La circolare Alfano,
sulla trascrizione del matrimonio same sex, al vaglio del Tar friulano
Tar Friuli Venezia Giulia xx maggio 2015, n. xx
La trascrizione di un matrimonio contratto
all’estero tra due persone dello stesso sesso non è consentita allo stato dalla
legislazione italiana.
E’ illegittima la trascrizione di un
matrimonio contratto all’estero tra due persone dello stesso sesso, effettuata
dal sindaco, quale ufficiale di governo, perché esulante dai suoi poteri e
doveri, contraria alla legge e contrastante con le direttive del suo superiore
gerarchico, il Ministro dell’Interno, e, in ultima analisi, poco rispettosa –
ancorché inconsapevolmente – del riparto tra i poteri dello Stato definito
dalla Costituzione repubblicana.
La doverosa rimozione della trascrizione
illegittima non può avvenire con l’intervento del Prefetto, che non ha alcun
potere a riguardo, ma solamente ad opera dell’autorità giudiziaria ordinaria ex
articolo 95 del d.P.R. 396/2000
Spetta al Ministro dell’interno e al
Prefetto il potere – dovere di sollecitare l’intervento della competente
Procura della Repubblica
OMISSIS
FATTO
I. La ricorrente, cittadina italiana residente in Belgio e
iscritta all'anagrafe del comune di U., chiede con il presente ricorso la
declaratoria di nullità ovvero in subordine l'annullamento:
- del decreto del Prefetto della Provincia di U. dd. 27 ottobre
2014, prot. n. 64234/2014 con il quale il Prefetto ha decretato l'annullamento
della trascrizione del matrimonio della ricorrente nei registri dello stato
civile del Comune di U.;
- dell'atto di delega del Prefetto di U. prot. 64686/2014 dd.
29 ottobre 2014;
- del processo verbale del vice Prefetto aggiunto del 29
ottobre 2014;
- della pregressa nota prefettizia n. 60632 dd. 9 ottobre 2014;
- infine dell'acclusa nota – circolare prot. n. 10863 dd. 7
ottobre 2014 del Ministero dell'Interno.
*****
II. Fa presente che in data 30 settembre del 2014 il sindaco di
U. aveva iscritto nel registro dei matrimoni presso l'ufficio di stato civile
il matrimonio contratto all’estero dalla ricorrente con una persona del
medesimo sesso.
Con nota del 7 ottobre 2014, il Ministro dell'interno,
ritenendo che tali trascrizioni non siano consentite dal d.p.r. 396 del 2000,
ha disposto che i prefetti invitino i sindaci ad annullare tali trascrizioni.
Con una nota del 9 ottobre 2014 non
notificata alla ricorrente il prefetto ha invitato il sindaco a procedere a
tale cancellazione; il sindaco ha risposto sostenendo l'impossibilità di
procedere all'annullamento di una trascrizione in assenza di una pronuncia
giurisdizionale.
Infine, con il decreto in questa sede
impugnato datato 27 ottobre 2014, il prefetto ha ordinato l'annullamento
d'ufficio della trascrizione del matrimonio; successivamente ha nominato un
delegato che ha provveduto ad annullare detta trascrizione apponendo nel
registro apposita annotazione.
*****
OMISSIS
DIRITTO
1.0. Oggetto del presente ricorso è in via principale il
decreto del prefetto di U. del 27 ottobre 2014 che ha disposto l’annullamento
della trascrizione del matrimonio della ricorrente nei registri di stato civile
del Comune di U., nonché gli atti connessi, tra cui l’atto di delega del 29
ottobre 2014, il processo verbale del viceprefetto aggiunto del 29 ottobre
2014, la nota prefettizia del 9 ottobre 2014 e la direttiva – circolare del
Ministero dell’interno del 7 ottobre del 2014.
1.1. La ricorrente, a pagina cinque del
ricorso introduttivo, afferma chiaramente che non è suo intendimento discutere
della correttezza o meno della trascrizione effettuata dal sindaco di U., anche
alla luce dell’articolo 8 comma secondo del codice del processo amministrativo.
L’oggetto del ricorso quindi viene delimitato dalla parte ricorrente al citato
provvedimento di annullamento emanato dal prefetto e agli atti connessi, di cui
si chiede in primis l’accertamento della nullità e in subordine l’annullamento.
*****
2.0. Ciò premesso in relazione all’oggetto del ricorso, è
necessario esaminare le numerose e articolate eccezioni sollevate
dall’avvocatura dello Stato, sia di difetto di giurisdizione, sia di carenza
d’interesse in capo alla ricorrente.
Ritiene questo collegio che sussista la
giurisdizione del tribunale amministrativo, conformemente a quanto deciso in
analoghi ricorsi dal Tar Lazio - Roma - Sezione Prima Ter - nelle sentenze n.
3900, 3907, 3911, 3912 e 5924 del 2015.
Innanzitutto, la giurisdizione deriva proprio dall’oggetto del
ricorso, un provvedimento amministrativo posto in essere dal Prefetto di U..
Invero l’articolo 7 del Codice del processo amministrativo fa espresso
riferimento al primo comma a controversie ove si faccia questione di interessi
legittimi nell’esercizio di un potere amministrativo, riguardante atti
riconducibili all’esercizio di tale potere posti in essere da pubbliche
amministrazioni.
2.1. Il fatto che il contenuto del
provvedimento prefettizio gravato sia l’ordine di annullamento di una
trascrizione effettuata dal sindaco nel registro degli atti di matrimonio non
sposta la giurisdizione, sia in quanto l’ordine è pacificamente un atto
amministrativo, sia in quanto la legittimità o meno della trascrizione viene
esaminata unicamente in via incidentale, al solo fine di valutare la
legittimità o meno dell’ordine prefettizio gravato.
2.2. La questione di giurisdizione
viene sollevata anche sotto altro aspetto da parte della resistente
amministrazione, la quale rileva che la trascrizione nel registro di stato
civile di un matrimonio intervenuto all’estero costituirebbe una questione di
status, e come tale, ai sensi del citato articolo 8, comma secondo, del c.p.a.,
di spettanza in via esclusiva all’autorità giudiziaria ordinaria.
Su questo punto osserva il collegio da
un lato come oggetto del presente ricorso non sia lo status della ricorrente,
ma un atto amministrativo prefettizio, e d’altro lato come l’esistenza o meno
di uno status matrimoniale e la sua trascrivibilità costituisce appunto
l’oggetto del provvedimento prefettizio o meglio il suo presupposto, e quindi
non si può dare per definito a priori quanto costituisce oggetto di esame
diretto o indiretto nella presente controversia.
In altri termini, l’avvocatura dello Stato nella sua eccezione
dà per accertato quanto invece deve essere valutato in corso di giudizio, cioè
nella disanima di merito della causa.
2.3. Infatti, quanto allo status matrimoniale, esso, come si
vedrà meglio in prosieguo, attualmente non può essere riconosciuto nel nostro
ordinamento tra persone del medesimo sesso, e questo non solo nella fattispecie
in esame ma in linea generale. Ne consegue che, non sussistendo alcuno status riconosciuto
o riconoscibile, nel caso non si applica l’articolo 8, comma secondo, del
codice.
