante della controparte citata in giudizio, nominato d’ufficio dal giudice stesso a fronte dell’impossibilità di notificare alla controparte medesima l’atto introduttivo del giudizio, non abbia eccepito il difetto di giurisdizione di detto giudice.










Corte di Giustizia UE 22 ottobre 2015, n. C-378/14

Rinvio pregiudiziale – Previdenza sociale – Regolamento (CE) n. 883/2004 – Articolo 67 – Regolamento (CE) n. 987/2009 – Articolo 60, paragrafo 1 – Erogazione di prestazioni familiari in caso di divorzio – Nozione di “interessato” – Normativa di uno Stato membro che prevede il versamento di assegni familiari al genitore convivente con il figlio – Residenza di tale genitore in un altro Stato membro – Astensione del medesimo genitore dalla richiesta di assegni familiari – Eventuale diritto dell’altro genitore di richiedere l’erogazione di tali assegni







 L’articolo 60, paragrafo 1, secondo periodo, del regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, deve essere interpretato nel senso che la fictio di cui a tale disposizione può portare a riconoscere il diritto alle prestazioni familiari a una persona che non risieda sul territorio dello Stato membro competente a erogare tali prestazioni, qualora tutti gli altri presupposti per l’erogazione di dette prestazioni stabiliti dall’ordinamento nazionale siano soddisfatti, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
L’articolo 60, paragrafo 1, terzo periodo, del regolamento n. 987/2009 deve essere interpretato nel senso che esso non implica che al genitore del figlio per cui sono erogate le prestazioni familiari, residente nello Stato membro tenuto a corrispondere dette prestazioni, debba essere riconosciuto il diritto a queste ultime se l’altro genitore, che risiede in un altro Stato membro, non ha presentato domanda di prestazioni familiari.










sabato 24 ottobre 2015




Tar Lombardia, Brescia, xx ottobre 2015, n. xx

L’autore di un esposto, sfociato in un procedimento disciplinare a carico di un dipendente pubblico, ha diritto di accesso – anche mediante estrazione di copia – al provvedimento conclusivo (del procedimento disciplinare) ed a quegli atti eventualmente ivi richiamati  per relationem


