Corte Dei Conti – Sezione delle
Autonomie 12 maggio 2017, n. 11/SEZAUT/2017/QMIG,
Principio di gratuità degli incarichi
conferiti dalle pubbliche amministrazioni a titolari di cariche elettive.
Applicazione art. 5, comma 5, d.l. n. 78/2010 convertito, con modificazioni, dalla
legge 30 luglio 2010, n. 122.
Antecedentemente all’entrata in vigore del d.l. 24 aprile 2017, n.
50, resta fermo il principio interpretativo affermato dalla giurisprudenza
contabile che esclude che il titolare di cariche elettive possa percepire ulteriori
emolumenti per “lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle
pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31
dicembre 2009, n. 196, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di
qualsiasi tipo”, fatta eccezione unicamente per quelli ex lege di cui alla
deliberazione n. 11/SEZAUT/2016/QMIG. Il principio di gratuità trova
applicazione a prescindere dalla dimensione dell’ente in cui la carica
elettiva è svolta. Detto principio si applica anche nelle ipotesi in cui
l’assunzione della titolarità della carica elettiva sia successiva al
conferimento dell’incarico e, in mancanza di una specifica distinzione
normativa, anche per gli “incarichi” di cui all’art. 90 del d.lgs. n.
267/2000 (TUEL).
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PREMESSO
1. La Sezione di controllo per la Regione Sardegna,
con le deliberazioni n. 1 e n. 2 del 19 gennaio 2017, e sulla base di richieste
di parere presentate, per il tramite del Consiglio delle Autonomie Locali della
Sardegna, dai Comuni di B. e di U., ha sottoposto al Presidente della Corte dei
conti la valutazione dell’opportunità di deferire alla Sezione delle autonomie,
ai sensi dell’art. 6, comma 4, del d.l. 10 ottobre 2012 n. 174, od alle Sezioni
riunite, ai sensi dell’art. 17, comma 31, del d.l. n. 78/2009, la questione di
massima di interesse generale in merito a tre quesiti concernenti l’ambito di
applicazione dell’art. 5, comma 5, del d.l. n. 78 del 2010 che introduce il
principio di gratuità di tutti gli incarichi conferiti dalle pubbliche
amministrazioni ai titolari di cariche elettive.
I quesiti sono i seguenti:
1) se nei confronti della
disciplina vincolistica sopra richiamata possano configurarsi particolari
fattispecie di esclusione oltre ai casi contemplati nella deliberazione n.
11/SEZAUT/2016/QMIG del 31 marzo 2016 della Sezione delle autonomie della Corte
dei conti, con riferimento alla condizione dei titolari di cariche elettive nei
Comuni di ridotte dimensioni demografiche;
2) se la medesima disciplina
debba trovare integrale applicazione anche nelle ipotesi in cui l’assunzione
della titolarità della carica elettiva sia successiva al conferimento
dell’incarico;
3) se la dicitura "qualsiasi
incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni" debba ricomprendere, e
con quali modalità, anche gli incarichi di cui all’art. 90 del d.lgs. n. 267
del 2000.
Il testo della norma anteriore
all’integrazione introdotta dal legislatore, nelle more di questa
deliberazione, con il decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 (di cui si tratterà
più oltre nelle considerazioni in diritto), dopo aver richiamato il regime
delle incompatibilità vigente, non dispone un divieto di assunzione di
ulteriori incarichi da parte dei titolari di cariche elettive, ma esclude per
costoro la possibilità di percepire ulteriori emolumenti, senza alcuna
eccezione e facendo salvi solo i rimborsi spese e i gettoni di presenza per la
partecipazione a sedute di organi collegiali di qualsiasi tipo. L’orientamento
consolidato delle Sezioni regionali di controllo (fra le altre: Lombardia,
deliberazioni n. 144/2011/PAR, n. 199/2012/PAR, n. 257/2012/PAR, n.
38/2015/PAR, n. 124/2016/PAR, n. 126/2016/PAR, n. 174/2016/PAR, n.
287/2016/PAR; Puglia, deliberazione n. 123/2015/PAR e n. 160/2013/PAR;
Emilia-Romagna, deliberazione n. 149/2015/PAR; Veneto, deliberazione n.
326/2012/PAR) ha ricondotto nell’alveo di applicazione del principio di
gratuità imposto dalla norma vincolistica in esame lo svolgimento di “qualsiasi
incarico” conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3
dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora da queste ultime
attribuito al titolare di carica elettiva.
