Corte di Giustizia UE 13 dicembre
2018, (cause riunite) nn. C-412/17
e C-474/17, Touring Tours und Travel
Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e
giustizia – Regolamento (CE) n. 562/2006 – Codice comunitario
relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone
(codice frontiere Schengen) – Articoli 20 e 21 – Soppressione dei
controlli alle frontiere interne dello spazio Schengen – Verifiche
all’interno del territorio di uno Stato membro – Misure aventi effetto
equivalente alle verifiche di frontiera – Normativa di uno Stato membro
che impone a un operatore di viaggi in autobus che gestisce linee che
attraversano frontiere interne dello spazio Schengen di controllare i
passaporti e i titoli di soggiorno dei passeggeri – Sanzione –
Minaccia di imporre una sanzione pecuniaria
L’articolo 67, paragrafo 2, TFUE nonché l’articolo 21 del regolamento
(CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo
2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di
attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere
Schengen), come modificato dal regolamento (UE) n. 610/2013 del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, devono essere interpretati nel
senso che ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui
trattasi nel procedimento principale, che obblighi qualsiasi impresa di
trasporto a mezzo autobus che offra un servizio di linea transfrontaliero
all’interno dello spazio Schengen con destinazione il territorio di tale Stato
membro a controllare il passaporto e il titolo di soggiorno dei passeggeri
prima dell’attraversamento di una frontiera interna, onde evitare il trasporto
di cittadini di paesi terzi sprovvisti di tali documenti di viaggio verso il
territorio nazionale, e che consenta alle autorità di polizia, al fine di far
rispettare tale obbligo di controllo, di adottare una decisione che vieti
siffatti trasporti, accompagnata da una minaccia di sanzioni pecuniarie nei
confronti delle imprese di trasporto in capo alle quali sia stato accertato che
hanno trasportato in tale territorio cittadini di paesi terzi sprovvisti di
detti documenti di viaggio.
Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
13 dicembre 2018
Nelle cause riunite C‑412/17 e C‑474/17,
aventi ad oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale
proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal
Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania) con
decisioni del 1° giugno 2017, pervenute in cancelleria il 10 luglio 2017
(C‑412/17) e l’8 agosto 2017 (C‑474/17), nei procedimenti
Bundesrepublik
Deutschland
contro
Touring
Tours und
Travel GmbH (C‑412/17),
Sociedad
de Transportes SA
(C‑474/17),
LA CORTE
(Seconda Sezione),
composta da J.–C. Bonichot, presidente della Prima
Sezione, facente funzione di presidente della Seconda Sezione, A. Prechal
(relatore), C. Toader, A. Rosas e M. Ilešič, giudici,
avvocato generale: Y. Bot
cancelliere: K. Malacek, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito
all’udienza del 7 giugno 2018,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Bundesrepublik
Deutschland, da W. Roth, Rechtsanwalt;
– per il
governo tedesco, da S. Eisenberg e T. Henze, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea,
da C. Cattabriga e G. Wils, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza del 6 settembre 2018,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le
domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo
67, paragrafo 2, TFUE nonché degli articoli 20 e 21 del regolamento (CE)
n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che
istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle
frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2006,
L 105, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) n. 610/2013
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 (GU 2013,
L 182, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento n. 562/2006»).
2 Tali
domande sono state presentate nell’ambito di controversie che vedono opposte,
nella causa C‑412/17, la
Touring Tours und Travel GmbH nonché, nella causa C‑474/17, la Sociedad de Transportes
SA, due operatori di viaggi a mezzo autobus con sede, rispettivamente, in
Germania e in Spagna (in prosieguo, congiuntamente: i «vettori di cui
trattasi»), alla Bundesrepublik Deutschland (Repubblica federale di Germania),
rappresentata dallo Bundespolizeipräsidium (direzione della polizia federale,
Germania), in merito alla legittimità di decisioni adottate da quest’ultima con
le quali è stato loro vietato, a pena di sanzione pecuniaria, di trasportare
verso il territorio della Repubblica federale di Germania i cittadini di paesi
terzi sprovvisti di passaporto e dei titoli di soggiorno richiesti.
Contesto normativo
Diritto internazionale
3 Il
protocollo per combattere il traffico di migranti per via terrestre, aerea e
marittima, addizionale alla convenzione delle Nazioni Unite contro la
criminalità organizzata transnazionale è stato firmato dalla Comunità europea
il 12 dicembre 2000, conformemente alla decisione 2001/87/CE del Consiglio,
dell’8 dicembre 2000 (GU 2001, L 30, pag. 44; in prosieguo: il
«protocollo addizionale»). Tale protocollo è stato approvato con la decisione
2006/616/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006 (GU 2006, L 262,
pag. 24), nella parte in cui le disposizioni del protocollo addizionale
rientrano negli articoli 179 e 181A CE, e dalla decisione 2006/617/CE del
Consiglio, del 24 luglio 2006 (GU 2006, L 262, pag. 34), nella parte
in cui tali disposizioni rientrano nella terza parte, titolo IV, del Trattato
CE.
4 Ai
sensi dell’articolo 3 del protocollo addizionale:
«Ai fini del presente protocollo:
a) “traffico
di migranti” indica il procurare, al fine di ricavare, direttamente o
indirettamente, un vantaggio finanziario o materiale, l’ingresso illegale di
una persona in uno Stato parte di cui la persona non è cittadina o residente
permanente;
b) “ingresso
illegale” indica il varcare i confini senza soddisfare i requisiti necessari
per l’ingresso legale nello Stato d’accoglienza;
(...)».
5 L’articolo
6, paragrafo 1, lettera a), di tale protocollo così dispone:
«Ogni Stato parte adotta misure legislative e di altro
tipo necessarie per conferire il carattere di reato ai sensi del suo diritto
interno, quando l’atto è commesso intenzionalmente e al fine di ottenere,
direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o altro vantaggio
materiale:
a) al traffico
di migranti».
6 A
termini dell’articolo 11 di detto protocollo, intitolato «Misure di frontiera»:
«(...)
2. Ogni Stato parte
adotta le misure legislative o altre misure opportune per impedire, nella
misura del possibile, ai mezzi di trasporto gestiti da trasportatori
commerciali di essere utilizzati nella commissione del reato di cui
all’articolo 6 paragrafo 1, lettera a), del presente protocollo.
3. Laddove opportuno,
e senza pregiudizio per le convenzioni internazionali applicabili, tali misure
comprendono l’obbligo per i trasportatori commerciali, compreso qualsiasi
compagnia di trasporto o proprietario o gestore di qualsiasi mezzo di
trasporto, di verificare che tutti i passeggeri siano in possesso dei documenti
di viaggio richiesti per l’ingresso nello Stato di accoglienza.
4. Ogni Stato parte
prende le misure necessarie, conformemente al suo diritto interno, per
prevedere sanzioni in caso di violazione degli obblighi di cui al paragrafo 3
del presente articolo.
(...)».