2.4. Il collegio deve poi esaminare l’ulteriore eccezione di
carenza d’interesse, sollevata sempre dall’avvocatura dello Stato, in quanto
nessun beneficio verrebbe alla ricorrente dall’eventuale accoglimento del suo
ricorso se non un riconoscimento di uno status matrimoniale esulante dalla
giurisdizione del giudice amministrativo. Invero, la resistente amministrazione
osserva come il bene della vita cui aspira la ricorrente sia la trascrizione
nei registri di stato civile italiani del suo matrimonio contratto all’estero,
bene della vita che si sostanzierebbe in uno status matrimoniale che esula
dalla giurisdizione di questo tribunale. In sostanza, l’impugnazione del
provvedimento prefettizio sarebbe un modo surrettizio per vedersi riconoscere
uno status nel nostro ordinamento.
Anche tale prospettazione - ad avviso questo collegio - non può
essere condivisa, sia per le motivazioni sopra illustrate relative alla natura
dell’atto gravato, sia per la ragione che una trascrizione esistente nei
registri del Comune di U., comunque presenta un apprezzabile interesse per una
cittadina italiana che si vedrebbe in qualche modo certificato e registrato un
matrimonio contratto all’estero, dando allo stesso una qualche stabilità e
pubblicità, indipendentemente dagli effetti strettamente giuridici di tale
trascrizione (allo stato della legislazione italiana inesistenti).
In altri termini, sussiste un evidente interesse dell’instante
a vedersi mantenuta la trascrizione nel registro comunale dei matrimoni, se non
altro per le palesi implicazioni etiche soggettive, evidenziate a pagina 6 del
ricorso introduttivo e nella nota a pagina 4 della memoria di replica.
2.5. L’interessata sottolinea poi in ricorso il suo interesse a
vedere la trascrizione assoggettata al regime giuridico previsto dagli articoli
449 e seguenti del codice civile e dal d.p.r. 396 del 2000, e anche tale
interesse merita una qualche tutela, considerata la particolare pregnanza del
menzionato regime giuridico, pur non risultando sufficiente da solo a
sorreggere la legittimazione e l’interesse a ricorrere.
2.6. Va infine aggiunto che è idoneo a
fondare l’interesse e la legittimazione a ricorrere non solo l’interesse materiale
ma anche l’interesse puramente morale (C d S, n. 386, n. 1626 e n. 2043 del
2015), che nella peculiare controversia in esame si deve ritenere sussistente
in capo alla ricorrente, coinvolta in una vicenda personale di evidente rilievo
relazionale e affettivo.
2.7. Sempre nell’ambito delle eccezioni preliminari, la
resistente amministrazione, eccependo sotto altro profilo il difetto di
giurisdizione, osserva che l’actio finium regundorum, non sarebbe di spettanza
del Giudice Amministrativo adito, il quale si verrebbe “innaturalmente” a
trovare nella situazione di decidere se debba essere il Prefetto o il Giudice
ordinario ad attribuire un bene personalissimo della vita al privato cittadino.
L’eccezione non risulta fondata.
Invero, in questa sede, spetta al Giudice amministrativo non
già una sorta di actio finium regundorum, che compete alla Corte costituzionale
ovvero sotto altri profili alla Corte di Cassazione, ma più semplicemente un
giudizio sulla legittimità di un atto amministrativo prefettizio, da verificare
alla luce della norma attributiva del potere esercitato. Anzi, come si
esaminerà in seguito, la presente pronuncia si basa in parte proprio sulle
sentenze della Corte costituzionale in materia e sul riparto costituzionale dei
poteri.
*****
3.0. Sempre in via preliminare, va esaminata la questione
dell’ammissibilità dell’intervento ad adiuvandum del Comune di U., eccepita
dall’Avvocatura dello Stato.
Innanzitutto va osservato come
intervenga il Comune in quanto tale e non il sindaco come ufficiale di governo.
3.1. In generale, l'intervento consentito nel processo
amministrativo è quello di tipo adesivo dipendente, fatto valere dai soggetti
titolari di un interesse giuridicamente rilevante, ma riflesso rispetto a
quello azionato in via di principalità dal ricorrente, e non direttamente
coinvolto dall'atto da quest'ultimo impugnato. In particolare, l'intervento ad
adiuvandum è ammissibile solo se finalizzato alla difesa di un interesse
derivato o dipendente da quello della parte principale, atteso che il fine che
persegue colui che lo propone è sostenere le ragioni del ricorrente, in quanto
titolare di un interesse di fatto dipendente da quello azionato in via
principale o ad esso accessorio ovvero di quello sotteso al mantenimento dei
provvedimenti impugnati, che gli consente di ritrarre un vantaggio indiretto e
riflesso dall'accoglimento o dal rigetto del ricorso (Consiglio di Stato sez V
n 1687 del 2015; TAR Puglia Lecce n 677 del 2015; TAR Molise, n 49 del 2014).
3.2. Nel caso in esame, non si vede
come il Comune, ente locale esponenziale di una comunità di cittadini, possa
avere un interesse rilevante e differenziato dal punto di vista giuridico alla
presente controversia, che riguarda un atto prefettizio che dispone la
cancellazione di una trascrizione effettuata dal sindaco quale ufficiale di
stato civile e non quale esponente della comunità.
L’interesse del Comune in quanto tale
può essere di tipo ideologico, politico o di altro genere, ma non certo
giuridicamente apprezzabile in sede di giudizio amministrativo di legittimità e
tale da giustificare un intervento ad adiuvandum (e nemmeno in ipotesi un
intervento ad opponendum).
3.3. La difesa comunale, nella memoria di replica depositata il
22 aprile 2015, afferma che l’interesse comunale è “indiretto e mediato” e
volto ad accertare l’illegittimità dell’atto prefettizio e ad accertare altresì
la “piena legittimità dell’azione posta in essere dal Sindaco ancorché nella
veste di Ufficiale di Governo”.
Nel corso della discussione in pubblica udienza, il
rappresentante del Comune ha poi evidenziato che vi sarebbe un interesse
dell’”apparato” comunale a vedersi confermata la legittimità del proprio
operato.
3.4. Le argomentazioni comunali risultano giuridicamente
deboli, perché si limitano a richiamare la definizione manualistica di
intervento e ad enunciare un mero interesse ad accertare l’illegittimità
dell’atto prefettizio e correlativamente la legittimità dell’azione del
Sindaco, interesse che non si comprende come si rapporti con il Comune inteso
come collettività.
3.5. Ancor meno rilevante risulta l’ipotizzato interesse
dell’apparato comunale, sia per la ragione che tale apparato è costituito dal
sindaco quale ufficiale di governo e dai dipendenti dallo stesso delegati, sia
perché operando in materia di stato civile tale apparato agisce come organo
delegato e decentrato del Ministero dell’interno, sia perché si tratterebbe pur
sempre di un mero interesse all’accertamento della legalità, sia perché tale
presunto interesse è emerso unicamente in pubblica udienza e non nelle memorie
comunali, sia infine perché quello che comunque rileva è la mancanza di un
interesse del Comune quale ente esponenziale di una comunità.
Infatti, il mero accertamento dell’illegittimità o della
legittimità di atti o comportamenti non basta a sostanziare un interesse ad
adiuvandum o ad opponendum di un ente esponenziale.
3.6. In sostanza, il Comune di U. non è
riuscito minimamente a spiegare e ancor meno a dimostrare un reale interesse al
ricorso tale da giustificare un suo intervento in causa.
