mercoledì 25 maggio 2016




PANOZZO, Elezioni comunali – (auto) autenticazione della firma, in

http://www.diritto.it/docs/38273-elezioni-comunali-e-auto-autenticazione-della-firma

martedì 24 maggio 2016




Scioglimento del consiglio comunale (per dimissioni ultra dimidium dei consiglieri) e riflessi sulla carica di presidente della provincia

Tar Calabria, Catanzaro, 17 maggio 2016, n. 1060

Per effetto del combinato disposto dell’art. 141, c. 1, lett. b) del d. lgs. 267/2000 e dell’art. 1 della l. 56/2014, verificatosi l’effetto dissolutorio del Consiglio comunale, per le dimissioni della maggioranza di consiglieri, il Sindaco decade ipso jure dalla carica di Presidente della Provincia.

FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 22 marzo 2016, i sigg.ri OMISSIS, nelle rispettive qualità di Consiglieri Provinciali e di Sindaci di alcuni Comuni della Provincia di C., hanno impugnato, chiedendone l'annullamento, previa sospensiva, i seguenti atti: a)- il decreto n. 3 dell'8.2.2016 sottoscritto da M.O., nella qualità di Presidente della Provincia di C., con cui vengono accettate le dimissioni del consigliere provinciale D. dall'incarico di Vice Presidente della Provincia di C. e viene nominata in sostituzione il Consigliere provinciale B.; b)- gli atti di convocazione del Consiglio provinciale dell'8.2.2.016 prot. n. 4746 e quelli successivi, sottoscritti da M.O. nella asserita qualità di Presidente della Provincia e dal vice Presidente; c)- tutti i provvedimenti presupposti, ivi comprese le dimissione del Vice Presidente, connessi e consequenziali.
I ricorrenti riferiscono: che il giorno 08.02.2016 alle ore 10,10 venivano presentate al protocollo del Comune di C. le dimissioni dalla carica di 17 consiglieri comunali, ai sensi degli artt. 38 e 141 lett. b) n. 3 del T.U. n.267/2000; che lo stesso giorno, alle ore 11,02 il Vice Presidente della Provincia di C. dott. D., presentava le dimissioni da tale carica e che, con successive decreta n. 3, ora impugnato, nella medesima giornata , M.O., nella qualità di Presidente della Provincia, accettava le dimissioni da Vice Presidente del dott. D. e nominava Vice Presidente della Provincia il consigliere provinciale B..
I ricorrenti deducono la nullità e illegittimità degli atti perche assunti dopo il deposito delle dimissioni dei Consiglieri comunali di C. di cui M.O. era Sindaco (ed in quanto tale eletto anche Presidente della Provincia).
I ricorrenti, dal combinato disposto dell’art. 141 del D.Lgs. 18.8.2000 n.267 e art.1 legge 7.4.2014 n.56, deducono che, verificatosi l’effetto dissolutorio del Consiglio Comunale di C., per le dimissioni della maggioranza dei consiglieri, il Sindaco era contestualmente decaduto dalla carica di Presidente della Provincia.
Resistono in giudizio il Prof. D. e la Provincia di C. chiedendo il rigetto del ricorso.
Alla camera di consiglio del 3.05.2016, previo avviso alle parti, il Collegio si è riservata sentenza in forma semplificata.
Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione preliminare sollevata dai resistenti circa il difetto di legittimazione dei ricorrenti, trattandosi di soggetti portatori di un interesse qualificato al ricorso, seppur diversamente tratteggiato: il sig. C., quale consigliere della Provincia di C., ha subito un grave pregiudizio alla funzione consiliare per le contestate violazioni di legge ; gli altri ricorrenti, invece, hanno interesse alla immediata indizione delle elezioni del Presidente della Provincia da parte di un organo a ciò legittimato.
Il ricorso è fondato.
La presentazione delle dimissioni ultra dimidium, di cui all’art. 141 comma 1,lett. b) , del D.lgs 18 agosto 2000, n. 267 , comportano ipso jure lo scioglimento del consiglio comunale.
La legge 7.4.2014 n.56 recante “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni” all’art. 1 stabilisce che “ Il Presidente della Provincia decade dalla carica in caso di cessazione dalla carica di sindaco”.
In forza del combinato disposto delle due norme, si deve ritenere che, verificatosi l’effetto dissolutorio del Consiglio comunale di C. per le dimissioni della maggioranza di consiglieri, il Sindaco è ipso jure decaduto dalla carica di Presidente della Provincia.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1721/2015, ha ribadito che nel caso di dimissioni collettive dei consiglieri comunali” l’effetto tipico è lo scioglimento immediato dell’organo collegiale, dovendosi escludere che in detta evenienza i consiglieri comunali restino in carica fino a quando non vengono dichiarati sciolti con decreto del Presidente della Repubblica”.
Da quanto sopra consegue che il Sindaco, cessato dalle funzioni con effetto immediato, è decaduto altresì dalla carica di Presidente della Provincia ex art. 1 n. 65 legge n. 56/2014 con conseguente nullità del decreto n. 3 /16 con cui vengono accettate le dimissioni del consigliere provinciale D. dall'incarico di vice presidente della provincia di C. e viene nominato in sostituzione il consigliere provinciale B. e degli atti di convocazione del consiglio provinciale dell’8.2.2016 prot. n. 4747.
Conclusivamente il ricorso deve essere accolto.
Il Collegio, considerata la novità delle questioni trattate, compensa le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

domenica 22 maggio 2016





Tar Piemonte 13 maggio 2016, n. 706


Deve essere ammessa la lista avente il contrassegno “FORZA TORO”, raffigurante un toro rampante bianco su sfondo granata, posto che la legge non tutela la possibile confondibilità dei contrassegni delle liste elettorali con i marchi o gli altri segni distintivi di soggetti privati o società commerciali. [E, aggiunge il Collegio, “in una materia caratterizzata dalla tassatività delle cause di esclusione, a garanzia del principio di massima partecipazione alla competizione elettorale, tale rilievo appare dirimente per ritenere infondata la censura”]




FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, nella sua qualità di delegato di lista del “M.” in occasione delle prossime elezioni per il rinnovo del sindaco e del consiglio comunale di Torino del 5 giugno 2016, impugna il verbale n. 9 della Commissione Elettorale Circondariale di Torino del 7 maggio 2016, pubblicato sull’albo pretorio on line del Comune di Torino in data 11 maggio 2016, con cui è stata disposta l’ammissione alla competizione elettorale della lista avente il contrassegno recante la denominazione “FORZA TORO”, raffigurante un toro rampante bianco su sfondo granata.
2. Lamenta che la predetta lista non sia stata ricusata, dal momento che essa utilizza un contrassegno riproduttivo dei colori e del simbolo della squadra di calcio del Torino, senza tuttavia aver ottenuto e depositato l’autorizzazione della società Torino Football club s.p.a. all’utilizzo del marchio e dei segni distintivi della propria denominazione sociale.
3. Il ricorso è stato notificato a mezzo posta elettronica certificata in data 13 maggio 2016 e contestualmente depositato presso la Segreteria di questo TAR. E’ stato quindi discusso lo stesso giorno all’udienza pubblica già fissata dalla Sezione per la trattazione di altri ricorsi analoghi.
4. Il Ministero dell’Interno si è costituito in udienza, eccependo oralmente l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva del ricorrente, e comunque, in subordine, contestandone la fondatezza e chiedendone il rigetto.
5. Dopo la discussione orale dei difensori delle parti, la causa è stata trattenuta dal collegio per la decisione.
6. L’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso formulata dalla difesa erariale è fondata.
Il ricorrente, infatti, non deduce la lesione del proprio “diritto a partecipare al procedimento elettorale” in conseguenza dell’adozione del provvedimento impugnato, come richiesto dall’art. 129 cod. proc. amm., ma sembra voler tutelare gli interessi di un terzo soggetto, la società Torino Football club s.p.a., a fronte dell’utilizzo indebito del marchio di quest’ultima da parte della lista avversaria, limitandosi a paventare l’ipotetico effetto perturbatore sul risultato elettorale che potrebbe derivare da non meglio precisate “contestazioni” da parte di terzi, ossia - pare di comprendere - da possibili azioni inibitorie proposte in sede civile dalla società interessata in ordine all’uso del proprio marchio.
Nei termini in cui è stato formulato, il ricorso non sembra correlato ad una posizione qualificata e differenziata del ricorrente, né ad un suo interesse personale e concreto all’annullamento del provvedimento impugnato, apparendo piuttosto proposto a tutela di un soggetto terzo o, al più, a tutela dell’astratta legalità della competizione elettorale, finendo così per assumere i caratteri di un’azione popolare non prevista dalla legge nella materia in esame.
Lo stesso interesse a prevenire possibili effetti perturbatori dell’esito elettorale è privo dei necessari caratteri di personalità e concretezza, essendo legato a circostanze del tutto ipotetiche e sostanzialmente congetturali.
7. Si può peraltro prescindere dal dichiarare l’inammissibilità del ricorso, dal momento che lo stesso è infondato nel merito.
Il ricorrente sembra voler lamentare la possibile confondibilità del contrassegno utilizzato dalla lista avversaria con quello della locale squadra di calcio, il che potrebbe astrattamente influenzare l’elettorato (meno provveduto), alterando l’esito elettorale.
Va tuttavia rilevato che la legge (art. 33 D.P.R. n. 570/1960) prevede la ricusazione solo dei “contrassegni che siano identici o che si possano facilmente confondere con quelli presentati in precedenza, o con quelli notoriamente usati da altri partiti o raggruppamenti politici, ovvero riproducenti simboli o elementi caratterizzanti di simboli che, per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento possono trarre in errore l'elettore”, nonché dei “contrassegni riproducenti immagini o soggetti di natura religiosa”.
La legge non tutela, invece, la possibile confondibilità dei contrassegni delle liste elettorali con i marchi o gli altri segni distintivi di soggetti privati o società commerciali. E in una materia caratterizzata dalla tassatività delle cause di esclusione, a garanzia del principio di massima partecipazione alla competizione elettorale, tale rilievo appare dirimente per ritenere infondata la censura qui in esame.
8. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso - benchè comunque inammissibile – può essere respinto nel merito perché infondato.
9. Le spese di lite possono essere compensate per la natura e la novità delle questioni esaminate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Elezioni comunali – Contrassegni – “Fiamma tricolore”


Cons. di Stato, III, 18 maggio 2016, n. 2069

Le norme ex artt. 14, c. 6, d.P.R. 361/1957 e 33, c. 1, lett. b), d.P.R. 570/1960 si riferiscono, testualmente, anche agli elementi che caratterizzano il contrassegno e non necessariamente al contrassegno nel suo complesso, stante la indubbia e spesso esclusiva capacità connotativa dei simboli più che del contrassegno in toto considerato.

La “fiamma tricolore” costituisce un elemento incontestabilmente e profondamente caratterizzante, per ragioni di ordine storico prima ancora che ideologico, il contrassegno di “Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale”, utilizzato in modo stabile e, comunque, tradizionalmente da tale forza politica presente attualmente in Parlamento.