Diritto dell’Unione
La
CAAS
7 L’articolo
26 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, del 14 giugno
1985, tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica
federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione
graduale dei controlli alle frontiere comuni (GU 2000, L 239, pag. 19),
firmata a Schengen il 19 luglio 1990, ed entrata in vigore il 26 marzo 1995 (in
prosieguo: la «CAAS»), così recita:
«1. Fatti salvi gli
obblighi derivanti dalla loro adesione alla Convenzione di Ginevra del 28
luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, quale emendata dal Protocollo
di New York del 31 gennaio 1967, le Parti contraenti si impegnano ad introdurre
nelle rispettive legislazioni nazionali le seguenti regole:
a) Se ad uno
straniero viene rifiutato l’ingresso nel territorio di una Parte contraente, il
vettore che lo ha condotto alla frontiera esterna per via aerea, marittima o
terrestre è tenuto a prenderlo immediatamente a proprio carico. (...)
b) Il vettore
è tenuto ad adottare ogni misura necessaria per accertarsi che lo straniero
trasportato per via aerea o marittima sia in possesso dei documenti di viaggio
richiesti per l’ingresso nei territori delle Parti contraenti.
2. Fatti salvi gli
obblighi derivanti dalla loro adesione alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio
1951 relativa allo status dei rifugiati quale emendata dal [p]rotocollo di New
York del 31 gennaio 1967, e nel rispetto del proprio diritto costituzionale, le
Parti contraenti si impegnano ad istituire sanzioni nei confronti dei vettori
che trasportano per via aerea o marittima, da un paese terzo verso il loro
territorio, stranieri che non sono in possesso dei documenti di viaggio
richiesti.
3. Le disposizioni
del paragrafo 1, lettera b) e del paragrafo 2 si applicano ai vettori di gruppi
che effettuano collegamenti stradali internazionali con autopullmann, ad
eccezione del traffico frontaliero».
8 L’articolo
27 della CAAS, abrogato dall’articolo 5 della direttiva 2002/90/CE del
Consiglio, del 28 novembre 2002, volta a definire il favoreggiamento
dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali (GU 2002, L 328,
pag. 17), così recitava:
«1. Le Parti
contraenti si impegnano a stabilire sanzioni appropriate nei confronti di
chiunque aiuti o tenti di aiutare, a scopo di lucro, uno straniero ad entrare o
a soggiornare nel territorio di una Parte contraente in violazione della
legislazione di detta Parte contraente relativa all’ingresso ed al soggiorno
degli stranieri.
2. Qualora una Parte
contraente venga informata di fatti indicati nel paragrafo 1 che costituiscono
una violazione della legislazione di un’altra Parte contraente, essa ne informa
quest’ultima.
3. La Parte contraente la cui
legislazione è stata violata e che chiede ad un’altra Parte contraente di
perseguire i fatti indicati nel paragrafo 1, dovrà comprovare, mediante
denuncia ufficiale o attestazione delle autorità competenti, le disposizioni
legislative violate».
La direttiva 2001/51/CE
9 I
considerando 2 e 4 della direttiva 2001/51/CE del Consiglio, del 28 giugno
2001, che integra le disposizioni dell’articolo 26 della convenzione di
applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 (GU 2001, L 187,
pag. 45), così recitano:
«(2) La
presente misura rientra in un dispositivo globale di controllo dei flussi
migratori e di lotta contro l’immigrazione clandestina.
(...)
(4) È
necessario non pregiudicare la libertà degli Stati membri di mantenere o
introdurre misure o sanzioni supplementari per i vettori, che siano interessati
o meno dalla presente direttiva».
La direttiva 2002/90
10 I
considerando da 1 a 4 della direttiva 2002/90 così recitano:
«(1) Uno degli
obiettivi che l’Unione europea si prefigge è l’istituzione progressiva di uno
spazio di libertà, sicurezza e giustizia che implica, in particolare, la lotta
all’immigrazione clandestina.
(2) Occorre
pertanto adottare misure volte a combattere l’attività di favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina, tanto se correlata all’attraversamento illegale
della frontiera in senso stretto quanto se perpetrata allo scopo di alimentare
le reti di sfruttamento di esseri umani.
(3) In tale
prospettiva, è essenziale pervenire ad un ravvicinamento delle disposizioni
giuridiche vigenti, in particolare, da un lato, la definizione precisa dell’illecito
e delle relative circostanze esimenti oggetto della presente direttiva e,
dall’altro, le regole minime per le sanzioni previste, la responsabilità delle
persone giuridiche e la competenza giurisdizionale, oggetto della decisione
quadro 2002/946/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2002, intesa a rafforzare il
quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell’ingresso, del
transito e del soggiorno illegali [(GU 2002, L 328, pag. 1)].
(4) La
presente direttiva è volta a definire il favoreggiamento dell’immigrazione
clandestina e a rendere pertanto più efficace l’applicazione della decisione
quadro [2002/946] al fine di reprimere tale reato».
11 L’articolo
1 della direttiva 2002/90, rubricato «Comportamenti illeciti», al paragrafo 1
dispone quanto segue:
«Ciascuno Stato membro adotta sanzioni appropriate:
a) nei
confronti di chiunque intenzionalmente aiuti una persona che non sia cittadino
di uno Stato membro ad entrare o a transitare nel territorio di uno Stato
membro in violazione della legislazione di detto Stato relativa all’ingresso o
al transito degli stranieri;
b) nei
confronti di chiunque intenzionalmente aiuti, a scopo di lucro, una persona che
non sia cittadino di uno Stato membro a soggiornare nel territorio di uno Stato
membro in violazione della legislazione di detto Stato relativa al soggiorno
degli stranieri».
12 L’articolo
2 di tale direttiva, intitolato «Istigazione, concorso e tentativo», così
recita:
«Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché
le sanzioni di cui all’articolo 1 siano parimenti applicabili a chiunque
a) sia
l’istigatore di, o
b) si renda
complice di [uno degli illeciti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettere a)
o b)] (…)
(...)».
13 L’articolo
3 di tale direttiva, intitolato «Sanzioni», prevede che ciascuno Stato membro
adotti le misure necessarie affinché i comportamenti di cui agli articoli 1 e 2
siano soggetti a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive.
Decisione quadro 2002/946
14 L’articolo
1 della decisione quadro 2002/946 prevede quanto segue:
«1. Ciascuno Stato
membro adotta le misure necessarie affinché gli illeciti definiti negli
articoli 1 e 2 della direttiva [2002/90] siano passibili di sanzioni penali
effettive, proporzionate e dissuasive che possono comportare l’estradizione.
2. Se del caso, le
sanzioni penali di cui al paragrafo 1 possono essere accompagnate dalle
seguenti misure:
– la
confisca del mezzo di trasporto utilizzato per commettere il reato,
– il
divieto di esercitare direttamente o per interposta persona l’attività
professionale esercitata in occasione della commissione del reato,
(...)».
15 L’articolo
2 di detta decisione quadro, intitolato «Responsabilità delle persone
giuridiche», così dispone:
«1. Ciascuno Stato
membro adotta le misure necessarie per garantire che le persone giuridiche
possano essere dichiarate responsabili degli illeciti di cui all’articolo 1,
paragrafo 1, perpetrati per loro conto da qualsiasi persona che agisca individualmente
o in quanto parte di un organo della persona giuridica in cui detenga una
posizione dominante, (...)
