In tema di voto c.d. ‘disgiunto’
Cons. di Stato, V, 27 novembre 2015, n. 5384
E’ tuttora vigente l’art. 57, c. 7, del T.U.
570/1960 (secondo cui “sono inefficaci le preferenze per candidati compresi in
una lista diversa da quella votata”), per effetto del quale le schede recanti
il voto per il candidato alla carica di sindaco e il voto di preferenza per un
candidato alla carica di consigliere comunale di altra lista devono essere
considerate valide per il sindaco e la lista a lui collegata ed inefficaci
relativamente al voto di preferenza.
Il criterio del c.d. voto disgiunto rileva
unicamente al fine dell'elezione del sindaco, ai sensi dell'art. 72, c. 3, del d.lgs. 267/2000,
norma che regola, appunto, l'elezione del sindaco e non quella del consiglio
comunale, mentre non ha attinenza con il voto di preferenza, disciplinato dal
citato art. 57 T.U. e dall'art. 73, c. 3, del citato d.Lgs., ai sensi del quale
“ciascun elettore può esprimere ... un voto di preferenza per un candidato
della lista da lui votata, scrivendone il nome sull'apposita riga posta a
fianco del contrassegno”
FATTO
1.- In data 25 maggio 2014 si svolgevano nel comune di P. le
elezioni per il rinnovo del sindaco e del consiglio comunale.
Alla competizione elettorale partecipava il sig. G.D.F. in
qualità di candidato consigliere, nell'ambito della lista n. 8 denominata
"Persone comuni per P.".
All'esito dello spoglio delle schede elettorali, al sig. G.D.F.
venivano assegnati n. 267 voti e al sig. A.S. voti n. 270, che risultava,
pertanto, unico eletto della citata lista n. 8, collegata al sindaco vincente.
1b.- Avverso l'atto di proclamazione degli eletti alla carica
di consigliere comunale, il signor G.D.F. proponeva ricorso al T.A.R. …, nella
parte in cui il seggio era stato attribuito al sig A.S..
Il ricorrente lamentava la mancata assegnazione di n. 3 voti
nella sezione n. 97, in quanto il suo nominativo era stato scritto nel rigo
corrispondente alla lista "Persone comuni per P." ma il crocesegno
risultava apposto sul simbolo della lista n. .. "Movimento 5 stelle".
Analoga situazione, a suo avviso, si sarebbe verificata nella
sezione n. …, per “almeno uno o due voti disgiunti”, e nella sezione .. per
cinque schede, dove il crocesegno risulterebbe apposto sul simbolo di liste
collegate a candidati alla carica di sindaco diversi da quello collegato alla
lista n. 8.
Il T.A.R., con ordinanza 419/2014, incaricava la Prefettura di P. di
procedere alla verificazione delle schede in questione nell’ambito delle
sezioni indicate.
All'esito delle operazioni di verificazione nella sezione n. ..
venivano rinvenute tre schede “due delle quali riportano il nome D.F. sul rigo
corrispondente alla lista n. .., Persone comuni per P., e con segno di croce sul
contrassegno della lista n. .., Movimento 5 Stelle, e la terza che riporta il
nome D.F. sul rigo corrispondente alla lista n. .., Persone comuni per P., e
con segno di croce sul contrassegno della lista n. .., Movimento 5 Stelle, e
sul nome del candidato sindaco E.S.”, tutto posto all’interno della busta n. 6,
contenente le schede valide votate.
Il T.A.R., con sentenza n. 4, depositata il 2 gennaio 2015, ha
rigettato il ricorso, ritenendo che l’attribuzione delle preferenze in favore
del ricorrente avrebbe comportato la sottrazione dei voti dalla lista n. …
"Movimento 5 stelle" per assegnarli alla lista n. … "Persone
comuni per P.", nonostante che il relativo simbolo non fosse stato barrato
e, comunque, che l’espressione di voto per una lista diversa da quella a cui
appartiene il sig. G.D.F. non avrebbe reso possibile l’assegnazione della
preferenza in suo favore.
Avverso la sentenza ha proposto appello il sig. G.D.F..