FATTO e DIRITTO
1. Con il verbale n. 30 dell’8 maggio 2016 la Commissione Elettorale Circondariale di T. ha esaminato la lista di candidati “Destra Nazionale – MSI” presentata alle elezioni comunali di T. per il prossimo 5 giugno 2016 e, ritenendo il simbolo di questa non rispondente alle previsioni di cui all’art. 33, lett. b), del d.P.R. n. 570 del 1960 e all’art. 2 del d.P.R. n. 132 del 1993, ha assegnato alla lista il termine delle ore 14,00 del 9 maggio per la presentazione di nuovo contrassegno.
La Commissione ha in particolare valutato che il simbolo costituito da un disco bianco con bordo nero, contenente all’interno la scritta dominante “Destra Nazionale” in carattere bastone a lettere maiuscole, con andamento ad arco di cerchio con la concavità verso il basso e con al centro una fiamma divisa in tre partizioni verde, bianco e rosso, poggiata su base trapezoidale con colore nero e con la scritta in carattere bastone maiuscolo M.S.I. di colore bianco, riproduca un elemento – fiamma tricolore su base trapezoidale contenente la sigla M.S.I. – caratterizzante del simbolo utilizzato dal partito “Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale” presente in Parlamento.
2. Con il successivo verbale n. 43 del 9 maggio 2016 la stessa Commissione, preso atto che entro il termine indicato la lista in questione non aveva ritenuto di produrre un nuovo contrassegno, rassegnando solo una memoria “in autotutela”, procedeva alla ricusazione del contrassegno e della lista.
3. Avverso tali provvedimenti hanno proposto ricorso avanti al T.A.R. per il Piemonte i presentatori della lista ricusata, deducendo la violazione dell’art. 33 del d.P.R. n. 570 del 1960, dell’art. 14 della l. n. 361 del 1957, dell’art. 2 del d.P.R. n. 132 del 1993, e ne hanno chiesto l’annullamento, con conseguente ammissione della lista.
4. Si è costituito in primo grado il Ministero dell’Interno per resistere al ricorso.
5. Con sentenza n. 701 del 13 maggio 2016 il T.A.R. per il Piemonte ha accolto il ricorso, annullando i provvedimenti impugnati.
Il primo giudice ha ritenuto che i due contrassegni, per le loro caratteristiche, non fossero confondibili da un elettore di normale diligenza e cultura e che comunque, ai sensi dell’art. 14 della l. n. 361 del 1957 e dell’art. 33 del d.P.R. n. 570 del 1960, la fiamma sarebbe idonea a cagionare l’esclusione del simbolo solo ove si potesse configurare quale elemento tradizionalmente utilizzato dal Partito “Fratelli d’Italia”, mentre invece questo è un partito di recente costituzione e, come tale, non può vantare l’utilizzo della fiamma tricolore, ripetuto e costante per un tempo abbastanza lungo da costituire, nella percezione dell’elettore di normale diligenza e cultura, un segno distintivo.
La sentenza impugnata ha inoltre ritenuto che, ai sensi dell’art. 2 del d.P.R. n. 132 del 1993, è vietato l’uso non di singoli elementi di simboli utilizzati da altri partiti o gruppi politici, che abbiano avuto dei rappresentanti eletti nel Parlamento italiano od europeo, bensì dell’intero contrassegno.
Il T.A.R. ne ha concluso che la parola “simbolo” deve essere intesa nella accezione di contrassegno in tutte le sue componenti, risultando ciò evidente anche dall’art. 33 del d.P.R. n. 570 del 1960, che vieta l’utilizzazione di simboli o elementi caratterizzanti di simboli che, per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento, possano trarre in inganno l’elettore.
Il T.A.R. ha quindi accolto il ricorso, disponendo l’ammissione della lista “Destra Nazionale – M.S.I.” alle elezioni per il Sindaco ed il Consiglio Comunale di T..
6. Avverso tale sentenza ha proposto appello la lista “Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale”, deducendo la violazione degli artt. 14, comma 6, del d.P.R. n. 361 del 1957, dell’art. 2 del d.P.R. n. 132 del 1993, e ne ha chiesto la riforma, con conseguente esclusione della lista ricorrente in primo grado.
7. Si sono costituiti in appello l’Amministrazione appellata, aderendo all’appello, e la lista controinteressata Movimento Sociale Italiano e i sigg.ri Rosario Defina e Giovanni Baldovino Mallamaci, quali delegati del Movimento, con controricorso depositato il 18 maggio 2015, per resistere all’appello, di cui hanno dedotto l’inammissibilità e, nel merito, l’infondatezza.
8. L’appello deve essere accolto.
8.1. Quanto alle eccezioni preliminari sollevate nel controricorso, in estrema sintesi, deve essere rilevato:
-la procura alle liti è presente nell’originale dell’appello;
- Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale, pur non essendo stata evocata nel primo grado di giudizio, è lista controinteressata e, pertanto, può appellare;
- la notifica al procuratore domiciliatario Avv. Alberto Ramin, quand’anche nulla (e non inesistente, come si assume nel controricorso), è sanata ai sensi dell’art. 156, comma terzo, c.p.c., comunque, dall’avvenuta costituzione della lista ricorrente in prime cure con apposito controricorso nel presente grado di giudizio.
8.2. Nel merito, l’appello è fondato.
L’art. 14, comma 6, del d.P.R. n. 361 del 1957 prescrive, infatti, che «non è ammessa inoltre la presentazione da parte di altri partiti o gruppi politici di contrassegni riproducenti simboli o elementi caratterizzanti simboli che per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento possono trarre in errore l’elettore».
Analogamente l’art. 33, comma 1, lett. b), del d.P.R. n. 570 del 1960, richiamato dalla Commissione, stabilisce che essa «ricusa i contrassegni che siano identici o che si possano facilmente confondere con quelli presentati in precedenza o con quelli notoriamente usati da altri partiti o raggruppamenti politici, ovvero riproducenti simboli o elementi caratterizzanti di simboli che, per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento possono trarre in errore l’elettore».
Si deve rilevare, anzitutto, che le disposizioni in esame si riferiscono, testualmente, anche agli elementi che caratterizzano il contrassegno e non necessariamente al contrassegno nel suo complesso, stante la indubbia e, si direbbe, la spesso esclusiva capacità connotativa dei simboli più che del contrassegno in toto considerato.
Ora la “fiamma tricolore”, come ha rilevato la Commissione nel provvedimento di ricusazione contestato, costituisce un elemento incontestabilmente e profondamente caratterizzante, per ragioni di ordine storico prima ancora che ideologico, il contrassegno di “Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale”, utilizzato in modo stabile e, comunque, tradizionalmente da tale forza politica presente attualmente in Parlamento.
E tanto è stato accertato, del resto, anche dall’Ufficio Elettorale Centrale Nazionale della Corte Suprema di Cassazione, nella decisione del 19.1.2013, laddove ha chiarito che la finalità tutelata dall’art. 14, comma 6, del d.P.R. n. 570 del 1960 è quella di orientare correttamente l’elettore nella sua scelta consapevole, costituendo circostanza con sicuro potenziale decettivo la presentazione di un contrassegno contenente un simbolo – la fiamma tricolore – dotato di capacità identificativa del patrimonio politico e del bagaglio ideologico di un movimento che sia presente in Parlamento.
Nella conoscenza degli elettori, come ha rilevato la Cassazione in tale decisione, il simbolo suddetto rimane legato ad un determinato tessuto ideologico-politico, dal quale essi devono poter distinguere le connotazioni peculiari di altri movimenti.
Tanto basta a ritenere non rilevanti, ai fini del presente giudizio, tutte le considerazioni svolte nel controricorso dal Movimento Sociale in ordine alla storia del movimento, al preuso del simbolo, alla legittimità del suo utilizzo e alle controversie che ne hanno caratterizzato la tormentata storia.
Tali considerazioni, recepite dalla sentenza impugnata, non sono in grado di superare il dato decisivo qui evidenziato e, cioè, che la indubbia idoneità decettiva della fiamma tricolore, per il suo pregnante significato simbolico, costituisce elemento che pienamente giustifica, ai sensi delle sopra esaminate disposizioni, l’esclusione della lista dalla competizione elettorale.
Ne segue che, in accoglimento dell’appello, la sentenza impugnata deve essere riformata, con conseguente esclusione della lista “Destra Nazionale – M.S.I.”.
9. Le spese del doppio grado del giudizio, considerata la complessità del giudizio, possono essere interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto in primo grado e conferma l’esclusione con esso impugnata.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri, Consigliere






L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE















DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/05/2016
IL SEGRETARIO




Elezioni comunali – Limiti all’autenticazione di firme per il funzionario incaricato dal Sindaco