OMISSIS
FATTO e DIRITTO
Al ricorrente, proprietario di terreni su cui è stato realizzato, con regolare permesso di costruire, un edificio con destinazione residenziale, sono state contestate alcune difformità, la più rilevante relativa alla modifica della quota di imposta, che, secondo il ricorrente, sarebbe stata traslata verso l’alto all’insaputa dello stesso committente, nonostante uno dei progettisti fosse proprio il proprietario del lotto confinante che ha poi denunciato tale difformità. Conseguentemente, il proprietario ha richiesto la sanatoria, previo accertamento di compatibilità paesaggistica.
Il provvedimento sanante è stato, però, negato, a causa del parere negativo della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici che, secondo il ricorrente, sarebbe stato determinato dal parere del Responsabile del Servizio tecnico comunale circa la rilevanza ai fini paesaggistici del volume geometrico.
Tale atto, come quelli presupposti, è stato impugnato avanti a questo Tribunale.
Nel contempo, il 9 gennaio 2015, l’odierno ricorrente ha trasmesso un esposto al Comune, affinchè questo avviasse un procedimento disciplinare nei confronti del responsabile del proprio Ufficio tecnico, per accertare eventuali responsabilità dello stesso, sia in relazione al procedimento edilizio inerente la proprietà del ricorrente, che con riferimento ad analogo procedimento avente ad oggetto la proprietà del vicino confinante, che avrebbe dovuto scaturire dalle puntuali segnalazioni degli abusi da quest’ultimo commessi, effettuate dallo stesso odierno ricorrente.
Il 31 marzo 2015, il sig. F.C. ha chiesto di avere accesso agli atti del procedimento disciplinare, ottenendo, però, solo l’informazione dell’avvenuta conclusione del procedimento stesso, con provvedimento prot. n. 2808 del 2 marzo 2015: il richiesto accesso agli atti, invece, è stato integralmente negato.
Dell’illegittimità di ciò si duole il ricorrente, che ritiene che il Comune sia incorso in una violazione e falsa applicazione della normativa che regola l’accesso agli atti, laddove ha escluso la sussistenza di un interesse concreto del richiedente e, dunque, una posizione qualificata dello stesso - anche in considerazione del fatto che il procedimento disciplinare non avrebbe la funzione di tutelare situazioni soggettive di terzi -, nonché ha qualificato la richiesta come un tentativo di controllo generalizzato sull’operato della pubblica amministrazione.
Con riferimento a quest’ultimo profilo, il Collegio ritiene possa escludersi che l’azione esercitata tenda ad un controllo diffuso sull’agire del Comune destinatario della richiesta, in quanto quest’ultima risulta essere ben dettagliata e riferita esclusivamente agli atti di uno specifico procedimento che, come ammesso dallo stesso Comune, è stato iniziato proprio a seguito dell’iniziativa dello stesso richiedente.
Si tratta, però, di un procedimento senz’altro peculiare, in quanto teso a garantire il soddisfacimento dell’interesse pubblico tutelato dall’art. 97 della Costituzione e, dunque, il buon andamento, l’efficacia e l’efficienza della pubblica amministrazione.
L’effettiva essenza della controversia in esame risiede, dunque, nell’accertamento della sussistenza di una situazione giuridica differenziata, legittimante la pretesa ad avere accesso agli atti ad un procedimento particolare quale quello disciplinare, in relazione al quale non si individua un controinteressato e l’interesse del terzo che l’ha attivato non può definirsi come “diretto”.
Ciò non può, però, escludere a priori che tale interesse sia, comunque, concreto ed attuale, quantomeno con riferimento alla conoscenza del provvedimento conclusivo del procedimento.
In effetti, da tempo la giurisprudenza ha sganciato la fondatezza della pretesa all’accesso dalla sussistenza di un preciso interesse legittimo o diritto soggettivo da tutelare (TAR Friuli Venezia Giulia n. 158/2014) e dalla concreta possibilità dell’utilizzazione del provvedimento cui si chiede l’accesso in giudizio (TAR Calabria, Catanzaro, n. 44/2014) ovvero dalla fondatezza della pretesa fatta valere nel giudizio principale.
Nel contempo, l’orientamento giurisprudenziale è andato modificandosi proprio con riferimento alla possibilità di pretendere l’accesso agli atti da parte di colui che abbia presentato un esposto, superando le pronunce richiamate da parte resistente e incentrate sulla necessità della dimostrazione della natura strumentale dei documenti richiesti rispetto alla tutela di posizioni giuridiche soggettive proprie del richiedente l’accesso stesso.
In particolare, con sentenza n. 7 del 2006, l’Adunanza plenaria ha affermato di condividere “l’assunto della Sezione remittente, secondo cui la qualità di autore di un esposto, che abbia dato luogo a un procedimento disciplinare, è circostanza idonea, unitamente ad altri elementi, a radicare nell’autore la titolarità di una situazione giuridicamente rilevante che, ai sensi dell’articolo 22 della legge n. 241, legittima all’accesso nei confronti degli atti del procedimento disciplinare che da quell’esposto ha tratto origine”.
Parafrasando l’affermazione contenuta nella citata pronuncia, l’aver rappresentato all’Amministrazione una situazione che potrebbe aver compromesso il buon andamento dell’azione amministrativa genera, in capo al soggetto, una situazione giuridica soggettiva differenziata che legittima la pretesa a conoscere se e come sia stato valutato quanto denunciato.
Le conclusioni cui è addivenuto il Consiglio di Stato appaiono, dunque, condivisibili, ancorché la giurisprudenza successiva abbia aggiunto ulteriori specificazioni, ritenendo che la qualifica di autore dell’esposto debba essere accompagnata, per giustificare l’accesso agli atti, da “altri elementi”.
Nella fattispecie in esame, infatti, la conoscenza dell’esito del procedimento disciplinare e delle ragioni che l’hanno determinato potrebbe avere rilevanza nell’ambito delle controversie civili ed amministrative pendenti e generate anche dagli atti e dai comportamenti tenuti dal responsabile dell’Ufficio tecnico comunale, impugnati e contestati dall’odierno ricorrente.
Il Collegio, pertanto, sulla scorta di tutto ciò, ritiene sussistenti anche quegli “altri elementi” che qualificano la pretesa e accoglie il ricorso, annullando la nota contenente il diniego dell’accesso agli atti e disponendo il tempestivo accesso, da parte del ricorrente, agli atti richiesti, anche mediante estrazione di copia, ancorché limitatamente al provvedimento conclusivo del procedimento disciplinare e a quegli atti eventuali in esso richiamati nel fare ricorso all’istituto della motivazione per relationem.
Ciò a prescindere dalla carenza di motivazione dell’originaria richiesta di accesso agli atti, superata dalla specifica indicazione delle ragioni sottese seguita alla comunicazione del preavviso di rigetto dell’istanza.
Le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.
Condanna l’Amministrazione al pagamento, a favore del ricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre a IVA, C.P.A. e altri accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

giovedì 15 ottobre 2015





Le modifiche alla legge sulla cittadinanza approvate dalla Camera


Disegno di legge approvato dalla Camera dei Deputati il 13 ottobre 2015, Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, e altre disposizioni in materia di cittadinanza

