mercoledì 30 aprile 2014





Circolare Ministero dell’Interno (F.L.) 30 aprile 2014, n. 7, Competenze dovute ai componenti dei seggi per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia e per le elezioni amministrative del 25 maggio 2014.


 




Normativa sull’ingresso ed il soggiorno del cittadino dell’Unione al vaglio [mancato (per manifesta inammisssibilità)] della Corte costituzionale

Corte cost. 8 aprile 2014, n. 84 (ord.)


OMISSIS

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Rovigo, in composizione monocratica, con ordinanza dell’11 dicembre 2012, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 10, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 21 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 (Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri), nella parte «in cui consente al Prefetto di decretare l’allontanamento dal territorio dello Stato» del cittadino dell’Unione europea verso altro Stato membro, che nei confronti del medesimo cittadino ha emesso mandato di arresto europeo (M.A.E.), ai sensi della legge n. 69 del 2005, «qualora si verta nelle ipotesi di cui all’art. 18 di detta legge stabilite con sentenza della corte di appello»;

OMISSIS

che la questione è manifestamente inammissibile perché l’ordinanza di rimessione presenta carenze in punto di descrizione della fattispecie concreta e di motivazione sulla rilevanza tali da precludere lo scrutinio nel merito delle censure;
che, infatti, il rimettente non specifica a quale delle ipotesi di cui agli artt. 5-bis, 6, 7 e 13 del d.lgs n. 30 del 2007 il provvedimento prefettizio abbia fatto riferimento, né se, fra le condizioni in base alle quali sono state valutate, ai sensi del comma 2 della norma impugnata, l’integrazione sociale e culturale ed i legami con il Paese di origine, sia stata considerata anche l’esistenza del provvedimento di rifiuto di esecuzione del mandato di arresto;
che, infatti, l’ordinanza nulla dice in merito alla data del provvedimento della Corte lagunare, sicché non è dato conoscere se quel provvedimento avesse preceduto o seguito il decreto prefettizio, con diverse conseguenze in ordine alla rilevanza di tale fatto nell’ambito di un procedimento in cui si realizza un effetto devolutivo pieno;
che, nonostante faccia riferimento ad un mandato in executivis, per l’esecuzione di una sentenza in relazione ad un reato commesso allorché il condannato era minorenne, il rimettente non specifica se il rifiuto della consegna sia stato emesso quando il ricorrente era minorenne o maggiorenne, omettendo di indicare, ancora, se il provvedimento di rifiuto sia divenuto definitivo e se la Corte d’appello, con riferimento alla lettera r) dell’art. 18 della legge n. 69 del 2005, abbia disposto l’esecuzione della pena in Italia, secondo il diritto interno né se questa pena sia stata espiata;
che, in mancanza di tali riferimenti specifici alla fattispecie concreta che ha dato origine al giudizio a quo, è inibita a questa Corte la necessaria verifica circa l’influenza della questione di legittimità sulla decisione richiesta al rimettente (ex plurimis, ordinanze n. 193, n. 177, n. 171 e n. 162 del 2011);

OMISSIS

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 21 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 (Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri), per violazione degli artt. 3 e 10, secondo comma, della Costituzione, sollevata dal Tribunale ordinario di Rovigo, con l’ordinanza in epigrafe.

lunedì 28 aprile 2014




Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia – Competenza funzionale

Cons. di Stato, Ad. Pl., 22 aprile 2014, n. 12


SENTENZA
OMISSIS
Sin dalla sua istituzione, con l’emanazione del decreto legislativo presidenziale del 6 maggio 1948 n. 654 attuativo dell’art. 23 dello Statuto della Regione Siciliana, il Consiglio di Giustizia amministrativa assolve, nella Regione siciliana alle stesse funzioni consultive e giurisdizionali del Consiglio di Stato.
Il più recente d. lgs. n. 376/2003, recando “Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana concernenti l’esercizio nella regione delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato”, stabilisce che le sezioni del Consiglio di giustizia amministrativa funzionano come sezioni staccate del Consiglio di Stato (art. 1, comma 2) e che in sede giurisdizionale il Consiglio di giustizia amministrativa esercita le funzioni del giudice di appello avverso le pronunce del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia (art. 4, comma 3).
Il Consiglio di Giustizia amministrativa è pertanto titolare di un’attribuzione specifica che può essere sintetizzata, come già ha fatto la giurisprudenza amministrativa nella citata decisione della quarta Sezione del Consiglio di Stato n. 103 del 19 febbraio 1990, nella formula “competenza funzionale inderogabile”.
Competenza funzionale che, nonostante la comune radice linguistica, è nozione ontologicamente e strutturalmente diversa dalla competenza territoriale.
E’ a tale nozione che va ricondotto il dato testuale dell’art. 100 c.p.a. che fa salva la “competenza” del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana per gli atti proposti contro le sentenze del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia.
Nel processo amministrativo, pertanto, le norme che individuano il giudice dell’appello, avendo carattere funzionale, non attengono alla competenza territoriale in senso tecnico, ma al luogo dove ha sede il giudice naturale.

