Quando il gioco non è (solamente)
attività ludica: la responsabilità contabile dell’arbitro (di calcio)
Cass., Sez. Un., 9 gennaio 2019,
n. 328
E’ idonea a radicare la responsabilità
contabile l'esistenza di una relazione funzionale tra l'autore dell'illecito
causativo di danno patrimoniale - che ben può essere un soggetto privato - e
l'ente pubblico danneggiato; e tale relazione è configurabile non solo in
presenza di un rapporto organico, ma anche quando sia ravvisabile un rapporto
di servizio in senso lato, in quanto il soggetto, pur se estraneo alla P.A.,
venga investito, seppure in modo temporaneo e anche di fatto, dello svolgimento
di una data attività della pubblica amministrazione.
L'arbitro di calcio non è pubblico
ufficiale; è associato all'AIA (Associazione italiana arbitri), la quale è
componente della FIGC (Federazione italiana giuoco calcio, associazione con
personalità giuridica di diritto privato), a sua volta federata al CONI
(Comitato olimpico nazionale italiano, ente pubblico non economico). L’arbitro,
tuttavia, nell'esercizio della sua funzione, dirige e controlla le gare, è cioè
colui che è chiamato ad assicurarne, a tutti gli effetti, il corretto
svolgimento nell'osservanza del regolamento di gioco Ne consegue che, essendo l'arbitro
investito di fatto di un'attività avente connotazioni e finalità
pubblicistiche, se non altro in quanto inserito, a pieno titolo, nell'apparato
organizzativo e nel procedimento di gestione dei concorsi pronostici da parte
del CONI, con il connesso impiego di risorse pubbliche, sussiste quella
relazione funzionale e quella compartecipazione con l'ente pubblico sopra
indicate, idonee a configurare la responsabilità contabile e quindi a radicare
la giurisdizione della Corte dei conti
OMISSIS
1.1. Con sentenza n. 597 del 2015, depositata il 12 novembre 2015, la Corte dei conti, terza
sezione giurisdizionale centrale d'appello, in parziale riforma della sentenza
di primo grado, ha condannato, in solido, S.M. e P.D., nelle rispettive qualità
di arbitro di calcio iscritto all'AIA (Associazione Italiana Arbitri) e di
commissario della CAN D (Commissione Arbitri Nazionale per le partite di serie
D), al risarcimento in favore del CONI del danno erariale determinato in €
271.677,07, in relazione alla partita giocata il OMISSIS tra il R. e il P., il
cui risultato rientrava tra quelli rilevanti per il concorso pronostici
"Totogol".
1.2. Il giudice d'appello ha
premesso, in sintesi, che il danno era derivato dal fatto che, nonostante la
partita fosse stata sospesa dall'arbitro M. nei minuti finali a seguito della
quinta espulsione di un calciatore del P. (e ciò a norma di regolamento, che
prevede un minimo di sette giocatori per squadra), il risultato considerato ai
fini della combinazione vincente del predetto concorso pronostici era stato quello
di 1 a O in favore del R. (punteggio in atto al momento della sospensione), in
base a un secondo referto arbitrale inviato dal M., su impulso del D., nel
quale l'ultima espulsione era stata collocata temporalmente a partita già
conclusa.
Una volta accertato dalla Corte
federale della FIGC che la partita era stata invece sospesa, il CONI aveva
provveduto a risarcire, per un totale di circa un miliardo e mezzo di lire,
tutti quei partecipanti al concorso "Totogol" che avevano presentato
ricorso, essendo interessati a far valere l'avvenuta sospensione della gara ed
il conseguente diverso risultato convenzionalmente previsto in tal caso dal
regolamento del concorso, cioè lo stesso della prima partita tra quelle in
elenco nella relativa giornata (nella specie, 2 a 2).
1.3. La Corte ha osservato, in primo
luogo, per quanto qui ancora rileva, che nessuno degli appellanti aveva
formulato riserva d'appello - né proposto appello immediato - nei confronti
della sentenza non definitiva con la quale il giudice di primo grado aveva
dichiarato la propria competenza territoriale (e sospeso il giudizio in attesa
dell'esito del processo penale a carico del M.), così affermando implicitamente
l'esistenza della giurisdizione contabile (poi espressamente dichiarata nella
sentenza appellata), con formazione del giudicato implicito sul punto.
Ha poi aggiunto, nel merito, che
la giurisdizione contabile va rinvenuta essenzialmente in relazione al fatto
che la condotta ascritta agli appellanti «ineriva la gestione di un concorso
pronostici da parte del CONI, ossia un'attività che traeva con sé l'uso di
risorse pubbliche: circostanza della quale gli appellanti, pur non rivestendo
la qualità di pubblici ufficiali, erano senz'altro consapevoli nel momento in
cui perpetrarono le condotte illecite».
2. Avverso la sentenza S.M. e P.D.
propongono distinti ricorsi per cassazione, ai quali resiste con controricorsi
il Procuratore generale presso la
Corte dei conti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo dei due
ricorsi (aventi contenuto sostanzialmente identico e dei quali quello del M.,
notificato per primo, assume natura ed effetti di ricorso principale e quello
del D., indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto in via autonoma,
si converte in ricorso incidentale), è denunciata la violazione degli artt.