3.7. Ovviamente l’esito del presente ricorso, conforme a quello
auspicato dal Comune, non muta i termini della questione, in quanto l’interesse
a intervenire va valutato a priori e non può dipendere dal contenuto della
decisione.
Ne consegue la necessaria estromissione
del Comune di U. dal presente giudizio.
3.8. Questo collegio peraltro, in relazione alla somma
stanziata dal Comune per il suo intervento in giudizio (pari ad euro 1.459,12)
e posta a carico del bilancio comunale e quindi del contribuente, come
risultante dalla deliberazione della Giunta comunale n. 10 del 26 gennaio 2015,
depositata in atti, ritiene suo dovere disporre la trasmissione degli atti
della presente causa alla Procura regionale della Corte dei Conti, per un suo
eventuale intervento.
*****
4.0. Risolte le questioni preliminari, il presente giudizio va
esaminato nel merito.
Come già sopra enunciato, la questione
della trascrizione di matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso
sesso, pur non essendo oggetto diretto del presente ricorso, va esaminata in
via incidentale.
Infatti, è necessario, ai fini di verificare la legittimità o
meno del provvedimento del prefetto che ha disposto, sulla base delle
disposizioni ministeriali, la cancellazione della trascrizione, provvedimento
motivato proprio con l’illegittimità di detta trascrizione, esaminare
incidenter tantum la possibilità giuridica della trascrizione di un matrimonio
contratto all’estero da un cittadino italiano con una persona del medesimo sesso.
4.1. In altri termini, nella presente
controversia, se risulta decisivo l’esame della censura d’incompetenza del
prefetto, comunque non si può prescindere dalla valutazione della legittimità o
meno della trascrizione di cui detto prefetto ha disposto la cancellazione,
innanzi tutto per la ragione che la competenza prefettizia si atteggia
diversamente a seconda della legittimità o meno di detta trascrizione.
Inoltre, diversa è evidentemente la situazione giuridica di un
atto viziato solo perché emesso da un’autorità incompetente ovvero viziato
altresì per un suo contenuto contra legem. Tale disamina del resto ha formato
oggetto anche di approfondimenti da parte del Tar Lazio – Roma, Sezione Prima
Ter, nella sentenza n. 3912 del 2015, invocata a sostegno da parte ricorrente.
4.2. Sul punto si rileva come la stessa ricorrente a pagina 3
della memoria di replica depositata il 22 aprile 2015 sottolinea che la
trascrizione operata dal Sindaco di U. è stata effettuata “correttamente”.
Aggiunge poi, nella nota a pagina 4, che l’ordinamento consente la trascrizione
di matrimoni contratti all’estero indipendentemente dalla loro capacità di
spiegare effetti in Italia, rendendo l’atto trascritto conoscibile con
certezza; in tal modo è la stessa instante a configurare un suo interesse alla
trascrizione prescindendo dai suoi effetti, interesse che va esaminato sia pure
incidentalmente nella presente controversia.
*****
5.0. La questione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso
è stata risolta dalla Corte costituzionale con la fondamentale sentenza n. 138
del 2010, la quale afferma che nell’attuale quadro normativo e costituzionale
in Italia non è consentita la celebrazione del matrimonio tra persone dello
stesso sesso e nemmeno la trascrizione di un analogo matrimonio contratto
all’estero.
La pronuncia prende le mosse dall’art. 2 Cost. il quale dispone
che la Repubblica
riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia
nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità: in tale nozione è da
annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due
persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere
liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei
limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi
diritti e doveri.
5.1. La
Consulta esclude, tuttavia, che l’aspirazione a tale
riconoscimento – che necessariamente postula una disciplina di carattere
generale - possa essere realizzata soltanto attraverso un’equiparazione delle
unioni omosessuali al matrimonio, per cui spetta al Parlamento, nell’esercizio
della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di
riconoscimento per le unioni suddette, restando riservata alla Corte costituzionale
la possibilità d’intervenire a tutela di specifiche situazioni da garantire con
il controllo di ragionevolezza.
5.2. La citata sentenza, infatti, afferma che l’articolo 29
della Costituzione fa riferimento alla nozione di matrimonio definita dal codice
civile quale comunione di persone di sesso diverso e questo significato del
precetto costituzionale non può allo stato essere superato con un’operazione
ermeneutica, perché non si tratterebbe di una semplice rilettura del sistema o
di abbandonare una mera prassi interpretativa, bensì di procedere ad
un’interpretazione creativa.
In sostanza, secondo la Consulta, spetta al legislatore e solo al
legislatore regolamentare la questione delle unioni tra soggetti dello stesso
sesso, anche perché tale regolamentazione può risultare omogenea ma anche
differenziata rispetto a quella dei matrimoni tra persone di sesso diverso.
5.3. Le successive pronunce della Consulta hanno ribadito le
argomentazioni testé enunciate; in particolare, nella sentenza n 170 dell’11
giugno 2014 la Corte
costituzionale ha riaffermato che la nozione costituzionale attuale del
matrimonio va intesa come unione di persone di sesso diverso (punti 5.1 e 5.2
del Considerato in diritto).
5.4. Sul punto rileva poi la sentenza della Corte di Cassazione
n 4184 del 2012 che ha affermato la non trascrivibilità delle unioni
omosessuali, che dipende non già dalla loro inesistenza o invalidità ma dalla
loro “inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto
giuridico nell’ordinamento italiano”.
5.5. Sempre la
Corte di Cassazione con la pronuncia n 2400 del 9 febbraio
2015 ha sostanzialmente ribadito sia la non trascrivibilità dei matrimoni tra
omosessuali contratti all’estero sia l’impossibilità giuridica delle
pubblicazioni in Italia di un matrimonio omosessuale, richiamando a sostegno la
precedente giurisprudenza civile, costituzionale ed europea. In tale sentenza
poi si evidenzia, con un rilievo condiviso da questo Collegio, che dopo la
sentenza della Corte costituzionale n 138 del 2010 non vi sono stati mutamenti
nella giurisprudenza europea e costituzionale tali da portare a diverse
conclusioni.
5.6. Per onestà intellettuale vanno citate alcune pronunce
favorevoli alla possibilità di trascrivere atti di matrimonio tra persone dello
stesso sesso, tra cui il decreto del Tribunale di Reggio Emilia n. 1302 del 2
febbraio 2011 nonché la pronuncia del Tribunale di Grosseto del 3 – 9 aprile
2014, poi annullata in sede di reclamo dalla Corte d’Appello di Firenze in data
19 settembre 2014.
5.7. Oltre alla citata sentenza n. 138 della Corte
costituzionale rilevano anche le normative e la giurisprudenza europee.
Invero, l’articolo 12 della Convenzione europea dei diritti
dell’uomo stabilisce che uomini e donne hanno diritto di sposarsi e fondare una
famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l’esercizio di tale diritto,
facendo quindi riferimento alla nozione tradizionale di matrimonio fondato
sulla diversità di sesso e rinviando alla legislazione dei singoli Stati la
disciplina per l’esercizio del diritto.
L’articolo 9 della Carta di Nizza, che riguarda i diritti
fondamentali dei cittadini dell’unione europea, stabilisce che il diritto di
sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le
leggi nazionali, omettendo quindi ogni riferimento alla diversità di sesso.