2. Oltre ai casi già
previsti al paragrafo 1, ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per
garantire che le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili
quando la carenza di sorveglianza o controllo da parte del soggetto di cui al
paragrafo 1 abbia reso possibile la perpetuazione degli illeciti di cui
all’articolo 1, paragrafo 1, per conto della persona giuridica da parte di una
persona soggetta alla sua autorità.
3. La responsabilità
delle persone giuridiche a norma dei paragrafi 1 e 2, non esclude l’azione
penale contro le persone fisiche che siano autori, istigatori o complici dei
reati di cui al paragrafo 1».
16 Ai
sensi dell’articolo 3 della stessa decisione quadro, intitolato «Sanzioni per
le persone giuridiche»:
«1. Ciascuno Stato
membro adotta le misure necessarie per garantire che la persona giuridica
dichiarata responsabile ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, sia passibile di
sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive comprendenti sanzioni di natura
penale o non penale ed eventualmente altre sanzioni (...)
2. Ciascuno Stato
membro adotta le misure necessarie per garantire che la persona giuridica
dichiarata responsabile ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, sia passibile di
sanzioni o di misure effettive, proporzionate e dissuasive».
Il regolamento n. 562/2006
17 Il
regolamento n. 562/2006, applicabile all’epoca dei fatti di cui al
procedimento principale, è stato abrogato e sostituito dal regolamento (UE)
2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che
istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle
frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2016,
L 77, pag. 1).
18 Ai
sensi dell’articolo 2, punti 9, 11 e 14, del regolamento n. 562/2006:
«Ai fini del presente regolamento si intende per:
(...)
9) “controllo
di frontiera”: l’attività svolta alla frontiera, in conformità e per gli
effetti del presente regolamento, in risposta esclusivamente all’intenzione di
attraversare la frontiera o al suo effettivo attraversamento e
indipendentemente da qualunque altra ragione, e che consiste in verifiche di
frontiera e nella sorveglianza di frontiera;
10) “verifiche
di frontiera”: le verifiche effettuate ai valichi di frontiera al fine di
accertare che le persone, compresi i loro mezzi di trasporto e gli oggetti in
loro possesso, possano essere autorizzati ad entrare nel territorio degli Stati
membri o autorizzati a lasciarlo;
11) “sorveglianza
di frontiera”: la sorveglianza delle frontiere tra i valichi di frontiera e la
sorveglianza dei valichi di frontiera al di fuori degli orari di apertura
stabiliti, allo scopo di evitare che le persone eludano le verifiche di
frontiera;
(...)
14) “vettore”:
ogni persona fisica o giuridica che trasporta persone a titolo professionale».
19 L’articolo
5 del regolamento medesimo, intitolato «Condizioni d’ingresso per i cittadini
di paesi terzi», al paragrafo 1, prevedeva quanto segue:
«Per soggiorni previsti nel territorio degli Stati
membri, la cui durata non sia superiore a 90 giorni su un periodo di 180
giorni, il che comporta di prendere in considerazione il periodo di 180 giorni
che precede ogni giorno di soggiorno, le condizioni d’ingresso per i cittadini
di paesi terzi sono le seguenti:
a) essere in
possesso di un documento di viaggio valido che autorizza il titolare ad
attraversare la frontiera che soddisfi i seguenti criteri:
i) la validità
è di almeno tre mesi dopo la data prevista per la partenza dal territorio degli
Stati membri. In casi di emergenza giustificati, è possibile derogare a tale
obbligo;
ii) è stato
rilasciato nel corso dei dieci anni precedenti;
b) essere in
possesso di un visto valido, se richiesto (...), salvo che si sia in possesso
di un permesso di soggiorno valido o di un visto per soggiorni di lunga durata
in corso di validità;
(...)».
20 L’articolo
20 del regolamento n. 562/2006, rubricato «Attraversamento delle frontiere
interne», così disponeva:
«Le frontiere interne possono essere attraversate in
qualunque punto senza che sia effettuata una verifica di frontiera sulle
persone, indipendentemente dalla loro nazionalità».
21 L’articolo
21 di tale regolamento, rubricato «Verifiche all’interno del territorio», era
così formulato:
«La soppressione del controllo di frontiera alle
frontiere interne non pregiudica:
a) l’esercizio
delle competenze di polizia da parte delle autorità competenti degli Stati
membri in forza della legislazione nazionale, nella misura in cui l’esercizio
di queste competenze non abbia effetto equivalente alle verifiche di frontiera;
ciò vale anche nelle zone di frontiera. Ai sensi della prima frase, l’esercizio
delle competenze di polizia può non essere considerato equivalente, in
particolare, all’esercizio delle verifiche di frontiera quando le misure di
polizia:
i) non hanno
come obiettivo il controllo di frontiera;
ii) si basano
su informazioni e l’esperienza generali di polizia quanto a possibili minacce
per la sicurezza pubblica e sono volte, in particolare, alla lotta contro la
criminalità transfrontaliera;
iii) sono
ideate ed eseguite in maniera chiaramente distinta dalle verifiche sistematiche
sulle persone alle frontiere esterne;
iv) sono
effettuate sulla base di verifiche a campione;
b) il
controllo di sicurezza sulle persone effettuato nei porti o aeroporti dalle
autorità competenti in forza della legislazione di ciascuno Stato membro, dai
responsabili portuali o aeroportuali o dai vettori, sempreché tale controllo
venga effettuato anche sulle persone che viaggiano all’interno di uno Stato
membro;
c) la
possibilità per uno Stato membro di prevedere nella legislazione nazionale
l’obbligo di possedere o di portare con sé documenti d’identità;
d) la
possibilità per uno Stato membro di prevedere nel diritto nazionale l’obbligo
per i cittadini di paesi terzi di dichiarare la loro presenza sul suo territorio
ai sensi dell’articolo 22 della [CAAS]».
Diritto tedesco
22 L’articolo
13 del Gesetz über den Aufenthalt, die Erwerbstätigkeit und die Integration von
Ausländern im Bundesgebiet (legge in materia di soggiorno, occupazione e
integrazione dei cittadini stranieri nel territorio federale), del 30 luglio
2004 (BGBl. 2004 I, pag. 1950), nella versione applicabile ai fatti di cui
al procedimento principale (in prosieguo: l’«AufenthG»), intitolato
«Attraversamento delle frontiere», impone, al paragrafo 1, l’obbligo per ogni
straniero di essere munito, all’atto dell’ingresso o dell’uscita dal territorio
nazionale, di un passaporto riconosciuto e in corso di validità o di un
documento sostitutivo di passaporto e di sottoporsi al controllo di polizia del
traffico transfrontaliero.
23 L’articolo
63 dell’AufenthG, intitolato «Obblighi delle imprese di trasporto», così
dispone:
«1. Un vettore può
trasportare stranieri nel territorio federale tedesco soltanto se questi siano
in possesso del passaporto e del titolo di soggiorno necessari.
