Residenza e occupazione abusiva
di immobili. Il testo approvato dal Parlamento (e le osservazioni del Servizio
studi della Camera dei Deputati)
Conversione in legge del
decreto legge 28 marzo 2014, n. 47 (G.U. 28 marzo 2014, n. 73), Misure
urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo
2015.
OMISSIS
ARTICOLO 5.
(Lotta all’occupazione abusiva di immobili. Salvaguardia degli effetti di disposizioni in materia di
contratti di locazione).
1. Chiunque occupa
abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza né
l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo e gli
atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di
legge. A decorrere dalla data di entrata in vigore
della legge di conversione del presente decreto, gli atti aventi ad oggetto
l’allacciamento dei servizi di energia elettrica, di gas, di servizi idrici e
della telefonia fissa, nelle forme della stipulazione, della volturazione, del
rinnovo, sono nulli, e pertanto non possono essere stipulati o comunque
adottati, qualora non riportino i dati identificativi del richiedente e il
titolo che attesti la proprietà, il regolare possesso o la regolare detenzione
dell’unità immobiliare in favore della quale si richiede l’allacciamento. Al
fine di consentire ai soggetti somministranti la verifica dei dati dell’utente
e il loro inserimento negli atti indicati nel periodo precedente, i richiedenti
sono tenuti a consegnare ai soggetti somministranti idonea documentazione
relativa al titolo che attesti la proprietà, il regolare possesso o la regolare
detenzione dell’unità immobiliare, in originale o copia autentica, o a
rilasciare dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi
dell’articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
1-bis. I soggetti che occupano
abusivamente alloggi di edilizia residenziale pubblica non possono partecipare
alle procedure di assegnazione di alloggi della medesima natura per i cinque
anni successivi alla data di accertamento dell’occupazione abusiva.
1-ter. Sono fatti salvi, fino alla
data del 31 dicembre 2015, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti
sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi dell’articolo 3,
commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.
OMISSIS
Servizio studi della Camera, Misure urgenti per l'emergenza abitativa,
per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015. D.L. 47/2014 – A.C. 2373,
Scheda di lettura 15 maggio 2014, n. 163
OMISSIS
L’articolo 5 introduce una
specifica disciplina di contrasto alle occupazioni abusive di immobili.
La nuova disciplina è volta ad
impedire che chiunque occupi senza alcun titolo un immobile possa chiedere la
residenza e l’allacciamento ai pubblici servizi (gas, luce, acqua ecc.); la
disposizione stabilisce la nullità ex lege degli effetti degli atti emessi in
violazione della nuova normativa.
Si tratta, quindi, di
un’occupazione abusiva per la quale possono essere distinte tre ipotesi:
del terzo che occupi e goda del
tutto arbitrariamente di un immobile senza che sia precedentemente esistito
alcun titolo a suo favore (contratto di vendita, di locazione o comodato); è il
caso tipico di chi, ad esempio, occupi con violenza o clandestinamente una casa
sfitta;
dell’inquilino che continui ad
abitare l’immobile anche dopo che un contratto, originariamente valido ed
efficace, abbia successivamente cessato di produrre i propri effetti (esempio:
la scadenza di un contratto di locazione);
del terzo che abbia concluso un
contratto di cui il proprietario dell’immobile metta in discussione o
l’originaria validità (esempio: il contratto è nullo per mancanza di un
requisito essenziale, come la capacità di una parte od il difetto di causa o di
forma) o l’inefficacia (esempio: il contratto è sottoposto ad una condizione
sospensiva non ancora realizzatasi).
In tutte e tre le suddette
ipotesi si ha una c.d. occupazione sine titulo in cui solo nella prima non è
mai intercorso, fin dall’origine, alcun titolo in favore dell’occupante. Da ciò
discendono importanti conseguenze in ordine, principalmente, al rito
processuale applicabile. Quanto a quest’ultimo, infatti, nella prima delle
ipotesi indicate non sarà possibile ricorrere al rito relativo alla locazione
di cui all’art. 447-bis c.p.c..
L'ordinamento giuridico prevede
forme di tutela, sia in sede civile che penale, di chi subisca l'occupazione
abusiva del proprio immobile.