5.8. La Corte
europea dei diritti dell’uomo con una pronuncia del 24 giugno 2010 (caso Schalk
e Kopf contro Austria), in una vicenda analoga a quella oggetto della presente
controversia, ha affermato che il rifiuto di un ufficiale di stato civile di
celebrare un matrimonio tra persone dello stesso sesso non contrasta con la CEDU, osservando che è
rimessa ai legislatori nazionali di ciascuno Stato la decisione di consentire o
meno il matrimonio omosessuale e quindi la decisione conseguente sulla
trascrivibilità dello stesso.
Del tutto analoghe le considerazioni della medesima corte
europea nel procedimento “Gas e Dubois contro Francia” e in quello “H. contro
Finlandia” del 13 novembre 2012.
5.9. In conclusione sul punto, allo stato la normativa europea
non pone alcun vincolo agli Stati membri di consentire o meno il matrimonio
omosessuale.
In concreto, nell’ambito dell’Europa, le discipline normative
dei vari Stati differiscono alquanto tra di loro e sono in continua evoluzione,
risultando alquanto variegate e cangianti. In alcuni Paesi, come Olanda, Belgio
e Spagna è stato rimosso tout court il divieto di sposare una persona dello
stesso sesso; altri Paesi prevedono un istituto riservato alle unioni
omosessuali (ci si riferisce a titolo di esempio alle Lebenspartnerschaft
tedesche e alle registered partnership inglesi) con disciplina analoga a quella
del matrimonio, o al quale è stata semplicemente estesa la disciplina
matrimoniale, con l'esclusione, talvolta, delle disposizioni inerenti la
potestà sui figli e l'adozione.
Fra i Paesi che ancora non hanno introdotto il matrimonio o
forme di tutela paramatrimoniali, molti comunque prevedono forme di
registrazione pubblica delle famiglie comprese quelle omosessuali.
Altri Stati europei, come l’Italia, ad oggi non consentono o
riconoscono dal punto di vista giuridico il matrimonio o altra tipologia di
unione tra persone dello stesso sesso.
*****
6.0. Conviene prendere in esame la disciplina normativa che
riguarda la celebrazione e la trascrizione dei matrimoni celebrati in Italia e
all’estero.
Viene in rilievo l’articolo 27, comma primo, della legge n. 218
del 1995, riguardante la riforma del diritto internazionale privato, che
stabilisce che la capacità matrimoniale e le condizioni per contrarre matrimoni
sono regolati dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del
matrimonio.
A sua volta l’articolo 115 del codice civile afferma che il
cittadino resta soggetto alle disposizioni contenute nel codice stesso anche
quando contrae matrimonio in paese straniero.
6.1. Emerge quindi che l’ufficiale di stato civile italiano ai
fini della trascrizione di un matrimonio contratto all’estero ha il potere e il
dovere di verificare se sussistono i requisiti necessari per celebrare il
matrimonio che possa avere effetti rilevanti, requisiti previsti dalla
normativa italiana.
6.2. Non si tratta quindi, come affermato da parte ricorrente
nel corso della discussione in pubblica udienza, di una mera attività notarile
(tra l’altro, nemmeno un notaio può registrare un atto radicalmente nullo), ma
di un atto pubblico amministrativo che deve necessariamente verificare la
sussistenza dei requisiti per poter procedere alla trascrizione di un
matrimonio contratto all’estero. Altrimenti opinando, sarebbe in ipotesi
possibile la trascrizione di un matrimonio poligamo o contratto in regime di
poliandria, consentiti in alcuni ordinamenti stranieri.
6.3. Orbene, come affermato dalla sopra citata sentenza n. 138
del 2010 della Corte costituzionale, la diversità di sesso costituisce un
requisito sostanziale affinché il matrimonio possa produrre effetti giuridici
nell’ordinamento italiano, come risulta anche dagli articoli numero 107, 108,
143 e 143 bis del codice civile nonché dall’articolo 64 del d.p.r. 396 del
2000.
6.4. In sostanza, allo stato
dell’attuale normativa italiana, un matrimonio celebrato all’estero tra persone
dello stesso sesso risulta privo dei requisiti sostanziali necessari per poter
procedere alla sua trascrizione.
6.5. Ne discende che la trascrizione
disposta dal sindaco di U. e poi annullata con il provvedimento prefettizio in
questa sede impugnato era contraria alla legge.
*****
7.0. A questo punto va richiamato il
fondamentale principio di legalità, secondo cui tutti gli atti formati dalla
pubblica amministrazione, ivi compresa la trascrizione di un matrimonio
celebrato all’estero, devono risultare conformi alla legge. Ove non lo siano
essi, sulla base dei noti principi, tra cui rileva l’articolo 97 della
Costituzione, devono essere rimossi dall’ordinamento o su istanza del privato
ovvero su iniziativa della stessa amministrazione in via di autotutela.
7.1. La legge 241 del 1990, normativa di principio in materia
di procedimento amministrativo, pone dei limiti all’esercizio di autotutela
della pubblica amministrazione nella rimozione di un atto amministrativo
illegittimo, ma si tratta a ben vedere di un’eccezione alla regola generale, e,
infatti, essa viene limitata ad alcune ipotesi in cui l’annullamento di un atto
illegittimo violerebbe le consolidate aspettative dei cittadini ovvero non
sarebbe più conforme all’interesse pubblico, anche in considerazione del lasso
di tempo trascorso dall’emanazione dell’atto illegittimo stesso.
7.2. Ne consegue che, ad avviso di questo collegio, la
normativa specifica sull’annullamento in autotutela prevista dalla citata legge
241 del 1990 conferma la regola generale e il principio dell’ordinamento che
ogni atto amministrativo deve risultare conforme alla legge e ove non lo sia
deve essere rimosso dal mondo giuridico.
Tale principio peraltro deve ritenersi sussistente anche a
livello europeo, in quanto discende direttamente dal principio di legalità.
7.3. Di conseguenza, la questione
giuridica cardine all’esame di questo collegio si può riformulare, nel senso
che risulta necessario verificare se il provvedimento prefettizio in questa
sede impugnato è idoneo o meno a eliminare dall’ordinamento un atto non
consentito e quindi illegittimo, quale la trascrizione di un matrimonio
contratto all’estero da due soggetti del medesimo sesso.
*****
8.0. Va osservato come la trascrizione
nel registro dell’atto di matrimonio va intesa quale atto avente natura
amministrativa, avente effetti dichiarativi e di certificazione, sia pure -
come si esaminerà meglio in seguito - soggetto a una disciplina del tutto
peculiare.
Infatti, contrariamente a quanto si assume in ricorso e
sostenuto in pubblica udienza, si possono considerare quali atti amministrativi
gli atti giuridici di diritto pubblico compiuti da soggetti incardinati nella
pubblica amministrazione nell’esercizio di una potestà amministrativa. Tra tali
atti, che si possono concretizzare in accertamenti derivanti dalla
constatazione obiettiva di fatti o situazioni, rientrano anche i certificati
che integrano dichiarazioni di conoscenza di qualità personali o della
titolarità di status, capacità o diritti.
In sostanza, il fatto che la
trascrizione abbia natura certificativa non implica che essa non possa essere
considerata quale provvedimento amministrativo (in senso conforme, TAR
Lazio Roma n 3912 del 2015).
