Corte di Giustizia UE 14 novembre 2017, n. C-165/16
Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione – Articolo
21 TFUE – Direttiva 2004/38/CE – Aventi diritto – Doppia
cittadinanza – Cittadino dell’Unione che ha acquisito la cittadinanza
dello Stato membro ospitante conservando al contempo la propria cittadinanza
d’origine – Diritto di soggiorno, in tale Stato membro, di un cittadino di
uno Stato terzo, familiare del cittadino dell’Unione
La direttiva 2004/38/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini
dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel
territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE)
n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE,
73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, deve
essere interpretata nel senso che, in una situazione in cui un cittadino
dell’Unione europea abbia esercitato la propria libertà di circolazione
recandosi e soggiornando in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la
cittadinanza in forza dell’articolo 7, paragrafo 1, o dell’articolo 16,
paragrafo 1, di tale direttiva, abbia successivamente acquisito la cittadinanza
di tale Stato membro, conservando al contempo anche la propria cittadinanza
d’origine, e, alcuni anni dopo, abbia contratto matrimonio con un cittadino di
uno Stato terzo con il quale continui a risiedere nel territorio di detto Stato
membro, quest’ultimo cittadino non beneficia di un diritto di soggiorno
derivato nello Stato membro in questione sulla base delle disposizioni di detta
direttiva. Egli può tuttavia beneficiare di tale diritto di soggiorno in forza
dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, a condizioni che non devono essere più
rigorose di quelle previste dalla direttiva 2004/38 per la concessione di detto
diritto a un cittadino di uno Stato terzo, familiare di un cittadino
dell’Unione che ha esercitato il proprio diritto di libera circolazione
stabilendosi in uno Stato membro diverso da quello di cui possiede la
cittadinanza.
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
14 novembre 2017
Nella causa C‑165/16,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla High Court of
Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court)
[Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione del Queen’s Bench
(sezione amministrativa), Regno Unito], con decisione dell’8 marzo 2016,
pervenuta in cancelleria il 21 marzo 2016, nel procedimento
Toufik
Lounes
contro
Secretary
of State for the Home Department,
LA CORTE
(Grande Sezione),
composta da K. Lenaerts, presidente,
A. Tizzano (relatore), vicepresidente, R. Silva de Lapuerta,
M. Ilešič, J.L. da Cruz Vilaça, J. Malenovský, E. Levits,
C.G. Fernlund e C. Vajda, presidenti di sezione, J.-C. Bonichot,
A. Arabadjiev, S. Rodin, F. Biltgen, K. Jürimäe e
C. Lycourgos, giudici,
avvocato generale: Y. Bot
cancelliere: I. Illéssy, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito
all’udienza del 15 maggio 2017,
considerate le osservazioni presentate:
– per
T. Lounes, da P. Saini, barrister, nonché da R. Matharu,
solicitor;
– per il
governo del Regno Unito, da M. Holt, C. Crane e C. Brodie, in
qualità di agenti, assistiti da D. Blundell, barrister;
– per il
governo spagnolo, da V. Ester Casas, in qualità di agente;
– per il
governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;
– per la Commissione europea,
da E. Montaguti e M. Wilderspin, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza del 30 maggio 2017,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La
domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva
2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa
al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di
soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il
regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE,
68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE,
90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, e rettifica in GU
2004, L 229, pag. 35).
2 Tale
domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il
sig. Toufik Lounes ed il Secretary of State for the Home Department
(ministro dell’Interno, Regno Unito), in merito al rifiuto di rilasciare una
carta di soggiorno all’interessato.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 I
considerando 5 e 18 della direttiva 2004/38 così recitano:
«(5) Il
diritto di ciascun cittadino dell’Unione di circolare e soggiornare liberamente
nel territorio degli Stati membri presuppone, affinché possa essere esercitato
in oggettive condizioni di libertà e di dignità, la concessione di un analogo
diritto ai familiari, qualunque sia la loro cittadinanza. (...)
(...)
(18) Per
costituire un autentico mezzo di integrazione nella società dello Stato membro
ospitante in cui il cittadino dell’Unione soggiorna, il diritto di soggiorno
permanente non dovrebbe, una volta ottenuto, essere sottoposto ad alcuna
condizione».
4 L’articolo
1 di tale direttiva così dispone:
«La presente direttiva determina:
a) le modalità
d’esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio degli
Stati membri da parte dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari;
b) il diritto
di soggiorno permanente nel territorio degli Stati membri dei cittadini
dell’Unione e dei loro familiari;
(...)».
5 Ai
sensi dell’articolo 2 di detta direttiva:
«Ai fini della presente direttiva, si intende per:
1) “cittadino
dell’Unione”: qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno Stato membro;
2) “familiare”:
a) il coniuge;
(...)