Cons. di Stato, III, 16 maggio 2016, n. 1990

E’ erronea l’interpretazione, secondo la quale per i consiglieri comunali e provinciali o per i funzionari delegati sussisterebbe, oltre a quello territoriale, l’ulteriore limite della ‘pertinenza della competizione elettorale’, nel senso che la disposizione in esame attribuirebbe il potere di autentica a tali organi politici solo per le elezioni dell’ente al quale essi appartengano [tale orientamento, ad avviso del Collegio, non trova “riscontro né nel quadro normativo in materia e, in particolare, nella disposizione sopra richiamata dell’art. 14 della l. n. 53 del 2010, né in una esigenza giuridicamente apprezzabile, essendo finalizzato il potere di autenticazione, riconosciuto dal citato art. 14 della stessa l. n. 53 del 1990, «ad agevolare e semplificare lo svolgimento del procedimento elettorale»”; tale considerazione si attaglia, in particolar modo, per le sottoscrizioni relative alle accettazioni delle candidature, essendo contrario alle finalità di semplificazione che ispirano la legislazione elettorale costringere i candidati, che non necessariamente devono essere elettori nel Comune al quale si candidano, a sottoscrivere le accettazioni e a farle autenticare dal solo ufficiale dell’ente territoriale alle cui elezioni intendono partecipare]


FATTO e DIRITTO
1.- Con la sentenza appellata, il TAR ha respinto il ricorso proposto dagli odierni appellanti avverso il provvedimento con cui la Commissione Elettorale Circondariale di C. li ha esclusi dalla lista «C. Sempre Più», sulla base del rilievo dell’invalida autenticazione delle sottoscrizioni di accettazione delle loro candidature da parte di funzionari appartenenti a Comuni diversi da quello di svolgimento della relativa competizione elettorale (C.) e, perciò, privi del potere certificativo attribuito dall’art. 14 della legge n. 53 del 1990.
2.- Ritiene la Sezione che l’appello è fondato, sulla base delle considerazioni di seguito esposte.
L’interpretazione del primo giudice si fonda sulla considerazione che l’autenticazione delle sottoscrizioni sulle dichiarazioni di accettazione della candidatura sarebbero state eseguite dal responsabile amministrativo di un Comune diverso da quello di C., alle cui elezioni concorrono i candidati depennati dalla lista.
La motivazione del primo giudice, per quanto richiami il precedente di questo Consiglio di Stato, sez. V, 18 maggio 2015, n. 2527, non è, tuttavia, condivisibile.
L’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, con la sentenza n. 22 del 9 ottobre 2013, si è pronunciata, proprio su questa questione, affermando il principio che i pubblici ufficiali menzionati dall’art. 14 della l. n. 53 del 1990 sono titolari del potere di autenticare le sottoscrizioni esclusivamente all’interno del territorio di competenza dell’ufficio di cui sono titolari o ai quali appartengono (come nel caso di specie è pacificamente avvenuto), ma non ha affermato il diverso principio della pertinenza della competenza elettorale, secondo cui i soggetti sopra indicati dovrebbero autenticare solo le firme finalizzate alla partecipazione alla competizione elettorale dell’ente al quale appartengono.
La sentenza impugnata postula, invece, che per i consiglieri comunali e provinciali o i funzionari da essi delegati sussisterebbe, oltre a quello territoriale, l’ulteriore limite della ‘pertinenza della competizione elettorale’, nel senso che la disposizione in esame attribuirebbe il potere di autentica a tali organi politici solo per le elezioni dell’ente al quale essi appartengano.
Tale orientamento non trova, ad avviso del Collegio, riscontro né nel quadro normativo in materia e, in particolare, nella disposizione sopra richiamata dell’art. 14 della l. n. 53 del 2010, né in una esigenza giuridicamente apprezzabile, essendo finalizzato il potere di autenticazione, riconosciuto dal citato art. 14 della stessa l. n. 53 del 1990, «ad agevolare e semplificare lo svolgimento del procedimento elettorale» (Cons. St., sez. V, 16 aprile 2014, n. 1885).
Ciò vale, in particolar modo, per le sottoscrizioni relative alle accettazioni delle candidature (quali quelle in esame), essendo contrario alle finalità di semplificazione che ispirano la legislazione elettorale costringere i candidati, che non necessariamente devono essere elettori nel Comune al quale si candidano, a sottoscrivere le accettazioni e a farle autenticare dal solo ufficiale dell’ente territoriale alle cui elezioni intendono partecipare.
4.- Alle considerazioni che precedono conseguono, in definitiva, l’accoglimento dell’appello e, in riforma della decisione impugnata, l’ammissione dei ricorrenti alla partecipazione alle elezioni comunali di C. nella lista «C. Sempre Più».
5.- Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello n. 3780 del 2016, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, ammette i ricorrenti alla partecipazione alle elezioni comunali di C. nella lista «C. Sempre Più» e compensa le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

sabato 21 maggio 2016



Pubblicata la legge sulle unioni civili


Legge 20 maggio 2016, n. 76 (G.U. 21 maggio 2016, n. 118), Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze.



 
 
  La  Camera  dei  deputati  ed  il  Senato  della  Repubblica  hanno
approvato; 
 
                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 
                              Promulga 
 
la seguente legge: 
 