In sede di nomofilachia la Sezione delle autonomie
(deliberazione n. 11/SEZAUT/2016/QMIG del 31 marzo 2016) ha ritenuto possibile
configurare una eccezione al principio di tendenziale gratuità di tutti gli
incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni ai titolari di cariche
elettive con esclusivo riferimento ai collegi dei revisori dei conti e
sindacali e ai revisori dei conti purché incaricati successivamente all'entrata
in vigore dell'art. 5, comma 5, del d.l. n. 78/2010 ed al nuovo sistema di
nomina dell'organo di revisione degli Enti locali e con titolarità di carica
elettiva in ambito territoriale di altra Provincia. Ciò in coerenza con il mutato
quadro normativo ulteriormente ridefinito con l’introduzione dell’art. 35, co.
2-bis del d.l. 9 febbraio 2012, n. 5 (inserito dalla legge di conversione 4
aprile 2012, n. 35) ed in precedenza significativamente già innovato in
relazione al sistema di reclutamento dell’organo di revisione.
La Sezione regionale di
controllo remittente, pur richiamando tale ultima deliberazione nonché la
sentenza n. 151/2012 in cui la Corte Costituzionale, con specifico riguardo alla
ratio della normativa de qua, la definisce quale “espressione di una scelta di
fondo, diretta a connotare la disciplina settoriale degli incarichi conferiti
ai titolari delle cariche elettive e, nel contempo, a ridurre gli oneri della
finanza pubblica”, ritiene che, tuttavia, alla luce della ridotta dimensione
demografica dei Comuni interessati, della peculiarità del caso rappresentato da
uno di tali enti locali (incarico conferito dalla pubblica amministrazione ai
titolari di cariche elettive che hanno assunto la titolarità di dette cariche elettive
in epoca successiva al conferimento dell’incarico) e della particolare natura
degli incarichi previsti dall’art. 90 del TUEL, sussistano “elementi certamente
suscettibili di creare ulteriori dubbi esegetici, non affrontati espressamente
dalla Sezione delle autonomie nella citata deliberazione”.
In particolare:
1) riguardo al primo quesito, la Sezione remittente ha
evidenziato che negli enti di ridotte dimensioni demografiche agli
Amministratori spettano le indennità piuttosto esigue di cui al decreto
ministeriale n. 119/2000. La medesima Sezione ritiene, pertanto, che, data
l’ampiezza della locuzione normativa “qualsiasi incarico conferito”, si debbano
operare delle distinzioni tra le diverse fattispecie di incarico ipotizzabili.
Il principio di gratuità degli incarichi sarebbe, infatti, eccessivamente
penalizzante nei confronti dei titolari di cariche pubbliche in piccoli Comuni
e potrebbe determinare in capo agli stessi una compressione del diritto
all’elettorato passivo.
2) Quanto al secondo quesito, la Sezione remittente osserva
che, nelle ipotesi in cui l’incarico è stato conferito prima dell’assunzione
della titolarità della carica elettiva, non vi sarebbe in concreto una elusione
della ratio normativa della disposizione (costituita dal disincentivo sia per i
rappresentanti dei cittadini ad assumere altri incarichi oltre a quelli
attribuiti elettivamente, sia per le pubbliche amministrazioni ad indirizzare
la propria scelta verso titolari di cariche elettive piuttosto che verso altri
professionisti), in quanto il soggetto ha assunto la titolarità di cariche
elettive in epoca successiva al conferimento dell’incarico. Anzi,
l’applicazione retroattiva delle norme restrittive travolgerebbe i diritti e
gli obblighi già sorti tra le parti contrattuali.
3) Circa il terzo quesito,
infine, la Sezione
remittente rappresenta che, con riguardo agli incarichi previsti dall’art. 90
del TUEL, l’attività svolta costituisce una prestazione d’opera a cui
normalmente corrisponde una controprestazione economica. Tali incarichi,
inoltre, configurano dei rapporti di natura contrattuale che sembrano mal
conciliarsi con il principio della gratuità dell’incarico, anche in relazione
alla portata precettiva dell’art. 36 della Costituzione, che sancisce il
diritto del lavoratore alla giusta retribuzione.
Il Presidente della Corte, con
propria ordinanza n. 6 del 23 febbraio 2017, ha deferito l’esame e la pronuncia
della prospettata questione alla Sezione delle autonomie.
