venerdì 18 gennaio 2019


Delibera del C.S.M. 21 novembre 2018, Parere ai sensi dell'art. 10 L. 24.3.1958, n. 195, sul decreto legge 113 del 4 ottobre 2018 recante: “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, pubblica sicurezza, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'Interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”

https://www.csm.it/web/csm-internet/attualita/news/-/asset_publisher/YoFfLzL3vKc1/content/parere-sul-decreto-sicurezza?_101_INSTANCE_YoFfLzL3vKc1_viewMode=view

giovedì 17 gennaio 2019


Danno da (mero) ritardo (ex art. 28 d.l. 69/2013) e (superamento del termine nel procedimento per la) concessione della cittadinanza italiana

Tar Lazio, Roma, 12 dicembre 2018, n. 12072

La previsione di cui all’art. 28 del decreto legge 69 del 2013, che prevede l’indennizzo per il mero ritardo per tutti i procedimenti amministrativi, tranne il silenzio qualificato ed i concorsi, non sembra possa avere ad oggetto anche gli atti di alta amministrazione quale quello di concessione della cittadinanza per naturalizzazione, sia per la peculiarità dell’ampia discrezionalità che lo caratterizza, che con riguardo alla peculiarità dell’istruttoria, aggravata non solo dalla necessità di coinvolgere autorità di pubblica sicurezza, degli organismi di sicurezza e del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, per far fronte al rischio terrorismo, ma anche dalla necessità di verificare documentazione proveniente da Stati Esteri in relazione alla quale si è assistito al significativo fenomeno della contraffazione [aggiunge il Collegio che “la definizione del procedimento oltre il termine previsto di 730 giorni, ora raddoppiato con il decreto legge 113/2018, deve ritenersi imputabile a cause esterne all’Amministrazione, dato anche il numero oggettivamente elevato di domande (di cui oltre il 60% non accolte) e la significativa produzione di documentazione contraffatta, ed è, pertanto, illogico che l’indennità di cui all’art. 28 d.l. 69/2013, prevista indistintamente per qualsivoglia procedimento, tanto in caso di attività amministrativa vincolata che di attività discrezionale, sulla base del mero ritardo rispetto al termine di conclusione del procedimento, trovi applicazione anche per la concessione dello status civitatis per naturalizzazione, nel quale il prevalente interesse pubblico ad accogliere stabilmente all'interno dello Stato comunità un nuovo componente e dell'attitudine dello stesso ad assumersene anche tutti i doveri ed oneri, non è altrimenti perseguibile che attraverso una accurata istruttoria sui cui tempi incidono una varietà di fattori, tra i quali anche la mancata leale collaborazione dei richiedenti, evidenziata anche dall’alta percentuale di reiezioni, ed in relazione ai quali esigenze quali la sicurezza nazionale si oppongono ad una compressione dell’attività istruttoria, per consentire la quale i termini di conclusione del procedimento devono necessariamente configurarsi come recessivi ove non esigibili”]