                               Art. 1 
 
  1. La presente legge istituisce l'unione civile tra  persone  dello
stesso sesso  quale  specifica  formazione  sociale  ai  sensi  degli
articoli 2  e  3  della  Costituzione  e  reca  la  disciplina  delle
convivenze di fatto. 
  2.  Due  persone  maggiorenni  dello  stesso  sesso   costituiscono
un'unione civile mediante dichiarazione di  fronte  all'ufficiale  di
stato civile ed alla presenza di due testimoni. 
  3. L'ufficiale di stato civile provvede  alla  registrazione  degli
atti di unione civile tra persone dello  stesso  sesso  nell'archivio
dello stato civile. 
  4. Sono cause impeditive per la costituzione dell'unione civile tra
persone dello stesso sesso: 
  a) la sussistenza, per una delle parti, di un vincolo  matrimoniale
o di un'unione civile tra persone dello stesso sesso; 
  b) l'interdizione di una delle parti per infermita'  di  mente;  se
l'istanza d'interdizione e' soltanto promossa, il pubblico  ministero
puo' chiedere che si sospenda la costituzione dell'unione civile;  in
tal caso il procedimento non puo' aver luogo finche' la sentenza  che
ha pronunziato sull'istanza non sia passata in giudicato; 
  c) la sussistenza tra le parti dei rapporti di cui all'articolo 87,
primo comma, del codice civile; non possono altresi' contrarre unione
civile tra persone dello stesso sesso lo zio e il nipote e la  zia  e
la nipote; si applicano le disposizioni di cui al  medesimo  articolo
87; 
  d) la condanna definitiva di un contraente per omicidio consumato o
tentato nei confronti di chi sia coniugato  o  unito  civilmente  con
l'altra parte; se e' stato disposto soltanto rinvio a giudizio ovvero
sentenza di condanna di primo  o  secondo  grado  ovvero  una  misura
cautelare la costituzione dell'unione civile tra persone dello stesso
sesso e' sospesa  sino  a  quando  non  e'  pronunziata  sentenza  di
proscioglimento. 
  5. La sussistenza di una delle cause impeditive di cui al  comma  4
comporta la nullita' dell'unione  civile  tra  persone  dello  stesso
sesso. All'unione civile tra persone dello stesso sesso si  applicano
gli articoli 65 e 68, nonche' le disposizioni di  cui  agli  articoli
119, 120, 123, 125, 126, 127, 128, 129 e 129-bis del codice civile. 
  6. L'unione civile costituita in  violazione  di  una  delle  cause
impeditive di cui al comma 4, ovvero in violazione  dell'articolo  68
del codice civile, puo' essere  impugnata  da  ciascuna  delle  parti
dell'unione civile, dagli ascendenti prossimi, dal pubblico ministero
e da tutti coloro che abbiano per impugnarla un interesse legittimo e
attuale. L'unione civile costituita da una  parte  durante  l'assenza
dell'altra non puo' essere impugnata finche' dura l'assenza. 
  7. L'unione  civile  puo'  essere  impugnata  dalla  parte  il  cui
consenso e' stato estorto con violenza o  determinato  da  timore  di
eccezionale gravita' determinato da cause esterne alla parte  stessa.
Puo' essere altresi' impugnata dalla parte il cui consenso  e'  stato
dato per effetto di errore sull'identita' della persona o  di  errore
essenziale su qualita' personali dell'altra parte. L'azione non  puo'
essere proposta se vi e' stata coabitazione per un anno dopo  che  e'
cessata la violenza o le cause che hanno determinato il timore ovvero
sia stato scoperto l'errore. L'errore  sulle  qualita'  personali  e'
essenziale qualora, tenute presenti le condizioni  dell'altra  parte,
si accerti che la stessa non avrebbe prestato il suo consenso  se  le
avesse esattamente conosciute e purche' l'errore riguardi: 
  a) l'esistenza di una malattia fisica o psichica, tale da  impedire
lo svolgimento della vita comune; 
  b) le circostanze di cui all'articolo 122, terzo comma, numeri  2),
3) e 4), del codice civile. 
  8. La parte puo' in  qualunque  tempo  impugnare  il  matrimonio  o
l'unione civile dell'altra parte. Se  si  oppone  la  nullita'  della
prima unione  civile,  tale  questione  deve  essere  preventivamente
giudicata. 
  9. L'unione civile tra persone dello stesso  sesso  e'  certificata
dal relativo documento attestante la  costituzione  dell'unione,  che
deve contenere i dati anagrafici delle parti, l'indicazione del  loro
regime patrimoniale e della loro residenza, oltre ai dati  anagrafici
e alla residenza dei testimoni. 
  10. Mediante dichiarazione all'ufficiale di stato civile  le  parti
possono stabilire di assumere, per la durata dell'unione  civile  tra
persone dello stesso sesso, un cognome comune scegliendolo tra i loro
cognomi. La parte puo' anteporre o  posporre  al  cognome  comune  il
proprio cognome, se diverso, facendone dichiarazione all'ufficiale di
stato civile. 
  11. Con la costituzione dell'unione civile tra persone dello stesso
sesso le parti acquistano gli stessi diritti e  assumono  i  medesimi
doveri; dall'unione civile deriva l'obbligo reciproco  all'assistenza
morale e materiale  e  alla  coabitazione.  Entrambe  le  parti  sono
tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze  e  alla  propria
capacita' di lavoro  professionale  e  casalingo,  a  contribuire  ai
bisogni comuni. 
  12. Le parti concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare e
fissano la residenza comune; a ciascuna delle parti spetta il  potere
di attuare l'indirizzo concordato. 
  13. Il regime patrimoniale dell'unione  civile  tra  persone  dello
stesso sesso, in mancanza di  diversa  convenzione  patrimoniale,  e'
costituito dalla comunione dei beni. In materia di  forma,  modifica,
simulazione e capacita' per la stipula delle convenzioni patrimoniali
si applicano gli articoli 162, 163, 164 e 166 del codice  civile.  Le
parti non possono derogare ne' ai  diritti  ne'  ai  doveri  previsti
dalla  legge  per  effetto  dell'unione  civile.  Si   applicano   le
disposizioni di cui alle sezioni II, III, IV, V e VI del capo VI  del
titolo VI del libro primo del codice civile. 
  14. Quando la condotta della parte dell'unione civile e'  causa  di
grave pregiudizio all'integrita' fisica o morale ovvero alla liberta'
dell'altra parte, il giudice, su istanza di parte, puo' adottare  con
decreto uno o piu' dei provvedimenti di cui all'articolo 342-ter  del
codice civile. 
  15.  Nella  scelta  dell'amministratore  di  sostegno  il   giudice
tutelare preferisce, ove possibile, la parte dell'unione  civile  tra
persone dello stesso sesso. L'interdizione o l'inabilitazione possono
essere promosse anche dalla parte dell'unione civile, la  quale  puo'
presentare istanza di revoca quando ne cessa la causa. 
  16. La violenza e' causa di annullamento del contratto anche quando
il male minacciato riguarda la persona  o  i  beni  dell'altra  parte
dell'unione civile costituita dal contraente o da  un  discendente  o
ascendente di lui. 
  17. In caso di  morte  del  prestatore  di  lavoro,  le  indennita'
indicate  dagli  articoli  2118  e  2120  del  codice  civile  devono
corrispondersi anche alla parte dell'unione civile. 