CONSIDERATO
I. La questione di massima sollevata
dalla Sezione remittente con deliberazioni n. 1/2017/PAR e n. 2/2017/PAR del 19
gennaio 2017, deferita alla Sezione delle autonomie con ordinanza del
Presidente della Corte n. 6 del 23 febbraio 2017, verte su alcune problematiche
interpretative afferenti l’ambito di applicazione dell’art. 5, co. 5, del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge
30 luglio 2010, n. 122 che, nell’ambito delle disposizioni per la riduzione del
costo degli apparati politici ed amministrativi, ha introdotto il principio di
gratuità di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni a
titolari di cariche elettive.
Si premette che la norma
costituisce principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica,
ascrivibile alla competenza legislativa dello Stato, ai sensi dell’art. 117,
terzo comma, Cost. (in termini: Corte Costituzionale, sentenza n. 151/2012) e
pertanto è dettata ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica,
in quanto risponde all’imprescindibile esigenza di unitarietà del sistema di
finanza pubblica.
Rispetto alla corretta
interpretazione ed applicazione della richiamata normativa, la Sezione regionale di
controllo per la Sardegna
ha formulato altri ed ulteriori dubbi esegetici, che involgono aspetti in parte
diversi da quelli già esaminati, in sede di nomofilachia, dalla Sezione delle
autonomie con la recente deliberazione n. 11/SEZAUT/2016/QMIG, legati a
particolari situazioni (dalla medesima rappresentate) per dirimere le quali ha
ravvisato l’esigenza, in via preventiva, di una decisione nomofilattica. In
particolare la Sezione
chiede:
1) se possano configurarsi
fattispecie di esclusione dell’applicabilità del surriferito principio di
gratuità degli incarichi con riferimento alla condizione dei titolari di
cariche elettive nei Comuni di ridotte dimensioni demografiche (in specie
Comuni aventi, rispettivamente, n. 556 e n. 1.310 abitanti);
2) se la disposizione
vincolistica di cui all’art. 5, comma 5, del d.l. n. 78/2010 debba trovare
integrale applicazione anche nelle ipotesi in cui l’assunzione della titolarità
della carica elettiva sia successiva al conferimento dell’incarico;
3) se tra gli incarichi
attribuiti ai titolari di cariche elettive, a cui si applica l’art. 5, comma 5,
del d.l. n. 78 del 2010, rientrino anche quelli di cui all’art. 90 del d.lgs.
n. 267 del 2000.
Nelle more delle risoluzione
della questione di massima deferita è entrato in vigore il decreto legge n.
50/2017 recente “Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a
favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da
eventi sismici e misure per lo sviluppo” (di cui in pari data il Governo ha
presentato al Parlamento il disegno di legge di conversione) che ha introdotto un
comma aggiuntivo all’art. 5, comma 5, del d.l. 78/2010, attenuando il principio
di gratuità degli incarichi, ivi contemplato, nei confronti dei titolari di
cariche elettive di Regioni ed enti locali, fermo restando l’obbligo di
rispetto dei limiti di spesa previsti dalla normativa vigente.
Il comma 4 dell’art. 22
dell’intervenuto decreto legge, infatti, integra il comma 5 dell’articolo 5 del
d.l. n. 78/2010, aggiungendo la disposizione che esclude, tra gli incarichi
conferiti ai titolari di cariche elettive dalle amministrazioni pubbliche di
cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n.196 per i quali
vige il principio di gratuità, quelli aventi ad oggetto prestazioni
professionali, conferiti dalle predette amministrazioni a titolari di cariche
elettive di Regioni ed enti locali, purché la pubblica amministrazione
conferente operi in ambito territoriale diverso da quello dell’ente presso il
quale è rivestita la carica elettiva, all’uopo precisando che, in caso di
carica elettiva comunale, l’ambito in cui opera la pubblica amministrazione
conferente deve essere riferito ad area provinciale o metropolitana diversa da
quella dell’ente presso il quale è rivestita la carica elettiva.
La novella disposizione precisa,
altresì, che il conferimento deve essere effettuato nel rispetto dei limiti di
spesa previsti dalla normativa vigente.
È necessario, pertanto,
verificare quali siano gli effetti della nuova disposizione sulle fattispecie
in esame.
Infatti, se pur espressamente
qualificati (art. 77 Cost.) come “provvedimenti provvisori” i decreti legge
sono immediatamente efficaci, ovviamente nel rispetto delle condizioni tutte
poste dalla Costituzione, ed hanno forza di legge: sono atti normativi del
Governo parificati alla legge, sia come capacità di innovare nell’ambito
dell’ordinamento giuridico, che come resistenza all’abrogazione da parte di
fonti subordinate.