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8561 del 2017, proposto dal sig. H.S., rappresentato e difeso dall'avvocato OMISSIS;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la dichiarazione di illegittimità
del silenzio serbato dal Ministero dell'Interno in ordine all’istanza (ex art. 9, comma 1, legge 5 febbraio 1992, n 91 e succ. mod.) presentata in data 23 aprile 2015 presso la Prefettura di Verona, volta ad ottenere la cittadinanza italiana;
per la condanna
della Pubblica Amministrazione ad adottare il provvedimento richiesto nel termine di giorni 30, ex art. 31 d.lgs. n. 104/2010, con richiesta di provvedere, ex art. 117, co. 3 del d.lgs. n. 104/2010, nominando ove necessario un commissario ad acta per l'adozione degli atti e provvedimenti conseguenti all'inerzia dell'Amministrazione;
per la condanna
dell’Amministrazione alla corresponsione dell’indennizzo dovuto ex art. 28 l. 69/2013, da liquidarsi in misura proporzionale al tempo che intercorrerà fino all’effettiva adozione del provvedimento;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2018 il cons. Anna Maria Verlengia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con ricorso, spedito per la notifica il 31 agosto 2017 e depositato il successivo 15 settembre, il sig. Singh Harvinder ha impugnato il silenzio del Ministero dell’Interno sulla istanza volta all’ottenimento della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, co.1, lett. f), L. 91/1992, chiedendone l’annullamento e la conseguente condanna della p.a. all’adozione del provvedimento, nonché alla corresponsione dell’indennizzo dovuto ex art. 28 l. 69/2013.
Rappresenta di avere presentato l’istanza in data 23 aprile 2015.
Essendo abbondantemente trascorso il termine di conclusione del procedimento previsto dall’art. 3 D.P.R. 362/1994 senza che l’Amministrazione abbia definito la procedura con un provvedimento espresso, nonostante i solleciti, agisce per ottenere la condanna dell’amministrazione alla definizione del procedimento con un provvedimento espresso.
Il 28/09/2017 si è costituito il Ministero dell’Interno.
Il 5 novembre 2018 il Ministero deposita nota con cui rappresenta che in data 12 giugno 2018 ha predisposto ed inviato alla firma dei competenti organi il decreto di conferimento della cittadinanza italiana nei confronti del ricorrente.
Alla Camera di Consiglio del 4 dicembre 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il Collegio, preso atto della conclusione del procedimento e ritenuto che da una pronuncia sul silenzio il ricorrente non potrebbe trarre alcuna ulteriore utilità, essendo venuto meno il presupposto dell’inerzia, dichiara il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse (v. Cons. Stato, sez. VI, 30 maggio 2018, n. 3235, Cons. Stato, sez. III, 4 maggio 2018, n. 2660).
Parte ricorrente ha chiesto, tuttavia, anche la condanna del Ministero dell’Interno al pagamento dell’indennizzo, previsto dall’art. 28 del D.L. 21 giugno 2013 n. 69, convertito nella legge 9 agosto 2013 n. 98, per il mero ritardo, di una somma pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo con decorrenza dalla data di scadenza del termine del procedimento, comunque complessivamente non superiore a 2.000 euro.
E’ opinione del Collegio che la previsione di cui all’art. 28 del d.l. 69/2013 non possa trovare applicazione nel procedimento di concessione della cittadinanza ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f) della legge 91/92, in quanto, tralasciando il termine di 48 mesi introdotto dal d.l. 113/2018 e non decorso nel caso di specie, nel suddetto procedimento l’Amministrazione procedente gode di un’ampia discrezionalità, che si manifesta tanto nel momento dell’accertamento, quanto nel momento valutativo dei fatti acquisiti in sede istruttoria ed essendo, senza dubbio, un atto di «alta amministrazione», come più volte ricordato dalla giurisprudenza anche del Consiglio di Stato (vedi tra le tante CdS III 6374/2018).
Secondo la consolidata giurisprudenza del giudice amministrativo le determinazioni dell’Amministrazione relative a domande di concessione della cittadinanza italiana al cittadino straniero, che risieda in Italia da oltre dieci anni, e si trova quindi nella condizione di cui all’art. 9, primo comma, lett. f), della legge 5 febbraio 1992, n. 91, non sono vincolate e la ampia discrezionalità in questione, d'altra parte, non può che tradursi in un apprezzamento di opportunità, circa lo stabile inserimento dello straniero nella comunità nazionale, sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l'integrazione del soggetto interessato nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità di condotta.