  18. La prescrizione rimane sospesa tra le parti dell'unione civile. 
  19. All'unione civile tra persone dello stesso sesso  si  applicano
le disposizioni di cui al titolo XIII  del  libro  primo  del  codice
civile, nonche' gli articoli 116, primo comma, 146, 2647, 2653, primo
comma, numero 4), e 2659 del codice civile. 
  20. Al solo fine di  assicurare  l'effettivita'  della  tutela  dei
diritti e il pieno adempimento degli obblighi  derivanti  dall'unione
civile tra  persone  dello  stesso  sesso,  le  disposizioni  che  si
riferiscono al matrimonio e  le  disposizioni  contenenti  le  parole
«coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque  ricorrono  nelle
leggi, negli atti aventi forza  di  legge,  nei  regolamenti  nonche'
negli atti amministrativi e nei contratti  collettivi,  si  applicano
anche ad ognuna delle parti  dell'unione  civile  tra  persone  dello
stesso sesso. La disposizione di cui al  periodo  precedente  non  si
applica alle norme del codice  civile  non  richiamate  espressamente
nella presente legge, nonche' alle disposizioni di cui alla  legge  4
maggio 1983, n. 184. Resta fermo  quanto  previsto  e  consentito  in
materia di adozione dalle norme vigenti. 
  21. Alle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso si
applicano le disposizioni previste dal capo III  e  dal  capo  X  del
titolo I, dal titolo II e dal capo II e dal capo V-bis del titolo  IV
del libro secondo del codice civile. 
  22. La morte o la dichiarazione di  morte  presunta  di  una  delle
parti dell'unione civile ne determina lo scioglimento. 
  23.  L'unione  civile  si  scioglie  altresi'  nei  casi   previsti
dall'articolo 3, numero 1) e numero 2), lettere a),  c),  d)  ed  e),
della legge 1° dicembre 1970, n. 898. 
  24. L'unione civile si scioglie, inoltre,  quando  le  parti  hanno
manifestato anche disgiuntamente la volonta' di scioglimento  dinanzi
all'ufficiale  dello  stato  civile.  In  tale  caso  la  domanda  di
scioglimento dell'unione civile e' proposta decorsi  tre  mesi  dalla
data della manifestazione di volonta' di scioglimento dell'unione. 
  25. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 4,  5,  primo
comma, e dal quinto all'undicesimo comma, 8, 9,  9-bis,  10,  12-bis,
12-ter, 12-quater, 12-quinquies e 12-sexies della legge    dicembre
1970, n. 898, nonche' le disposizioni di cui al Titolo II  del  libro
quarto del codice di procedura civile ed agli articoli  6  e  12  del
decreto-legge  12   settembre   2014,   n.   132,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. 
  26.  La  sentenza  di  rettificazione  di  attribuzione  di   sesso
determina lo scioglimento dell'unione civile tra persone dello stesso
sesso. 
  27. Alla rettificazione anagrafica di sesso, ove i coniugi  abbiano
manifestato la volonta' di non sciogliere  il  matrimonio  o  di  non
cessarne gli  effetti  civili,  consegue  l'automatica  instaurazione
dell'unione civile tra persone dello stesso sesso. 
  28. Fatte salve le disposizioni di  cui  alla  presente  legge,  il
Governo e' delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge, uno o  piu'  decreti  legislativi  in
materia di unione civile tra persone dello stesso sesso nel  rispetto
dei seguenti principi e criteri direttivi: 
  a)  adeguamento  alle  previsioni  della   presente   legge   delle
disposizioni  dell'ordinamento  dello  stato  civile  in  materia  di
iscrizioni, trascrizioni e annotazioni; 
  b)  modifica  e  riordino  delle  norme  in  materia   di   diritto
internazionale privato, prevedendo  l'applicazione  della  disciplina
dell'unione civile tra persone  dello  stesso  sesso  regolata  dalle
leggi italiane alle coppie formate da persone dello stesso sesso  che
abbiano  contratto  all'estero  matrimonio,  unione  civile  o  altro
istituto analogo; 
  c)  modificazioni  ed  integrazioni  normative  per  il  necessario
coordinamento con la  presente  legge  delle  disposizioni  contenute
nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti e  nei
decreti. 
  29. I decreti legislativi di cui  al  comma  28  sono  adottati  su
proposta del Ministro della giustizia, di concerto  con  il  Ministro
dell'interno, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali  e  il
Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. 
  30. Ciascuno schema di decreto legislativo di cui al  comma  28,  a
seguito della deliberazione del Consiglio dei ministri, e'  trasmesso
alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica perche'  su  di
esso siano espressi, entro  sessanta  giorni  dalla  trasmissione,  i
pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia. Decorso
tale termine il decreto  puo'  essere  comunque  adottato,  anche  in
mancanza dei pareri. Qualora il termine per l'espressione dei  pareri
parlamentari scada nei trenta giorni che precedono  la  scadenza  del
termine previsto dal comma 28, quest'ultimo termine e'  prorogato  di
tre mesi. Il Governo,  qualora  non  intenda  conformarsi  ai  pareri
parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle  Camere  con  le  sue
osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate  dei  necessari
elementi  integrativi  di  informazione  e  motivazione.   I   pareri
definitivi delle Commissioni competenti  per  materia  sono  espressi
entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione.
Decorso tale termine, i decreti possono essere comunque adottati. 
  31. Entro due anni dalla data  di  entrata  in  vigore  di  ciascun
decreto legislativo adottato ai sensi del comma 28, il  Governo  puo'
adottare disposizioni integrative e correttive del decreto  medesimo,
nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui al citato  comma
28, con la procedura prevista nei commi 29 e 30. 
  32. All'articolo 86 del codice  civile,  dopo  le  parole:  «da  un
matrimonio» sono inserite le seguenti: «o  da  un'unione  civile  tra
persone dello stesso sesso». 
  33. All'articolo 124 del codice civile, dopo le parole:  «impugnare
il matrimonio» sono inserite le  seguenti:  «o  l'unione  civile  tra
persone dello stesso sesso». 
  34. Con decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  su
proposta del Ministro dell'interno, da emanare  entro  trenta  giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono  stabilite
le disposizioni transitorie necessarie per  la  tenuta  dei  registri
nell'archivio dello stato civile nelle more  dell'entrata  in  vigore
dei decreti legislativi adottati ai sensi del comma 28, lettera a). 
  35. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 34 acquistano  efficacia
a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. 
  36. Ai fini delle disposizioni di cui  ai  commi  da  37  a  67  si
intendono per «conviventi di fatto»  due  persone  maggiorenni  unite
stabilmente da legami affettivi di coppia e di  reciproca  assistenza
morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinita'