2. Il Ministero
federale dell’Interno o l’autorità dal medesimo nominata, di concerto con il
Ministero federale dei Trasporti e delle Infrastrutture digitali, può vietare a
un vettore di trasportare stranieri nel territorio della Repubblica federale di
Germania in violazione del paragrafo 1 a pena di una sanzione pecuniaria nei
confronti dell’impresa interessata in caso di violazione. (...)
3. L’importo delle
sanzioni pecuniarie inflitte al vettore è compreso tra un minimo di
EUR 1 000 e un massimo di EUR 5 000 per straniero
trasportato da detta impresa in violazione di un provvedimento adottato
conformemente al paragrafo 2. (...)
4. Il Ministero
federale dell’Interno o l’autorità dal medesimo nominata può concordare con
alcuni vettori regole volte a dare attuazione all’obbligo di cui al paragrafo
1».
24 Il
punto 63, paragrafi 1 e 2, dell’Allgemeine Verwaltungsvorschrift zum
Aufenthaltsgesetz (disposizioni amministrative generali relative alla legge sul
soggiorno degli stranieri), del 26 ottobre 2009 (GMBl. 2009, pag. 878), è
redatto come segue:
«63.1 Obblighi di controllo e di sicurezza
63.1.1 [L’articolo 63 dell’AufenthG] vieta ai vettori di
trasportare verso il territorio della Repubblica federale di Germania stranieri
sprovvisti dei documenti di viaggio richiesti. Il divieto concerne sia i
trasporti per via aerea e marittima, sia i trasporti per via terrestre, ad
eccezione del traffico ferroviario transfrontaliero. (...) Il divieto legale di
trasportare stranieri verso il territorio della Repubblica federale di Germania
qualora questi ultimi non siano muniti del passaporto o del visto richiesti a
motivo della loro nazionalità comporta, allo stesso tempo, l’obbligo del
vettore di controllare adeguatamente il passaporto e il visto. L’obbligo di
controllo mira a garantire che lo straniero soddisfi i requisiti sanciti
all’articolo 13, paragrafo 1, per attraversare la frontiera. (...)
(...)
63.1.3.1 L’obbligo di controllo previsto all’articolo
63, paragrafo 1, impone al vettore di verificare se lo straniero sia munito dei
documenti richiesti (...)
63.2 Divieto di trasporto e sanzione pecuniaria
63.2.0 Il divieto di trasporto, nonché la minaccia, la
fissazione e l’esecuzione di sanzioni pecuniarie sono diretti a costringere il
vettore a controllare in tutti i casi il rispetto dell’obbligo di possesso del
passaporto e del visto».
Procedimenti principali e questioni pregiudiziali
25 Le
imprese di trasporto di cui trattasi offrono viaggi in autobus e gestiscono, in
particolare, servizi di linea con destinazione la Germania che attraversano
le frontiere germano-olandese e germano-belga.
26 Ritenendo
che tali imprese avessero trasportato verso la Germania un ingente
numero di cittadini di paesi terzi sprovvisti dei documenti di viaggio
richiesti, in violazione dell’articolo 63, paragrafo 1, dell’AufenthG, la
direzione della polizia federale ha loro trasmesso, rispettivamente, nel mese
di novembre 2013 e nel mese di marzo 2014, un «avvertimento» in cui elencava i
casi di trasporto non autorizzato e annunciava l’adozione di una decisione di
divieto, in caso di prosecuzione dell’illecito, in applicazione dell’articolo
63, paragrafo 2, dell’AufenthG.
27 Successivamente,
avendo constatato la persistenza del comportamento illecito da parte dei
vettori, la direzione della polizia federale ha adottato siffatte decisioni di
divieto, rispettivamente il 26 settembre 2014 e il 18 novembre 2014, le quali
erano accompagnate da una sanzione pecuniaria dell’importo di
EUR 1 000 per ogni nuova violazione.
28 Secondo
tali decisioni, i vettori di cui trattasi erano tenuti, ai sensi dell’articolo
63, paragrafo 1, dell’AufenthG, a fare tutto il possibile per impedire
l’ingresso nel territorio tedesco di ogni straniero sprovvisto dei documenti di
viaggio richiesti. A tal fine, i vettori medesimi sarebbero tenuti a verificare
detti documenti all’atto del controllo dei biglietti al momento della salita
dei passeggeri nell’autobus e dovrebbero negare l’accesso ai cittadini di paesi
terzi sprovvisti dei documenti di viaggio richiesti.
29 Adito
dai vettori di cui trattasi con ricorsi avverso tali decisioni, il
Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo, Germania) ha annullato le
medesime, considerando, in sostanza, che, tenuto conto del primato del diritto
dell’Unione, l’articolo 63, paragrafo 2, dell’AufenthG doveva restare
disapplicato, poiché la sua applicazione nei confronti delle imprese che
trasportano cittadini di paesi terzi diretti in Germania attraversando una
frontiera interna allo spazio Schengen era in contrasto con l’articolo 67,
paragrafo 2, TFUE nonché con gli articoli 20 e 21 del regolamento
n. 562/2006. Infatti, i controlli imposti a dette imprese dovrebbero
essere qualificati come misure aventi «effetto equivalente alle verifiche di
frontiera», ai sensi dell’articolo 21 del regolamento n. 562/2006, in
considerazione, in particolare, della loro sistematicità e del fatto che
dovrebbero essere effettuate ancor prima dell’attraversamento della frontiera.
30 Avverso
tale sentenza la Repubblica
federale di Germania ha proposto ricorso per
Revision dinanzi al giudice
del rinvio, il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale,
Germania), sostenendo, segnatamente, che il diritto dell’Unione e, in
particolare, la direttiva 2002/90 nonché la decisione quadro 2002/946, che
rappresenterebbero disposizioni speciali rispetto a quelle previste dal
regolamento n. 562/2006, impone di sanzionare violazioni di divieti di
trasporto, come quelli previsti all’articolo 63 dell’AufenthG.
31 In
ogni caso, secondo la
Repubblica federale di Germania, il controllo dei documenti
di viaggio imposto dalla disposizione di diritto nazionale in parola non può
essere qualificato come una misura avente «effetto equivalente alle verifiche
di frontiera», ai sensi dell’articolo 21, lettera a), del regolamento
n. 562/2006. Infatti, l’obiettivo perseguito sarebbe non già il controllo
dell’attraversamento della frontiera, bensì il rispetto delle disposizioni
relative all’ingresso nel territorio. Peraltro, atteso che tali controlli sono
effettuati non già da pubblici agenti, bensì da personale privato, essi non
sarebbero approfonditi come quelli realizzati alle frontiere. Pertanto, tale
personale non avrebbe la possibilità di fare ricorso a misure coercitive o di
ricerca in caso di rifiuto degli interessati di sottoporsi a tale tipo di
controllo.
32 In
tali circostanze, il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale)
ha deciso di sospendere i procedimenti e di sottoporre alla Corte le seguenti
questioni pregiudiziali, formulate in termini identici nelle cause C‑412/17 e C‑474/17:
«1) Se
l’articolo 67, paragrafo 2, TFUE e gli articoli [20 e 21] del regolamento [n.