3) “Stato
membro ospitante”: lo Stato membro nel quale il cittadino dell’Unione si reca
al fine di esercitare il diritto di libera circolazione o di soggiorno».
6 L’articolo
3 della direttiva 2004/38, intitolato «Aventi diritto», al paragrafo 1 prevede
quanto segue:
«La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino
dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di
cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2,
punto 2, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo».
7 L’articolo
6 di tale direttiva, intitolato «Diritto di soggiorno sino a tre mesi», così
dispone:
«1. I cittadini
dell’Unione hanno il diritto di soggiornare nel territorio di un altro Stato
membro per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o
formalità, salvo il possesso di una carta d’identità o di un passaporto in
corso di validità.
2. Le disposizioni
del paragrafo 1 si applicano anche ai familiari in possesso di un passaporto in
corso di validità non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che
accompagnino o raggiungano il cittadino dell’Unione».
8 L’articolo
7 di detta direttiva, intitolato «Diritto di soggiorno per un periodo superiore
a tre mesi», prevede quanto segue ai suoi paragrafi 1 e 2:
«1. Ciascun cittadino
dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi
nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:
a) di essere
lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; o
b) di
disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche
sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale
dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di
un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro
ospitante; o
c) di essere
iscritto presso un istituto pubblico o privato, riconosciuto o finanziato dallo
Stato membro ospitante in base alla sua legislazione o prassi amministrativa,
per seguirvi a titolo principale un corso di studi inclusa una formazione
professionale,
– di
disporre di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato
membro ospitante e di assicurare all’autorità nazionale competente, con una
dichiarazione o con altro mezzo di sua scelta equivalente, di disporre, per se
stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché
non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro
ospitante durante il suo periodo di soggiorno; o
(...)
2. Il diritto di
soggiorno di cui al paragrafo 1 è esteso ai familiari non aventi la
cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnino o raggiungano nello Stato
membro ospitante il cittadino dell’Unione, purché questi risponda all[e]
condizioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c)».
9 L’articolo
16 della stessa direttiva, che figura al capo IV della medesima, intitolato
«Diritto di soggiorno permanente», è così formulato:
«1. Il cittadino
dell’Unione che abbia soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque
anni nello Stato membro ospitante ha diritto al soggiorno permanente in detto
Stato. Tale diritto non è subordinato alle condizioni di cui al capo III.
2. Le disposizioni
del paragrafo 1 si applicano anche ai familiari non aventi la cittadinanza di
uno Stato membro che abbiano soggiornato legalmente in via continuativa per
cinque anni assieme al cittadino dell’Unione nello Stato membro ospitante.
(...)
4. Una volta
acquisito, il diritto di soggiorno permanente si perde soltanto a seguito di
assenze dallo Stato membro ospitante di durata superiore a due anni
consecutivi».
Diritto del Regno Unito
10 La
direttiva 2004/38 è stata recepita nel diritto del Regno Unito dall’Immigration
(European Economic Area) Regulations 2006 [regolamento del 2006
sull’immigrazione (Spazio economico europeo); in prosieguo: il «regolamento del
2006»]. Tale regolamento utilizza i termini «cittadino [dello Spazio economico
europeo (SEE)]» in luogo dei termini «cittadino dell’Unione».
11 Nella
sua versione iniziale, l’articolo 2 di detto regolamento definiva la nozione di
«cittadino del SEE» come riguardante «qualsiasi cittadino di uno Stato del
SEE», precisando che il Regno Unito era escluso dalla nozione di «Stato del
SEE».
12 A
seguito di due modifiche successive del medesimo regolamento da parte
dell’Immigration (European Economic Area) (Amendment) Regulations 2012
(2012/1547) [regolamento modificativo sull’immigrazione (Spazio economico
europeo) del 2012 (2012/1547); in prosieguo: il «regolamento 2012/1547»], ed in
un secondo momento dall’Immigration (European Economic Area) (Amendment) (N
o
2) Regulations 2012 (2012/2560) [secondo regolamento modificativo
sull’immigrazione (Spazio economico europeo) del 2012 (2012/2560); in
prosieguo: il «regolamento 2012/2560»], tale articolo dispone quanto segue:
«Si intende per “cittadino del SEE” qualsiasi cittadino
di uno Stato del SEE che non sia anche cittadino britannico».
13 Gli
articoli 6, 7, 14 e 15 del regolamento del 2006 recepiscono, nel diritto del
Regno Unito, gli articoli 2, 7 e 16 della direttiva 2004/38.
