mercoledì 19 dicembre 2018



Circolare Ministero dell’Interno – Gabinetto del Ministro 18 dicembre 2018, n. 83774,  Decreto legge 4 ottobre 2018, n. 113,  Disposizioni  urgenti  in  materia  di  protezione  internazionale  e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno  e  l'organizzazione  e  il  funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e  la  destinazione  dei beni  sequestrati  e  confiscati   alla   criminalità  organizzata , convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132

 http://www.interno.gov.it/it/servizi-line/circolari/circolare-18-dicembre-2018-decreto-legge-4-ottobre-2018-n-113

martedì 18 dicembre 2018


Corte di Giustizia UE 13 dicembre 2018, (cause riunite) nn. C-412/17 e C-474/17,  Touring Tours und Travel

Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Regolamento (CE) n. 562/2006 – Codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) – Articoli 20 e 21 – Soppressione dei controlli alle frontiere interne dello spazio Schengen – Verifiche all’interno del territorio di uno Stato membro – Misure aventi effetto equivalente alle verifiche di frontiera – Normativa di uno Stato membro che impone a un operatore di viaggi in autobus che gestisce linee che attraversano frontiere interne dello spazio Schengen di controllare i passaporti e i titoli di soggiorno dei passeggeri – Sanzione – Minaccia di imporre una sanzione pecuniaria












L’articolo 67, paragrafo 2, TFUE nonché l’articolo 21 del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen), come modificato dal regolamento (UE) n. 610/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che obblighi qualsiasi impresa di trasporto a mezzo autobus che offra un servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen con destinazione il territorio di tale Stato membro a controllare il passaporto e il titolo di soggiorno dei passeggeri prima dell’attraversamento di una frontiera interna, onde evitare il trasporto di cittadini di paesi terzi sprovvisti di tali documenti di viaggio verso il territorio nazionale, e che consenta alle autorità di polizia, al fine di far rispettare tale obbligo di controllo, di adottare una decisione che vieti siffatti trasporti, accompagnata da una minaccia di sanzioni pecuniarie nei confronti delle imprese di trasporto in capo alle quali sia stato accertato che hanno trasportato in tale territorio cittadini di paesi terzi sprovvisti di detti documenti di viaggio.












Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
13 dicembre 2018
Nelle cause riunite C‑412/17 e C‑474/17,
aventi ad oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania) con decisioni del 1° giugno 2017, pervenute in cancelleria il 10 luglio 2017 (C‑412/17) e l’8 agosto 2017 (C‑474/17), nei procedimenti
Bundesrepublik Deutschland
contro
Touring Tours und Travel GmbH (C‑412/17),
Sociedad de Transportes SA (C‑474/17),
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta da J.–C. Bonichot, presidente della Prima Sezione, facente funzione di presidente della Seconda Sezione, A. Prechal (relatore), C. Toader, A. Rosas e M. Ilešič, giudici,
avvocato generale: Y. Bot
cancelliere: K. Malacek, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 giugno 2018,
considerate le osservazioni presentate:
–        per la Bundesrepublik Deutschland, da W. Roth, Rechtsanwalt;
–        per il governo tedesco, da S. Eisenberg e T. Henze, in qualità di agenti;
–        per la Commissione europea, da C. Cattabriga e G. Wils, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 6 settembre 2018,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 67, paragrafo 2, TFUE nonché degli articoli 20 e 21 del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2006, L 105, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) n. 610/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 (GU 2013, L 182, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento n. 562/2006»).
2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie che vedono opposte, nella causa C‑412/17, la Touring Tours und Travel GmbH nonché, nella causa C‑474/17, la Sociedad de Transportes SA, due operatori di viaggi a mezzo autobus con sede, rispettivamente, in Germania e in Spagna (in prosieguo, congiuntamente: i «vettori di cui trattasi»), alla Bundesrepublik Deutschland (Repubblica federale di Germania), rappresentata dallo Bundespolizeipräsidium (direzione della polizia federale, Germania), in merito alla legittimità di decisioni adottate da quest’ultima con le quali è stato loro vietato, a pena di sanzione pecuniaria, di trasportare verso il territorio della Repubblica federale di Germania i cittadini di paesi terzi sprovvisti di passaporto e dei titoli di soggiorno richiesti.
 Contesto normativo
 Diritto internazionale
3        Il protocollo per combattere il traffico di migranti per via terrestre, aerea e marittima, addizionale alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale è stato firmato dalla Comunità europea il 12 dicembre 2000, conformemente alla decisione 2001/87/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 2000 (GU 2001, L 30, pag. 44; in prosieguo: il «protocollo addizionale»). Tale protocollo è stato approvato con la decisione 2006/616/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006 (GU 2006, L 262, pag. 24), nella parte in cui le disposizioni del protocollo addizionale rientrano negli articoli 179 e 181A CE, e dalla decisione 2006/617/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006 (GU 2006, L 262, pag. 34), nella parte in cui tali disposizioni rientrano nella terza parte, titolo IV, del Trattato CE.
4        Ai sensi dell’articolo 3 del protocollo addizionale:
«Ai fini del presente protocollo:
a)      “traffico di migranti” indica il procurare, al fine di ricavare, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o materiale, l’ingresso illegale di una persona in uno Stato parte di cui la persona non è cittadina o residente permanente;
b)      “ingresso illegale” indica il varcare i confini senza soddisfare i requisiti necessari per l’ingresso legale nello Stato d’accoglienza;
(...)».
5        L’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), di tale protocollo così dispone:
«Ogni Stato parte adotta misure legislative e di altro tipo necessarie per conferire il carattere di reato ai sensi del suo diritto interno, quando l’atto è commesso intenzionalmente e al fine di ottenere, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o altro vantaggio materiale:
a)      al traffico di migranti».
6        A termini dell’articolo 11 di detto protocollo, intitolato «Misure di frontiera»:
«(...)
2.      Ogni Stato parte adotta le misure legislative o altre misure opportune per impedire, nella misura del possibile, ai mezzi di trasporto gestiti da trasportatori commerciali di essere utilizzati nella commissione del reato di cui all’articolo 6 paragrafo 1, lettera a), del presente protocollo.
3.      Laddove opportuno, e senza pregiudizio per le convenzioni internazionali applicabili, tali misure comprendono l’obbligo per i trasportatori commerciali, compreso qualsiasi compagnia di trasporto o proprietario o gestore di qualsiasi mezzo di trasporto, di verificare che tutti i passeggeri siano in possesso dei documenti di viaggio richiesti per l’ingresso nello Stato di accoglienza.
4.      Ogni Stato parte prende le misure necessarie, conformemente al suo diritto interno, per prevedere sanzioni in caso di violazione degli obblighi di cui al paragrafo 3 del presente articolo.
(...)».
 Diritto dell’Unione
 La CAAS
7        L’articolo 26 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, del 14 giugno 1985, tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (GU 2000, L 239, pag. 19), firmata a Schengen il 19 luglio 1990, ed entrata in vigore il 26 marzo 1995 (in prosieguo: la «CAAS»), così recita:
«1.      Fatti salvi gli obblighi derivanti dalla loro adesione alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, quale emendata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967, le Parti contraenti si impegnano ad introdurre nelle rispettive legislazioni nazionali le seguenti regole:
a)      Se ad uno straniero viene rifiutato l’ingresso nel territorio di una Parte contraente, il vettore che lo ha condotto alla frontiera esterna per via aerea, marittima o terrestre è tenuto a prenderlo immediatamente a proprio carico. (...)
b)      Il vettore è tenuto ad adottare ogni misura necessaria per accertarsi che lo straniero trasportato per via aerea o marittima sia in possesso dei documenti di viaggio richiesti per l’ingresso nei territori delle Parti contraenti.
2.      Fatti salvi gli obblighi derivanti dalla loro adesione alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati quale emendata dal [p]rotocollo di New York del 31 gennaio 1967, e nel rispetto del proprio diritto costituzionale, le Parti contraenti si impegnano ad istituire sanzioni nei confronti dei vettori che trasportano per via aerea o marittima, da un paese terzo verso il loro territorio, stranieri che non sono in possesso dei documenti di viaggio richiesti.
3.      Le disposizioni del paragrafo 1, lettera b) e del paragrafo 2 si applicano ai vettori di gruppi che effettuano collegamenti stradali internazionali con autopullmann, ad eccezione del traffico frontaliero».
8        L’articolo 27 della CAAS, abrogato dall’articolo 5 della direttiva 2002/90/CE del Consiglio, del 28 novembre 2002, volta a definire il favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali (GU 2002, L 328, pag. 17), così recitava:
«1.      Le Parti contraenti si impegnano a stabilire sanzioni appropriate nei confronti di chiunque aiuti o tenti di aiutare, a scopo di lucro, uno straniero ad entrare o a soggiornare nel territorio di una Parte contraente in violazione della legislazione di detta Parte contraente relativa all’ingresso ed al soggiorno degli stranieri.
2.      Qualora una Parte contraente venga informata di fatti indicati nel paragrafo 1 che costituiscono una violazione della legislazione di un’altra Parte contraente, essa ne informa quest’ultima.
3.      La Parte contraente la cui legislazione è stata violata e che chiede ad un’altra Parte contraente di perseguire i fatti indicati nel paragrafo 1, dovrà comprovare, mediante denuncia ufficiale o attestazione delle autorità competenti, le disposizioni legislative violate».
 La direttiva 2001/51/CE
9        I considerando 2 e 4 della direttiva 2001/51/CE del Consiglio, del 28 giugno 2001, che integra le disposizioni dell’articolo 26 della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 (GU 2001, L 187, pag. 45), così recitano:
«(2)      La presente misura rientra in un dispositivo globale di controllo dei flussi migratori e di lotta contro l’immigrazione clandestina.
(...)
(4)      È necessario non pregiudicare la libertà degli Stati membri di mantenere o introdurre misure o sanzioni supplementari per i vettori, che siano interessati o meno dalla presente direttiva».
 La direttiva 2002/90
10      I considerando da 1 a 4 della direttiva 2002/90 così recitano:
«(1)      Uno degli obiettivi che l’Unione europea si prefigge è l’istituzione progressiva di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia che implica, in particolare, la lotta all’immigrazione clandestina.
(2)      Occorre pertanto adottare misure volte a combattere l’attività di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, tanto se correlata all’attraversamento illegale della frontiera in senso stretto quanto se perpetrata allo scopo di alimentare le reti di sfruttamento di esseri umani.
(3)      In tale prospettiva, è essenziale pervenire ad un ravvicinamento delle disposizioni giuridiche vigenti, in particolare, da un lato, la definizione precisa dell’illecito e delle relative circostanze esimenti oggetto della presente direttiva e, dall’altro, le regole minime per le sanzioni previste, la responsabilità delle persone giuridiche e la competenza giurisdizionale, oggetto della decisione quadro 2002/946/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2002, intesa a rafforzare il quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali [(GU 2002, L 328, pag. 1)].
(4)      La presente direttiva è volta a definire il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e a rendere pertanto più efficace l’applicazione della decisione quadro [2002/946] al fine di reprimere tale reato».
11      L’articolo 1 della direttiva 2002/90, rubricato «Comportamenti illeciti», al paragrafo 1 dispone quanto segue:
«Ciascuno Stato membro adotta sanzioni appropriate:
a)      nei confronti di chiunque intenzionalmente aiuti una persona che non sia cittadino di uno Stato membro ad entrare o a transitare nel territorio di uno Stato membro in violazione della legislazione di detto Stato relativa all’ingresso o al transito degli stranieri;
b)      nei confronti di chiunque intenzionalmente aiuti, a scopo di lucro, una persona che non sia cittadino di uno Stato membro a soggiornare nel territorio di uno Stato membro in violazione della legislazione di detto Stato relativa al soggiorno degli stranieri».
12      L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Istigazione, concorso e tentativo», così recita:
«Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le sanzioni di cui all’articolo 1 siano parimenti applicabili a chiunque
a)      sia l’istigatore di, o
b)      si renda complice di [uno degli illeciti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) o b)] (…)
(...)».
13      L’articolo 3 di tale direttiva, intitolato «Sanzioni», prevede che ciascuno Stato membro adotti le misure necessarie affinché i comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 siano soggetti a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive.
 Decisione quadro 2002/946
14      L’articolo 1 della decisione quadro 2002/946 prevede quanto segue:
«1.      Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché gli illeciti definiti negli articoli 1 e 2 della direttiva [2002/90] siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che possono comportare l’estradizione.
2.      Se del caso, le sanzioni penali di cui al paragrafo 1 possono essere accompagnate dalle seguenti misure:
–        la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per commettere il reato,
–        il divieto di esercitare direttamente o per interposta persona l’attività professionale esercitata in occasione della commissione del reato,
(...)».
15      L’articolo 2 di detta decisione quadro, intitolato «Responsabilità delle persone giuridiche», così dispone:
«1.      Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili degli illeciti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, perpetrati per loro conto da qualsiasi persona che agisca individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica in cui detenga una posizione dominante, (...)
2.      Oltre ai casi già previsti al paragrafo 1, ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili quando la carenza di sorveglianza o controllo da parte del soggetto di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la perpetuazione degli illeciti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, per conto della persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità.
3.      La responsabilità delle persone giuridiche a norma dei paragrafi 1 e 2, non esclude l’azione penale contro le persone fisiche che siano autori, istigatori o complici dei reati di cui al paragrafo 1».
16      Ai sensi dell’articolo 3 della stessa decisione quadro, intitolato «Sanzioni per le persone giuridiche»:
«1.      Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, sia passibile di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive comprendenti sanzioni di natura penale o non penale ed eventualmente altre sanzioni (...)
2.      Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, sia passibile di sanzioni o di misure effettive, proporzionate e dissuasive».
 Il regolamento n. 562/2006
17      Il regolamento n. 562/2006, applicabile all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale, è stato abrogato e sostituito dal regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2016, L 77, pag. 1).
18      Ai sensi dell’articolo 2, punti 9, 11 e 14, del regolamento n. 562/2006:
«Ai fini del presente regolamento si intende per:
(...)
9)      “controllo di frontiera”: l’attività svolta alla frontiera, in conformità e per gli effetti del presente regolamento, in risposta esclusivamente all’intenzione di attraversare la frontiera o al suo effettivo attraversamento e indipendentemente da qualunque altra ragione, e che consiste in verifiche di frontiera e nella sorveglianza di frontiera;
10)      “verifiche di frontiera”: le verifiche effettuate ai valichi di frontiera al fine di accertare che le persone, compresi i loro mezzi di trasporto e gli oggetti in loro possesso, possano essere autorizzati ad entrare nel territorio degli Stati membri o autorizzati a lasciarlo;
11)      “sorveglianza di frontiera”: la sorveglianza delle frontiere tra i valichi di frontiera e la sorveglianza dei valichi di frontiera al di fuori degli orari di apertura stabiliti, allo scopo di evitare che le persone eludano le verifiche di frontiera;
(...)
14)      “vettore”: ogni persona fisica o giuridica che trasporta persone a titolo professionale».
19      L’articolo 5 del regolamento medesimo, intitolato «Condizioni d’ingresso per i cittadini di paesi terzi», al paragrafo 1, prevedeva quanto segue:
«Per soggiorni previsti nel territorio degli Stati membri, la cui durata non sia superiore a 90 giorni su un periodo di 180 giorni, il che comporta di prendere in considerazione il periodo di 180 giorni che precede ogni giorno di soggiorno, le condizioni d’ingresso per i cittadini di paesi terzi sono le seguenti:
a)      essere in possesso di un documento di viaggio valido che autorizza il titolare ad attraversare la frontiera che soddisfi i seguenti criteri:
i)      la validità è di almeno tre mesi dopo la data prevista per la partenza dal territorio degli Stati membri. In casi di emergenza giustificati, è possibile derogare a tale obbligo;
ii)      è stato rilasciato nel corso dei dieci anni precedenti;
b)      essere in possesso di un visto valido, se richiesto (...), salvo che si sia in possesso di un permesso di soggiorno valido o di un visto per soggiorni di lunga durata in corso di validità;
(...)».
20      L’articolo 20 del regolamento n. 562/2006, rubricato «Attraversamento delle frontiere interne», così disponeva:
«Le frontiere interne possono essere attraversate in qualunque punto senza che sia effettuata una verifica di frontiera sulle persone, indipendentemente dalla loro nazionalità».
21      L’articolo 21 di tale regolamento, rubricato «Verifiche all’interno del territorio», era così formulato:
«La soppressione del controllo di frontiera alle frontiere interne non pregiudica:
a)      l’esercizio delle competenze di polizia da parte delle autorità competenti degli Stati membri in forza della legislazione nazionale, nella misura in cui l’esercizio di queste competenze non abbia effetto equivalente alle verifiche di frontiera; ciò vale anche nelle zone di frontiera. Ai sensi della prima frase, l’esercizio delle competenze di polizia può non essere considerato equivalente, in particolare, all’esercizio delle verifiche di frontiera quando le misure di polizia:
i)      non hanno come obiettivo il controllo di frontiera;
ii)      si basano su informazioni e l’esperienza generali di polizia quanto a possibili minacce per la sicurezza pubblica e sono volte, in particolare, alla lotta contro la criminalità transfrontaliera;
iii)      sono ideate ed eseguite in maniera chiaramente distinta dalle verifiche sistematiche sulle persone alle frontiere esterne;
iv)      sono effettuate sulla base di verifiche a campione;
b)      il controllo di sicurezza sulle persone effettuato nei porti o aeroporti dalle autorità competenti in forza della legislazione di ciascuno Stato membro, dai responsabili portuali o aeroportuali o dai vettori, sempreché tale controllo venga effettuato anche sulle persone che viaggiano all’interno di uno Stato membro;
c)      la possibilità per uno Stato membro di prevedere nella legislazione nazionale l’obbligo di possedere o di portare con sé documenti d’identità;
d)      la possibilità per uno Stato membro di prevedere nel diritto nazionale l’obbligo per i cittadini di paesi terzi di dichiarare la loro presenza sul suo territorio ai sensi dell’articolo 22 della [CAAS]».
 Diritto tedesco
22      L’articolo 13 del Gesetz über den Aufenthalt, die Erwerbstätigkeit und die Integration von Ausländern im Bundesgebiet (legge in materia di soggiorno, occupazione e integrazione dei cittadini stranieri nel territorio federale), del 30 luglio 2004 (BGBl. 2004 I, pag. 1950), nella versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: l’«AufenthG»), intitolato «Attraversamento delle frontiere», impone, al paragrafo 1, l’obbligo per ogni straniero di essere munito, all’atto dell’ingresso o dell’uscita dal territorio nazionale, di un passaporto riconosciuto e in corso di validità o di un documento sostitutivo di passaporto e di sottoporsi al controllo di polizia del traffico transfrontaliero.
23      L’articolo 63 dell’AufenthG, intitolato «Obblighi delle imprese di trasporto», così dispone:
«1.      Un vettore può trasportare stranieri nel territorio federale tedesco soltanto se questi siano in possesso del passaporto e del titolo di soggiorno necessari.
2.      Il Ministero federale dell’Interno o l’autorità dal medesimo nominata, di concerto con il Ministero federale dei Trasporti e delle Infrastrutture digitali, può vietare a un vettore di trasportare stranieri nel territorio della Repubblica federale di Germania in violazione del paragrafo 1 a pena di una sanzione pecuniaria nei confronti dell’impresa interessata in caso di violazione. (...)
3.      L’importo delle sanzioni pecuniarie inflitte al vettore è compreso tra un minimo di EUR 1 000 e un massimo di EUR 5 000 per straniero trasportato da detta impresa in violazione di un provvedimento adottato conformemente al paragrafo 2. (...)
4.      Il Ministero federale dell’Interno o l’autorità dal medesimo nominata può concordare con alcuni vettori regole volte a dare attuazione all’obbligo di cui al paragrafo 1».
24      Il punto 63, paragrafi 1 e 2, dell’Allgemeine Verwaltungsvorschrift zum Aufenthaltsgesetz (disposizioni amministrative generali relative alla legge sul soggiorno degli stranieri), del 26 ottobre 2009 (GMBl. 2009, pag. 878), è redatto come segue:
«63.1 Obblighi di controllo e di sicurezza
63.1.1 [L’articolo 63 dell’AufenthG] vieta ai vettori di trasportare verso il territorio della Repubblica federale di Germania stranieri sprovvisti dei documenti di viaggio richiesti. Il divieto concerne sia i trasporti per via aerea e marittima, sia i trasporti per via terrestre, ad eccezione del traffico ferroviario transfrontaliero. (...) Il divieto legale di trasportare stranieri verso il territorio della Repubblica federale di Germania qualora questi ultimi non siano muniti del passaporto o del visto richiesti a motivo della loro nazionalità comporta, allo stesso tempo, l’obbligo del vettore di controllare adeguatamente il passaporto e il visto. L’obbligo di controllo mira a garantire che lo straniero soddisfi i requisiti sanciti all’articolo 13, paragrafo 1, per attraversare la frontiera. (...)
(...)
63.1.3.1 L’obbligo di controllo previsto all’articolo 63, paragrafo 1, impone al vettore di verificare se lo straniero sia munito dei documenti richiesti (...)
63.2 Divieto di trasporto e sanzione pecuniaria
63.2.0 Il divieto di trasporto, nonché la minaccia, la fissazione e l’esecuzione di sanzioni pecuniarie sono diretti a costringere il vettore a controllare in tutti i casi il rispetto dell’obbligo di possesso del passaporto e del visto».