562/2006] ostino alla normativa nazionale di uno Stato membro la quale, in
definitiva, obblighi le imprese di trasporto di passeggeri a mezzo autobus, che
prestino servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen,
a procedere nei confronti dei propri passeggeri, prima di varcare una frontiera
interna, al controllo dei documenti necessari per l’attraversamento della
frontiera medesima, al fine di impedire il trasporto di stranieri privi di
passaporto e di titolo di soggiorno nel territorio della Repubblica federale di
Germania.
In particolare:
a) Se
l’obbligo generale imposto ex lege o l’obbligo amministrativo rivolto a singoli
vettori di negare il trasporto verso il territorio federale tedesco a stranieri
privi del passaporto o del titolo di soggiorno necessari, obbligo che può
essere adempiuto dai vettori unicamente procedendo, prima di varcare la
frontiera interna, al controllo, presso tutti i passeggeri, dei documenti
necessari per l’attraversamento della frontiera medesima, costituisca una
verifica sulle persone alle frontiere interne ai sensi dell’articolo [20] del
regolamento [n. 562/2006] ovvero a questa equivalente.
b) Se
l’imposizione degli obblighi di cui al punto 1) debba essere valutata in base
all’articolo [21], lettera a), del regolamento [n. 562/2006], benché i vettori
non esercitino “competenze di polizia” ai sensi della disposizione di cui
trattasi e benché l’imposizione, da parte dello Stato, di procedere ai
controlli in questione non implichi, neppure formalmente, una delega
all’esercizio di poteri pubblici.
c) In caso di
risposta affermativa alla prima questione, lettera b): se, tenuto conto dei
criteri di cui all’articolo [21], lettera a), secondo periodo, del [regolamento
n. 562/2006], i controlli imposti ai vettori integrino un’inammissibile
misura di effetto equivalente alle verifiche di frontiera.
d) Se
l’imposizione degli obblighi di cui al punto 1), laddove riguardino imprese di
trasporto di passeggeri a mezzo autobus che prestino servizio di linea, debba
essere valutata in base all’articolo [21], lettera b), del regolamento [n.
562/2006, secondo cui il potere attribuito ai vettori di effettuare controlli
di sicurezza sulle persone nei porti o aeroporti non pregiudica il divieto di
controlli di frontiera alle frontiere interne. Se ciò implichi
l’inammissibilità dei controlli ai sensi della prima questione anche al di
fuori di porti e aeroporti ove non costituiscano controlli di sicurezza e non
vengano effettuati anche sulle persone che viaggiano all’interno dello Stato
membro.
2) Se gli articoli
[20] e [21] del regolamento [n. 562/2006] consentano la sussistenza di
disposizioni nazionali che, ai fini del rispetto degli obblighi [di controllo
di cui al punto 1], permettano di emanare nei confronti di un’impresa di
trasporto di passeggeri a mezzo autobus provvedimenti di divieto corredati
della minaccia di sanzioni pecuniarie nel caso in cui, per effetto di omesso
controllo, siano stati trasportati verso il territorio della Repubblica
federale di Germania anche stranieri privi di passaporto e di titolo di
soggiorno».
33 Con
decisione del 24 aprile 2018, il presidente della Corte ha disposto la riunione
delle cause C‑412/17 e C‑474/17 ai fini della fase scritta e orale del
procedimento nonché della sentenza.
Sulle questioni pregiudiziali
34 Con
le sue due questioni in ciascuna delle cause riunite, che occorre esaminare
congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 67,
paragrafo 2, TFUE, nonché gli articoli 20 e 21 del regolamento n. 562/2006
debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato
membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che obblighi
qualsiasi impresa di trasporto a mezzo autobus che offra un servizio di linea
transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen con destinazione il
territorio di tale Stato membro a controllare il passaporto e il titolo di
soggiorno dei passeggeri prima dell’attraversamento di una frontiera interna,
onde evitare il trasporto di cittadini di paesi terzi sprovvisti di tali
documenti di viaggio verso il territorio nazionale, e che consenta alle
autorità di polizia, al fine di far rispettare tale obbligo di controllo, di
adottare una decisione che vieti siffatti trasporti accompagnata da una
minaccia di sanzioni pecuniarie nei confronti delle imprese di trasporto in
capo alle quali sia stato accertato che hanno trasportato in tale territorio
cittadini di paesi terzi sprovvisti di detti documenti di viaggio.
35 In
limine, per quanto riguarda la portata delle questioni pregiudiziali, si deve
osservare che esse si limitano a un esame del sistema dell’articolo 63
dell’AufenthG alla luce dell’articolo 67, paragrafo 2, TFUE, nonché degli
articoli 20 e 21 del regolamento n. 562/2006.
36 Orbene,
si deve rilevare che la Repubblica
federale di Germania, in qualità di parte nei procedimenti principali, ha
sostenuto, sia nelle proprie osservazioni scritte sia in udienza dinanzi alla
Corte, che l’obbligo di controllo, a pena di sanzione pecuniaria, a carico dei
vettori ai sensi dell’articolo 63 dell’AufenthG non è contrario al diritto
dell’Unione. Infatti, talune disposizioni della direttiva 2002/90, della
decisione quadro 2002/946, del protocollo addizionale e della direttiva 2001/51
imporrebbero agli Stati membri di porre a carico dei vettori di persone
obblighi di controllo come quelli previsti all’articolo 63 dell’AufenthG nonché
sanzioni appropriate nei confronti dei vettori che intenzionalmente aiutino un
cittadino di un paese terzo a entrare nel territorio di uno Stato membro, a
transitare nel territorio dello Stato stesso o a soggiornarvi illegalmente.
37 Tuttavia,
dalle domande di pronuncia pregiudiziale risulta che il giudice del rinvio, in
risposta a tale argomento già dedotto dinanzi ad esso dalla Repubblica federale
di Germania a sostegno del proprio ricorso per
Revision, ha
espressamente indicato di non necessitare di chiarimenti riguardo all’eventuale
incidenza della direttiva 2002/90, della decisione quadro 2002/946 e della
direttiva 2001/51 sulla risposta da fornire alle questioni sollevate,
precisando al contempo i motivi per i quali era di tale avviso.
38 Pertanto,
si deve rilevare che, nelle questioni pregiudiziali, il giudice del rinvio non
ha fatto riferimento ad alcuno di questi tre atti del diritto dell’Unione né,
del resto, al protocollo addizionale.
39 A
tale riguardo, occorre ricordare che spetta unicamente al giudice del rinvio
determinare e formulare le questioni pregiudiziali vertenti
sull’interpretazione del diritto dell’Unione che sono necessarie ai fini della
risoluzione della controversia oggetto del procedimento principale (sentenza
del 18 luglio 2013, Consiglio Nazionale dei Geologi, C‑136/12, EU:C:2013:489,
punto 31).
40 Così,
se è pur vero che detto giudice è libero di invitare le parti della lite
dinanzi ad esso pendente a suggerire formulazioni che possano essere utilizzate
nella redazione dei quesiti pregiudiziali, resta tuttavia il fatto che è
solamente al giudice medesimo che spetta decidere, in ultima analisi, tanto
sulla forma quanto sul contenuto dei quesiti stessi (sentenza del 21 luglio
2011, Kelly, C‑104/10, EU:C:2011:506, punto 65).