Procedimento principale e questione pregiudiziale
14 Nel
settembre del 1996 la sig.ra Ormazabal, cittadina spagnola, si è recata
nel Regno Unito per seguire un corso di studi. Da allora vi soggiorna e lavora
a tempo pieno dal settembre del 2014.
15 Il
12 agosto 2009 ha acquisito la cittadinanza britannica per naturalizzazione e
le è stato rilasciato un passaporto britannico, mantenendo al contempo anche la
sua cittadinanza spagnola.
16 Nel
2013 ha avviato una relazione con il sig. Lounes, cittadino algerino, che
il 20 gennaio 2010 era entrato nel Regno Unito con un visto per scopo di visita
valido sei mesi ed ha continuato a restarvi illegalmente oltre tale periodo. La
sig.ra Ormazabal e il sig. Lounes hanno contratto matrimonio
religioso il 1° gennaio 2014 e successivamente matrimonio civile a Londra
(Regno Unito) il 16 maggio 2014. Da allora risiedono nel Regno Unito.
17 Il
15 aprile 2014, il sig. Lounes ha presentato al ministro dell’Interno una
domanda di carta di soggiorno in qualità di familiare di un cittadino del SEE,
in forza del regolamento del 2006.
18 Il
14 maggio 2014 gli è stato notificato un avviso, indirizzato a persona passibile
di allontanamento, accompagnato da una decisione di allontanamento dal Regno
Unito, con la motivazione che aveva superato la durata del soggiorno
autorizzato in tale Stato membro in violazione dei controlli in materia di
immigrazione.
19 Con
lettera del 22 maggio 2014, il ministro dell’Interno ha comunicato al
sig. Lounes la sua decisione di respingere la domanda di carta di
soggiorno da quest’ultimo presentata nonché i motivi di tale rigetto. Tale
lettera indicava, in sostanza, che, in seguito alla modifica dell’articolo 2
del regolamento del 2006 ad opera dei regolamenti 2012/1547 e 2012/2560, la
sig.ra Ormazabal non era più considerata una «cittadin[a] del SEE» ai
sensi di tale primo regolamento in quanto aveva acquisito la cittadinanza britannica
il 12 agosto 2009, e ciò nonostante avesse conservato anche la cittadinanza
spagnola. Essa pertanto non beneficiava più dei diritti conferiti nel Regno
Unito da detto regolamento, nonché dalla direttiva 2004/38. Il
sig. Lounes, dunque, non poteva richiedere una carta di soggiorno in
qualità di familiare di un cittadino del SEE ai sensi di detto regolamento.
20 Dalla
decisione di rinvio risulta, infatti, che, prima di tale modifica, i cittadini
britannici che avevano anche la cittadinanza di un altro Stato membro del SEE,
come la sig.ra Ormazabal, erano, a differenza di quelli che non erano in
possesso di tale doppia cittadinanza, considerati cittadini del SEE ai sensi
dell’articolo 2 del regolamento del 2006 e potevano dunque beneficiare dei diritti
conferiti da tale regolamento. Tuttavia, dopo detta modifica, tali cittadini
non sarebbero più considerati in tal modo e non beneficerebbero pertanto più di
tali diritti, cosicché nemmeno i loro familiari cittadini di Stati terzi
potrebbero beneficiare, in tale qualità, di un diritto di soggiorno nel Regno
Unito.
21 Il
sig. Lounes ha presentato ricorso dinanzi al giudice del rinvio avverso la
decisione del 22 maggio 2014, di cui al punto 19 della presente sentenza.
22 Tale
giudice esprime dubbi sulla compatibilità di tale decisione, nonché
dell’articolo 2 del regolamento del 2006, come modificato dai regolamenti
2012/1547 e 2012/2560, con l’articolo 21 TFUE e la direttiva 2004/38.
23 A
tale riguardo, egli rileva che, secondo la nota esplicativa relativa al
regolamento 2012/1547, nonché secondo i preamboli di tale regolamento e del
regolamento 2012/2560, la modifica di detto articolo 2 fa seguito alla sentenza
del 5 maggio 2011, McCarthy (C‑434/09, EU:C:2011:277), nella quale la Corte ha dichiarato che tale
direttiva non è applicabile ad un cittadino dell’Unione che non abbia mai
esercitato il proprio diritto di libera circolazione, che abbia sempre
soggiornato in uno Stato membro del quale possiede la cittadinanza e che goda,
inoltre, della cittadinanza di un altro Stato membro.
24 Nel
caso di specie sarebbe tuttavia pacifico che, prima di ottenere la cittadinanza
britannica, la sig.ra Ormazabal aveva esercitato la propria libertà di
circolazione e aveva acquisito un diritto di soggiorno nel Regno Unito in
qualità di cittadina spagnola in forza di detta direttiva.