Nello specifico, la novella di
che trattasi produce i suoi effetti a decorrere dal 24 aprile 2017, non avendo
efficacia retroattiva poiché non reca l’interpretazione autentica dell’art. 5,
comma 5, del d.l. n. 78/2010 ma (come pure si legge nella relazione tecnica ex
art. 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009 n. 196, e successive
modificazioni - A.C. 4444 ) integra detto comma, innovandolo, al fine di
attenuare «il vigente divieto di corresponsione di compensi nei confronti dei
titolari di cariche elettive che svolgono incarichi conferiti dalle pubbliche
amministrazioni…».
In proposito si richiama la
giurisprudenza costituzionale (ex multis: sentenze n.155 e n. 380 del 1990; n.
246, n. 440, n. 454 e n. 455 del 1992; n. 39 e n.424 del 1993, n. 397 del 1994)
che costantemente ha precisato che si deve riconoscere il carattere
interpretativo soltanto a una legge che, fermo il tenore testuale della norma
interpretata, ne chiarisce il significato normativo ovvero privilegia una tra
le tante interpretazioni possibili, allo scopo di imporre a chi è tenuto ad
applicare la disposizione considerata un determinato significato normativo.
La disposizione, pertanto, deve
essere applicata alla luce del principio di irretroattività della norma:
principio cardine del nostro ordinamento giuridico, nonché fondamento dello
Stato di diritto e conditio sine qua non della certezza del diritto stesso, a
mente di quanto disposto dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in
generale.
In conseguenza:
1. per il periodo antecedente all’entrata in vigore del d.l. 24
aprile 2017 resta fermo il principio interpretativo enunciato dalla
giurisprudenza contabile che esclude che il titolare di cariche elettive possa
percepire ulteriori emolumenti per “lo svolgimento di qualsiasi incarico
conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1
della legge 31 dicembre 2009, n. 196 , inclusa la partecipazione ad organi
collegiali di qualsiasi tipo”, fatta eccezione per quelli ex lege di cui alla
deliberazione n. 11/SEZAUT/2016/QMIG. In relazione a detto principio di
gratuità, giova ricordare quanto affermato dalla Corte Costituzionale che ne ha
qualificato la ratio nell’esigenza di evitare il cumulo di incarichi retribuiti
e di perseguire in tal modo, attraverso un risparmio della spesa corrente,
l’equilibrio della finanza pubblica complessiva, all’uopo precisando che la
norma deve considerarsi “espressione di una scelta di fondo, diretta a
connotare la disciplina settoriale degli incarichi conferiti ai titolari delle
cariche elettive e, nel contempo, a ridurre gli oneri della finanza pubblica”
(in termini: Corte Costituzionale, sentenza n. 151/2012).
Con riferimento a detto arco
temporale, quindi:
1.1. quanto al primo quesito formulato dalla Sezione remittente, il
testo di legge non permette alcun aggancio letterale idoneo a consentire di
poter escludere dall’ambito di applicazione della disciplina vincolistica
dell’art. 5, co. 5, del d.l. n. 78/2010 i titolari di cariche elettive nei
Comuni di ridotte dimensioni demografiche. La locuzione normativa “qualsiasi
incarico conferito” preclude all’interprete di operare distinzioni circa la natura
dell’incarico medesimo di talché non può condividersi la diversa opzione
ermeneutica prospettata dalla Sezione remittente, secondo la quale l’ampiezza
della locuzione normativa “qualsiasi incarico conferito” renderebbe possibile
(anzi, “doveroso”) distinguere in via pretoria tra le diverse fattispecie di
incarico ipotizzabili. In tal senso, infatti, più che una “ampiezza” si
attribuirebbe alla locuzione normativa una “indeterminatezza” che lascerebbe
all’interprete la discrezionalità di definire e considerare varie tipologie di
incarichi. Ora, se è ben possibile che il legislatore difetti di chiarezza e
precisione nella redazione di una norma, è anche vero che in sede di attuazione
deve privilegiarsi l’interpretazione nel senso reso “palese dal significato
proprio delle parole”, ai sensi dell’art. 12 delle disposizioni della legge in
generale. E appare obiettivamente difficile, sotto il profilo propriamente
semantico, non attribuire alla locuzione “qualsiasi incarico conferito” il
significato di “tutti gli incarichi, di qualunque tipo, conferiti…”.