41 Dalla
giurisprudenza della Corte risulta altresì che, se il giudice del rinvio ha
espressamente indicato nella sua decisione di rinvio che non ha ritenuto
necessario sottoporre una questione o se ha implicitamente rifiutato
d’interpellare la Corte
su una questione sollevata da una delle parti, la Corte non può rispondere a
tale questione né prenderla in considerazione nell’ambito del rinvio
pregiudiziale (v., in tal senso, sentenze del 5 ottobre 1988, Alsatel, 247/86,
EU:C:1988:469, punto 8; del 2 giugno 1994, AC-ATEL Electronics Vertriebs, C‑30/93,
EU:C:1994:224, punto 19, e del 26 settembre 2000, Engelbrecht, C 262/97,
EU:C:2000:492, punti 21 e 22).
42 In
tali circostanze, nella specie la
Corte non può estendere l’oggetto delle questioni sollevate
esaminandole non già esclusivamente alla luce degli articoli 20 e 21 del
regolamento n. 562/2006, bensì anche alla luce delle disposizioni della
direttiva 2002/90, della decisione quadro 2002/946 e della direttiva 2001/51.
43 Peraltro,
si può rilevare che, anche ammettendo che, in presenza di talune condizioni,
uno Stato membro possa, in linea di principio, essere tenuto, in forza di
alcune delle disposizioni di tali tre atti o di disposizioni del protocollo
addizionale, ad imporre, a pena di sanzioni, segnatamente penali, alle imprese
che trasportino a mezzo autobus cittadini di paesi terzi verso il territorio di
tale Stato membro un obbligo di controllo dei documenti di viaggio di cui
questi debbano essere muniti, tale obbligo deve essere attuato nell’ambito del
codice frontiere Schengen, nella sua versione risultante dal regolamento
n. 562/2006.
44 Per
quanto riguarda il merito delle questioni sollevate e, pertanto, la
compatibilità di una disposizione di diritto nazionale, quale l’articolo 63
dell’AufenthG, con le disposizioni del regolamento n. 562/2006, si deve
rilevare che questa non deve essere esaminata alla luce dell’articolo 20 del
regolamento n. 562/2006.
45 Infatti,
dalla giurisprudenza della Corte risulta che, poiché i controlli di cui
trattasi nel procedimento principale sono effettuati non già «alle frontiere» o
«al momento dell’attraversamento della frontiera», bensì, in linea di
principio, all’interno del territorio di uno Stato membro, nella specie quello
in cui i viaggiatori salgono sull’autobus all’inizio del viaggio
transfrontaliero, tali controlli costituiscono non già verifiche di frontiera,
vietate dall’articolo 20 del regolamento n. 562/2006, bensì verifiche
all’interno del territorio di uno Stato membro, di cui all’articolo 21 di detto
regolamento (v., per analogia, sentenze del 22 giugno 2010, Melki e Abdeli, C‑188/10
e C‑189/10, EU:C:2010:363, punto 68, e del 19 luglio 2012, Adil, C‑278/12 PPU,
EU:C:2012:508, punto 56).
46 Occorre
quindi esaminare se controlli all’interno del territorio di uno Stato membro,
come quelli ideati ed eseguiti ai sensi dell’articolo 63 dell’AufenthG, siano
vietati in forza dell’articolo 21, lettera a), del regolamento
n. 562/2006. Ciò avverrebbe se detti controlli avessero, in realtà, un
effetto equivalente alle verifiche di frontiera, ai sensi di quest’ultima
disposizione (v., per analogia, sentenza del 19 luglio 2012, Adil, C‑278/12 PPU,
EU:C:2012:508, punto 57).
47 Tuttavia,
prima di procedere a tale esame, si pone la questione preliminare
dell’applicabilità dell’articolo 21, lettera a), del regolamento
n. 562/2006 a controlli come quelli di cui trattasi nel procedimento
principale, in quanto questi ultimi devono essere effettuati non già dalle
autorità di polizia o equiparate, bensì dal personale impiegato da vettori di
diritto privato che non dispone di poteri pubblici, mentre il menzionato
articolo 21, lettera a), si riferisce all’«esercizio delle competenze di
polizia da parte delle autorità competenti degli Stati membri in forza della
legislazione nazionale» e alle «misure di polizia».
48 A
tale riguardo, occorre rilevare che, nella specie, il controllo dei documenti
di viaggio posto a carico dei vettori di cui trattasi è imposto sia a titolo
dell’obbligo legale generale previsto all’articolo 63, paragrafo 1,
dell’AufenthG sia dell’obbligo legale specifico derivante dalle decisioni, a
pena di sanzione pecuniaria, adottate nei loro confronti dalla direzione della
polizia federale ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 2, dell’AufenthG.
49 Sono
quindi le autorità competenti dello Stato membro interessato che, in forza del
diritto nazionale, impongono alle imprese di trasporto di effettuare, se del
caso a pena di sanzione pecuniaria, i controlli di documenti di viaggio
solitamente effettuati da autorità di polizia o equiparate. Pertanto, sebbene
tali imprese non dispongano di poteri pubblici, effettuano tali controlli per
ordine e sotto il controllo delle autorità dotate di siffatti poteri.
50 Controlli
di tal genere, ancorché effettuati da vettori, ricadono, pertanto,
nell’articolo 21, lettera a), del regolamento n. 562/2006. Se così non
fosse, tale disposizione potrebbe essere, d’altronde, facilmente aggirata e il
suo effetto utile ne sarebbe compromesso.
51 Per
quanto riguarda il menzionato articolo 21, lettera a), occorre ricordare, in
primo luogo, che la Corte
ha già avuto modo di dichiarare che tale disposizione non può essere
interpretata nel senso che stabilisca una condizione con la quale si richieda
che i controlli di polizia in una zona di frontiera siano identici quanto a
modalità e obiettivi a quelli effettuati sull’intero territorio nazionale. Tale
interpretazione è avvalorata dal fatto, da un lato, che la proposta della
Commissione europea diretta a introdurre una siffatta condizione non è stata
accolta dal legislatore dell’Unione e, dall’altro, che essa è, invece,
espressamente prevista all’articolo 21, lettera b), di tale regolamento, nel
caso di controlli di sicurezza effettuati nei porti e negli aeroporti,
controlli che sono autorizzati soltanto se effettuati anche sulle persone che
viaggiano all’interno di uno Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 19
luglio 2012, Adil, C 278/12 PPU, EU:C:2012:508, punto 73).
52 Ne
consegue altresì, in risposta alla prima questione, lettera d), sollevata dal
giudice del rinvio, che, sebbene l’articolo 21, lettera b), del regolamento
n. 562/2006 contempli espressamente i «vettori», non si può desumere da
una lettura a contrario di tale disposizione che controlli del genere di quelli
effettuati ai sensi dell’articolo 63 dell’AufenthG siano vietati per il solo
fatto che non soddisfino le condizioni poste da tale disposizione e che non si
tratti, quindi, né di controlli di sicurezza effettuati in porti e in aeroporti
né di controlli che riguardano anche persone che viaggiano all’interno dello
Stato membro interessato.