103, secondo comma, Cost. - in relazione all'art. 111, ottavo comma, Cost. -,
362 cod. proc. civ. e 1, quarto comma, della legge n. 20 del 1994: è oggetto di
censura la sentenza impugnata là dove il giudice a quo ha ritenuto che si fosse
formato il giudicato implicito sulla giurisdizione, in mancanza di formulazione
di riserva di appello (o di proposizione di appello immediato) nei confronti
della pronuncia non definitiva con la quale il giudice di primo grado aveva
dichiarato la propria competenza territoriale.
1.2. Con il secondo motivo, i
ricorrenti, denunciando la violazione delle medesime norme sopra indicate,
lamentano, nel merito, l'erroneità dell'affermazione della giurisdizione del
giudice contabile.
Osservano, in sintesi, che non
solo l'arbitro non riveste la qualifica di pubblico ufficiale, ma che, al fine
della configurabilità della responsabilità contabile, sicuramente manca, nella
fattispecie, alcuna relazione funzionale tra l'autore dell'illecito e l'ente
pubblico che ha subito il danno: e ciò pur nell'accezione più lata di rapporto
di servizio, atteso che l'arbitro è soggetto estraneo alla struttura
organizzativa della P.A. e si trova ad operare, rispetto alla "gestione
pronostici", nel quadro di un mero ed occasionale rapporto libero
professionale svolto per altre precipue finalità, con conseguente evidente
difetto di giurisdizione della Corte dei conti.
Col terzo motivo, infine, la
censura viene riproposta sotto il profilo del difetto di motivazione.
2.1. A fronte di una duplice
ratio relativa alla giurisdizione, contenuta nella sentenza impugnata, il
collegio ritiene di esaminare il secondo motivo di ricorso, che investe il
fondo della questione di giurisdizione.
2.2. Costituisce principio
consolidato nella giurisprudenza di queste sezioni unite quello in virtù del
quale è idonea a radicare la responsabilità contabile l'esistenza di una
relazione funzionale tra l'autore dell'illecito causativo di danno patrimoniale
- che ben può essere un soggetto privato - e l'ente pubblico danneggiato; e
tale relazione è configurabile non solo in presenza di un rapporto organico, ma
anche quando sia ravvisabile un rapporto di servizio in senso lato, in quanto
il soggetto, pur se estraneo alla P.A., venga investito, seppure in modo
temporaneo e anche di fatto, dello svolgimento di una data attività della
pubblica amministrazione.
La giurisdizione del giudice
contabile sussiste, quindi, tutte le volte in cui fra il soggetto danneggiante
e l'amministrazione o l'ente pubblico danneggiato sia ravvisabile un rapporto,
non solo d'impiego in senso proprio e ristretto, ma di servizio, per tale
intendendosi una relazione funzionale in virtù della quale tale soggetto, per
l'attività svolta continuativamente, debba ritenersi inserito, ancorché
temporaneamente e anche in via di fatto, nell'apparato organizzativo e
nell'iter procedimentale dell'ente, sì da rendere il primo compartecipe
dell'operato del secondo (cfr., nei sensi anzidetti, tra altre, Cass., Sez. U.,
24/11/2009, n. 24671; 21/5/2014, n. 11229; 16/7/2014, n. 16240; 19/12/2014, n.
26942; 24/3/2017, n. 7663).
2.3. Sulla base di tali principi,
devono ritenersi pienamente ravvisabili nella condotta tenuta dai ricorrenti i
requisiti per la configurazione della loro responsabilità contabile in ordine
al danno economico subito dal CONI nella vicenda in esame.
2.4. L'arbitro di calcio non è
pubblico ufficiale; è associato all'AIA (Associazione italiana arbitri), la
quale è componente della FIGC (Federazione italiana giuoco calcio, associazione
con personalità giuridica di diritto privato), a sua volta federata al CONI
(Comitato olimpico nazionale italiano, ente pubblico non economico).
Quel che essenzialmente rileva,
ai fini che qui interessano, è che l'arbitro, nell'esercizio della sua
funzione, dirige e controlla le gare, è cioè colui che è chiamato ad
assicurarne, a tutti gli effetti, il corretto svolgimento nell'osservanza del
regolamento di gioco.
La compilazione del referto di gara
costituisce, in tale contesto, un elemento fondamentale, in quanto è l'atto
ufficiale che contiene il resoconto dei fatti salienti della partita e attesta
il suo risultato, con le relative conseguenze anche con riguardo ai concorsi
pronostici e alle connesse vincite.
Ne consegue, contrariamente a
quanto sostenuto dai ricorrenti, che l'arbitro è investito di fatto di
un'attività avente connotazioni e finalità pubblicistiche, se non altro in
quanto inserito, a pieno titolo, nell'apparato organizzativo e nel procedimento
di gestione dei concorsi pronostici da parte del CONI, con il connesso impiego
di risorse pubbliche: sussiste, pertanto, quella relazione funzionale e quella
compartecipazione con l'ente pubblico sopra indicate, idonee a configurare la responsabilità
contabile e quindi a radicare la giurisdizione della Corte dei conti.
3. Il motivo è, pertanto,
infondato; resta assorbita ogni altra censura.
4. I ricorsi vanno, in
conclusione, rigettati.
5. Non v'è luogo a provvedere
sulle spese, in ragione della qualità di parte solo in senso formale del
Procuratore generale presso la
Corte dei conti.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi. Ai
sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti,
dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 13
febbraio 2018.