Da tali presupposti consegue che la concessione della cittadinanza per naturalizzazione necessita di una istruttoria delicata e complessa, mediante la quale deve scongiurarsi la lesione dell’interesse pubblico per effetto dell’inserimento nella comunità di chi possa compromettere la tenuta di una pacifica convivenza, non aderendo alle regole ed ai principi che ne governano la vita politica, sociale ed economica.
I rilevanti fenomeni migratori degli ultimi venti anni hanno peraltro determinato un alto numero di richieste, nell’ordine delle centinaia di migliaia, da parte di cittadini di paesi extraeuropei (alla data odierna i ricorsi pendenti, secondo quanto si legge nella Relazione di accompagnamento al d.l. 113/2018, sono circa 300.000), per le quali, in base a quanto riporta la suddetta Relazione, l’attività istruttoria si è complicata per effetto dei preoccupanti fenomeni di contraffazione dei documenti dei Paesi d’origine prodotti dai richiedenti e della necessità di far fronte alla accresciuta minaccia terroristica internazionale.
Tutto ciò premesso, la previsione di cui all’art. 28 del decreto legge 69 del 2013, che prevede l’indennizzo per il mero ritardo per tutti i procedimenti amministrativi, tranne il silenzio qualificato ed i concorsi, non sembra possa avere ad oggetto anche gli atti di alta amministrazione quale quello di concessione della cittadinanza per naturalizzazione, sia per la peculiarità dell’ampia discrezionalità che lo caratterizza, che con riguardo alla peculiarità dell’istruttoria, aggravata non solo dalla necessità di coinvolgere autorità di pubblica sicurezza, degli organismi di sicurezza e del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, per far fronte al rischio terrorismo, ma anche dalla necessità di verificare documentazione proveniente da Stati Esteri in relazione alla quale si è assistito al significativo fenomeno della contraffazione.
Da quanto osservato, la definizione del procedimento oltre il termine previsto di 730 giorni, ora raddoppiato con il decreto legge 113/2018, deve ritenersi imputabile a cause esterne all’Amministrazione, dato anche il numero oggettivamente elevato di domande (di cui oltre il 60% non accolte) e la significativa produzione di documentazione contraffatta, ed è, pertanto, illogico che l’indennità di cui all’art. 28 d.l. 69/2013, prevista indistintamente per qualsivoglia procedimento, tanto in caso di attività amministrativa vincolata che di attività discrezionale, sulla base del mero ritardo rispetto al termine di conclusione del procedimento, trovi applicazione anche per la concessione dello status civitatis per naturalizzazione, nel quale il prevalente interesse pubblico ad accogliere stabilmente all'interno dello Stato comunità un nuovo componente e dell'attitudine dello stesso ad assumersene anche tutti i doveri ed oneri, non è altrimenti perseguibile che attraverso una accurata istruttoria sui cui tempi incidono una varietà di fattori, tra i quali anche la mancata leale collaborazione dei richiedenti, evidenziata anche dall’alta percentuale di reiezioni, ed in relazione ai quali esigenze quali la sicurezza nazionale si oppongono ad una compressione dell’attività istruttoria, per consentire la quale i termini di conclusione del procedimento devono necessariamente configurarsi come recessivi ove non esigibili.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato improcedibile in ordine alla domanda avverso il silenzio.
Va, invece, respinta la richiesta condanna al pagamento dell’indennizzo di cui all’art. 28 del d.l. 69/2013.
La natura in rito della pronuncia e la parziale soccombenza, nonché la notoria mole di lavoro che grava sulle Questure a causa del rilevante numero di richieste di cittadinanza italiana che vengono presentate depone per la compensazione delle spese (v. CdS III 4655/2016).
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara improcedibile la domanda avverso il silenzio e respinge la domanda di pagamento dell’indennizzo.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Due circolari ministeriali sul decreto legge "Sicurezza"