 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali
25      Le imprese di trasporto di cui trattasi offrono viaggi in autobus e gestiscono, in particolare, servizi di linea con destinazione la Germania che attraversano le frontiere germano-olandese e germano-belga.
26      Ritenendo che tali imprese avessero trasportato verso la Germania un ingente numero di cittadini di paesi terzi sprovvisti dei documenti di viaggio richiesti, in violazione dell’articolo 63, paragrafo 1, dell’AufenthG, la direzione della polizia federale ha loro trasmesso, rispettivamente, nel mese di novembre 2013 e nel mese di marzo 2014, un «avvertimento» in cui elencava i casi di trasporto non autorizzato e annunciava l’adozione di una decisione di divieto, in caso di prosecuzione dell’illecito, in applicazione dell’articolo 63, paragrafo 2, dell’AufenthG.
27      Successivamente, avendo constatato la persistenza del comportamento illecito da parte dei vettori, la direzione della polizia federale ha adottato siffatte decisioni di divieto, rispettivamente il 26 settembre 2014 e il 18 novembre 2014, le quali erano accompagnate da una sanzione pecuniaria dell’importo di EUR 1 000 per ogni nuova violazione.
28      Secondo tali decisioni, i vettori di cui trattasi erano tenuti, ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, dell’AufenthG, a fare tutto il possibile per impedire l’ingresso nel territorio tedesco di ogni straniero sprovvisto dei documenti di viaggio richiesti. A tal fine, i vettori medesimi sarebbero tenuti a verificare detti documenti all’atto del controllo dei biglietti al momento della salita dei passeggeri nell’autobus e dovrebbero negare l’accesso ai cittadini di paesi terzi sprovvisti dei documenti di viaggio richiesti.
29      Adito dai vettori di cui trattasi con ricorsi avverso tali decisioni, il Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo, Germania) ha annullato le medesime, considerando, in sostanza, che, tenuto conto del primato del diritto dell’Unione, l’articolo 63, paragrafo 2, dell’AufenthG doveva restare disapplicato, poiché la sua applicazione nei confronti delle imprese che trasportano cittadini di paesi terzi diretti in Germania attraversando una frontiera interna allo spazio Schengen era in contrasto con l’articolo 67, paragrafo 2, TFUE nonché con gli articoli 20 e 21 del regolamento n. 562/2006. Infatti, i controlli imposti a dette imprese dovrebbero essere qualificati come misure aventi «effetto equivalente alle verifiche di frontiera», ai sensi dell’articolo 21 del regolamento n. 562/2006, in considerazione, in particolare, della loro sistematicità e del fatto che dovrebbero essere effettuate ancor prima dell’attraversamento della frontiera.
30      Avverso tale sentenza la Repubblica federale di Germania ha proposto ricorso per Revision dinanzi al giudice del rinvio, il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania), sostenendo, segnatamente, che il diritto dell’Unione e, in particolare, la direttiva 2002/90 nonché la decisione quadro 2002/946, che rappresenterebbero disposizioni speciali rispetto a quelle previste dal regolamento n. 562/2006, impone di sanzionare violazioni di divieti di trasporto, come quelli previsti all’articolo 63 dell’AufenthG.
31      In ogni caso, secondo la Repubblica federale di Germania, il controllo dei documenti di viaggio imposto dalla disposizione di diritto nazionale in parola non può essere qualificato come una misura avente «effetto equivalente alle verifiche di frontiera», ai sensi dell’articolo 21, lettera a), del regolamento n. 562/2006. Infatti, l’obiettivo perseguito sarebbe non già il controllo dell’attraversamento della frontiera, bensì il rispetto delle disposizioni relative all’ingresso nel territorio. Peraltro, atteso che tali controlli sono effettuati non già da pubblici agenti, bensì da personale privato, essi non sarebbero approfonditi come quelli realizzati alle frontiere. Pertanto, tale personale non avrebbe la possibilità di fare ricorso a misure coercitive o di ricerca in caso di rifiuto degli interessati di sottoporsi a tale tipo di controllo.
32      In tali circostanze, il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) ha deciso di sospendere i procedimenti e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, formulate in termini identici nelle cause C‑412/17 e C‑474/17:
«1)      Se l’articolo 67, paragrafo 2, TFUE e gli articoli [20 e 21] del regolamento [n. 562/2006] ostino alla normativa nazionale di uno Stato membro la quale, in definitiva, obblighi le imprese di trasporto di passeggeri a mezzo autobus, che prestino servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen, a procedere nei confronti dei propri passeggeri, prima di varcare una frontiera interna, al controllo dei documenti necessari per l’attraversamento della frontiera medesima, al fine di impedire il trasporto di stranieri privi di passaporto e di titolo di soggiorno nel territorio della Repubblica federale di Germania.
In particolare:
a)      Se l’obbligo generale imposto ex lege o l’obbligo amministrativo rivolto a singoli vettori di negare il trasporto verso il territorio federale tedesco a stranieri privi del passaporto o del titolo di soggiorno necessari, obbligo che può essere adempiuto dai vettori unicamente procedendo, prima di varcare la frontiera interna, al controllo, presso tutti i passeggeri, dei documenti necessari per l’attraversamento della frontiera medesima, costituisca una verifica sulle persone alle frontiere interne ai sensi dell’articolo [20] del regolamento [n. 562/2006] ovvero a questa equivalente.
b)      Se l’imposizione degli obblighi di cui al punto 1) debba essere valutata in base all’articolo [21], lettera a), del regolamento [n. 562/2006], benché i vettori non esercitino “competenze di polizia” ai sensi della disposizione di cui trattasi e benché l’imposizione, da parte dello Stato, di procedere ai controlli in questione non implichi, neppure formalmente, una delega all’esercizio di poteri pubblici.
c)      In caso di risposta affermativa alla prima questione, lettera b): se, tenuto conto dei criteri di cui all’articolo [21], lettera a), secondo periodo, del [regolamento n. 562/2006], i controlli imposti ai vettori integrino un’inammissibile misura di effetto equivalente alle verifiche di frontiera.
d)      Se l’imposizione degli obblighi di cui al punto 1), laddove riguardino imprese di trasporto di passeggeri a mezzo autobus che prestino servizio di linea, debba essere valutata in base all’articolo [21], lettera b), del regolamento [n. 562/2006, secondo cui il potere attribuito ai vettori di effettuare controlli di sicurezza sulle persone nei porti o aeroporti non pregiudica il divieto di controlli di frontiera alle frontiere interne. Se ciò implichi l’inammissibilità dei controlli ai sensi della prima questione anche al di fuori di porti e aeroporti ove non costituiscano controlli di sicurezza e non vengano effettuati anche sulle persone che viaggiano all’interno dello Stato membro.
2)      Se gli articoli [20] e [21] del regolamento [n. 562/2006] consentano la sussistenza di disposizioni nazionali che, ai fini del rispetto degli obblighi [di controllo di cui al punto 1], permettano di emanare nei confronti di un’impresa di trasporto di passeggeri a mezzo autobus provvedimenti di divieto corredati della minaccia di sanzioni pecuniarie nel caso in cui, per effetto di omesso controllo, siano stati trasportati verso il territorio della Repubblica federale di Germania anche stranieri privi di passaporto e di titolo di soggiorno».
33      Con decisione del 24 aprile 2018, il presidente della Corte ha disposto la riunione delle cause C‑412/17 e C‑474/17 ai fini della fase scritta e orale del procedimento nonché della sentenza.
 Sulle questioni pregiudiziali
34      Con le sue due questioni in ciascuna delle cause riunite, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 67, paragrafo 2, TFUE, nonché gli articoli 20 e 21 del regolamento n. 562/2006 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che obblighi qualsiasi impresa di trasporto a mezzo autobus che offra un servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen con destinazione il territorio di tale Stato membro a controllare il passaporto e il titolo di soggiorno dei passeggeri prima dell’attraversamento di una frontiera interna, onde evitare il trasporto di cittadini di paesi terzi sprovvisti di tali documenti di viaggio verso il territorio nazionale, e che consenta alle autorità di polizia, al fine di far rispettare tale obbligo di controllo, di adottare una decisione che vieti siffatti trasporti accompagnata da una minaccia di sanzioni pecuniarie nei confronti delle imprese di trasporto in capo alle quali sia stato accertato che hanno trasportato in tale territorio cittadini di paesi terzi sprovvisti di detti documenti di viaggio.
35      In limine, per quanto riguarda la portata delle questioni pregiudiziali, si deve osservare che esse si limitano a un esame del sistema dell’articolo 63 dell’AufenthG alla luce dell’articolo 67, paragrafo 2, TFUE, nonché degli articoli 20 e 21 del regolamento n. 562/2006.
36      Orbene, si deve rilevare che la Repubblica federale di Germania, in qualità di parte nei procedimenti principali, ha sostenuto, sia nelle proprie osservazioni scritte sia in udienza dinanzi alla Corte, che l’obbligo di controllo, a pena di sanzione pecuniaria, a carico dei vettori ai sensi dell’articolo 63 dell’AufenthG non è contrario al diritto dell’Unione. Infatti, talune disposizioni della direttiva 2002/90, della decisione quadro 2002/946, del protocollo addizionale e della direttiva 2001/51 imporrebbero agli Stati membri di porre a carico dei vettori di persone obblighi di controllo come quelli previsti all’articolo 63 dell’AufenthG nonché sanzioni appropriate nei confronti dei vettori che intenzionalmente aiutino un cittadino di un paese terzo a entrare nel territorio di uno Stato membro, a transitare nel territorio dello Stato stesso o a soggiornarvi illegalmente.
37      Tuttavia, dalle domande di pronuncia pregiudiziale risulta che il giudice del rinvio, in risposta a tale argomento già dedotto dinanzi ad esso dalla Repubblica federale di Germania a sostegno del proprio ricorso per Revision, ha espressamente indicato di non necessitare di chiarimenti riguardo all’eventuale incidenza della direttiva 2002/90, della decisione quadro 2002/946 e della direttiva 2001/51 sulla risposta da fornire alle questioni sollevate, precisando al contempo i motivi per i quali era di tale avviso.
38      Pertanto, si deve rilevare che, nelle questioni pregiudiziali, il giudice del rinvio non ha fatto riferimento ad alcuno di questi tre atti del diritto dell’Unione né, del resto, al protocollo addizionale.