8.1. Tuttavia, quanto testé evidenziato
in relazione agli atti di trascrizione non comporta che agli stessi sia
applicabile la disciplina generale prevista per gli atti amministrativi, e in
particolare quella di cui alla legge 241 del 1990, in quanto, come si
dimostrerà in seguito, la materia è compiutamente disciplinata dalla normativa
speciale e in particolare dal d.p.r. 396 del 2000, che riguarda l’ordinamento
dello stato civile. In tale senso le sentenze del TAR Lazio Roma n.
3900, 3907, 3911, 3912 e 5924 del 2015, le quali tra l’altro hanno ritenuto la
giurisdizione del TAR.
8.2. Vale quindi anche in tale materia la nota regola secondo
cui la legge speciale deroga alla legge generale, anche se successiva.
*****
9.0. A questo punto, necessita effettuare un breve excursus
della normativa relativa alla tenuta dei registri di stato civile, per
verificarne sia la specialità sia la completezza.
La disciplina dello stato civile e in specie l’art. 453 cc
prevede che:
"Nessuna annotazione può essere fatta sopra un atto già
iscritto nei registri se non è disposta per legge ovvero non è ordinata
dall'autorità giudiziaria".
9.1. Risulta opportuno riprodurre poi, per la sua decisiva
rilevanza nella presente controversia, l’articolo 95 del d.p.r. 396 del 3
novembre 2000, recante il Regolamento per la revisione e la semplificazione
dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della
L. 15 maggio 1997, n. 127, che prevede, per la modifica degli atti di stato
civile, compresa la cancellazione di un atto indebitamente registrato, il
ricorso al tribunale ordinario.
Esso così recita:
1. Chi intende promuovere la rettificazione di un atto dello
stato civile o la ricostituzione di un atto distrutto o smarrito o la
formazione di un atto omesso o la cancellazione di un atto indebitamente
registrato, o intende opporsi a un rifiuto dell'ufficiale dello stato civile di
ricevere in tutto o in parte una dichiarazione o di eseguire una trascrizione,
una annotazione o altro adempimento, deve proporre ricorso al tribunale nel cui
circondario si trova l'ufficio dello stato civile presso il quale è registrato
l'atto di cui si tratta o presso il quale si chiede che sia eseguito
l'adempimento.
2. Il procuratore della Repubblica può in ogni tempo
promuovere il procedimento di cui al comma 1.
3. omissis
9.2. L’articolo 100, in maniera conforme, prevede poi che siano
i tribunali a disporre eventuali correzioni di atti ricevuti da autorità
straniere e trascritti in Italia oltre che a provvedere alla cancellazione di
quelli indebitamente trascritti.
9.3. Altri articoli del dpr 396 del 2000 rilevano nella
presente materia.
L'art. 5, comma 1, lettera a), prevede che:
"L'ufficiale dello stato civile, nel dare attuazione ai
principi generali sul servizio dello stato civile di cui agli articoli da 449 a
453 del codice civile e nel rispetto della legge 31 dicembre 1996, n. 675,
espleta i seguenti compiti:
a) forma, archivia, conserva e aggiorna tutti gli atti
concernenti lo stato civile".
L’articolo 11 comma terzo afferma che:
"L'ufficiale dello stato civile non può enunciare,
negli atti di cui è richiesto, dichiarazioni e indicazioni diverse da quelle
che sono stabilite o permesse per ciascun atto".
Rileva poi l’art 12, comma primo, secondo cui:
"Gli atti dello stato civile sono redatti secondo le
formule e le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno".
Importante infine il dettato dell’articolo 12, comma sesto, che
afferma che:
"Gli atti dello stato civile sono chiusi con la firma
dell'ufficiale dello stato civile competente. Successivamente alla chiusura gli
atti non possono subire variazioni".
L’art. 69 lettera i) disciplina le annotazioni negli atti di
matrimonio, tra cui i provvedimenti di rettificazione.
L'art. 98 del d.p.r. n. 396/2000 prevede che:
"L'ufficiale dello stato civile, d'ufficio o su istanza
di chiunque ne abbia interesse, corregge gli errori materiali di scrittura in
cui egli sia incorso nella redazione degli atti mediante annotazione dandone
contestualmente avviso al prefetto, al procuratore della Repubblica del luogo
dove è stato registrato l'atto nonché agli interessati.".
Il successivo art. 102 comma primo precisa poi che:
“Le annotazioni disposte per legge od ordinate dall'autorità
giudiziaria si eseguono per l'atto al quale si riferiscono, registrato negli
archivi di cui all'articolo 10, direttamente e senza altra formalità
dall'ufficiale dello stato civile di ufficio o su istanza di parte".
L'art. 109, del D.P.R. n. 396/2000, specifica che:
"I tribunali della Repubblica sono competenti a
disporre le rettificazioni e le correzioni di cui ai precedenti articoli anche
per gli atti dello stato civile ricevuti da autorità straniere, trascritti in
Italia, ed a provvedere per la cancellazione di quelli indebitamente trascritti".
9.4. Rileva poi D.M. 5 aprile 2002, il quale, nel prescrivere
le formule tassative di annotazione all'Allegato A) formula n. 190, stabilisce
quanto segue:
"Annotazione di provvedimento di rettificazione (artt.
49, 69 e 81 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396). Con provvedimento del
Tribunale di ... n. ...in data ... l'atto di cui sopra è stato cosi rettificato
(inserire specificamente le rettificazioni così come sono state disposte) ...".
9.5. In sostanza, l'ufficiale di stato civile ha solo il potere
di aggiornare i registri e di correggere gli eventuali errori materiali.
Come visto, l’articolo 98 poi prevede che l’ufficiale di stato
civile possa correggere solo gli errori materiali, implicando in tal modo che
gli altri tipi di errori, quelli cioè sostanziali possono essere corretti solo
con l’intervento dell’autorità giudiziaria ordinaria.
In definitiva, le disposizioni citate non prevedono competenze
o poteri di annullamento o di autotutela aventi ad oggetto la trascrizione di
matrimoni, ma solo la possibilità di disporre l'annotazione di rettificazioni
operate dall’Autorità giudiziaria.
9.6. Non si rinvengono altre previsioni contenute nel citato
articolo 69 che dispongano l'annotazione di qualche diverso provvedimento del
genere di quello prefettizio qui impugnato, ovvero formule di cui al DM 5
aprile 2002 che si riferiscano ad atti adottati dall'Autorità amministrativa.
Quindi, una trascrizione nel Registro
degli atti di matrimonio può essere espunta e/o rettificata solo in forza di un
provvedimento dell'Autorità giudiziaria e non anche adottando un provvedimento
amministrativo da parte dell’Amministrazione centrale, neanche esercitando il
potere di sovraordinazione che, effettivamente, il Ministro dell'Interno vanta
sul Sindaco in tema di stato civile.
9.7. Dal tenore dell’insieme delle disposizioni menzionate si
ricava con certezza che il sistema dello stato civile prevede puntuali
possibilità d’intervento sui registri dello stato civile, tra cui non è
compresa quella posta in essere dal Prefetto di U..
In sostanza, dalle norme richiamate si evince che un
intervento, quale quello posto in essere nel caso di specie, compete solo
all'Autorità giudiziaria ordinaria.
*****
10.0. La soluzione della principale questione giuridica non
muta ove si ponga attenzione alla posizione del Sindaco quale ufficiale di
governo.