Circolare Ministero dell’Interno, Direzione Centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo,  14 gennaio 2019,  D.L. 4 ottobre 2018, n.113, convertito, con modificazioni, con la legge 1 dicembre 2018 n. 132 recante “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”. Profili applicativi.

 http://www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/it/documentazione/circolari/dl-4-ottobre-2018-n113-circolare-della-commissione-nazionale-del-diritto

Circolare Ministero dell’Interno, Direzione Centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo, Commissione centrale per il diritto di asilo14 gennaio 2019,  Decreto-legge 4 ottobre 2018, n.113, recante “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”, convertito con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2018, n.132.

 http://www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/it/documentazione/circolari/circolare-inerente-dl-4-ottobre-2018-n113-profili-applicativi

mercoledì 16 gennaio 2019


Immigrazione e autocertificazione: (anche per il 2019) permane il rinvio


Lo spunto per questa postilla ci è stato offerto dal seguente quesito, propostoci da un operatore dei SS.DD.:  Le questure sono (già) obbligate ad accettare le autocertificazioni dei cittadini stranieri? Il quesito nasce dalle contrastanti indicazioni reperite nel web.

La capacità autocertificativa del cittadino straniero (1) trova fondamento – principalmente –  in due distinte norme, (peraltro) non perfettamente coincidenti: l’art. 3, c. 2, del T.U. 445/2000, in termini generali, e l’art. 2, c. 1, del regolamento di esecuzione del T.U. Immigrazione, in ambito settoriale; norme che trascrivo per una migliore comprensione.



Decreto Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445,  Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa





Art.3
Soggetti


OMISSIS


2. I cittadini di Stati non appartenenti all'Unione regolarmente soggiornanti in Italia, possono utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani [, fatte salve le speciali disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la disciplina dell'immigrazione e la condizione dello straniero]



Decreto Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'art. 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286


Art. 2
Rapporti con la pubblica amministrazione.





1. I cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia possono utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui all’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (x), limitatamente agli stati, fatti e qualità personali certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici o privati italiani [, fatte salve le disposizioni del testo unico o del presente regolamento che prevedono l’esibizione o la produzione di specifici documenti]


(x)Le parole  “di cui all’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445” sono state inserite dall’art. 1, c. 1, lett. a), del d.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334, Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, in materia di immigrazione, in luogo delle parole “di cui agli articoli 2 e 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15





Successivamente all’entrata in vigore:

-i commi 4 bis e 4 ter dell’art. 17 del d.l. 9 febbraio 2012, n. 5, Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 aprile 2012, n. 35, cancellano le eccezioni – all’applicabilità dell’autocertificazione – stabilite, rispettivamente, dall’art. 3, c. 2, del T.U. 445/2000, e dall’art. 2, c. 1, del d.P.R. 394/1999;

-il comma 4  quater, del predetto art. 17 (del d. l. 5/2012), tuttavia, differisce l’entrata in vigore della novella al 1° gennaio 2013;

-l’art. 1, c. 388, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013), fissa al 30 giugno 2013 “il  termine  di  scadenza  dei termini e dei regimi giuridici indicati nella tabella 2 allegata alla presente legge” (tra cui figura la norma suddetta);

-l’art. 3, c. 3, del d.l. 30 dicembre 2013, n. 150, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative, convertito, con modificazioni, dalla l. 27 febbraio 2014, n. 15, differisce il termine in commento al 30 giugno 2014;

-l’art. 8, c. 2, del d.l. 22 agosto 2014, n. 199, Disposizioni urgenti in materia di contrasto a fenomeni di illegalità e violenza in occasione di manifestazioni sportive, di riconoscimento della protezione internazionale, nonché per assicurare la funzionalità del Ministero dell'interno, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 ottobre 2014, n. 146, differisce il termine in commento al 30 giugno 2015;

-l’art. 4, c. 6 ter, del d.l. 31 dicembre 2014, n. 192, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative, convertito, con modificazioni, dalla l. 27 febbraio 2015, n. 11, differisce il termine in commento al 31 dicembre 2015.

-l’art. 4, c. 3, del d.l. 30 dicembre 2015, n. 210, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative, convertito, con modificazioni, dalla l. 25 febbraio 2016, n. 21, differisce il termine in commento al 31 dicembre 2016.

-l’art. 5, c. 3, del d.l. 30 dicembre 2016, n. 244, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative, convertito, con modificazioni, dalla l. 27 febbraio 2016, n. 19, differisce il termine in commento al 31 dicembre 2017.