25 In
tale contesto, il giudice del rinvio si chiede, in sostanza, se, come sostiene
il ministro dell’Interno, la sig.ra Ormazabal abbia perso il beneficio
della direttiva 2004/38 nel Regno Unito a partire dalla data della sua
naturalizzazione in tale Stato membro, oppure se, come afferma il
sig. Lounes, nonostante abbia ottenuto la cittadinanza britannica, la
sig.ra Ormazabal debba continuare ad essere considerata un’«avente diritto»
di tale direttiva, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della stessa, e possa
continuare ad avvalersi in tale Stato membro dei diritti garantiti da detta
direttiva avendo conservato la sua cittadinanza spagnola. Infatti, nel primo
caso, il sig. Lounes non potrebbe beneficiare di un diritto di soggiorno
derivato nel Regno Unito in qualità di familiare di un cittadino dell’Unione in
forza della medesima direttiva, mentre, nel secondo caso, potrebbe essergli
riconosciuto tale diritto.
26 In
tale contesto, tale giudice si chiede anche se la risposta a tale questione
differirebbe a seconda che la sig.ra Ormazabal avesse acquisito un diritto
di soggiorno permanente nel Regno Unito in forza dell’articolo 16 della
direttiva 2004/38, prima di ottenere la cittadinanza britannica, o che
disponesse, in tale momento, soltanto di un diritto di soggiorno per un periodo
superiore a tre mesi in forza dell’articolo 7 di tale direttiva. Infatti, il
tipo di diritto di soggiorno di cui beneficiava la sig.ra Ormazabal prima
della sua naturalizzazione sarebbe oggetto di discussione tra le parti nel
procedimento principale e dovrebbe ancora essere determinato.
27 Ciò
premesso, la High Court
of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court)
[Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione del Queen’s Bench
(sezione amministrativa), Regno Unito] ha deciso di sospendere il procedimento
e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se, qualora una cittadina spagnola e dell’Unione:
– si rechi
nel Regno Unito, esercitando il proprio diritto di libera circolazione ai sensi
della direttiva [2004/38],
– soggiorni
nel Regno Unito, esercitando il proprio diritto ai sensi dell’articolo 7 o
dell’articolo 16 della direttiva [2004/38],
– acquisisca
successivamente la cittadinanza britannica, in aggiunta alla cittadinanza
spagnola, divenendo così titolare di doppia cittadinanza, e
– alcuni
anni dopo aver acquisito la cittadinanza britannica, contragga matrimonio con
un cittadino di uno Stato terzo con il quale risiede nel Regno Unito,
essa – residente nel Regno Unito e in possesso sia
della cittadinanza spagnola sia di quella britannica – e il suo coniuge
siano entrambi beneficiari della direttiva [2004/38], ai sensi del suo articolo
3, paragrafo 1».
Sulla questione pregiudiziale
28 In
via preliminare, occorre rilevare che, conformemente a una costante
giurisprudenza della Corte, anche laddove formalmente il giudice del rinvio
abbia limitato la propria questione all’interpretazione dell’articolo 3,
paragrafo 1, della direttiva 2004/38, tale circostanza non osta a che la Corte gli fornisca tutti gli
elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possano essere utili per
definire la controversia di cui è investito, a prescindere dal fatto che esso
vi abbia fatto o no riferimento nel formulare la suddetta questione (v., per
analogia, sentenza del 5 maggio 2011, McCarthy, C‑434/09, EU:C:2011:277, punto
24 e giurisprudenza ivi citata).
29 Nel
caso di specie, dalle indicazioni contenute nella domanda di pronuncia
pregiudiziale emerge che i dubbi espressi dal giudice del rinvio nel
procedimento principale non riguardano soltanto la direttiva 2004/38, ma anche
l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE.
30 Si
deve pertanto ritenere che, con la sua questione, il giudice del rinvio chieda,
in sostanza, se la direttiva 2004/38 e l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE debbano
essere interpretati nel senso che, in una situazione in cui un cittadino
dell’Unione abbia esercitato la propria libertà di circolazione recandosi e
soggiornando in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza in
forza dell’articolo 7, paragrafo 1, o dell’articolo 16, paragrafo 1, di tale
direttiva, abbia successivamente acquisito la cittadinanza di tale Stato
membro, conservando al contempo anche la propria cittadinanza d’origine, e,
alcuni anni dopo, abbia contratto matrimonio con un cittadino di uno Stato
terzo con il quale continui a risiedere nel territorio di detto Stato membro,
tale cittadino benefici di un diritto di soggiorno in tale Stato membro, sulla
base delle disposizioni di detta direttiva o dell’articolo 21, paragrafo 1,
TFUE.