Art. 1.
(Modifiche alla legge
5 febbraio 1992, n. 91)
1. Alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 1, comma 1, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
«b-bis) chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno sia titolare del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, o sia in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286»;
b) all'articolo 1 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«2-bis. Nei casi di cui alla lettera b-bis) del comma 1 la cittadinanza si acquista a seguito di una dichiarazione di volontà in tal senso espressa, entro il compimento della maggiore età dell'interessato, da un genitore o da chi esercita la responsabilità genitoriale all'ufficiale dello stato civile del comune di residenza del minore, da annotare a margine dell'atto di nascita. La direzione sanitaria del punto nascita ovvero l'ufficiale dello stato civile cui è resa la dichiarazione di nascita informa il genitore di tale facoltà. Entro due anni dal raggiungimento della maggiore età l'interessato può rinunciare alla cittadinanza italiana se in possesso di altra cittadinanza.
2-ter. Qualora non sia stata resa la dichiarazione di volontà di cui al comma 2-bis, i soggetti di cui alla lettera b-bis) del comma 1 acquistano la cittadinanza se ne fanno richiesta all'ufficiale dello stato civile entro due anni dal raggiungimento della maggiore età»;
c) all'articolo 4, comma 2, le parole: «un anno» sono sostituite dalle seguenti: «due anni»;
d) all'articolo 4, dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:
«2-bis. Il minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età che, ai sensi della normativa vigente, ha frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale, acquista la cittadinanza italiana. Nel caso in cui la frequenza riguardi il corso di istruzione primaria, è altresì necessaria la conclusione positiva del corso medesimo. La cittadinanza si acquista a seguito di una dichiarazione di volontà in tal senso espressa, entro il compimento della maggiore età dell'interessato, da un genitore legalmente residente in Italia o da chi esercita la responsabilità genitoriale, all'ufficiale dello stato civile del comune di residenza, da annotare nel registro dello stato civile. Entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, l'interessato può rinunciare alla cittadinanza italiana se in possesso di altra cittadinanza.
2-ter. Qualora non sia stata espressa la dichiarazione di volontà di cui al comma 2-bis, l'interessato acquista la cittadinanza se ne fa richiesta all'ufficiale dello stato civile entro due anni dal raggiungimento della maggiore età»;
e) all'articolo 9, comma 1, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
«f-bis) allo straniero che ha fatto ingresso nel territorio nazionale prima del compimento della maggiore età, ivi legalmente residente da almeno sei anni, che ha frequentato regolarmente, ai sensi della normativa vigente, nel medesimo territorio, un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo, presso gli istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione, ovvero un percorso di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale con il conseguimento di una qualifica professionale»;
f) all'articolo 9-bis, comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il contributo non è dovuto per le istanze o dichiarazioni concernenti i minori.»;
g) all'articolo 14, comma 1, le parole: «se convivono con esso, acquistano la cittadinanza italiana» sono sostituite dalle seguenti: «non decaduto dalla responsabilità genitoriale, acquistano la cittadinanza italiana se risiedono nel territorio della Repubblica»;
h) dopo l'articolo 23 sono inseriti i seguenti:
«Art. 23-bis. -- 1. Ai fini della presente legge, il requisito della minore età deve essere considerato come riferito al momento della presentazione dell'istanza o della richiesta da parte del genitore o di chi esercita la responsabilità genitoriale.
2. Ai fini della presente legge, si considera legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d'ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia di iscrizione anagrafica. Per il computo del periodo di residenza legale, laddove prevista, si calcola come termine iniziale la data di rilascio del primo permesso di soggiorno, purché vi abbia fatto seguito l'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente. Eventuali periodi di cancellazione anagrafica non pregiudicano la qualità di residente legale se ad essi segue la reiscrizione nei registri anagrafici, qualora il soggetto dimostri di avere continuato a risiedere in Italia anche in tali periodi.
3. Ai fini della presente legge, si considera che abbia soggiornato o risieduto nel territorio della Repubblica senza interruzioni chi ha trascorso all'estero, nel periodo considerato, un tempo mediamente non superiore a novanta giorni per anno, calcolato sul totale degli anni considerati. L'assenza dal territorio della Repubblica non può essere superiore a sei mesi consecutivi, a meno che essa non sia dipesa dalla necessità di adempiere agli obblighi militari o da gravi e documentati motivi di salute.
4. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 1, comma 1, lettera b-bis), si considera in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo anche lo straniero che, avendo maturato i requisiti per l'ottenimento di tale permesso, abbia presentato la relativa richiesta prima della nascita del figlio e ottenga il rilascio del permesso medesimo successivamente alla nascita.
5. Gli ufficiali di anagrafe sono tenuti, nei sei mesi precedenti il compimento del diciottesimo anno di età, a comunicare ai residenti di cittadinanza straniera, nella sede di residenza quale risulta all'ufficio, la facoltà di acquisto del diritto di cittadinanza ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b-bis) e dell'articolo 4, commi 2 e 2-bis, con indicazione dei relativi presupposti e delle modalità di acquisto. L'inadempimento di tale obbligo di informazione sospende i termini di decadenza per la dichiarazione di elezione della cittadinanza.
6. Nel caso di persona interdetta in via giudiziale, gli atti finalizzati all'esercizio dei diritti previsti dalla presente legge, inclusa la dichiarazione di volontà di acquisto della cittadinanza, sono compiuti, nell'interesse della persona, dal tutore, previa autorizzazione del giudice tutelare. Nel caso di persona beneficiaria di amministrazione di sostegno, il giudice tutelare dispone se tali atti possano essere compiuti dall'amministratore di sostegno ovvero dal beneficiario con l'assistenza dell'amministratore di sostegno ovvero se il beneficiario conservi per tali atti la capacità di agire. Ove gli atti siano compiuti dal tutore o dall'amministratore di sostegno, non si richiede il giuramento di cui all'articolo 10.
Art. 23-ter. -- 1. I comuni, in collaborazione con gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, promuovono, nell'ambito delle proprie funzioni, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, a favore di tutti i minori, iniziative di educazione alla conoscenza e alla consapevolezza dei diritti e dei doveri legati alla cittadinanza e una giornata dedicata alla ufficializzazione dei nuovi cittadini».
Art. 2.
(Disposizioni di coordinamento e finali)
1. Dopo il comma 1 dell'articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è inserito il seguente:
«1-bis. Le istanze ai sensi del comma 1 si presentano al prefetto competente per territorio in relazione alla residenza dell'istante o alla competente autorità consolare».
2. L'articolo 33, comma 2, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, è abrogato.
3. Al comma 2 dell'articolo 6 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, dopo le parole: «carattere temporaneo» sono inserite le seguenti: «, per i provvedimenti inerenti agli atti di stato civile».
4. Con regolamento, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, si provvede a coordinare, a riordinare e ad accorpare in un unico testo le disposizioni vigenti di natura regolamentare in materia di cittadinanza.
5. Il regolamento di cui al comma 4 è adottato previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere nel termine di quarantacinque giorni. Il termine per l'espressione del parere del Consiglio di Stato è di trenta giorni.
Art. 3.
(Disposizione sull'ambito di applicazione)
1. Resta ferma l'applicazione delle disposizioni della presente legge agli stranieri che abbiano maturato prima della data della sua entrata in vigore i diritti in essa previsti e non abbiano compiuto il ventesimo anno di età.
Art. 4.
(Disposizioni transitorie)
1. Le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 2-bis, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera d), della presente legge, si applicano anche allo straniero che, in possesso alla data di entrata in vigore della presente legge dei requisiti previsti dalle citate disposizioni, ha superato il limite d'età previsto dall'articolo 4, comma 2-ter, della citata legge n. 91 del 1992, introdotto dal medesimo articolo 1, comma 1, lettera d), purché abbia risieduto legalmente e ininterrottamente negli ultimi cinque anni nel territorio nazionale.
2. Nei casi di cui al comma 1, la richiesta di acquisto della cittadinanza è presentata entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. L'ufficiale dello stato civile che riceve la richiesta, verificati i requisiti di cui all'articolo 4, comma 2-bis, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera d), della presente legge, sospende l'iscrizione e l'annotazione nei registri dello stato civile e provvede tempestivamente a richiedere al Ministero dell'interno il nulla osta relativo all'insussistenza di provvedimenti di diniego della cittadinanza per motivi di sicurezza della Repubblica ovvero di provvedimenti di espulsione o di allontanamento per i medesimi motivi adottati ai sensi della normativa vigente. Il nulla osta è rilasciato entro sei mesi dalla richiesta dell'ufficiale dello stato civile.
3. Le richieste di cui al comma 2 sono soggette al contributo previsto dall'articolo 9-bis della legge 5 febbraio 1992, n. 91, come modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera f), della presente legge.