Si è costituito in giudizio il sig. A.S. che ha chiesto di
rigettare l'appello e, contestualmente, ha spiegato appello incidentale.
La causa è stata assunta in decisione all'udienza pubblica del
5 novembre 2015.
DIRITTO
2.- Il Collegio ritiene che, preliminarmente, vadano esaminate
le eccezioni sollevate nell'appello incidentale dal sig. A.S., che sostiene che
l'appello principale sia inammissibile per violazione dell'art. 104 c.p.a.,
avendo l'appellante fondato il proprio ricorso su motivi diversi da quelli
introdotti in primo grado.
La doglianza non è condivisibile.
Il divieto dei “nova” sancito dall'art. 104, comma 1, del
c.p.a. presuppone, infatti, la produzione di censure ulteriori rispetto a
quelle proposte, con atti ritualmente notificati, che hanno delimitato il
perimetro del thema decidendum in prime cure.
Tale ipotesi non ricorre nel caso di specie, essendosi
l'appellante limitato a confutare le argomentazioni presenti nella sentenza
impugnata, per cui l'impugnazione proposta non può essere ritenuta
inammissibile.
2b.- Parimenti infondata è la censura avanzata dall'appellante
incidentale avverso la decisione del T.A.R., che ha ritenuto ammissibile il
ricorso proposto in primo grado dal sig. D.F., malgrado egli abbia sostenuto
che il ricorso fosse generico e sfornito di prova a sostegno delle doglianze
mosse nei confronti dell'operato dell'ufficio elettorale.
Il signor D.F., invero, ha precisato la natura del vizio
denunziato e cioè l'illegittima sottrazione di "almeno" quattro voti
di preferenza espressi in suo favore, quale candidato consigliere della lista
"Persone comuni per P.", indicando le schede in contestazione e, come
evidenziato dal T.A.R., ha fornito elementi concreti per individuare le 4
schede, mentre l'avverbio "almeno" sarebbe da considerare espressione
prudenziale, al fine di individuare un numero minimo di schede di cui veniva
richiesta la verifica.
Resta fermo, peraltro, che nei giudizi elettorali è consolidato
il principio secondo il quale, la specificità dei motivi e l'onere della prova
dei fatti contestati sono da considerasi "attenuati in considerazione
della obiettiva difficoltà in cui versa chi ha interesse a contestare le
operazioni elettorali".
Nel merito, tuttavia, l'appello è infondato e va respinto.
3.- Con il primo motivo di censura l'appellante lamenta la
violazione e falsa applicazione degli artt. 57 e 64 del D.P.R. n. 570 del 1960,
dell'art. 72, comma 3, del D. Lgs. n. 267/2000 e del principio del così detto
"favor voti" e del voto disgiunto.
L'appellante contesta che la preferenza espressa per una lista
condizioni la possibilità di esprimere anche la preferenza per un candidato di
altra lista.
La tesi non può essere condivisa.
Come rappresentato nelle premesse, dall'esame delle tre schede
votate nella sezione n. 97, è dato rilevare che due riportano il nome D.F. sul
rigo corrispondente alla lista n. .. (Persone comuni per P.), con segno di
croce sul contrassegno della lista n. …(Movimento
5 Stelle) e la terza riporta il nome Di Federico sul rigo corrispondente alla
lista n. .. (Persone comuni per P.) con segno di croce sul contrassegno della
lista n…. (Movimento 5 Stelle), e sul nome del candidato sindaco E.S..
Gli elettori hanno, quindi, dato il proprio voto alla lista
"Movimento 5 stelle" e nel contempo hanno dato il voto di preferenza
ad un candidato di una diversa lista (cioè al sig. G.D.F. della lista
"Persone comuni per P.").
La casistica in parola è prevista e regolata dall'art. 57,
comma 7, del T.U. 16 maggio 1960 n. 570, secondo cui "sono inefficaci le
preferenze per candidati compresi in una lista diversa da quella votata",
per cui le schede recanti il voto per il candidato alla carica di sindaco e il
voto di preferenza per un candidato alla carica di consigliere comunale di
altra lista devono essere considerate valide per il sindaco e la lista a lui
collegata ed inefficaci relativamente al voto di preferenza.