Invero, per quanto riguarda le trascrizioni dei matrimoni
formati all’estero, il sindaco agisce quale ufficiale di stato civile, su
delega del governo e sulla base dell’articolo 14 del Testo unico sugli enti
locali - decreto legislativo 267 del 2000; invero l’articolo 54 del medesimo
testo unico elenca tra le attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza
statale la tenuta dei registri di Stato civile.
In queste attribuzioni il sindaco è tenuto a sottostare alla
vigilanza del ministro dell’interno e quindi all’organo periferico di tale
ministero, id est la prefettura, che pertanto esercitano un potere di
sovraordinazione nei suoi confronti (si veda sul punto Corte d’Appello di
Firenze sez. I CIV del 19 settembre 2014).
10.1. L’inserimento peraltro del
sindaco quale ufficiale di governo nell’ambito di una struttura gerarchica, se
implica il suo dovere di sottostare alle indicazioni del ministro (ivi comprese
quelle contenute in circolari che non siano palesemente contra legem), non
attribuisce a quest’ultimo alcun potere di sostituzione del sindaco qualora
questi ponga in essere un atto illegittimo.
L'art. 9 del d.p.r. n. 396/2000, infatti, conferisce al
Ministro dell’Interno il potere di "indirizzo" ed al prefetto
il potere di "vigilanza" sugli uffici di stato civile. Tale
potere trova specificazione nel medesimo decreto presidenziale ove si indicano
quali sono gli atti dei quali si deve dare comunicazione al prefetto prevedendo,
all'articolo 104, le verificazioni che egli deve compiere presso gli uffici di
stato civile che, ex articolo 105, si concludono con la redazione di un verbale
e non con la modifica delle risultanze dei registri di stato civile o con
l'adozione di provvedimenti destinati a tal fine.
In sostanza, anche esaminata sotto
questo profilo, la normativa di riferimento non prevede un potere di
annullamento o d’intervento diretto dell’Amministrazione dell’interno sugli
atti dello stato civile.
10.2. Né un potere del genere può
evincersi dall'art. 54, commi 3 ed 11, del TUEL, posto che tali disposizioni
prevedono il potere del Prefetto di sostituirsi al Sindaco in caso d’inerzia di
quest'ultimo nel sovrintendere agli uffici di stato civile.
Al riguardo, va rilevato, da una parte,
che il potere sostitutivo può essere esercitato solo "nel caso di
inerzia del Sindaco" (e non, come nel caso di specie, nell'ipotesi in
cui il Sindaco abbia esercitato – ancorché illegittimamente - le funzioni) e,
dall’altro, che il Prefetto sostituendosi al Sindaco (come detto, solo in caso
di inerzia) non potrebbe esercitare poteri maggiori di quelli vantati da questo
ultimo, il quale non può annullare le trascrizioni, sicché atti del genere non
può assumerli neanche il Prefetto.
Tale facoltà risulta inibita, dovendo
il Sindaco (e, quindi, anche l’Amministrazione centrale) ricorrere al giudice
in casi del genere, fatta salva l'ipotesi della rettifica di meri errori
materiali ex art. 98, del ripetuto d.p.r. n. 396/2000. Solo questo (e non altri)
costituisce oggetto di un potere d’intervento successivo permesso all'Ufficiale
dello stato civile.
10.3. Ciò conferma che spetta solo
all'Autorità giudiziaria ordinaria disporre la cancellazione di un atto
indebitamente registrato nel Registro degli atti di matrimonio, posto che le
registrazioni dello stato civile non possono subire variazioni se non nei
limitati casi descritti e normativamente previsti in modo espresso. L'ufficiale
di stato civile ha solo il potere di aggiornare i registri e di correggere gli
errori materiali, laddove ogni rettificazione o cancellazione è attribuita alla
competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria.
Fra le annotazioni possibili nel registro dei matrimoni non è
previsto alcun atto di annullamento o di autotutela ma, solo, l'annotazione
della rettificazione giudiziaria.
10.4. Del resto, se fosse configurabile un potere di
sovraordinazione del Prefetto rispetto al Sindaco (quale quello descritto
dall’Amministrazione resistente), esercitabile attraverso un potere di annullamento
da parte dell'autorità amministrativa centrale (omettendo di applicare il
citato articolo 95 del D.P.R. n. 396/2000), tale potere non sarebbe
configurabile solo in capo al Ministero dell’Interno ma anche in capo
all’Ufficiale di stato civile. Il Sindaco non vanterebbe solo il potere di
aggiornamento ex art. 5 e correzione di errori materiali ex art. 98, ma un vero
e proprio potere di revisione degli atti di stato civile.
Tuttavia, l’esistenza di tale potere e la possibilità di
adottare i relativi provvedimenti conseguenti dovrebbe trovare espressione e
previsione nella disciplina dello stato civile ed, invece, non si fa menzione
di tutto ciò né all'art. 69 del D.P.R. 396/2000, che disciplina le annotazioni,
né nel D.M. 5 aprile 2002, che contiene le formule tassative delle annotazioni
stesse.
Inoltre, se tale potere esistesse non ci sarebbe bisogno di
prevedere espressamente ed in maniera puntuale, all'art. 98, il potere per
l'Ufficiale di stato civile di procedere alle correzioni di errore materiale.
10.5. Infine, se il Titolo XI del d.p.r. n. 396/2000 non fosse
destinato a disciplinare anche le iniziative dell'autorità amministrativa, ma
solo quelle dei terzi, non si spiegherebbe perché nel medesimo titolo sono
disciplinate le ipotesi di "rettificazione" e
"cancellazione" all'art. 95 e le ipotesi di "correzione di
errore materiale" all'art. 98, rimettendosi le prime alla decisione
dell'autorità giudiziaria e solo le seconde all'autorità amministrativa.
*****
11.0. Tali conclusioni non mutano neanche prendendo in
considerazione ed applicando la disciplina generale sul procedimento
amministrativo contenuta nella legge n. 241 del 1990, la quale, all’articolo
21-nonies stabilisce che “Il provvedimento amministrativo illegittimo … può
essere annullato d'ufficio, …, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro
organo previsto dalla legge.”.
In sostanza, in base al principio della riserva di legge
dettato in materia (cfr. art. 97. co. 3, Cost.), affinché un organo
amministrativo possa annullare d’ufficio un provvedimento adottato da un altro
organo, occorre una espressa previsione di legge.
Nel caso di specie, come detto, manca una norma di rango
primario che, espressamente, conferisca all’Amministrazione centrale il potere
di adottare, in casi del genere, un atto di annullamento d’ufficio.
11.1. Da quanto fin qui enunciato sulla
disciplina speciale prevista per gli atti di stato civile, emerge come agli
stessi non possa trovare applicazione la disciplina generale di cui alla legge
241 del 1990, in particolare quella relativa all’annullamento in autotutela
degli atti illegittimi, in quanto l’eliminazione degli atti di stato civile
illegittimi può avvenire solo con la particolare procedura sopra indicata che
prevede l’intervento del giudice ordinario.
In altri termini, l’ordinamento prevede
per questi particolari atti la possibilità e il dovere di ricondurre gli atti
illegittimi al dettato della legge, ma ciò non può avvenire ad opera del
medesimo soggetto che ha formato l’atto ovvero di un suo superiore gerarchico,
ma deve avvenire con l’intervento del giudice ordinario.