In specie il riferimento
normativo alle “pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1
della legge 31 dicembre 2009, n. 196”, non sembra consentire alcuna distinzione
basata sulle dimensioni degli enti locali che conferiscono gli incarichi. Con
ciò non si intende negare aprioristicamente che l’affermazione della Sezione
remittente (secondo la quale nel caso dei Comuni di piccole dimensioni “la
ridotta entità degli emolumenti derivanti dalla carica non è tale da poter
sopperire alle esigenze della vita e la impossibilità di svolgere incarichi
retribuiti presso altri enti potrebbe comportare una situazione di disagio
economico tale da indurre l’interessato a rinunciare all’incarico politico”), potrebbe
avere in certi casi un riscontro fattuale. Tuttavia, come già precisato, il pur
condivisibile richiamo al contemperamento tra i diversi interessi
costituzionalmente tutelati, oltre che spettare in prima battuta al
legislatore, non può comunque indurre in questa sede ad andare oltre la chiara
lettera della norma. In proposito si ricorda che la stessa Sezione delle
autonomie ha ripetutamente chiarito che occorre privilegiare interpretazioni il
più possibile aderenti al tenore letterale delle norme rispetto a soluzioni
ermeneutiche additive o derogatorie, anche se queste ultime potrebbero essere
ritenute comprensibili nell’ottica di favorire gli enti, soprattutto di minore
dimensione demografica, i cui amministratori spesso versano in maggiore
difficoltà (si vedano, al riguardo, le deliberazioni n. 28/SEZAUT/2015/QMIG, n.
25/SEZAUT/2014/QMIG, n. 27/SEZAUT/2013/QMIG).
1.2. Quanto al secondo quesito, il tenore letterale della norma
milita a favore dell’operatività della medesima anche nel caso prospettato
dalla Sezione remittente. Il termine “svolgimento”, infatti, consente di
ricomprendere nella fattispecie tutte le ipotesi di incarichi esercitati da
“titolari di cariche elettive”: non solo, quindi, quella del conferimento
successivo all’acquisizione della carica, ma anche quella del conferimento
precedente, nella quale l’incarico sia ancora in fase di “svolgimento” in
costanza di mandato politico (in senso conforme: SRC Lombardia n. 666/PAR/2011
e n. 257/PAR/2012).
È pur vero, come ricorda la Sezione remittente, che in
quest’ultima ipotesi “l’incarico è stato assegnato nel pieno rispetto della
normativa al momento vigente e da esso sono sorte reciproche obbligazioni e
diritti, che rispondono a principi di autonomia contrattuale e che, in caso di
applicazione retroattiva delle norme restrittive, dovrebbero cessare di
efficacia per eventi estranei alla volontà delle parti”.
Ma occorre considerare che la
giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 349/1985 con precedenti
ivi richiamati e, da ultimo, sentenza n. 108/2016) ha costantemente affermato,
riguardo ai rapporti tra la stabilità dei vincoli negoziali di durata e le
sopravvenienze normative, che “non è interdetto al legislatore di emanare
disposizioni le quali modifichino sfavorevolmente la disciplina dei rapporti di
durata, anche se il loro oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti,
salvo, qualora si tratti di disposizioni retroattive, il limite costituzionale
della materia penale (art. 25, secondo comma, Cost.). Dette disposizioni però,
al pari di qualsiasi precetto legislativo, non possono trasmodare in un
regolamento irrazionale e arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali
poste in essere da leggi precedenti, frustrando così anche l’affidamento del
cittadino nella sicurezza giuridica, che costituisce elemento fondamentale e
indispensabile dello Stato di diritto”.
Nella fattispecie all’esame la
norma che pone il principio della gratuità degli incarichi è vigente da diverso
tempo per cui se ne presume, con ragionevole certezza, la conoscenza da parte
di colui che sta svolgendo l’incarico e che, ancora prima del momento in cui
inizierà il mandato politico, decide di candidarsi per essere eletto allo
svolgimento dello stesso. In conseguenza, l’intervento normativo sul rapporto
contrattuale non sembra, in tal caso, determinare, retroattivamente ed
imprevedibilmente, un sacrificio imposto dalla legge idoneo a frustrare un
legittimo affidamento del titolare dell’incarico sulla permanenza dello stesso.