o adozione, da matrimonio o da un'unione civile. 
  37. Ferma restando la sussistenza dei presupposti di cui  al  comma
36, per l'accertamento della stabile  convivenza  si  fa  riferimento
alla dichiarazione anagrafica di cui all'articolo 4 e alla lettera b)
del comma 1 dell'articolo 13 del regolamento di cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223. 
  38. I conviventi di fatto hanno gli  stessi  diritti  spettanti  al
coniuge nei casi previsti dall'ordinamento penitenziario. 
  39. In caso di malattia o di ricovero, i conviventi di fatto  hanno
diritto reciproco di visita, di assistenza nonche'  di  accesso  alle
informazioni personali, secondo le  regole  di  organizzazione  delle
strutture  ospedaliere  o  di   assistenza   pubbliche,   private   o
convenzionate, previste per i coniugi e i familiari. 
  40. Ciascun convivente di fatto puo' designare  l'altro  quale  suo
rappresentante con poteri pieni o limitati: 
  a) in caso di malattia che comporta incapacita' di intendere  e  di
volere, per le decisioni in materia di salute; 
  b) in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le
modalita' di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie. 
  41. La designazione di cui al  comma  40  e'  effettuata  in  forma
scritta e autografa oppure, in caso di impossibilita'  di  redigerla,
alla presenza di un testimone. 
  42. Salvo  quanto  previsto  dall'articolo  337-sexies  del  codice
civile, in caso di  morte  del  proprietario  della  casa  di  comune
residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di  continuare
ad abitare nella stessa per due anni  o  per  un  periodo  pari  alla
convivenza se superiore a due anni e  comunque  non  oltre  i  cinque
anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o  figli  disabili  del
convivente superstite,  il  medesimo  ha  diritto  di  continuare  ad
abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a
tre anni. 
  43. Il diritto di cui al comma 42 viene meno nel  caso  in  cui  il
convivente superstite cessi di  abitare  stabilmente  nella  casa  di
comune residenza o in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova
convivenza di fatto. 
  44. Nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto
di locazione della casa di comune residenza, il convivente  di  fatto
ha facolta' di succedergli nel contratto. 
  45.  Nel  caso  in  cui  l'appartenenza  ad  un  nucleo   familiare
costituisca titolo  o  causa  di  preferenza  nelle  graduatorie  per
l'assegnazione di alloggi di edilizia  popolare,  di  tale  titolo  o
causa di preferenza  possono  godere,  a  parita'  di  condizioni,  i
conviventi di fatto. 
  46. Nella sezione VI del capo VI del titolo VI del libro primo  del
codice civile, dopo l'articolo 230-bis e' aggiunto il seguente: 
  «Art. 230-ter (Diritti del convivente). - Al  convivente  di  fatto
che presti stabilmente  la  propria  opera  all'interno  dell'impresa
dell'altro  convivente   spetta   una   partecipazione   agli   utili
dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con  essi  nonche'  agli
incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento,  commisurata
al lavoro prestato. Il diritto di partecipazione non  spetta  qualora
tra  i  conviventi  esista  un  rapporto  di  societa'  o  di  lavoro
subordinato». 
  47. All'articolo  712,  secondo  comma,  del  codice  di  procedura
civile, dopo le parole: «del coniuge» sono inserite le  seguenti:  «o
del convivente di fatto». 
  48. Il convivente di fatto puo' essere nominato tutore, curatore  o
amministratore di sostegno,  qualora  l'altra  parte  sia  dichiarata
interdetta  o  inabilitata  ai  sensi  delle  norme  vigenti   ovvero
ricorrano i presupposti di cui all'articolo 404 del codice civile. 
  49. In caso di decesso del convivente di fatto, derivante da  fatto
illecito di un terzo, nell'individuazione del danno risarcibile  alla
parte superstite si applicano i medesimi criteri individuati  per  il
risarcimento del danno al coniuge superstite. 
  50.  I  conviventi  di  fatto  possono  disciplinare   i   rapporti
patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la  sottoscrizione
di un contratto di convivenza. 
  51. Il contratto di cui al comma 50, le  sue  modifiche  e  la  sua
risoluzione sono redatti in forma scritta, a pena  di  nullita',  con
atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione  autenticata  da
un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformita' alle norme
imperative e all'ordine pubblico. 
  52. Ai fini dell'opponibilita' ai terzi, il professionista  che  ha
ricevuto l'atto  in  forma  pubblica  o  che  ne  ha  autenticato  la
sottoscrizione  ai  sensi  del  comma  51  deve  provvedere  entro  i
successivi dieci giorni a trasmetterne copia al comune  di  residenza
dei conviventi per l'iscrizione all'anagrafe ai sensi degli  articoli
5 e 7  del  regolamento  di  cui  al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 30 maggio 1989, n. 223. 
  53.  Il  contratto  di  cui  al   comma   50   reca   l'indicazione
dell'indirizzo indicato da ciascuna parte al quale sono effettuate le
comunicazioni inerenti  al  contratto  medesimo.  Il  contratto  puo'
contenere: 
  a) l'indicazione della residenza; 
  b) le modalita' di contribuzione  alle  necessita'  della  vita  in
comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e  alla  capacita'  di
lavoro professionale o casalingo; 
  c) il regime patrimoniale della comunione dei  beni,  di  cui  alla
sezione III del capo VI del titolo VI  del  libro  primo  del  codice
civile. 
  54. Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza  puo'
essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con
le modalita' di cui al comma 51. 
  55.   Il   trattamento   dei   dati   personali   contenuti   nelle
certificazioni anagrafiche deve avvenire conformemente alla normativa
prevista dal codice in materia di protezione dei dati  personali,  di
cui al decreto legislativo 30 giugno  2003,  n.  196,  garantendo  il
rispetto  della  dignita'  degli   appartenenti   al   contratto   di
convivenza.  I  dati   personali   contenuti   nelle   certificazioni
anagrafiche non possono  costituire  elemento  di  discriminazione  a
carico delle parti del contratto di convivenza. 
  56. Il contratto di convivenza non puo' essere sottoposto a termine
o condizione.  Nel  caso  in  cui  le  parti  inseriscano  termini  o
condizioni, questi si hanno per non apposti. 
  57. II contratto di convivenza e' affetto  da  nullita'  insanabile
che puo' essere fatta  valere  da  chiunque  vi  abbia  interesse  se
concluso: 
  a) in presenza di un vincolo matrimoniale, di un'unione civile o di
un altro contratto di convivenza; 
  b) in violazione del comma 36; 
  c) da persona minore di eta'; 
  d) da persona interdetta giudizialmente; 
  e) in caso di condanna per il delitto di cui  all'articolo  88  del
codice civile. 
  58. Gli effetti del contratto  di  convivenza  restano  sospesi  in