-l’art. 1, c. 122, della l. 27 dicembre 2017, n. 205, Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020, differisce il termine in commento al 31 dicembre 2018.

-l’art. 1, c. 1132, lett. a), della l. 30 dicembre 2018, n. 145,  Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, differisce il termine in commento al 31 dicembre 2019.






La risposta – al quesito di cui sopra – è negativa.



(1)In dottrina, si veda BRUNELLI, Le dichiarazioni sostitutive degli stranieri e le dichiarazioni sostitutive redatte all’estero, in Studi e materiali del Consiglio Nazionale del Notariato, 2006, 1708 ss.; OSELE, I soggetti ai quali si applicano le disposizioni del d.P.R. 445/2000, testo unico sulla semplificazione della documentazione amministrativa, in Serv. dem., 2003, 451 ss.; PALMIERI, MINARDI, Speciale documentazione amministrativa. L’applicazione delle norme sulla documentazione amministrativa  ai cittadini stranieri e comunitari, in Serv. dem., 2013, n. 6,  43 ss.; PARDUCCI, Gli stranieri e i servizi demografici, in Le guide Immigrazione, 2007; SCOLARO, Il testo unico sulla documentazione amministrativa, in Serv. dem., 2001, 1135 ss.; VERCELLI, L’applicabilità delle norme in materia di semplificazione amministrativa nei confronti degli stranieri extracomunitari, in Stato civ., 2001, 706 ss.; VERCELLI, L’applicazione nei confronti degli stranieri delle norme contenute nel d.P.R. 445/2000 in materia di documentazione amministrativa, in Stato civ., 2003, 201 ss



Rober PANOZZO

(15 gennaio 2019)

venerdì 11 gennaio 2019


Quando il gioco non è (solamente) attività ludica: la responsabilità contabile dell’arbitro (di calcio)



Cass., Sez. Un., 9 gennaio 2019, n. 328

E’ idonea a radicare la responsabilità contabile l'esistenza di una relazione funzionale tra l'autore dell'illecito causativo di danno patrimoniale - che ben può essere un soggetto privato - e l'ente pubblico danneggiato; e tale relazione è configurabile non solo in presenza di un rapporto organico, ma anche quando sia ravvisabile un rapporto di servizio in senso lato, in quanto il soggetto, pur se estraneo alla P.A., venga investito, seppure in modo temporaneo e anche di fatto, dello svolgimento di una data attività della pubblica amministrazione.

L'arbitro di calcio non è pubblico ufficiale; è associato all'AIA (Associazione italiana arbitri), la quale è componente della FIGC (Federazione italiana giuoco calcio, associazione con personalità giuridica di diritto privato), a sua volta federata al CONI (Comitato olimpico nazionale italiano, ente pubblico non economico). L’arbitro, tuttavia, nell'esercizio della sua funzione, dirige e controlla le gare, è cioè colui che è chiamato ad assicurarne, a tutti gli effetti, il corretto svolgimento nell'osservanza del regolamento di gioco Ne consegue che, essendo l'arbitro investito di fatto di un'attività avente connotazioni e finalità pubblicistiche, se non altro in quanto inserito, a pieno titolo, nell'apparato organizzativo e nel procedimento di gestione dei concorsi pronostici da parte del CONI, con il connesso impiego di risorse pubbliche, sussiste quella relazione funzionale e quella compartecipazione con l'ente pubblico sopra indicate, idonee a configurare la responsabilità contabile e quindi a radicare la giurisdizione della Corte dei conti



OMISSIS



  1.1. Con sentenza n. 597 del 2015, depositata il 12 novembre 2015, la Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale centrale d'appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato, in solido, S.M. e P.D., nelle rispettive qualità di arbitro di calcio iscritto all'AIA (Associazione Italiana Arbitri) e di commissario della CAN D (Commissione Arbitri Nazionale per le partite di serie D), al risarcimento in favore del CONI del danno erariale determinato in € 271.677,07, in relazione alla partita giocata il OMISSIS tra il R. e il P., il cui risultato rientrava tra quelli rilevanti per il concorso pronostici "Totogol".