39      A tale riguardo, occorre ricordare che spetta unicamente al giudice del rinvio determinare e formulare le questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione del diritto dell’Unione che sono necessarie ai fini della risoluzione della controversia oggetto del procedimento principale (sentenza del 18 luglio 2013, Consiglio Nazionale dei Geologi, C‑136/12, EU:C:2013:489, punto 31).
40      Così, se è pur vero che detto giudice è libero di invitare le parti della lite dinanzi ad esso pendente a suggerire formulazioni che possano essere utilizzate nella redazione dei quesiti pregiudiziali, resta tuttavia il fatto che è solamente al giudice medesimo che spetta decidere, in ultima analisi, tanto sulla forma quanto sul contenuto dei quesiti stessi (sentenza del 21 luglio 2011, Kelly, C‑104/10, EU:C:2011:506, punto 65).
41      Dalla giurisprudenza della Corte risulta altresì che, se il giudice del rinvio ha espressamente indicato nella sua decisione di rinvio che non ha ritenuto necessario sottoporre una questione o se ha implicitamente rifiutato d’interpellare la Corte su una questione sollevata da una delle parti, la Corte non può rispondere a tale questione né prenderla in considerazione nell’ambito del rinvio pregiudiziale (v., in tal senso, sentenze del 5 ottobre 1988, Alsatel, 247/86, EU:C:1988:469, punto 8; del 2 giugno 1994, AC-ATEL Electronics Vertriebs, C‑30/93, EU:C:1994:224, punto 19, e del 26 settembre 2000, Engelbrecht, C 262/97, EU:C:2000:492, punti 21 e 22).
42      In tali circostanze, nella specie la Corte non può estendere l’oggetto delle questioni sollevate esaminandole non già esclusivamente alla luce degli articoli 20 e 21 del regolamento n. 562/2006, bensì anche alla luce delle disposizioni della direttiva 2002/90, della decisione quadro 2002/946 e della direttiva 2001/51.
43      Peraltro, si può rilevare che, anche ammettendo che, in presenza di talune condizioni, uno Stato membro possa, in linea di principio, essere tenuto, in forza di alcune delle disposizioni di tali tre atti o di disposizioni del protocollo addizionale, ad imporre, a pena di sanzioni, segnatamente penali, alle imprese che trasportino a mezzo autobus cittadini di paesi terzi verso il territorio di tale Stato membro un obbligo di controllo dei documenti di viaggio di cui questi debbano essere muniti, tale obbligo deve essere attuato nell’ambito del codice frontiere Schengen, nella sua versione risultante dal regolamento n. 562/2006.
44      Per quanto riguarda il merito delle questioni sollevate e, pertanto, la compatibilità di una disposizione di diritto nazionale, quale l’articolo 63 dell’AufenthG, con le disposizioni del regolamento n. 562/2006, si deve rilevare che questa non deve essere esaminata alla luce dell’articolo 20 del regolamento n. 562/2006.
45      Infatti, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, poiché i controlli di cui trattasi nel procedimento principale sono effettuati non già «alle frontiere» o «al momento dell’attraversamento della frontiera», bensì, in linea di principio, all’interno del territorio di uno Stato membro, nella specie quello in cui i viaggiatori salgono sull’autobus all’inizio del viaggio transfrontaliero, tali controlli costituiscono non già verifiche di frontiera, vietate dall’articolo 20 del regolamento n. 562/2006, bensì verifiche all’interno del territorio di uno Stato membro, di cui all’articolo 21 di detto regolamento (v., per analogia, sentenze del 22 giugno 2010, Melki e Abdeli, C‑188/10 e C‑189/10, EU:C:2010:363, punto 68, e del 19 luglio 2012, Adil, C‑278/12 PPU, EU:C:2012:508, punto 56).
46      Occorre quindi esaminare se controlli all’interno del territorio di uno Stato membro, come quelli ideati ed eseguiti ai sensi dell’articolo 63 dell’AufenthG, siano vietati in forza dell’articolo 21, lettera a), del regolamento n. 562/2006. Ciò avverrebbe se detti controlli avessero, in realtà, un effetto equivalente alle verifiche di frontiera, ai sensi di quest’ultima disposizione (v., per analogia, sentenza del 19 luglio 2012, Adil, C‑278/12 PPU, EU:C:2012:508, punto 57).
47      Tuttavia, prima di procedere a tale esame, si pone la questione preliminare dell’applicabilità dell’articolo 21, lettera a), del regolamento n. 562/2006 a controlli come quelli di cui trattasi nel procedimento principale, in quanto questi ultimi devono essere effettuati non già dalle autorità di polizia o equiparate, bensì dal personale impiegato da vettori di diritto privato che non dispone di poteri pubblici, mentre il menzionato articolo 21, lettera a), si riferisce all’«esercizio delle competenze di polizia da parte delle autorità competenti degli Stati membri in forza della legislazione nazionale» e alle «misure di polizia».
48      A tale riguardo, occorre rilevare che, nella specie, il controllo dei documenti di viaggio posto a carico dei vettori di cui trattasi è imposto sia a titolo dell’obbligo legale generale previsto all’articolo 63, paragrafo 1, dell’AufenthG sia dell’obbligo legale specifico derivante dalle decisioni, a pena di sanzione pecuniaria, adottate nei loro confronti dalla direzione della polizia federale ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 2, dell’AufenthG.
49      Sono quindi le autorità competenti dello Stato membro interessato che, in forza del diritto nazionale, impongono alle imprese di trasporto di effettuare, se del caso a pena di sanzione pecuniaria, i controlli di documenti di viaggio solitamente effettuati da autorità di polizia o equiparate. Pertanto, sebbene tali imprese non dispongano di poteri pubblici, effettuano tali controlli per ordine e sotto il controllo delle autorità dotate di siffatti poteri.
50      Controlli di tal genere, ancorché effettuati da vettori, ricadono, pertanto, nell’articolo 21, lettera a), del regolamento n. 562/2006. Se così non fosse, tale disposizione potrebbe essere, d’altronde, facilmente aggirata e il suo effetto utile ne sarebbe compromesso.
51      Per quanto riguarda il menzionato articolo 21, lettera a), occorre ricordare, in primo luogo, che la Corte ha già avuto modo di dichiarare che tale disposizione non può essere interpretata nel senso che stabilisca una condizione con la quale si richieda che i controlli di polizia in una zona di frontiera siano identici quanto a modalità e obiettivi a quelli effettuati sull’intero territorio nazionale. Tale interpretazione è avvalorata dal fatto, da un lato, che la proposta della Commissione europea diretta a introdurre una siffatta condizione non è stata accolta dal legislatore dell’Unione e, dall’altro, che essa è, invece, espressamente prevista all’articolo 21, lettera b), di tale regolamento, nel caso di controlli di sicurezza effettuati nei porti e negli aeroporti, controlli che sono autorizzati soltanto se effettuati anche sulle persone che viaggiano all’interno di uno Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2012, Adil, C 278/12 PPU, EU:C:2012:508, punto 73).
52      Ne consegue altresì, in risposta alla prima questione, lettera d), sollevata dal giudice del rinvio, che, sebbene l’articolo 21, lettera b), del regolamento n. 562/2006 contempli espressamente i «vettori», non si può desumere da una lettura a contrario di tale disposizione che controlli del genere di quelli effettuati ai sensi dell’articolo 63 dell’AufenthG siano vietati per il solo fatto che non soddisfino le condizioni poste da tale disposizione e che non si tratti, quindi, né di controlli di sicurezza effettuati in porti e in aeroporti né di controlli che riguardano anche persone che viaggiano all’interno dello Stato membro interessato.
53      Infatti, come risulta, in particolare, dalla giurisprudenza della Corte richiamata al punto 51 della presente sentenza, le disposizioni dell’articolo 21, lettera a), del regolamento n. 562/2006 e quelle dell’articolo 21, lettera b), dello stesso regolamento hanno un ambito di applicazione e condizioni di applicazione specifiche.
54      In secondo luogo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che gli indizi elencati all’articolo 21, lettera a), seconda frase, del regolamento n. 562/2006 costituiscono altrettante indicazioni dell’esistenza di un effetto equivalente alle verifiche di frontiera. In presenza di alcuni di tali indizi, i controlli di cui trattasi sono autorizzati soltanto se il loro esercizio sia circoscritto, nella normativa nazionale che li stabilisce, da precisazioni e limitazioni, esse stesse sufficientemente precise e dettagliate, riguardo all’intensità, alla frequenza e alla selettività dei controlli stessi. Così, quanto più numerosi sono gli indizi cui tale normativa nazionale risponde, riguardo all’obiettivo perseguito dai controlli eseguiti in una zona di frontiera, al loro ambito di applicazione territoriale e all’esistenza di una distinzione tra il fondamento dei controlli medesimi e quello dei controlli eseguiti nel resto del territorio dello Stato membro di cui trattasi, tanto più tali precisazioni e limitazioni devono essere rigide e rigidamente rispettate (v., in tal senso, sentenza del 21 giugno 2017, A, C‑9/16, EU:C:2017:483, punti da 38 a 41).
55      Per quanto concerne, nella specie, l’esame dell’articolo 63, paragrafo 2, dell’AufenthG alla luce, in primo luogo, all’indizio di cui all’articolo 21, lettera a), seconda frase, i), del regolamento n. 562/2006, secondo cui l’esercizio delle competenze di polizia non può essere considerato «equivalente (…) all’esercizio delle verifiche di frontiera» in particolare se i controlli previsti da tale normativa nazionale «non hanno come obiettivo il controllo di frontiera», la Corte ha già avuto modo di dichiarare che dall’articolo 2, punti da 9 a 11, del regolamento medesimo emerge che tale obiettivo è volto, da un lato, ad accertare che le persone possano essere autorizzate a entrare nel territorio dello Stato membro o autorizzate a lasciarlo, e, dall’altro, a evitare che le persone eludano le verifiche di frontiera. Si tratta di controlli che possono essere eseguiti sistematicamente (sentenza del 19 luglio 2012, Adil, C‑278/12 PPU, EU:C:2012:508, punto 61).
56      Orbene, dalle disposizioni amministrative generali relative alla legge sul soggiorno degli stranieri risulta che l’obbligo di controllo dei documenti di viaggio derivante dall’articolo 63, paragrafo 1, dell’AufenthG mira a garantire che il cittadino di paese terzo interessato «soddisfi i requisiti sanciti all’articolo 13, paragrafo 1[, dell’AufenthG] per attraversare la frontiera».
57      Tale articolo 13, intitolato «Attraversamento delle frontiere», prevede, al paragrafo 1, l’obbligo per ogni straniero cittadino di un paese terzo di essere munito di un passaporto riconosciuto e in corso di validità o di un documento sostitutivo di passaporto al momento dell’ingresso o dell’uscita dal territorio nazionale e di sottoporsi al controllo di polizia del traffico transfrontaliero.