Sull’interpretazione della direttiva 2004/38
31 Conformemente
ad una costante giurisprudenza della Corte, la direttiva 2004/38 mira ad
agevolare l’esercizio del diritto primario e individuale di circolare e
soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, conferito
direttamente ai cittadini dell’Unione dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, ed a
rafforzare tale diritto. Il considerando 5 di tale direttiva sottolinea che
detto diritto presuppone, affinché possa essere esercitato in oggettive
condizioni di dignità, la concessione di un analogo diritto ai familiari di
tali cittadini, qualunque sia la loro cittadinanza (sentenza del 18 dicembre
2014, McCarthy e a., C‑202/13, EU:C:2014:2450, punti 31 e 33 e
giurisprudenza ivi citata).
32 Detta
direttiva non conferisce tuttavia alcun diritto autonomo ai familiari di un
cittadino dell’Unione che siano cittadini di uno Stato terzo. Quindi, gli
eventuali diritti conferiti a tali cittadini dalla medesima direttiva sono
derivati da quelli di cui gode il cittadino dell’Unione considerato a seguito
dell’esercizio della sua libertà di circolazione (v., in tal senso, sentenza
del 18 dicembre 2014, McCarthy e a., C‑202/13, EU:C:2014:2450, punto 34 e
giurisprudenza ivi citata).
33 Ebbene,
come la Corte
ha più volte dichiarato, da un’interpretazione letterale, sistematica e
teleologica delle disposizioni della direttiva 2004/38 risulta che quest’ultima
disciplina unicamente le condizioni di ingresso e di soggiorno di un cittadino
dell’Unione negli Stati membri diversi da quello di cui egli ha la cittadinanza
e che non consente di fondare un diritto di soggiorno derivato a favore dei
cittadini di uno Stato terzo, familiari di un cittadino dell’Unione, nello
Stato membro di cui tale cittadino possieda la cittadinanza (v., in tal senso,
sentenze del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 37, nonché
del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a., C‑133/15, EU:C:2017:354, punto
53).
34 Infatti,
in primo luogo, dalla formulazione dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale
direttiva risulta che rientrano nel suo ambito di applicazione e beneficiano
dei diritti dalla stessa riconosciuti i cittadini dell’Unione che si recano o
soggiornano in uno «Stato membro diverso da quello di cui [hanno] la
cittadinanza», nonché i loro familiari, come definiti dall’articolo 2, punto 2,
di detta direttiva, che li accompagnino o raggiungano (sentenza del 12 marzo
2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 38).
35 In
secondo luogo, le altre disposizioni della direttiva 2004/38, segnatamente
l’articolo 6, l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, nonché l’articolo 16, paragrafi 1
e 2, di quest’ultima, riguardano il diritto di soggiorno di un cittadino
dell’Unione e il diritto di soggiorno derivato dei suoi familiari o in «un
altro Stato membro», o nello «Stato membro ospitante» (sentenza del 12 marzo
2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).
36 In
terzo luogo, sebbene, come ricordato al punto 31 della presente sentenza, tale
direttiva miri ad agevolare e a rafforzare l’esercizio del diritto dei
cittadini dell’Unione di circolare e soggiornare liberamente nel territorio
degli Stati membri, resta il fatto che l’oggetto di detta direttiva riguarda,
come risulta dal suo articolo 1, lettera a), le modalità di esercizio di tale
diritto (sentenze del 5 maggio 2011, McCarthy, C‑434/09, EU:C:2011:277, punto
33, nonché del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 41).
37 La Corte ha quindi dichiarato
che, dal momento che uno Stato membro, in forza di un principio di diritto
internazionale, non può negare ai propri cittadini il diritto di fare ingresso
nel suo territorio e di soggiornarvi e che questi ultimi ivi godono pertanto di
un diritto di soggiorno incondizionato, detta direttiva non è volta a
disciplinare il soggiorno di un cittadino dell’Unione nello Stato membro del
quale possiede la cittadinanza. Di conseguenza, alla luce della giurisprudenza
richiamata al punto 32 della presente sentenza, la direttiva non è nemmeno
volta a conferire, nel territorio del medesimo Stato membro, un diritto di
soggiorno derivato ai familiari di tale cittadino, che siano cittadini di uno
Stato terzo (v., in tal senso, sentenze del 5 maggio 2011, McCarthy, C‑434/09,
EU:C:2011:277, punti 29, 34 e 42, nonché del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12,
EU:C:2014:135, punti 42 e 43).