11.2. Se risulta quindi corretta
l’affermazione dell’amministrazione che la trascrizione di un matrimonio di una
coppia omosessuale avvenuto all’estero si pone contro la legge, tuttavia per porre
rimedio a tale illegittimità non è consentito l’intervento della stessa
autorità che ha posto in essere l’atto illegittimo né dell’autorità
gerarchicamente sovraordinata.
11.3. Va infine aggiunto come il sistema non contempla lacune,
in quanto il riportato articolo 95 del d.p.r. 396 del 2000 prevede la
possibilità di intervento e modifica degli atti di stato civile non solo su
impulso del privato ma anche espressamente – al secondo comma - su impulso del
procuratore della Repubblica, soggetto preposto alla tutela del pubblico
interesse, il quale pertanto quindi può e deve agire anche per la tutela della
legalità violata e quindi per espungere un atto non conforme a legge.
*****
12.0. In conclusione, questo collegio
ribadisce che la normativa speciale prevista per la tenuta dei registri di
Stato civile prevede un unico mezzo per modificare e correggere un atto di
stato civile illegittimo, il ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria ex
articolo 95 del d.p.r. 396 del 2000.
Non può quindi applicarsi la regola
generale prevista dalla legge 241 del 1990 e nemmeno il principio gerarchico
secondo cui il superiore può avocare a sé ovvero sostituirsi all’inferiore nel
compimento di un determinato atto.
12.1. In sostanza, la normativa
speciale in materia di trascrizione di matrimoni contratti all’estero risulta
esaustiva e compiuta al suo interno, per cui non vi è alcuna necessità né di
ricorrere alle norme generali sul provvedimento amministrativo né ad alcun tipo
di applicazione analogica o estensiva.
12.2. In questo quadro, la circolare
del ministro dell’interno del 7 ottobre 2014 risulta legittima nella parte in
cui ribadisce la non trascrivibilità dei matrimoni tra persone dello stesso
sesso, in quanto non prevista dall’ordinamento italiano (si vedano sul punto le
sentenze del TAR per il Lazio, Roma, sezione Prima Ter, n. 3912 e n. 5924 del
2015).
12.3. La stessa circolare risulta
invece illegittima nella parte in cui prevede un intervento sostitutivo diretto
del prefetto sui registri di Stato civile, in quanto tale intervento è escluso
dalla specifica normativa sopra indicata; detta circolare peraltro risulta già
annullata in parte qua dalla sentenza del TAR per il Lazio - Roma n. 3912 del
2015.
12.4. In altri termini, nel caso in
esame, non era nel potere del ministro e quindi nemmeno del prefetto
intervenire in annullamento di un atto illegittimo di stato civile posto in
essere dal sindaco quale ufficiale di governo, proprio perché l’ordinamento
speciale prevede un’altra modalità d’intervento per espungere detto atto.
12.5. Su tale specifica questione, l’avvocatura dello Stato a
pagina 10 della sua memoria depositata il 1 aprile 2015, afferma che le norme
del d.p.r. 396 del 2000 nonché l’articolo 453 del codice civile si riferiscono
agli atti di stato civile adottati in una situazione di “normalità e
regolarità”, ma non qualora il sindaco si discosti dalle indicazioni
governative ponendo in essere un “atto di disobbedienza civile”, in sostanza un
atto “abnorme”.
Tale eccezionale situazione consentirebbe – sempre ad avviso
della resistente amministrazione - un intervento straordinario da parte del
prefetto nell’esercizio dei poteri di vigilanza; tale intervento peraltro
risulterebbe conforme alla circolare emanata dal ministro.
12.6. Il suggestivo ragionamento della resistente
amministrazione non può essere condiviso.
Infatti, al di là della colorita qualificazione dell’atto di
trascrizione emanato dal sindaco quale ufficiale di governo, si tratta
semplicemente di un atto contrario alla legge. Orbene, per rimuovere tale atto
l’ordinamento ha previsto una speciale procedura, particolarmente garantista in
quanto adottata dall’autorità giudiziaria ordinaria ai sensi dell’articolo 95
del citato d.p.r. 396 del 2000 con l’intervento del pubblico ministero.
In questo quadro, non solo non era necessario ma nemmeno
consentito dalla norma ricorrere a una procedura straordinaria, in quanto la
rimozione dell’atto illegittimo si può ottenere attivando, da parte del
ministro ovvero del prefetto, l’intervento del tribunale e del Procuratore
della Repubblica.
12.7. Le apprezzabili esigenze di certezza del diritto e di
uniformità nella tenuta dei registri dello stato civile sull’intero territorio
nazionale, cui fa riferimento la difesa erariale e ribadite nella discussione
in pubblica udienza, si possono ottenere da un lato ove gli ufficiali di stato
civile, sindaci inclusi, si attengano rigorosamente alla legge e d’altro lato –
ove ciò non avvenga - tramite il tempestivo e doveroso intervento dei tribunali
civili attivati dalla Procura della Repubblica, eventualmente su sollecitazione
dei Prefetti.
12.8. Per completezza si osserva che quanto sopra evidenziato
induce a disattendere e a considerare superata la censura sub. 4 in ricorso,
avente ad oggetto l’asserita violazione delle norme procedimentali di cui agli
artt. 7 e 8 della legge n. 241/1990.
*****
13.0. In uno Stato di diritto, se è doveroso rimuovere gli atti
pubblici illegittimi, bisogna utilizzare esclusivamente le procedure previste,
che nel caso risultano compiutamente disciplinate in ogni aspetto, ivi compresa
la tutela del pubblico interesse.
In sostanza, lo strumento adottato nel caso in esame, cioè
l’intervento sostitutivo prefettizio, non appare legittimo.
13.1. Spetta invero al Procuratore della Repubblica o di sua
iniziativa ovvero su segnalazione del ministro o del prefetto, attivare il
Tribunale a intervenire a norma di legge per rimuovere un atto di trascrizione
palesemente illegittimo, cioè, come recita il citato art. 95, per disporre “la
cancellazione di un atto indebitamente registrato”.
*****
14.0. L’illegittimità dell’atto prefettizio gravato comporta il
suo annullamento in questa sede.
Non si può invece accogliere la
richiesta di accertamento della nullità formulata in ricorso.
Invero, in riferimento agli atti
amministrativi, l'essenza del vizio della nullità risiede
nell'inconfigurabilità della fattispecie concreta rispetto a quella astratta,
accertabile con pronuncia giudiziale meramente dichiarativa. Consistendo la
nullità in una patologia di maggiore gravità rispetto a quella che dà luogo ad
un vizio di legittimità annullabile, essa richiede una sua agevole
conoscibilità in concreto, attraverso un mero riscontro estrinseco del deficit
dell'atto rispetto al suo paradigma legale. Tale agevole conoscibilità non si
riscontra nel caso in esame, come dimostra altresì lo svolgimento della
presente controversia.
14.1. Inoltre, la nullità del provvedimento amministrativo per
difetto assoluto di attribuzione, prevista dall'art. 21-septies, l. 7 agosto
1990, n. 241, va circoscritta ai soli casi d’incompetenza assoluta o di c.d.
carenza di potere in astratto, ossia al caso in cui manchi del tutto una norma
che attribuisca all'Amministrazione il potere in fatto esercitato (C d S, sez.
IV, 13 gennaio 2015 n 52; C d S, sez, V, 27 maggio 2014 n 2713).