58      Si deve quindi necessariamente rilevare che i controlli di cui trattasi nel procedimento principale hanno come obiettivo il «controllo di frontiera», ai sensi dell’articolo 21, lettera a), seconda frase, i), del regolamento n. 562/2006, essendo diretti a verificare che le condizioni d’ingresso negli Stati membri appartenenti allo spazio Schengen, di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 562/2006 siano soddisfatte per quanto riguarda i documenti di viaggio richiesti, disposizione riprodotta all’articolo 13, paragrafo 1, dell’AufenthG.
59      Come altresì rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 85 delle sue conclusioni, i controlli da effettuare ai sensi dell’articolo 63 dell’AufenthG sono dunque unicamente finalizzati a garantire che le persone a bordo dell’autobus interessato, che intendano attraversare la frontiera dello Stato membro di destinazione, possano effettivamente essere autorizzate ad entrare nel territorio di quest’ultimo. Il loro scopo è pertanto quello di impedire ai passeggeri di raggiungere il territorio di tale Stato qualora non dispongano dei documenti di viaggio richiesti, che è lo stesso scopo perseguito da controlli svolti dalla polizia di frontiera all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne.
60      In secondo luogo, quanto all’esame dell’articolo 63, paragrafo 2, dell’AufenthG in relazione all’indizio di cui all’articolo 21, lettera a), seconda frase, ii), del regolamento n. 562/2006, si può ritenere che i controlli imposti da decisioni adottate ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 2, dell’AufenthG a vettori che gestiscano talune linee di autobus transfrontaliere si fondino su informazioni generali e sull’esperienza dei servizi di polizia in relazione a eventuali minacce per l’ordine pubblico, atteso che tali decisioni sono state adottate a seguito della trasmissione di un avvertimento ai vettori interessati, motivato dall’accertamento dell’ingresso, nel territorio tedesco, di stranieri sprovvisti dei documenti di viaggio richiesti utilizzando talune linee di autobus gestite dai vettori medesimi.
61      Per contro, ciò non avviene nel caso dei controlli imposti sulla base dell’obbligo previsto all’articolo 63, paragrafo 1, dell’AufenthG, poiché tale obbligo ha carattere generale, che riguarda tutte le linee di autobus transfrontaliere, indipendentemente dal comportamento delle persone interessate e da circostanze che attestino l’esistenza di una minaccia per l’ordine pubblico (v., per analogia, sentenza del 21 giugno 2017, A, C‑9/16, EU:C:2017:483, punto 55).
62      In terzo luogo, per quanto riguarda l’indizio figurante all’articolo 21, lettera a), seconda frase, iii) e iv), del regolamento n. 562/2006, è vero che il controllo dei documenti di viaggio effettuato dal personale dei vettori ai sensi dell’articolo 63 dell’AufenthG è, per sua stessa natura, meno approfondito di quello effettuato dalla polizia, non da ultimo in considerazione del fatto che tale personale non dispone né dell’esperienza, né delle risorse, ad esempio, l’accesso a banche dati, né dei pubblici poteri della polizia o di altre autorità equiparate. Così, da tale personale potrebbero essere accertate soltanto falsificazioni palesi di passaporti.
63      Tuttavia, come parimenti rilevato dal giudice del rinvio, dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale risulta che tale controllo dei documenti di viaggio deve essere effettuato sistematicamente nei confronti di tutti i viaggiatori su tutte le linee di autobus transfrontaliere.
64      Infatti, l’articolo 63, paragrafo 1, dell’AufenthG non contiene né precisazioni, né limitazioni riguardo all’intensità, alla frequenza e alla selettività dei controlli da effettuare in base a tale fondamento giuridico (v., per analogia, sentenza del 21 giugno 2017, A, C‑9/16, EU:C:2017:483, punti 57 e 59).
65      In tali circostanze, è altresì pacifico che i controlli di cui trattasi nel procedimento principale non sono effettuati sulla base di verifiche a campione.
66      In quarto luogo, per quanto riguarda gli elementi che, come ricordato al punto 54 della presente sentenza, possono servire da indizi dell’esistenza di un effetto equivalente alle verifiche di frontiera, in particolare quelli riguardanti l’ambito di applicazione territoriale di tali controlli e la distinzione tra il loro fondamento e quello dei controlli effettuati nel resto del territorio tedesco, si deve rilevare che, come sostenuto dalla Commissione nelle proprie osservazioni scritte, senza essere contraddetta al riguardo in udienza dinanzi alla Corte, i controlli da effettuare in forza dell’articolo 63 dell’AufenthG sono caratterizzati dal fatto che il loro evento generatore è proprio l’attraversamento di una frontiera interna.
67      Tale caratteristica fondamentale dei controlli di cui trattasi nei procedimenti principali, rilevata parimenti dall’avvocato generale al paragrafo 85 delle sue conclusioni, li distingue da quelli in esame in altre cause che hanno dato luogo a sentenze della Corte vertenti sull’interpretazione dell’articolo 21, lettera a), del regolamento n. 562/2006, più specificamente le sentenze del 22 giugno 2010, Melki e Abdeli (C‑188/10 e C‑189/10, EU:C:2010:363), del 19 luglio 2012, Adil (C‑278/12 PPU, EU:C:2012:508) e del 21 giugno 2017, A (C‑9/16, EU:C:2017:483), in cui si trattava di controlli di polizia in zone frontaliere non oltre 20 o 30 chilometri da una frontiera interna dello spazio Schengen.
68      Orbene, la circostanza che, nella specie, i controlli di cui trattasi nel procedimento principale siano caratterizzati dal nesso particolarmente stretto esistente con l’attraversamento di una frontiera interna, trattandosi proprio dell’evento generatore dei controlli medesimi, è particolarmente rivelatrice di un «effetto equivalente alle verifiche di frontiera», ai sensi dell’articolo 21, lettera a), del regolamento n. 562/2006.
69      Ciò è tanto più vero in quanto i controlli imposti ai sensi dell’articolo 63 dell’AufenthG e quelli effettuati nel resto del territorio tedesco poggiano su basi giuridiche distinte, sebbene il secondo tipo di controllo possa riguardare linee interne che coprono una distanza paragonabile ai tragitti transfrontalieri oggetto del primo tipo di controllo. Conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 54 della presente sentenza, una siffatta circostanza deve essere presa in considerazione nell’ambito della valutazione complessiva che esige la qualificazione di un sistema di controllo come misura avente un «effetto equivalente alle verifiche di frontiera», ai sensi dell’articolo 21, lettera a), del regolamento n. 562/2006.
70      Infatti, come altresì rilevato dal giudice del rinvio, l’articolo 63 dell’AufenthG si applica soltanto alle linee di trasporto a mezzo autobus che attraversano una frontiera interna dello spazio Schengen e non riguarda quelle circoscritte unicamente al territorio tedesco, le quali possono tuttavia presentare una distanza pari o addirittura superiore a tali linee transfrontaliere.
71      In tali circostanze, in considerazione della sussistenza di vari indizi di cui all’articolo 21, lettera a), seconda frase, del regolamento n. 562/2006, di una valutazione dell’importanza relativa dei medesimi nonché dell’assenza, nella normativa nazionale in esame nel procedimento principale, di precisazioni e di limitazioni sufficienti riguardo all’intensità, alla frequenza e alla selettività dei controlli imposti ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, dell’AufenthG, siffatti controlli devono essere qualificati come misura avente un «effetto equivalente alle verifiche di frontiera», vietata dall’articolo 21, lettera a) prima frase, di tale regolamento.
72      Ne deriva altresì che l’articolo 21, lettera a), del regolamento n. 562/2006 osta al meccanismo previsto all’articolo 63, paragrafo 2, dell’AufenthG nella parte in cui quest’ultimo mira a sanzionare il mancato adempimento dell’obbligo generale di controllo previsto all’articolo 63, paragrafo 1, dell’AufenthG sotto forma di una decisione di divieto di trasporto accompagnata dalla minaccia di imporre una sanzione pecuniaria. Un sistema sanzionatorio del genere non è, infatti, compatibile con il menzionato articolo 21, lettera a), essendo imposto per assicurare il rispetto di un obbligo di controllo che, a sua volta, non è conforme a tale disposizione.
73      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 67, paragrafo 2, TFUE nonché l’articolo 21 del regolamento n. 562/2006 devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che obblighi qualsiasi impresa di trasporto a mezzo autobus che offra un servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen con destinazione il territorio di tale Stato membro a controllare il passaporto e il titolo di soggiorno dei passeggeri prima dell’attraversamento di una frontiera interna, onde evitare il trasporto di cittadini di paesi terzi sprovvisti di tali documenti di viaggio verso il territorio nazionale, e che consenta alle autorità di polizia, al fine di far rispettare tale obbligo di controllo, di adottare una decisione che vieti siffatti trasporti, accompagnata da una minaccia di sanzioni pecuniarie nei confronti delle imprese di trasporto in capo alle quali sia stato accertato che hanno trasportato in tale territorio cittadini di paesi terzi sprovvisti di detti documenti di viaggio.
 Sulle spese
74      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
L’articolo 67, paragrafo 2, TFUE nonché l’articolo 21 del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen), come modificato dal regolamento (UE) n. 610/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che obblighi qualsiasi impresa di trasporto a mezzo autobus che offra un servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen con destinazione il territorio di tale Stato membro a controllare il passaporto e il titolo di soggiorno dei passeggeri prima dell’attraversamento di una frontiera interna, onde evitare il trasporto di cittadini di paesi terzi sprovvisti di tali documenti di viaggio verso il territorio nazionale, e che consenta alle autorità di polizia, al fine di far rispettare tale obbligo di controllo, di adottare una decisione che vieti siffatti trasporti, accompagnata da una minaccia di sanzioni pecuniarie nei confronti delle imprese di trasporto in capo alle quali sia stato accertato che hanno trasportato in tale territorio cittadini di paesi terzi sprovvisti di detti documenti di viaggio.
Dal sito http://curia.europa.eu