38 Nel
caso di specie, è pacifico che la sig.ra Ormazabal, che è cittadina
spagnola, abbia esercitato la propria libertà di circolazione recandosi e
soggiornando in uno Stato membro diverso da quello di cui possedeva la cittadinanza
quando è partita dalla Spagna per trasferirsi nel Regno Unito nel 1996. È
parimenti pacifico che essa fosse qualificabile come un’«avente diritto» della
direttiva 2004/38, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della stessa, e che
soggiornasse nel Regno Unito in forza dell’articolo 7, paragrafo 1,
oppure – come sembra del resto riconoscere il governo del Regno
Unito – dell’articolo 16, paragrafo 1, di tale direttiva, almeno sino a
quando ha acquisito la cittadinanza britannica mediante naturalizzazione.
39 Tuttavia,
come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 48 e 63 delle conclusioni,
l’acquisizione di tale cittadinanza ha determinato, nei confronti della
sig.ra Ormazabal, un cambiamento di regime giuridico alla luce sia del
diritto nazionale che di detta direttiva.
40 Infatti,
la sig.ra Ormazabal soggiorna, da allora, in uno degli Stati membri di cui
possiede la cittadinanza e dove beneficia, di conseguenza, di un diritto di
soggiorno incondizionato, conformemente al principio di diritto internazionale
di cui al punto 37 della presente sentenza.
41 Ne
consegue che, da quando ha acquisito la cittadinanza britannica, da un lato, la
sig.ra Ormazabal non soddisfa più la definizione della nozione di «avente
diritto» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, quale
richiamata al punto 34 della presente sentenza. Dall’altro, alla luce delle
considerazioni di cui ai punti 36 e 37 della presente sentenza, detta direttiva
non può più disciplinare il suo soggiorno nel Regno Unito poiché esso è, per
natura, incondizionato.
42 In
tali condizioni, occorre ritenere che la direttiva 2004/38 non sia più
applicabile alla situazione della sig.ra Ormazabal da quando quest’ultima
è stata naturalizzata nel Regno Unito.
43 Tale
conclusione non può essere rimessa in discussione dalla circostanza che la
sig.ra Ormazabal ha esercitato la propria libertà di circolazione
recandosi e soggiornando nel Regno Unito ed ha conservato la sua cittadinanza
spagnola in aggiunta a quella britannica. Infatti, malgrado tale doppia
circostanza, rimane il fatto che, dall’acquisizione di tale cittadinanza, la
sig.ra Ormazabal non soggiorna più in uno «Stato membro diverso da quello
di cui ha la cittadinanza», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale
direttiva, e non rientra pertanto più nella nozione di «avente diritto» di tale
direttiva, ai sensi di tale disposizione.
44 Tenuto
conto della giurisprudenza richiamata ai punti 32 e 37 della presente sentenza,
neppure il suo coniuge cittadino di uno Stato terzo, il sig. Lounes,
rientra in tale nozione e non può dunque beneficiare di un diritto di soggiorno
derivato nel Regno Unito sulla base della medesima direttiva.
Sull’interpretazione dell’articolo 21, paragrafo 1,
TFUE
45 Dal
momento che la direttiva 2004/38 non può fondare un diritto di soggiorno
derivato in favore di un cittadino di uno Stato terzo in una situazione come
quella del sig. Lounes, occorre determinare se tale diritto di soggiorno
possa cionondimeno essere desunto dalle disposizioni del Trattato FUE sulla
cittadinanza dell’Unione, in particolare dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE,
il quale conferisce ad ogni cittadino dell’Unione il diritto di circolare e di
soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve in
particolare le limitazioni e le condizioni previste dai trattati.
46 Occorre
infatti ricordare che la Corte
ha già riconosciuto, in alcuni casi, che cittadini di Stati terzi, familiari di
un cittadino dell’Unione, che non potevano beneficiare, sulla base delle
disposizioni della direttiva 2004/38, di un diritto di soggiorno derivato nello
Stato membro di cui tale cittadino avesse la cittadinanza, potevano tuttavia
vedersi riconosciuto tale diritto sulla base dell’articolo 21, paragrafo 1,
TFUE (v., in tal senso, sentenze del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12,
EU:C:2014:135, punti da 44 a 50, nonché del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez
e a., C‑133/15, EU:C:2017:354, punto 54).
47 Tuttavia,
al pari della direttiva 2004/38, tale ultima disposizione non conferisce alcun
diritto di soggiorno autonomo a tale cittadino, ma soltanto un diritto derivato
da quelli di cui gode il cittadino dell’Unione considerato (sentenze dell’8
novembre 2012, Iida, C‑40/11, EU:C:2012:691, punti 66 e 67, nonché del 12 marzo
2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 36).