Dal sito del Senato della Repubblica

martedì 13 ottobre 2015





Circolare dell’Agenzia delle Entrate 9 ottobre 2015, n. 33/E, Imposta di bollo – autentica delle sottoscrizioni dell’atto di vendita art.7, comma 1, decreto legge 4 luglio 2006, n. 223


L'ACI rappresenta che è in via di definizione un progetto di
dematerializzazione e digitalizzazione della documentazione cartacea allegata alle richieste di iscrizione, trascrizione e annotazione di formalità al Pubblico Registro
Automobilistico      (PRA),         in        applicazione      delle        norme        del        codice
dell'Amministrazione digitale (CAD) di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82.
Il Progetto prevede, in particolare, la possibilità di formare digitalmente
anche il titolo di vendita del veicolo, costituito dalla scrittura privata con
sottoscrizione autenticata.


La digitalizzazione dei documenti consente di rispondere pienamente
all'obiettivo di un'Amministrazione digitale, al fine di innovare i processi e migliorare significativamente la qualità del servizio reso ai cittadini.


L'ACI rappresenta di procedere già alla riscossione con modalità virtuale, in
virtù di apposite autorizzazioni, dell'imposta di bollo dovuta sulle note di trascrizione, iscrizioni, rinnovazioni ed annotazioni da prodursi al PRA e sulle copie, certificati ed estratti rilasciati.


Diversamente, è ancora riscossa tramite contrassegno, da applicare sulla
documentazione da presentare al PRA, l'imposta dovuta per l'autentica delle sottoscrizioni dell'atto di vendita.


Al fine di completare il progetto di digitalizzazione della documentazione da
allegare alle richieste di formalità al PRA, l'ACI chiede di conoscere se possa essere utilizzata la modalità di riscossione virtuale di cui all'art. 15 del DPR n. 642 del 1972, anche per l'imposta di bollo dovuta sull'autentica delle sottoscrizioni dell'atto
di vendita.


L'ente istante rappresenta, inoltre, che tali autentiche sono generalmente
effettuate presso gli Sportelli Telematici dell'Automobilista.


L'autentica delle sottoscrizioni degli atti e delle dichiarazioni aventi ad
oggetto l'alienazione di beni mobili registrati, o la costituzione di diritti di garanzia sui medesimi, può, infatti, ai sensi dell'art. 7, comma 1, del DL 4 luglio 2006, n. 223, essere richiesta anche agli uffici comunali e ai titolari degli Sportelli Telematici
dell'Automobilista (STA) di cui all'art. 2, comma 2, del DPR 19 settembre 2000, n.
358.


Si rammenta che il richiamato articolo 2 del DPR n. 358 del 2000 stabilisce,
al comma 2, che lo Sportello Telematico dell'Automobilista può essere attivato:


-      presso gli uffici provinciali della motorizzazione;


-      presso gli uffici provinciali dell'ACI che gestiscono il PRA;


-     presso le delegazioni ACI e presso le imprese di consulenza
automobilistica.


Qualora questa Agenzia ritenga applicabile la modalità di riscossione
virtuale anche per l'imposta di bollo dovuta per l'autentica delle sottoscrizioni, l'amministrazione istante chiede di conoscere se a tale pagamento possa provvedere l'ACI, anche per le autentiche effettuate presso gli STA.


Con riferimento ai quesiti posti si rileva che, come chiarito con la circolare 5
dicembre 2001, n. 100, l'art. 15 del DPR n. 642 del 1972, rinvia ad un provvedimento ora attribuito alla competenza della scrivente Agenzia, il compito di individuare le categorie di atti relativamente ai quali è possibile rilasciare l'autorizzazione al pagamento dell'imposta di bollo in modo virtuale.