14.2. Nel caso in esame, a fronte di un
atto prefettizio assunto su disposizione del Ministro dell’interno e recante
l’annullamento di un atto del Sindaco quale ufficiale di Governo, organo
gerarchicamente sottoordinato rispetto al Ministro stesso, non si può affermare
che ci si trova in presenza di un’eclatante incompetenza assoluta, e quindi di
un atto nullo, ma di un atto illegittimo e quindi annullabile.
14.3. A tale proposito, non va dimenticato, ai fini di valutare
la possibilità di dichiarare la nullità invece che l’annullamento, che l'art. 9
del d.p.r. n. 396/2000, conferisce al Ministro dell’Interno il potere di
"indirizzo" ed al prefetto il potere di "vigilanza" sugli
uffici di stato civile. Inoltre l'art. 54, commi 3 ed 11, del TUEL, prevede il
potere del Prefetto di sostituirsi al Sindaco in caso d’inerzia di quest'ultimo
nel sovrintendere agli uffici di stato civile.
14.4. In sostanza, la normativa esistente, anche se come sopra
evidenziato applicata non correttamente da parte del Ministro dell’interno e
del Prefetto, è tale da configurare un uso errato del potere e non già
un’assenza di tale potere.
Sulla stessa linea, sia pure implicitamente, anche il Tar Lazio
- Roma Sezione Prima Ter nella citata sentenza n. 3912 del 2015.
*****
15.0. Per completezza si osserva come, nella richiesta di
archiviazione n. 8614/14 datata 25 novembre 2014, emessa a seguito di una
denuncia riguardante la medesima vicenda oggi in discussione, e depositata in
causa dalla parte ricorrente il 10 aprile 2015, la Procura della Repubblica
presso il Tribunale di U., a pagina quattro, ultimo paragrafo, afferma di
sentire “il dovere di esaminare, proprio ai sensi dell’art. 75 ord.
Giudiziario e dell’art 95 comma 2 sopra citato, l’intera materia, per cui
l’intero incarto merita adesso di trovare adeguata e più consona delibazione in
sede di cd “volontaria giurisdizione”.”.
15.1. In tale condivisibile ottica
giuridica, questo Tribunale amministrativo considera suo dovere disporre
l’invio degli atti della presente controversia alla Procura della Repubblica
presso il Tribunale di U. competente, perché valuti l’eventuale esercizio dei
suoi poteri abrogativi di un atto di trascrizione chiaramente contrario a
legge.
*****
16.0. A questo punto, va ad avviso di
questo collegio sottolineato un elemento cardine nella presente causa: nel
quadro costituzionale della divisione dei poteri, spetta unicamente al
Parlamento sovrano decidere con legge il riconoscimento nel nostro ordinamento
dei matrimoni tra persone dello stesso sesso nonché il livello di tale
riconoscimento.
16.1. Non spetta invece né al sindaco,
né all’autorità giudiziaria ordinaria o amministrativa e - allo stato - nemmeno
alla Corte costituzionale, alla Corte di giustizia europea o alla Corte europea
dei diritti dell’uomo, procedere in via surrettizia o suppletiva a tale
riconoscimento, perché ciò costituirebbe un evidente vulnus al sistema
democratico nel suo insieme.
*****
17.0. Riassumendo i passaggi giuridici salienti della presente
controversia, questo collegio evidenzia che in discussione è direttamente la
legittimità di un atto amministrativo prefettizio che ha rimosso una
trascrizione di un matrimonio contratto all’estero; solo indirettamente viene
in esame la legittimità di tale trascrizione, conosciuta da questo tribunale in
via incidentale.
17.1. La trascrizione di un matrimonio
contratto all’estero tra due persone dello stesso sesso non è consentita allo
stato dalla legislazione italiana, come indicato chiaramente dalla Corte
costituzionale nella pronuncia n 138 del 2010.
17.2. La trascrizione effettuata dal
sindaco di U. quale ufficiale di governo risulta quindi illegittima perché
esulante dai suoi poteri e doveri, contraria alla legge e contrastante con le
direttive del suo superiore gerarchico, il Ministro dell’Interno, e in ultima
analisi poco rispettosa – ancorché inconsapevolmente – del riparto tra i poteri
dello Stato definito dalla Costituzione repubblicana.
17.3. La doverosa rimozione peraltro di
tale illegittima trascrizione non può avvenire con l’intervento del Prefetto,
che non ha alcun potere a riguardo, ma solamente ad opera dell’autorità
giudiziaria ordinaria ex articolo 95 del d.p.r. 396 del 2000, in sede di
volontaria giurisdizione, con l’intervento del pubblico ministero, cui spetta
la tutela dell’interesse pubblico al rispetto della legalità in materia di
stato civile.
17.4. Spetta invece al Ministro
dell’interno e al Prefetto il potere – dovere di sollecitare l’intervento della
competente Procura della Repubblica.
17.5. Il provvedimento prefettizio in questa sede impugnato va
quindi annullato in quanto adottato al di fuori dei poteri previsti dalla
legge, fermo restando che la trascrizione di un matrimonio contratto all’estero
da due soggetti del medesimo sesso non è conforme al nostro attuale ordinamento
e quindi che essa deve essere rimossa con l’intervento del giudice ordinario.
17.6. Per quanto fin qui evidenziato, il ricorso merita
accoglimento nei limiti su indicati, con conseguente annullamento dell’atto
prefettizio del 27 ottobre 2014 con cui è stato decretato l’annullamento della
trascrizione del matrimonio della ricorrente nonché degli atti connessi e
collegati citati in premessa.
17.7. In particolare, vanno annullati gli atti conseguenti e
collegati a detto atto prefettizio, cioè l'atto di delega del prefetto del 29
ottobre 2014 e il processo verbale del 29 ottobre 2014, mentre gli atti
precedenti, la nota prefettizia del 9 ottobre 2014 e la direttiva ministeriale
del 7 ottobre 2014, vanno annullati nelle sole parti in cui prevedono un
intervento prefettizio sostitutivo di annullamento.
17.8. Considerati la peculiarità, la novità e l’eccezionalità
delle questioni trattate, l’accoglimento solo parziale del ricorso nella parte
in cui si chiede l’annullamento e non per l’accertamento della nullità, e
considerata altresì l’inammissibilità dell’intervento comunale ad adiuvandum,
le spese di giudizio si possono compensare tra tutte le parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe
proposto, lo accoglie come da motivazione e per l’effetto:
annulla in toto:
- il decreto del Prefetto della Provincia di U. dd. 27 ottobre
2014, prot. n. 64234/2014;
- l'atto di delega del Prefetto di U. prot. 64686/2014 dd. 29
ottobre 2014;
- il processo verbale del vice Prefetto aggiunto del 29 ottobre
2014;
annulla in parte, come da motivazione:
- la nota prefettizia n. 60632 dd. 9 ottobre 2014;
- la nota – circolare prot. n. 10863 dd. 7 ottobre 2014 del
Ministero dell'Interno.
Estromette dal giudizio il Comune di U..
Spese compensate.
Ordina alla Segreteria l’invio degli atti alla Procura della
Repubblica presso il Tribunale di U. nonché alla Procura regionale della Corte
dei Conti, per l’eventuale seguito di competenza.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma
1 D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della
parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità degli altri
dati identificativi della ricorrente, manda alla Segreteria di procedere
all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini
indicati.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.