Pertanto, alla luce del disposto
normativo che non prevede eccezioni di sorta, deve ritenersi che la
disposizione vincolistica di cui all’art. 5, comma 5, del d.l. n. 78/2010 debba
trovare integrale applicazione anche nelle ipotesi in cui l’assunzione della
titolarità della carica elettiva sia successiva al conferimento
dell’incarico;
1.3. Quanto al terzo quesito, si premette che l’art. 90 del TUEL
declina il principio di separazione tra la funzione di indirizzo politico e la
funzione amministrativa, consentendo agli organi titolari della prima di poter
disporre di personale posto alle proprie dirette dipendenze al fine di
supportare il concreto “esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo”.
Questa particolare relazione funzionale tra il personale “di staff” e gli
organi di direzione politica conferisce al rapporto di lavoro subordinato
costituito ai sensi del richiamato art. 90 una natura eminentemente fiduciaria.
Trattasi, quindi, di rapporto instaurato intuitu personae, senza necessità di
particolari procedure selettive e che può avere una peculiare disciplina del
trattamento economico nell’ambito dei contratti di lavoro subordinato a tempo
determinato. Ne consegue che i rapporti di lavoro subordinato a tempo
determinato instaurati ai sensi della norma in discorso presentano caratteri di
specialità rispetto alla generale disciplina dei rapporti a tempo determinato
con la pubblica amministrazione, in considerazione dei contenuti dell’attività
lavorativa intrinsecamente collegata all’esercizio della funzione di direzione
politica dell’ente locale (in termini: SRC Marche n. 67/PAR/2014). Tale
specialità induce a farli rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 5,
comma 5, del d.l. n. 78/2010, per le motivazioni già espresse sub punto 1.1.
2. A far data dall’entrata in vigore del d.l. n. 50 del 24 aprile
2017, invece, trova piena applicazione la nuova formulazione dell’art. 5, comma
5, del d.l. 78/2010, quale integrata dall’art. 22, comma 4, del d.l. 50/2017,
fatte salve le eventuali modificazioni che potrebbero intervenire in sede di
conversione di quest’ultimo ovvero le disposizioni di regolazione del periodo
intertemporale, in caso di mancata conversione dello stesso nei termini di
legge.
Nella sua attuale formulazione,
il predetto comma 5 esclude dal surriferito principio di gratuità gli incarichi
aventi ad oggetto prestazioni professionali, conferiti a titolari di cariche
elettive di Regioni ed enti locali da parte delle citate pubbliche
amministrazioni, a condizione che la pubblica amministrazione conferente operi
in ambito territoriale diverso da quello dell'ente presso il quale è rivestita
la carica elettiva, nei termini specificati espressamente dalla stessa
norma.
In ultimo occorre soggiungere che
l’intervenuta novella legislativa non fa venir meno il principio di gratuità di
che trattasi (il comma 5 originario permane immodificato) ma ne delimita il
perimetro di applicazione, precisando ciò che può essere remunerato ed a quali
condizioni.
P.Q.M.
La Sezione delle autonomie
della Corte dei conti, pronunciandosi sulle questioni di massima poste dalla
Sezione di controllo per la
Regione Sardegna con le deliberazioni n. 1/2017/PAR e n.
2/2017/PAR, enuncia il seguente principio di diritto: “Antecedentemente all’entrata in vigore del
d.l. 24 aprile 2017, n. 50, resta fermo il principio interpretativo affermato
dalla giurisprudenza contabile che esclude che il titolare di cariche elettive
possa percepire ulteriori emolumenti per “lo svolgimento di qualsiasi incarico
conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1
della legge 31 dicembre 2009, n. 196, inclusa la partecipazione ad organi
collegiali di qualsiasi tipo”, fatta eccezione unicamente per quelli ex lege di
cui alla deliberazione n. 11/SEZAUT/2016/QMIG. Il principio di gratuità trova
applicazione a prescindere dalla dimensione dell’ente in cui la carica elettiva
è svolta. Detto principio si applica anche nelle ipotesi in cui l’assunzione
della titolarità della carica elettiva sia successiva al conferimento dell’incarico
e, in mancanza di una specifica distinzione normativa, anche per gli
“incarichi” di cui all’art. 90 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL).”
La Sezione di controllo per la Regione Sardegna
si atterrà al principio di diritto enunciato nel presente atto di orientamento,
al quale si conformeranno tutte le Sezioni regionali di controllo ai sensi
dell’art. 6, comma 4, del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito in legge 7
dicembre 2012, n. 213.
Così deliberato in Roma
nell’adunanza del 4 maggio 2017.