Fatta tale premessa, in considerazione della rilevanza del processo di
digitalizzazione che sta sviluppando l'Amministrazione istante, in applicazione delle norme del Codice dell'Amministrazione digitale (CAD), di cui al D. Lgs. n. 82 del 2005, si ritiene opportuno includere tra le categorie di atti per le quali, ai sensi dell'art. 15 del DPR n. 642 del 1972, è consentito il rilascio dell'autorizzazione al pagamento in modo virtuale dell'imposta di bollo, anche le autentiche delle
sottoscrizioni dell'atto di vendita, formato digitalmente, effettuate, ai sensi dell'art.
7, comma 1, del DL 4 luglio 2006, n. 223.


Si precisa che le suddette autentiche rientrano tra le fattispecie di cui
all'articolo 1, comma 1, della Tariffa, Parte prima, allegata al DPR. n. 642 del 1972.


Per quanto concerne la corretta individuazione del soggetto tenuto al
pagamento dell'imposta di bollo e, che dunque, può richiedere l'autorizzazione al pagamento con modalità virtuale, occorre considerare che gli STA possono svolgere, in base alle previsioni dettate dal citato DPR n. 358 del 2000, attività che
si distinguono, essenzialmente, in due grandi gruppi:


1. "Procedure di competenza del Ministero dei trasporti e della
navigazione", regolate dagli artt. 4, 5 e 6 del citato decreteo;


2. "Procedure di competenza del pubblico registro automobilistico", regolate
dagli artt. 7, 8 e 9 del decreto.


Le "operazioni relative alla trascrizione del trasferimento o degli altri
mutamenti" appartengono al secondo gruppo, essendo indicate dall'art. 7, comma 1, lett. b), tra le "procedure di competenza del pubblico registro automobilistico" e, dunque, dell'ACI.


Gli STA autorizzati possono, pertanto, svolgere le predette operazioni - ivi
inclusa la relativa autenticazione delle firme (che viene svolta per i soli atti di alienazione e costituzione di diritti reali di garanzia da trascrivere nel pubblico registro), nell'esercizio di un'attività di competenza esclusiva di ACI, per la quale agiscono in sostanza quale longa manus a livello territoriale.


Dall'esame della normativa sopra citata, emerge, infatti, la volontà del
legislatore di affidare agli STA una serie di operazioni del processo di trascrizione
al PRA che, come emerge dall'art. 7, c. 5 del DPR n. 358 del 2000, sono eseguite
unicamente tramite il sistema informativo dell'ACI che presiede e governa l'intero
processo e sotto il suo costante controllo.


Il citato art. 7, c. 5 stabilisce, infatti, che il sistema informativo dell'ACI
"verificata la completezza dei dati della richiesta telematica e verificata la congruenza con le informazioni presenti in archivio, procede all'aggiornamento della banca dati del P.R.A. autorizzando, conseguentemente, l'emissione del
certificato di proprietà presso lo sportello".


Nell'ambito di tale processo si inserisce anche la predisposizione dell'atto di
vendita in formato digitale, che viene predisposto dall'ACI, attraverso il suddetto collegamento con il Sistema Informativo.


Sulla base delle richiamate disposizioni, si ritiene, dunque, che anche
l'assolvimento dell'imposta di bollo dovuta in relazione alle autentiche di firma
sugli atti di vendita debba essere effettuato dall'ACI.


Gli STA costituiscono, in sostanza, una sorta di front office per l'esercizio di
un'attività di esclusiva competenza dell'ACI, che può essere realizzata unicamente tramite l'accesso al relativo sistema operativo. Gli STA, infatti, ricevono la documentazione relativa alla richiesta di formalità, acquisiscono i dati in via telematica e provvedono alla stampa materiale del Certificato di Proprietà.


Tenuto conto del particolare rapporto, come sopra delineato, che intercorre
tra l'ACI e gli Sportelli (STA), si ritiene, quindi, che l'ACI sia legittimata a richiedere l'autorizzazione al pagamento dell'imposta di bollo in modo virtuale anche per l'autentica delle sottoscrizioni degli atti e delle dichiarazioni aventi ad oggetto l'alienazione di beni mobili registrati o la costituzione di diritti di garanzia sui medesimi, richiesta presso gli Sportelli Telematici dell'Automobilista.
Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le
istruzioni fornite con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.

Dal sito
http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/file/nsilib/nsi/documentazione/provvedimenti+circolari+e+risoluzioni/circolari/archivio+circolari/circolari+2015/ottobre+2015/circolare+33e+del+09+ottobre+2015/CIR09.10.15.pdf