Regolamento di esecuzione (UE) della Commissione 7 dicembre 2018, n. 1935/2018 (G.U.U.E., 11 dicembre 2018, n. L 314), che stabilisce i moduli di cui al regolamento (UE) 2016/1103 del Consiglio che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell'esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi

Regolamento di esecuzione (UE) della Commissione 11 dicembre 2018, n. 1990/2018 (G.U.U.E., 17 dicembre 2018, n. L 320), che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell'esecuzione delle decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate

martedì 11 dicembre 2018



Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, Raccolta pareri, pubblicazione on line, 24 settembre 2018, Diritto dei consiglieri comunali ex art.43, comma 2 TUOEL, ad accedere agli atti relativi ai servizi erogati dal Piano Sociale di Zona


Nell’ipotesi in cui gli Uffici comunali non dispongano degli atti richiesti dal consigliere comunale nell'esercizio del diritto di accesso che riguardano, nella specie, una associazione in ambiti territoriali tra comuni come prevista, tra l’altro, dalla legge regionale - a cui il Comune contribuisce mediante finanziamenti a valere sui propri bilanci - che si avvale dell'Ufficio di Piano individuato quale struttura tecnica di supporto per la realizzazione del piano di zona, in carenza di specifiche disposizioni in merito che deleghino la struttura affidataria del servizio, sarà tale ultimo soggetto a corrispondere al consigliere comunale gli atti richiesti, nei tempi previsti.