48 Pertanto,
un diritto di soggiorno derivato in favore di un cittadino di uno Stato terzo,
familiare di un cittadino dell’Unione, esiste, in linea di principio, solo
quando è necessario per assicurare l’effettivo esercizio da parte di tale
cittadino della sua libertà di circolazione. La finalità e la ratio di tale
diritto derivato si basano quindi sulla constatazione che negarne il
riconoscimento pregiudicherebbe, in particolare, tale libertà, nonché
l’esercizio e l’effetto utile dei diritti che al cittadino dell’Unione
considerato derivano dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso,
sentenze dell’8 novembre 2012, Iida, C‑40/11, EU:C:2012:691, punto 68; del 12
marzo 2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 45, nonché del 13 settembre
2016, Rendón Marín, C‑165/14, EU:C:2016:675, punti 36 e 73).
49 Nel
caso di specie, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostiene, in
sostanza, il governo del Regno Unito, la situazione di un cittadino di uno
Stato membro, quale la sig.ra Ormazabal, che ha esercitato la propria
libertà di circolazione recandosi e soggiornando legalmente nel territorio di
un altro Stato membro, non può essere assimilata ad una situazione puramente
interna per il solo fatto che tale cittadino, durante tale soggiorno, abbia
acquisito la cittadinanza di tale Stato membro ospitante in aggiunta alla
propria cittadinanza d’origine.
50 La Corte ha infatti già
riconosciuto che un collegamento con il diritto dell’Unione sussiste nei
confronti di persone che sono cittadini di uno Stato membro e che soggiornano
legalmente sul territorio di un altro Stato membro di cui parimenti possiedono
la cittadinanza (v., in tal senso, sentenza dell’8 giugno 2017, Freitag, C‑541/15,
EU:C:2017:432, punto 34).
51 Pertanto,
la sig.ra Ormazabal, che è cittadina di due Stati membri ed ha, nella sua
qualità di cittadina dell’Unione, esercitato la propria libertà di circolare e
di soggiornare in uno Stato membro diverso dal suo Stato membro d’origine, può
avvalersi dei diritti connessi a tale qualità, in particolare di quelli
previsti all’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, anche nei confronti di uno di tali
due Stati membri.
52 I
diritti riconosciuti da tale disposizione ai cittadini degli Stati membri
includono quello di condurre una normale vita familiare nello Stato membro
ospitante, beneficiando della vicinanza dei loro familiari (v., per analogia,
sentenza del 25 luglio 2008, Metock e a., C‑127/08, EU:C:2008:449, punto
62).
53 La
circostanza che un cittadino di uno Stato membro, che si è recato e soggiorna
in un altro Stato membro, acquisisca, successivamente, la cittadinanza di tale
ultimo Stato membro in aggiunta alla propria cittadinanza d’origine non può
comportare che egli sia privato di tale diritto, salvo compromettere l’effetto
utile dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE.
54 Infatti,
in primo luogo, ciò porterebbe a trattare tale cittadino allo stesso modo di un
cittadino dello Stato membro ospitante che non abbia mai lasciato quest’ultimo,
senza tenere conto della circostanza che detto cittadino ha esercitato la
propria libertà di circolazione stabilendosi nel territorio di detto Stato
membro e che ha conservato la propria cittadinanza d’origine.
55 Ebbene,
uno Stato membro non può limitare gli effetti derivanti dal possesso della
cittadinanza di un altro Stato membro, in particolare i diritti ad essa
collegati in forza del diritto dell’Unione, e che risultano dall’esercizio, da
parte di un cittadino, della propria libertà di circolazione.
56 In
secondo luogo, occorre sottolineare che i diritti conferiti ad un cittadino
dell’Unione dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, compresi i diritti derivati di
cui godono i suoi familiari, sono volti, in particolare, a favorire la progressiva
integrazione del cittadino dell’Unione interessato nella società dello Stato
membro ospitante.
57 Ebbene,
un cittadino dell’Unione, come la sig.ra Ormazabal, che, dopo essersi
recato, nell’esercizio della propria libertà di circolazione, ed aver
soggiornato per diversi anni nel territorio dello Stato membro ospitante in
forza e conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, ovvero all’articolo 16,
paragrafo 1, della direttiva 2004/38, acquisisce la cittadinanza di tale Stato
membro, tende ad integrarsi stabilmente nella società di detto Stato.
58 Come
sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 86 delle
conclusioni, ritenere che tale cittadino, cui sono stati riconosciuti diritti
in forza dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE per aver esercitato la propria
libertà di circolazione, debba rinunciare al beneficio di tali diritti, in
particolare di quello di condurre una vita familiare nello Stato membro
ospitante, per il motivo che ha ricercato, mediante la naturalizzazione in tale
Stato membro, un inserimento più approfondito nella società di quest’ultimo,
sarebbe contrario alla logica dell’integrazione progressiva che tale
disposizione favorisce.