53 Infatti,
come risulta, in particolare, dalla giurisprudenza della Corte richiamata al
punto 51 della presente sentenza, le disposizioni dell’articolo 21, lettera a),
del regolamento n. 562/2006 e quelle dell’articolo 21, lettera b), dello
stesso regolamento hanno un ambito di applicazione e condizioni di applicazione
specifiche.
54 In
secondo luogo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che gli indizi elencati
all’articolo 21, lettera a), seconda frase, del regolamento n. 562/2006
costituiscono altrettante indicazioni dell’esistenza di un effetto equivalente
alle verifiche di frontiera. In presenza di alcuni di tali indizi, i controlli
di cui trattasi sono autorizzati soltanto se il loro esercizio sia
circoscritto, nella normativa nazionale che li stabilisce, da precisazioni e
limitazioni, esse stesse sufficientemente precise e dettagliate, riguardo
all’intensità, alla frequenza e alla selettività dei controlli stessi. Così,
quanto più numerosi sono gli indizi cui tale normativa nazionale risponde,
riguardo all’obiettivo perseguito dai controlli eseguiti in una zona di
frontiera, al loro ambito di applicazione territoriale e all’esistenza di una
distinzione tra il fondamento dei controlli medesimi e quello dei controlli
eseguiti nel resto del territorio dello Stato membro di cui trattasi, tanto più
tali precisazioni e limitazioni devono essere rigide e rigidamente rispettate
(v., in tal senso, sentenza del 21 giugno 2017, A, C‑9/16, EU:C:2017:483, punti
da 38 a 41).
55 Per
quanto concerne, nella specie, l’esame dell’articolo 63, paragrafo 2,
dell’AufenthG alla luce, in primo luogo, all’indizio di cui all’articolo 21,
lettera a), seconda frase, i), del regolamento n. 562/2006, secondo cui
l’esercizio delle competenze di polizia non può essere considerato «equivalente
(…) all’esercizio delle verifiche di frontiera» in particolare se i controlli
previsti da tale normativa nazionale «non hanno come obiettivo il controllo di
frontiera», la Corte
ha già avuto modo di dichiarare che dall’articolo 2, punti da 9 a 11, del regolamento
medesimo emerge che tale obiettivo è volto, da un lato, ad accertare che le
persone possano essere autorizzate a entrare nel territorio dello Stato membro
o autorizzate a lasciarlo, e, dall’altro, a evitare che le persone eludano le
verifiche di frontiera. Si tratta di controlli che possono essere eseguiti
sistematicamente (sentenza del 19 luglio 2012, Adil, C‑278/12 PPU,
EU:C:2012:508, punto 61).
56 Orbene,
dalle disposizioni amministrative generali relative alla legge sul soggiorno
degli stranieri risulta che l’obbligo di controllo dei documenti di viaggio
derivante dall’articolo 63, paragrafo 1, dell’AufenthG mira a garantire che il
cittadino di paese terzo interessato «soddisfi i requisiti sanciti all’articolo
13, paragrafo 1[, dell’AufenthG] per attraversare la frontiera».
57 Tale
articolo 13, intitolato «Attraversamento delle frontiere», prevede, al
paragrafo 1, l’obbligo per ogni straniero cittadino di un paese terzo di essere
munito di un passaporto riconosciuto e in corso di validità o di un documento
sostitutivo di passaporto al momento dell’ingresso o dell’uscita dal territorio
nazionale e di sottoporsi al controllo di polizia del traffico
transfrontaliero.
58 Si
deve quindi necessariamente rilevare che i controlli di cui trattasi nel
procedimento principale hanno come obiettivo il «controllo di frontiera», ai
sensi dell’articolo 21, lettera a), seconda frase, i), del regolamento
n. 562/2006, essendo diretti a verificare che le condizioni d’ingresso
negli Stati membri appartenenti allo spazio Schengen, di cui all’articolo 5,
paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 562/2006 siano
soddisfatte per quanto riguarda i documenti di viaggio richiesti, disposizione
riprodotta all’articolo 13, paragrafo 1, dell’AufenthG.
59 Come
altresì rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 85 delle sue conclusioni,
i controlli da effettuare ai sensi dell’articolo 63 dell’AufenthG sono dunque
unicamente finalizzati a garantire che le persone a bordo dell’autobus
interessato, che intendano attraversare la frontiera dello Stato membro di
destinazione, possano effettivamente essere autorizzate ad entrare nel
territorio di quest’ultimo. Il loro scopo è pertanto quello di impedire ai
passeggeri di raggiungere il territorio di tale Stato qualora non dispongano
dei documenti di viaggio richiesti, che è lo stesso scopo perseguito da
controlli svolti dalla polizia di frontiera all’atto dell’attraversamento delle
frontiere esterne.
60 In
secondo luogo, quanto all’esame dell’articolo 63, paragrafo 2, dell’AufenthG in
relazione all’indizio di cui all’articolo 21, lettera a), seconda frase, ii),
del regolamento n. 562/2006, si può ritenere che i controlli imposti da
decisioni adottate ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 2, dell’AufenthG a
vettori che gestiscano talune linee di autobus transfrontaliere si fondino su
informazioni generali e sull’esperienza dei servizi di polizia in relazione a
eventuali minacce per l’ordine pubblico, atteso che tali decisioni sono state
adottate a seguito della trasmissione di un avvertimento ai vettori
interessati, motivato dall’accertamento dell’ingresso, nel territorio tedesco,
di stranieri sprovvisti dei documenti di viaggio richiesti utilizzando talune
linee di autobus gestite dai vettori medesimi.
61 Per
contro, ciò non avviene nel caso dei controlli imposti sulla base dell’obbligo
previsto all’articolo 63, paragrafo 1, dell’AufenthG, poiché tale obbligo ha
carattere generale, che riguarda tutte le linee di autobus transfrontaliere,
indipendentemente dal comportamento delle persone interessate e da circostanze
che attestino l’esistenza di una minaccia per l’ordine pubblico (v., per
analogia, sentenza del 21 giugno 2017, A, C‑9/16, EU:C:2017:483, punto 55).
62 In
terzo luogo, per quanto riguarda l’indizio figurante all’articolo 21, lettera
a), seconda frase, iii) e iv), del regolamento n. 562/2006, è vero che il
controllo dei documenti di viaggio effettuato dal personale dei vettori ai
sensi dell’articolo 63 dell’AufenthG è, per sua stessa natura, meno approfondito
di quello effettuato dalla polizia, non da ultimo in considerazione del fatto
che tale personale non dispone né dell’esperienza, né delle risorse, ad
esempio, l’accesso a banche dati, né dei pubblici poteri della polizia o di
altre autorità equiparate. Così, da tale personale potrebbero essere accertate
soltanto falsificazioni palesi di passaporti.
63 Tuttavia,
come parimenti rilevato dal giudice del rinvio, dalla normativa nazionale di
cui trattasi nel procedimento principale risulta che tale controllo dei
documenti di viaggio deve essere effettuato sistematicamente nei confronti di
tutti i viaggiatori su tutte le linee di autobus transfrontaliere.