E’ stato formulato un quesito in materia di accesso agli atti da parte dei consiglieri comunali. In particolare, è stato chiesto quale sia la corretta modalità di esercizio del diritto di accesso nell’ipotesi i cui gli Uffici comunali non dispongano degli atti richiesti e che, dunque, abbiano necessità di reperire i dati e le informazioni presso altro soggetto competente per la gestione del servizio.

Al riguardo, come anche osservato da codesta Prefettura, al consigliere comunale è riconosciuto dalle vigenti disposizioni (art.43, comma 2, del decreto legislativo n.267/00) il diritto di ottenere dagli uffici del comune, nonché dalle proprie aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato.
Il comune con l’articolo 38 dello Statuto ha ribadito sostanzialmente il diritto in parola, "nel rispetto delle modalità prefissate dall’art.43 del TUEL".

Il regolamento per il diritto di accesso adottato dal Comune contiene disposizioni di dettaglio nella materia, prevedendo all’articolo 8, comma 2, che il diritto in parola si esercita presso gli uffici dell’amministrazione comunale, nonché presso enti, istituzioni e altri enti gestori di servizi pubblici locali."Per notizie e informazioni si intendono dati già formati ancorché non tradotti in atti o documenti amministrativi per i quali non sia richiesta alcuna elaborazione fatta salva quella di mera raccolta".

L’articolo 9 del regolamento precisa, inoltre, che l'accesso agli atti e documenti è effettuato presso il responsabile di servizio titolare o individuato su richiesta formale.

Nel caso in esame il Piano Sociale di zona a cui la documentazione richiesta farebbe riferimento, sembrerebbe corrispondere, sulla base delle indicazioni rintracciabili nel portale internet, all'Ufficio di Piano individuato quale struttura tecnica di supporto per la realizzazione del piano di zona previsto dall’art.23, comma 1, della legge regionale n.11/2007.

La struttura in parola è in sostanza una associazione in ambiti territoriali tra comuni come prevista, tra l’altro, dall’articolo 10 della citata legge regionale n.11/2007.

Premesso che il Comune in parola contribuisce al funzionamento dell’Associazione mediante finanziamenti a valere sui propri bilanci, è acclarato il diritto del consigliere comunale ad accedere agli atti del Piano sociale di Zona.

Nella fattispecie, valendo l'esercizio sostanziale del diritto, qualora il Comune non sia in possesso immediato degli atti richiesti, in carenza di specifiche disposizioni in merito che deleghino la struttura affidataria del servizio, sarà il Piano Sociale di Zona a corrispondere al consigliere comunale gli atti richiesti, nei tempi previsti.



Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, Raccolta pareri, pubblicazione on line, 27 settembre 2018, Diritto di informazione ed accesso agli atti e documenti da parte dei consiglieri comunali.


Art.43 del d.lgs. n.267/2000. In materia di “diritto di accesso” dei consiglieri comunali in ordine agli atti in possesso dell'Amministrazione comunale, al fine di evitare che eventuali continue richieste si trasformino in un aggravio dell'ordinaria attività amministrativa dell'ente locale, la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi ha riconosciuto la possibilità per il consigliere comunale di avere accesso diretto al sistema informatico interno (anche contabile) del Comune attraverso l'uso della password di servizio (cfr. parere del 29.11.2009).
Conformemente alla vigente normativa in materia di digitalizzazione della pubblica amministrazione (in particolare, art. 2 del d.lgs. n.82/2005), qualora si tratti di esibire documentazione complessa e voluminosa, è altresì legittimo il rilascio di supporti informatici al consigliere o la trasmissione mediante posta elettronica, in luogo delle copie cartacee.


E' stato posto un quesito in materia di diritto di accesso esercitabile dai consiglieri comunali. Al riguardo, si rappresenta che il "diritto di accesso" ed il "diritto di informazione" dei consiglieri comunali in ordine agli atti in possesso dell'Amministrazione comunale trovano la loro disciplina specifica nell’art.43 del decreto legislativo n.267/00 il quale riconosce il diritto di ottenere dagli uffici del comune, nonché dalle proprie aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato.

Il diritto dei consiglieri ha una ratio diversa da quella che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti amministrativi riconosciuto alla generalità dei cittadini (ex articolo 10 del richiamato decreto legislativo n.267/00) ovvero a chiunque sia portatore di un "interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso" (ex art.22 e ss. della legge 7 agosto 1990, n.241).
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n.4525 del 5 settembre 2014, ha affermato che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale (Cons. Stato, Sez.V, 17 settembre 2010, n.6963; 9 ottobre 2007, n.5264), i consiglieri comunali hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d'utilità all'espletamento delle loro funzioni, ciò anche al fine di permettere di valutare - con piena cognizione - la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale.

Gli unici limiti all'esercizio del diritto di accesso dei consiglieri comunali possono rinvenirsi nel fatto che esso deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali, attraverso modalità che ragionevolmente sono fissate nel regolamento dell'ente; inoltre, non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche, ovvero meramente emulative, fermo restando, tuttavia, che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto stesso (C.d.S. Sez. V n.6993/2010).

In merito alle segnalate fattispecie di rilascio di ingenti copie di atti, si osserva che il diritto si esercita con l'unico limite di potere esaudire la richiesta (qualora essa sia di una certa gravosità) secondo i tempi necessari per non determinare interruzione delle altre attività di tipo corrente (cfr. C.d.S. 4855/2006)… e ciò in ragione del fatto che il consigliere comunale non può abusare del diritto all'informazione riconosciutogli dall'ordinamento, pregiudicando la corretta funzionalità amministrativa dell'ente civico con richieste non contenute entro i limiti della proporzionalità e della ragionevolezza (v. C.d.S. n.4471/05 del 2.09.2005).

Sempre secondo il Consiglio di Stato è necessario contemperare l'esigenza dei consiglieri ad espletare il proprio mandato con quella dell'amministrazione al regolare svolgimento della propria attività, con una specifica disciplina in merito all'esercizio del diritto.
Anche la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi (Plenum 6.7.2010) ha più volte precisato che, per non impedire od ostacolare lo svolgimento dell'azione amministrativa, fermo restando che il diritto di accesso non può essere garantito nell'immediatezza in tutti i casi, o con mezzi estranei all'organizzazione attuale dell'ente, "…rientrerà nelle facoltà del responsabile del procedimento dilazionare opportunamente nel tempo il rilascio delle copie richieste, al fine di contemperare tale adempimento straordinario con l'esigenza di assicurare l'adempimento dell'attività ordinaria, mentre il consigliere avrà facoltà di prendere visione, nel frattempo, di quanto richiesto negli orari stabiliti presso gli uffici comunali competenti".

Infatti, è stata segnalata la necessità che la formulazione di richieste da parte dei consiglieri sia il più possibile precisa, riportando l'indicazione degli oggetti di interesse ed evitando adempimenti gravosi o intralci all'attività ed al regolare funzionamento degli uffici (C.d.S. sent. n.4471/2005; n.5109/2000; n.6293/2002).

Pertanto, proprio al fine di evitare che le continue richieste di accesso si trasformino in un aggravio dell'ordinaria attività amministrativa dell'ente locale, la citata Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi ha riconosciuto la possibilità per il consigliere comunale di avere accesso diretto al sistema informatico interno (anche contabile) del Comune attraverso l'Uso della password di servizio (cfr. parere del 29.11.2009).

Qualora si tratti di esibire documentazione complessa e voluminosa, appare, altresì, legittimo il rilascio di supporti informatici al consigliere, o la trasmissione mediante posta elettronica, in luogo delle copie cartacee. Tale modalità, peraltro, è conforme alla vigente normativa in materia di digitalizzazione della pubblica amministrazione (decreto legislativo n.82 del 7 marzo 2005), che all’articolo 2 prevede che anche "le autonomie locali assicurano la disponibilità, la gestione, l'accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell'informazione in modalità digitale e si organizzano ed agiscono a tale fine utilizzando con le modalità più appropriate le tecnologie dell'informazione e della comunicazione".