59 Ne
conseguirebbe inoltre che un cittadino dell’Unione che abbia esercitato la
propria libertà di circolazione e che abbia acquisito la cittadinanza dello
Stato membro ospitante in aggiunta alla propria cittadinanza d’origine sarebbe,
per quanto riguarda la sua vita familiare, trattato in modo meno favorevole
rispetto ad un cittadino dell’Unione che abbia anch’esso esercitato tale
libertà ma che possieda soltanto la propria cittadinanza d’origine. In tal
modo, i diritti conferiti ad un cittadino dell’Unione nello Stato membro
ospitante, in particolare quello di condurre una vita familiare con un
cittadino di uno Stato terzo, diminuirebbero a seconda del suo inserimento
nella società di tale Stato membro ed in funzione del numero di cittadinanze di
cui è in possesso.
60 Da
quanto precede risulta che l’effetto utile dei diritti conferiti ai cittadini
dell’Unione dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE richiede che un cittadino che
si trovi in una situazione come quella della sig.ra Ormazabal possa
continuare a godere, nello Stato membro ospitante, dei diritti derivanti da
detta disposizione, dopo aver acquisito la cittadinanza di tale Stato membro in
aggiunta alla propria cittadinanza d’origine, e, in particolare, possa
sviluppare una vita familiare con il proprio coniuge cittadino di uno Stato
terzo, mediante il riconoscimento a quest’ultimo di un diritto di soggiorno
derivato.
61 Per
quanto riguarda le condizioni di concessione di tale diritto di soggiorno
derivato, queste non devono essere più rigorose di quelle previste dalla
direttiva 2004/38 per la concessione di tale diritto di soggiorno a un
cittadino di uno Stato terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha
esercitato il proprio diritto di libera circolazione stabilendosi in uno Stato
membro diverso da quello di cui possiede la cittadinanza. Infatti, anche se tale
direttiva non ricomprende una situazione come quella di cui al punto precedente
della presente sentenza, essa deve essere applicata per analogia a tale
situazione (v., per analogia, sentenze del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12,
EU:C:2014:135, punti 50 e 61, nonché del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez
e a., C‑133/15, EU:C:2017:354, punti 54 e 55).
62 Alla
luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla
questione posta dichiarando che la direttiva 2004/38 deve essere interpretata
nel senso che, in una situazione in cui un cittadino dell’Unione abbia
esercitato la propria libertà di circolazione recandosi e soggiornando in uno
Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza in forza dell’articolo
7, paragrafo 1, o dell’articolo 16, paragrafo 1, di tale direttiva, abbia
successivamente acquisito la cittadinanza di tale Stato membro, conservando al
contempo anche la propria cittadinanza d’origine, e, alcuni anni dopo, abbia
contratto matrimonio con un cittadino di uno Stato terzo con il quale continui
a risiedere nel territorio di detto Stato membro, quest’ultimo cittadino non
beneficia di un diritto di soggiorno derivato nello Stato membro in questione
sulla base delle disposizioni di detta direttiva. Egli può tuttavia beneficiare
di tale diritto di soggiorno in forza dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, a
condizioni che non devono essere più rigorose di quelle previste dalla
direttiva 2004/38 per la concessione di detto diritto a un cittadino di uno
Stato terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che ha esercitato il proprio
diritto di libera circolazione stabilendosi in uno Stato membro diverso da
quello di cui possiede la cittadinanza.
Sulle spese
63 Nei
confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce
un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire
sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni
alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione)
dichiara:
La direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini
dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel
territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE)
n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE,
73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, deve
essere interpretata nel senso che, in una situazione in cui un cittadino dell’Unione
europea abbia esercitato la propria libertà di circolazione recandosi e
soggiornando in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza in
forza dell’articolo 7, paragrafo 1, o dell’articolo 16, paragrafo 1, di tale
direttiva, abbia successivamente acquisito la cittadinanza di tale Stato
membro, conservando al contempo anche la propria cittadinanza d’origine, e,
alcuni anni dopo, abbia contratto matrimonio con un cittadino di uno Stato
terzo con il quale continui a risiedere nel territorio di detto Stato membro,
quest’ultimo cittadino non beneficia di un diritto di soggiorno derivato nello
Stato membro in questione sulla base delle disposizioni di detta direttiva.
Egli può tuttavia beneficiare di tale diritto di soggiorno in forza
dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, a condizioni che non devono essere più
rigorose di quelle previste dalla direttiva 2004/38 per la concessione di detto
diritto a un cittadino di uno Stato terzo, familiare di un cittadino
dell’Unione che ha esercitato il proprio diritto di libera circolazione
stabilendosi in uno Stato membro diverso da quello di cui possiede la
cittadinanza.
Dal sito http://curia.europa.eu