In sede civile, il proprietario
potrà esperire la cd. azione di rivendicazione (articolo 948 c.c.),
imprescrittibile, nei confronti di chiunque possiede o detiene l’immobile. Il
titolare dell’immobile potrà agire in qualunque tempo, potendo richiedere anche
il risarcimento dei danni subiti anche quando, dopo la domanda giudiziale, il
terzo abbia cessato per fatto proprio di possedere o detenere la cosa.
L’occupazione senza titolo dell’immobile è certificata dalla sentenza di
rilascio da parte del tribunale.
E' anche possibile tutelarsi in
via immediata ed urgente dall’occupazione abusiva, ricorrendo al giudice per
l’azione di reintegrazione nel possesso (articolo 1168 c.c.). Quest'azione
spetta non solo al proprietario, ma anche a chi disponga ad altro titolo
dell'immobile (ad esempio l'usufruttuario o il conduttore in locazione
dell'immobile); potrà essere esercitata entro un anno dalla data dello spoglio
violento o occulto del possesso del bene; se lo spoglio è occulto il termine
per chiedere la reintegra decorre dalla data della scoperta dello spoglio.
In sede penale, è possibile
tutelarsi attraverso la proposizione di una denuncia alla Procura della
Repubblica competente. In tali casi, infatti, è principalmente ipotizzabile il
reato di invasione di terreni od edifici (articolo 633 c.p.), punito con la
reclusione fino a 2 anni o con la multa da 103 a 1.032 euro; a tale illecito
sono ricollegabili altri reati funzionalmente collegati all’occupazione
abusiva, quali il danneggiamento (articolo 635 c.p.) e la violazione di
domicilio (articolo 614 c.p.).
Si ricorda come, in relazione
all’occupazione abusiva di edifici, è stato a volte invocato lo stato di
necessità (art. 54 c.p.), la cui dimostrazione costituisce scriminante del
reato. Sul punto, la
Cassazione (Sez. II, sentenza n. 35580 del 27 giugno 2007) ha
- a tali fini - esteso il concetto di "danno grave alla persona" in
armonia con quanto stabilito dall'art. 2 della Costituzione, anche a quelle
situazioni che minacciano solo indirettamente l'integrità fisica del soggetto,
riferendosi alla sfera dei beni primari collegati alla personalità, tra i quali
dev'essere ricompreso il diritto all'abitazione. Secondo la Suprema Corte,
l'esigenza di un alloggio rientra fra i bisogni primari della persona, fermo
restando, peraltro, che tale interpretazione estensiva del concetto di
"danno grave alla persona" importa la necessità di una più attenta e
penetrante indagine giudiziaria diretta a circoscrivere la sfera di azione
dell'esimente ai soli casi in cui siano indiscutibili gli elementi costitutivi
della stessa - necessità e inevitabilità - non potendo i diritti dei terzi
essere compressi se non in condizioni eccezionali, chiaramente comprovate.
L’operatività dell'esimente presuppone, peraltro (Cass.,sentt. nn. 7183/2008 e
8724/2011), gli ulteriori elementi costitutivi dell'assoluta necessità della
condotta, e dell'inevitabilità del pericolo.
La norma in esame - si legge
nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione - mira al
ripristino delle situazioni di legalità compromesse dalla sussistenza di fatti
penalmente rilevanti.
Si intende, quindi, impedire che
chi occupa un immobile abusivamente, e sia per questo denunciato al giudice
penale, possa, in relazione a tale immobile, ottenervi la residenza o gli
allacci delle utenze (ovvero la voltura del relativo contratto, se già
allacciate).
Si osserva che la formulazione
dell’articolo 5 pare riguardare anche le occupazioni abusive in relazione alle
quali sia stata chiesta al giudice solo tutela in sede civile.
Scopo
della disposizione è quello di “misurare” la legittimità della richiesta di
residenza non dall’abitualità della dimora nell'abitazione ma dalla regolarità
del titolo di occupazione; la dichiarazione di residenza dovrebbe essere,
quindi, irricevibile dagli uffici comunali qualora non fosse dimostrato che
l'alloggio è occupato legittimamente.
Si
osserva, tuttavia, che la disciplina in materia anagrafica (DPR 223 del 1989)
non prevede attualmente che la dichiarazione di residenza rivolta agli uffici
comunali sia condizionata all’esibizione di un atto che attesti la legittimità
dell’occupazione dell’alloggio (contratto di acquisto, di locazione o
comodato).