64 Infatti,
l’articolo 63, paragrafo 1, dell’AufenthG non contiene né precisazioni, né limitazioni
riguardo all’intensità, alla frequenza e alla selettività dei controlli da
effettuare in base a tale fondamento giuridico (v., per analogia, sentenza del
21 giugno 2017, A, C‑9/16, EU:C:2017:483, punti 57 e 59).
65 In
tali circostanze, è altresì pacifico che i controlli di cui trattasi nel
procedimento principale non sono effettuati sulla base di verifiche a campione.
66 In
quarto luogo, per quanto riguarda gli elementi che, come ricordato al punto 54
della presente sentenza, possono servire da indizi dell’esistenza di un effetto
equivalente alle verifiche di frontiera, in particolare quelli riguardanti
l’ambito di applicazione territoriale di tali controlli e la distinzione tra il
loro fondamento e quello dei controlli effettuati nel resto del territorio
tedesco, si deve rilevare che, come sostenuto dalla Commissione nelle proprie
osservazioni scritte, senza essere contraddetta al riguardo in udienza dinanzi
alla Corte, i controlli da effettuare in forza dell’articolo 63 dell’AufenthG sono
caratterizzati dal fatto che il loro evento generatore è proprio
l’attraversamento di una frontiera interna.
67 Tale
caratteristica fondamentale dei controlli di cui trattasi nei procedimenti
principali, rilevata parimenti dall’avvocato generale al paragrafo 85 delle sue
conclusioni, li distingue da quelli in esame in altre cause che hanno dato
luogo a sentenze della Corte vertenti sull’interpretazione dell’articolo 21,
lettera a), del regolamento n. 562/2006, più specificamente le sentenze
del 22 giugno 2010, Melki e Abdeli (C‑188/10 e C‑189/10, EU:C:2010:363), del 19
luglio 2012, Adil (C‑278/12 PPU, EU:C:2012:508) e del 21 giugno 2017, A (C‑9/16,
EU:C:2017:483), in cui si trattava di controlli di polizia in zone frontaliere
non oltre 20 o 30 chilometri da una frontiera interna dello spazio Schengen.
68 Orbene,
la circostanza che, nella specie, i controlli di cui trattasi nel procedimento
principale siano caratterizzati dal nesso particolarmente stretto esistente con
l’attraversamento di una frontiera interna, trattandosi proprio dell’evento
generatore dei controlli medesimi, è particolarmente rivelatrice di un «effetto
equivalente alle verifiche di frontiera», ai sensi dell’articolo 21, lettera
a), del regolamento n. 562/2006.
69 Ciò
è tanto più vero in quanto i controlli imposti ai sensi dell’articolo 63
dell’AufenthG e quelli effettuati nel resto del territorio tedesco poggiano su
basi giuridiche distinte, sebbene il secondo tipo di controllo possa riguardare
linee interne che coprono una distanza paragonabile ai tragitti
transfrontalieri oggetto del primo tipo di controllo. Conformemente alla
giurisprudenza ricordata al punto 54 della presente sentenza, una siffatta
circostanza deve essere presa in considerazione nell’ambito della valutazione
complessiva che esige la qualificazione di un sistema di controllo come misura
avente un «effetto equivalente alle verifiche di frontiera», ai sensi
dell’articolo 21, lettera a), del regolamento n. 562/2006.
70 Infatti,
come altresì rilevato dal giudice del rinvio, l’articolo 63 dell’AufenthG si
applica soltanto alle linee di trasporto a mezzo autobus che attraversano una
frontiera interna dello spazio Schengen e non riguarda quelle circoscritte
unicamente al territorio tedesco, le quali possono tuttavia presentare una
distanza pari o addirittura superiore a tali linee transfrontaliere.
71 In
tali circostanze, in considerazione della sussistenza di vari indizi di cui
all’articolo 21, lettera a), seconda frase, del regolamento n. 562/2006,
di una valutazione dell’importanza relativa dei medesimi nonché dell’assenza,
nella normativa nazionale in esame nel procedimento principale, di precisazioni
e di limitazioni sufficienti riguardo all’intensità, alla frequenza e alla
selettività dei controlli imposti ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1,
dell’AufenthG, siffatti controlli devono essere qualificati come misura avente
un «effetto equivalente alle verifiche di frontiera», vietata dall’articolo 21,
lettera a) prima frase, di tale regolamento.
72 Ne
deriva altresì che l’articolo 21, lettera a), del regolamento n. 562/2006
osta al meccanismo previsto all’articolo 63, paragrafo 2, dell’AufenthG nella
parte in cui quest’ultimo mira a sanzionare il mancato adempimento dell’obbligo
generale di controllo previsto all’articolo 63, paragrafo 1, dell’AufenthG
sotto forma di una decisione di divieto di trasporto accompagnata dalla
minaccia di imporre una sanzione pecuniaria. Un sistema sanzionatorio del
genere non è, infatti, compatibile con il menzionato articolo 21, lettera a),
essendo imposto per assicurare il rispetto di un obbligo di controllo che, a
sua volta, non è conforme a tale disposizione.
73 Alla
luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni
sollevate dichiarando che l’articolo 67, paragrafo 2, TFUE nonché l’articolo 21
del regolamento n. 562/2006 devono essere interpretati nel senso che
ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel
procedimento principale, che obblighi qualsiasi impresa di trasporto a mezzo
autobus che offra un servizio di linea transfrontaliero all’interno dello
spazio Schengen con destinazione il territorio di tale Stato membro a
controllare il passaporto e il titolo di soggiorno dei passeggeri prima
dell’attraversamento di una frontiera interna, onde evitare il trasporto di
cittadini di paesi terzi sprovvisti di tali documenti di viaggio verso il
territorio nazionale, e che consenta alle autorità di polizia, al fine di far
rispettare tale obbligo di controllo, di adottare una decisione che vieti
siffatti trasporti, accompagnata da una minaccia di sanzioni pecuniarie nei
confronti delle imprese di trasporto in capo alle quali sia stato accertato che
hanno trasportato in tale territorio cittadini di paesi terzi sprovvisti di
detti documenti di viaggio.
Sulle spese
74 Nei
confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce
un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire
sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni
alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione)
dichiara:
L’articolo 67, paragrafo 2, TFUE nonché
l’articolo 21 del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo
al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice
frontiere Schengen), come modificato dal regolamento (UE) n. 610/2013 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, devono essere
interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro, come
quella di cui trattasi nel procedimento principale, che obblighi qualsiasi
impresa di trasporto a mezzo autobus che offra un servizio di linea
transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen con destinazione il
territorio di tale Stato membro a controllare il passaporto e il titolo di
soggiorno dei passeggeri prima dell’attraversamento di una frontiera interna,
onde evitare il trasporto di cittadini di paesi terzi sprovvisti di tali
documenti di viaggio verso il territorio nazionale, e che consenta alle
autorità di polizia, al fine di far rispettare tale obbligo di controllo, di
adottare una decisione che vieti siffatti trasporti, accompagnata da una
minaccia di sanzioni pecuniarie nei confronti delle imprese di trasporto in
capo alle quali sia stato accertato che hanno trasportato in tale territorio
cittadini di paesi terzi sprovvisti di detti documenti di viaggio.
Dal sito http://curia.europa.eu