pendenza del procedimento di interdizione giudiziale o  nel  caso  di
rinvio a giudizio o di misura cautelare disposti per  il  delitto  di
cui all'articolo  88  del  codice  civile,  fino  a  quando  non  sia
pronunciata sentenza di proscioglimento. 
  59. Il contratto di convivenza si risolve per: 
  a) accordo delle parti; 
  b) recesso unilaterale; 
  c) matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un  convivente
ed altra persona; 
  d) morte di uno dei contraenti. 
  60. La risoluzione del contratto di convivenza  per  accordo  delle
parti o per recesso unilaterale deve essere redatta  nelle  forme  di
cui al comma 51. Qualora il contratto di convivenza preveda, a  norma
del comma 53, lettera c), il regime patrimoniale della comunione  dei
beni, la sua risoluzione determina lo  scioglimento  della  comunione
medesima e si applicano, in quanto compatibili,  le  disposizioni  di
cui alla sezione III del capo VI del titolo VI del  libro  primo  del
codice civile. Resta in ogni caso ferma la competenza del notaio  per
gli atti di  trasferimento  di  diritti  reali  immobiliari  comunque
discendenti dal contratto di convivenza. 
  61. Nel caso di recesso unilaterale da un contratto  di  convivenza
il professionista che riceve o che autentica l'atto e' tenuto,  oltre
che agli  adempimenti  di  cui  al  comma  52,  a  notificarne  copia
all'altro contraente all'indirizzo risultante dal contratto. Nel caso
in cui la casa  familiare  sia  nella  disponibilita'  esclusiva  del
recedente, la dichiarazione di recesso,  a  pena  di  nullita',  deve
contenere il termine, non inferiore a  novanta  giorni,  concesso  al
convivente per lasciare l'abitazione. 
  62. Nel caso di cui alla lettera c) del comma 59, il contraente che
ha contratto matrimonio o unione  civile  deve  notificare  all'altro
contraente, nonche' al professionista che ha ricevuto  o  autenticato
il contratto di convivenza, l'estratto  di  matrimonio  o  di  unione
civile. 
  63. Nel caso di cui alla lettera d) del  comma  59,  il  contraente
superstite o gli eredi del contraente deceduto devono  notificare  al
professionista  che  ha  ricevuto  o  autenticato  il  contratto   di
convivenza  l'estratto  dell'atto  di  morte  affinche'  provveda  ad
annotare a margine del contratto di convivenza l'avvenuta risoluzione
del contratto e a notificarlo all'anagrafe del comune di residenza. 
  64. Dopo l'articolo 30 della legge  31  maggio  1995,  n.  218,  e'
inserito il seguente: 
  «Art. 30-bis (Contratti  di  convivenza).  -  1.  Ai  contratti  di
convivenza si applica la legge nazionale comune  dei  contraenti.  Ai
contraenti di diversa cittadinanza si applica la legge del  luogo  in
cui la convivenza e' prevalentemente localizzata. 
  2. Sono fatte salve le norme nazionali, europee  ed  internazionali
che regolano il caso di cittadinanza plurima». 
  65. In caso di cessazione della convivenza  di  fatto,  il  giudice
stabilisce  il  diritto  del  convivente   di   ricevere   dall'altro
convivente e gli alimenti qualora versi in stato di bisogno e non sia
in grado di provvedere al proprio mantenimento.  In  tali  casi,  gli
alimenti sono assegnati per  un  periodo  proporzionale  alla  durata
della convivenza e nella misura determinata  ai  sensi  dell'articolo
438, secondo comma, del codice civile. Ai fini  della  determinazione
dell'ordine degli obbligati ai sensi  dell'articolo  433  del  codice
civile, l'obbligo alimentare del convivente di cui al presente  comma
e' adempiuto con precedenza sui fratelli e sorelle. 
  66. Agli oneri derivanti dall'attuazione dei commi da 1  a  35  del
presente articolo, valutati complessivamente in 3,7 milioni  di  euro
per l'anno 2016, in 6,7 milioni di euro per l'anno 2017, in 8 milioni
di euro per l'anno 2018, in 9,8 milioni di euro per l'anno  2019,  in
11,7 milioni di euro per l'anno 2020, in 13,7  milioni  di  euro  per
l'anno 2021, in 15,8 milioni di euro per l'anno 2022, in 17,9 milioni
di euro per l'anno 2023, in 20,3 milioni di euro per l'anno 2024 e in
22,7 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025, si provvede: 
  a) quanto a 3,7 milioni di euro per l'anno 2016, a 1,3  milioni  di
euro per l'anno 2018, a 3,1 milioni di euro  per  l'anno  2019,  a  5
milioni di euro per l'anno 2020, a 7 milioni di euro per l'anno 2021,
a 9,1 milioni di euro per l'anno 2022, a 11,2  milioni  di  euro  per
l'anno 2023, a 13,6 milioni di euro per l'anno 2024 e a 16 milioni di
euro annui a decorrere dall'anno 2025, mediante riduzione  del  Fondo
per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo
10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307; 
  b) quanto a 6,7 milioni di euro annui a decorrere  dall'anno  2017,
mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per gli anni 2017
e 2018, dello stanziamento  del  fondo  speciale  di  parte  corrente
iscritto, ai fini del bilancio triennale 2016-2018,  nell'ambito  del
programma «Fondi di riserva e  speciali»  della  missione  «Fondi  da
ripartire» dello stato di previsione del  Ministero  dell'economia  e
delle finanze per l'anno 2016, allo  scopo  parzialmente  utilizzando
l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. 
  67. Ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della  legge  31  dicembre
2009, n. 196, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sulla
base dei dati comunicati dall'INPS, provvede  al  monitoraggio  degli
oneri di natura previdenziale ed assistenziale di cui ai commi da  11
a 20  del  presente  articolo  e  riferisce  in  merito  al  Ministro
dell'economia e delle finanze. Nel caso si  verifichino  o  siano  in
procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni  di  cui
al comma 66, il Ministro dell'economia e delle  finanze,  sentito  il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, provvede, con  proprio
decreto, alla  riduzione,  nella  misura  necessaria  alla  copertura
finanziaria  del   maggior   onere   risultante   dall'attivita'   di
monitoraggio, delle dotazioni finanziarie di parte corrente aventi la
natura di spese rimodulabili, ai sensi  dell'articolo  21,  comma  5,
lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196,  nell'ambito  dello
stato di previsione  del  Ministero  del  lavoro  e  delle  politiche
sociali. 
  68. Il Ministro  dell'economia  e  delle  finanze  riferisce  senza
ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli
scostamenti e all'adozione delle misure di cui al comma 67. 
  69. Il Ministro dell'economia e delle  finanze  e'  autorizzato  ad
apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 
  La presente legge, munita del sigillo dello Stato,  sara'  inserita
nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato. 
    Data a Roma, addi' 20 maggio 2016 
 
                             MATTARELLA 
 
 
                         Renzi, Presidente del Consiglio dei ministri 
 
Visto, il Guardasigilli: Orlando