L’art. 5
in esame non prevede, in capo al richiedente la residenza, obblighi di
esibizione di documenti che comprovino il legittimo possesso o detenzione dell’immobile,
così come stabilito in relazione alla somministrazione di utenze (v. ultra).
Pare utile valutare in quale modo gli uffici anagrafici possano verificare la
regolarità o meno del titolo di occupazione dell’alloggio.
Il secondo periodo del comma 1 dell’art.
5 – introdotto dal Senato - ha, invece, specifico riguardo alla nuova
disciplina relativa agli allacci delle utenze (acqua, luce, gas, telefono). Si
stabilisce, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del decreto-legge, che i cd. contratti di somministrazione ovvero
“gli atti aventi ad oggetto l'allacciamento dei servizi di energia elettrica,
di gas, di servizi idrici e della telefonia fissa, nelle forme della
stipulazione, della volturazione, del rinnovo, sono nulli, e pertanto non
possono essere stipulati o comunque adottati, qualora non riportino i dati
identificativi del richiedente e il titolo che attesti la proprietà, il
regolare possesso o la regolare detenzione dell'unità immobiliare in favore
della quale si richiede l'allacciamento”. A fini di verifica da parte dei
fornitori dei servizi, i richiedenti sono tenuti a consegnare idonea
documentazione in originale o copia autentica o (in mancanza) a rilasciare
dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.
Dalla formulazione della
disposizione sembra che la nuova disciplina sia applicabile ai soli contratti
stipulati, volturati o rinnovati dopo la data di entrata in vigore della legge
di conversione del decreto-legge. Tuttavia, pare debba essere chiarito il significato
del riferimento testuale agli “atti nulli” e (che) pertanto non possono essere
stipulati o comunque adottati”.
Riferirsi ad atti nulli (quindi
“ontologicamente” ad atti già stipulati) potrebbe dar luogo a problemi di
interpretazione. Pare opportuno chiarire:
se – come sembra - il
riferimento agli atti nulli vada inteso in relazione a quelli stipulati in
violazione degli obblighi di esibizione documentale dopo la data di entrata in
vigore della legge di conversione (che, quindi, colpisce i contratti ab origine);
se l’art. 5 introduca un
obbligo di sanatoria - mediante l’esibizione dei titoli che attestino la
proprietà, la locazione, ecc. – di contratti già in corso alla citata data di
entrata in vigore.
Il comma 1-bis, introdotto nel
corso dell’esame al Senato, vieta a coloro che occupano abusivamente alloggi di
edilizia residenziale pubblica la partecipazione alle procedure di assegnazione
di alloggi sociali per i successivi cinque anni a decorrere dalla data di
accertamento dell'occupazione abusiva.
Da ultimo, il comma 1-ter,
introdotto nel corso dell’esame al Senato, prevede una clausola di
salvaguardia, fino al 31 dicembre 2015, degli effetti prodottisi e dei rapporti
giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione già registrati presso
l'Agenzia delle entrate (art. 3, commi 8 e 9 del d.lgs. 23/2011), nei casi di
mancata registrazione del contratto entro i termini di legge, di indicazione di
un affitto inferiore a quello effettivo e di registrazione di un contratto di
comodato fittizio. Tali contratti beneficiano di un canone annuo pari al triplo
della rendita catastale, ad essi si applica la disciplina del cd. 4+4 (vale a
dire che hanno durata di quattro anni decorrenti dalla data di registrazione,
volontaria o d’ufficio, e sono rinnovabili di ulteriori quattro anni).
Tale disciplina (articolo 3,
commi 8 e 9, del d.lgs. n. 23 del 2011) è stata dichiarata incostituzionale,
per eccesso di delega, dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 50 del
2014, depositata il 14 marzo. La
Consulta ha affermato che la disciplina oggetto di censura è
sotto numerosi profili ‘rivoluzionaria’ sul piano del sistema civilistico
vigente. Allo stesso tempo, però, emerge con chiarezza come si presenti del
tutto priva di “copertura” da parte della legge di delegazione.
Con il comma 1-bis sono fatti
salvi, fino alla data del 31 dicembre 2015, gli effetti prodottisi e i rapporti
giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione stipulati ai sensi della
predetta disciplina, dichiarata incostituzionale.
A seguito della modifica
introdotta dal Senato, la rubrica dell’art. 5 è integrata con riferimento alla
“Salvaguardia degli effetti di disposizioni in materia di contratti di
locazione”.
OMISSIS