Si tratta di norma tuttora vigente, perché non abrogata (a
differenza dei primi tre commi delle stesso articolo del Testo unico) dal
sopravvenuto articolo 34 della legge 25 marzo 1993, n. 81.
Priva di riscontro è la tesi dell'appellante, che il voto di preferenza
avrebbe un "maggior peso" rispetto al voto di lista, nell'assunto che
la preferenza espressa sarebbe valevole non solo come voto al candidato ma
anche come voto per la lista.
Come già evidenziato da questa Sezione (cfr. sentenza n. 4069
del 28 luglio 2005) il criterio del così detto "voto disgiunto"
rileva unicamente al fine dell'elezione del sindaco, a termini dell'art. 72,
comma 3, del D.lgs. n. 267/2000 che regola, appunto, l'elezione del sindaco e
non quella del consiglio comunale.
Secondo tale norma l'elettore, una volta scelto il candidato
sindaco, può validamente attribuire il voto ad una delle liste collegate al
medesimo candidato (in tal caso l'unico voto apposto su una qualunque delle
liste implica anche la scelta del candidato sindaco) oppure ad altra che
sostenga un diverso candidato sindaco (e in questa diversa evenienza l'elettore
apporrà un segno sul rettangolo del candidato sindaco ed un secondo sul simbolo
di lista, non collegata, prescelta).
Il voto disgiunto non ha attinenza, invece, con il voto di
preferenza, regolamentato, come già accennato, dall'art. 57 del D.P.R. 16. 5.
1960, n. 570 e dall'art. 73 del D.Lgs. n. 267/2000 che, al comma 3, dispone che
«ciascun elettore può esprimere ... un voto di preferenza per un candidato della
lista da lui votata, scrivendone il nome sull'apposita riga posta a fianco del
contrassegno».
Orbene, alla luce delle suddette regole, si può concludere che,
nel caso di specie, pur sussistendo un valido voto di lista, non sussiste alcun
valido voto di preferenza.
3b.- Come ritenuto dal T.A.R., inconferente è la censura
avanzata in primo grado e riproposta in sede di appello, con cui il signor G.D.F.
sostiene la "scarsa comprensibilità della scheda riguardo alla possibilità
per l'elettore di esprimere validamente il voto disgiunto".
La problematica, infatti, coinvolgendo l'intero procedimento
elettorale, non è suscettibile di esame nell'instaurato giudizio, anche in
relazione al petitum.
4.- Con un ulteriore motivo di censura l'appellante lamenta la
violazione e falsa applicazione degli artt. 57 e 64 del D.P.R. n. 570 del 1960,
dell'art. 72, comma 3, del D.Lgs. n. 267/2000 e del principio così detto
"favor voti".
L'appellante sostiene che la sentenza del Tribunale sarebbe
errata laddove, a seguito della verificazione effettuata dalla Prefettura, non
sarebbe stato a lui assegnato un voto di preferenza, espresso con una scheda
rinvenuta nella sezione n. …, che presenta una croce sul contrassegno della
lista n. 5 "P. D. Partito Democratico per P." e una croce sul
contrassegno della lista n. .. "Persone comuni per P." con a fianco
la scritta D.F..
A prescindere dalla non incidenza di detto singolo voto sul
risultato elettorale, tenuto conto di quanto già rappresentato in tema di voto
disgiunto non può che osservarsi che il voto espresso è nullo, non essendo
possibile comprendere in quali termini l’elettore si sia voluto determinare,
avendo espresso la preferenza per un candidato, ma contrassegnando i simboli di
due liste diverse.
5.- L'eccezione di nullità ex art. 101 c.p.a. avanzata dal sig.
A.S., in ordine alla operazioni di verifica delle schede elettorali che, a suo
dire, si sarebbero svolte in difetto di contraddittorio, è da ritenersi
assorbita per carenza di interesse, a seguito della ritenuta infondatezza
dell'appello principale.
6.- Le spese del presente grado di giudizio, per la complessità
interpretativa propria della materia del contendere, vanno giustificatamente,
compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo
respinge.
Spese del presente grado di giudizio compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.