1.2. Il giudice d'appello ha premesso, in sintesi, che il danno era derivato dal fatto che, nonostante la partita fosse stata sospesa dall'arbitro M. nei minuti finali a seguito della quinta espulsione di un calciatore del P. (e ciò a norma di regolamento, che prevede un minimo di sette giocatori per squadra), il risultato considerato ai fini della combinazione vincente del predetto concorso pronostici era stato quello di 1 a O in favore del R. (punteggio in atto al momento della sospensione), in base a un secondo referto arbitrale inviato dal M., su impulso del D., nel quale l'ultima espulsione era stata collocata temporalmente a partita già conclusa.
Una volta accertato dalla Corte federale della FIGC che la partita era stata invece sospesa, il CONI aveva provveduto a risarcire, per un totale di circa un miliardo e mezzo di lire, tutti quei partecipanti al concorso "Totogol" che avevano presentato ricorso, essendo interessati a far valere l'avvenuta sospensione della gara ed il conseguente diverso risultato convenzionalmente previsto in tal caso dal regolamento del concorso, cioè lo stesso della prima partita tra quelle in elenco nella relativa giornata (nella specie, 2 a 2).

1.3. La Corte ha osservato, in primo luogo, per quanto qui ancora rileva, che nessuno degli appellanti aveva formulato riserva d'appello - né proposto appello immediato - nei confronti della sentenza non definitiva con la quale il giudice di primo grado aveva dichiarato la propria competenza territoriale (e sospeso il giudizio in attesa dell'esito del processo penale a carico del M.), così affermando implicitamente l'esistenza della giurisdizione contabile (poi espressamente dichiarata nella sentenza appellata), con formazione del giudicato implicito sul punto.
Ha poi aggiunto, nel merito, che la giurisdizione contabile va rinvenuta essenzialmente in relazione al fatto che la condotta ascritta agli appellanti «ineriva la gestione di un concorso pronostici da parte del CONI, ossia un'attività che traeva con sé l'uso di risorse pubbliche: circostanza della quale gli appellanti, pur non rivestendo la qualità di pubblici ufficiali, erano senz'altro consapevoli nel momento in cui perpetrarono le condotte illecite».

2. Avverso la sentenza S.M. e P.D. propongono distinti ricorsi per cassazione, ai quali resiste con controricorsi il Procuratore generale presso la Corte dei conti.


RAGIONI DELLA DECISIONE


1.1. Con il primo motivo dei due ricorsi (aventi contenuto sostanzialmente identico e dei quali quello del M., notificato per primo, assume natura ed effetti di ricorso principale e quello del D., indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto in via autonoma, si converte in ricorso incidentale), è denunciata la violazione degli artt. 103, secondo comma, Cost. - in relazione all'art. 111, ottavo comma, Cost. -, 362 cod. proc. civ. e 1, quarto comma, della legge n. 20 del 1994: è oggetto di censura la sentenza impugnata là dove il giudice a quo ha ritenuto che si fosse formato il giudicato implicito sulla giurisdizione, in mancanza di formulazione di riserva di appello (o di proposizione di appello immediato) nei confronti della pronuncia non definitiva con la quale il giudice di primo grado aveva dichiarato la propria competenza territoriale.

1.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti, denunciando la violazione delle medesime norme sopra indicate, lamentano, nel merito, l'erroneità dell'affermazione della giurisdizione del giudice contabile.
Osservano, in sintesi, che non solo l'arbitro non riveste la qualifica di pubblico ufficiale, ma che, al fine della configurabilità della responsabilità contabile, sicuramente manca, nella fattispecie, alcuna relazione funzionale tra l'autore dell'illecito e l'ente pubblico che ha subito il danno: e ciò pur nell'accezione più lata di rapporto di servizio, atteso che l'arbitro è soggetto estraneo alla struttura organizzativa della P.A. e si trova ad operare, rispetto alla "gestione pronostici", nel quadro di un mero ed occasionale rapporto libero professionale svolto per altre precipue finalità, con conseguente evidente difetto di giurisdizione della Corte dei conti.
Col terzo motivo, infine, la censura viene riproposta sotto il profilo del difetto di motivazione.

2.1. A fronte di una duplice ratio relativa alla giurisdizione, contenuta nella sentenza impugnata, il collegio ritiene di esaminare il secondo motivo di ricorso, che investe il fondo della questione di giurisdizione.

2.2. Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di queste sezioni unite quello in virtù del quale è idonea a radicare la responsabilità contabile l'esistenza di una relazione funzionale tra l'autore dell'illecito causativo di danno patrimoniale - che ben può essere un soggetto privato - e l'ente pubblico danneggiato; e tale relazione è configurabile non solo in presenza di un rapporto organico, ma anche quando sia ravvisabile un rapporto di servizio in senso lato, in quanto il soggetto, pur se estraneo alla P.A., venga investito, seppure in modo temporaneo e anche di fatto, dello svolgimento di una data attività della pubblica amministrazione.
La giurisdizione del giudice contabile sussiste, quindi, tutte le volte in cui fra il soggetto danneggiante e l'amministrazione o l'ente pubblico danneggiato sia ravvisabile un rapporto, non solo d'impiego in senso proprio e ristretto, ma di servizio, per tale intendendosi una relazione funzionale in virtù della quale tale soggetto, per l'attività svolta continuativamente, debba ritenersi inserito, ancorché temporaneamente e anche in via di fatto, nell'apparato organizzativo e nell'iter procedimentale dell'ente, sì da rendere il primo compartecipe dell'operato del secondo (cfr., nei sensi anzidetti, tra altre, Cass., Sez. U., 24/11/2009, n. 24671; 21/5/2014, n. 11229; 16/7/2014, n. 16240; 19/12/2014, n. 26942; 24/3/2017, n. 7663).

2.3. Sulla base di tali principi, devono ritenersi pienamente ravvisabili nella condotta tenuta dai ricorrenti i requisiti per la configurazione della loro responsabilità contabile in ordine al danno economico subito dal CONI nella vicenda in esame.

2.4. L'arbitro di calcio non è pubblico ufficiale; è associato all'AIA (Associazione italiana arbitri), la quale è componente della FIGC (Federazione italiana giuoco calcio, associazione con personalità giuridica di diritto privato), a sua volta federata al CONI (Comitato olimpico nazionale italiano, ente pubblico non economico).
Quel che essenzialmente rileva, ai fini che qui interessano, è che l'arbitro, nell'esercizio della sua funzione, dirige e controlla le gare, è cioè colui che è chiamato ad assicurarne, a tutti gli effetti, il corretto svolgimento nell'osservanza del regolamento di gioco.
La compilazione del referto di gara costituisce, in tale contesto, un elemento fondamentale, in quanto è l'atto ufficiale che contiene il resoconto dei fatti salienti della partita e attesta il suo risultato, con le relative conseguenze anche con riguardo ai concorsi pronostici e alle connesse vincite.
Ne consegue, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, che l'arbitro è investito di fatto di un'attività avente connotazioni e finalità pubblicistiche, se non altro in quanto inserito, a pieno titolo, nell'apparato organizzativo e nel procedimento di gestione dei concorsi pronostici da parte del CONI, con il connesso impiego di risorse pubbliche: sussiste, pertanto, quella relazione funzionale e quella compartecipazione con l'ente pubblico sopra indicate, idonee a configurare la responsabilità contabile e quindi a radicare la giurisdizione della Corte dei conti.

3. Il motivo è, pertanto, infondato; resta assorbita ogni altra censura.

4. I ricorsi vanno, in conclusione, rigettati.

5. Non v'è luogo a provvedere sulle spese, in ragione della qualità di parte solo in senso formale del Procuratore generale presso la Corte dei conti.


P.Q.M.


La Corte rigetta i ricorsi. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma il 13 febbraio 2018.