OMISSIS

domenica 27 aprile 2014




Legge 22 aprile 2014, n. 65 (G.U. 24 aprile 2014, n. 95), Modifiche alla legge 24  gennaio  1979,  n.  18,  recante  norme  per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, in materia di garanzie per  la  rappresentanza  di  genere,  e  relative disposizioni transitorie inerenti alle elezioni da svolgere nell'anno 2014.


mercoledì 23 aprile 2014





In tema di dimissioni del consigliere comunale

Tar Piemonte 12 dicembre 2013, n. 1336



FATTO e DIRITTO
OMISSIS
Quanto al merito del ricorso, il sig. R.C.  ha contestato, in primo luogo, l’interpretazione data dal Consiglio Comunale all’art. 38, comma 8 d.lgs. n. 267/2000, per cui non potevano essere considerate ritualmente proposte le dimissioni 1) che fossero state indirizzate al Sindaco ed al Segretario Comunale, invece che al Consiglio, 2) che non risultassero presentate o personalmente o per il tramite di persona delegata con atto autenticato in data non anteriore a cinque giorni 3) che non apparissero assunte immediatamente al protocollo dell’Ente nell’ordine temporale di presentazione.
Alla luce degli atti di causa, dai quali emerge la avvenuta consegna da parte del ricorrente e degli altri consiglieri OMISSIS della dichiarazione di dimissioni direttamente nelle mani del Segretario Comunale di C. dott. G.B., con contestuale assunzione al protocollo in ordine di presentazione (cfr. documenti nn. 2, 3, 4, 5 e 10 del ricorrente), la suddetta censura è fondata e meritevole di accoglimento.
Quanto al fatto che le dimissioni fossero rivolte non al Consiglio Comunale, come prescritto dall’art. 38 comma 8 d.lgs. n. 267/2000, occorre, infatti, sottolineare come “ la pur condivisibile esigenza di assicurare che la presentazione delle dimissioni dalla carica di consigliere comunale sia assistita da particolari cautele anche di ordine formale non debba trovare applicazioni fattuali idonee a travalicare il generale canone di proporzionalità, ovvero tali da consentire applicazioni concrete di carattere distorto o strumentale (cfr. Cons. St., Sez. VI, 19.08.2009 n. 4982 di riforma della sentenza del TAR Puglia citata dal Comune nella memoria di costituzione)
Nella decisione ricordata il Consiglio di Stato, ritenendo “ necessario assicurare (al contempo) che l'applicazione pratica delle disposizioni in tema di dimissioni dalla carica di consigliere comunale (anche in relazione alle conseguenze per ciò che attiene all'eventuale scioglimento dell'Organo elettivo) non obliteri in modo ingiustificato le prerogative di altri soggetti operanti nell'ambito dell'organizzazione dell'Ente, ovvero ne ignori in modo indebito la sfera di competenze”, osserva che “ciò comporta l’esigenza di tenere in adeguata considerazione l'inscindibile nesso funzionale che lega l'attività del segretario comunale a quella dell'Organo consiliare, individuando il primo quale soggetto istituzionalmente deputato a svolgere funzioni consultive referenti e di assistenza alle riunioni dell'Organo elettivo, curandone altresì la verbalizzazione (in tal senso: comma 4, lettera d) dell'art. 97 del T.U.E.L.).È noto al riguardo che la riforma del 2000 abbia enfatizzato il richiamato nesso funzionale, superando il previgente modello delineato dalla legge n. 142 del 1990 (in cui il ruolo del segretario era limitato alla sola verbalizzazione degli atti consiliari) ed istituendo un nuovo modello nel cui ambito il segretario si atteggia quale garante della legittimità e della correttezza dell'azione amministrativa dell'Ente locale.Nell'ambito del modello da ultimo delineato non solo appare indubitabile la conferma del ruolo istituzionale del segretario comunale inteso anche quale segretario ex lege dell'Assemblea elettiva, ma appare altresì evidente che il medesimo soggetto rivesta un innegabile ruolo di interfaccia istituzionale dell'intera attività dell'Organo, con un'ampiezza di funzioni che non appare passibile di interpretazioni restrittive.
Già sotto tale aspetto, quindi, appare innegabile che la presentazione degli atti di dimissioni al segretario ex lege dell'assemblea elettiva concreti adeguatamente il requisito formale imposto dal comma 8 dell'art. 8 del T.U.E.L., il quale impone che le dimissioni debbano essere indirizzate al rispettivo consiglio.
Si osserva, inoltre, che la lettura qui proposta appaia altresì la più adeguata a contemperare (secondo il richiamato canone di proporzionalità) per un verso l'esigenza a che l'espressione della volontà del consigliere dimissionario sia assistita da particolari formalità (anche al fine di garantire la genuinità dell'espressione di un atto dalle rilevanti conseguenze politiche ed istituzionali), ma per altro verso anche l'esigenza a che l'applicazione della pertinente disciplina non si presti ad utilizzazioni sterilmente formalistiche ovvero palesemente strumentali, quali quelle che potrebbero derivare da una sorta di 'monito' politico veicolato attraverso un atto formalmente - e deliberatamente - inefficace (le dimissioni presentate in forme non rituali), ma del pari idoneo a sortire conseguenze di carattere politico e ad alterare gli equilibri istituzionali esistenti in seno all'Ente locale.
Si intende, in definitiva, affermare che, nell'ambito delle interpretazioni possibili circa il pertinente quadro normativo in tema di formalità di presentazione dell'atto di dimissioni - nonché in relazione alle relative conseguenze -, l'interprete debba (in ossequio al ripetuto canone di proporzionalità, ma anche al canone di ragionevolezza e del buon andamento della cosa pubblica) privilegiare una lettura la quale, pure in un necessario quadro di garanzie, assicuri al contempo comportamenti responsabili e non vuotamente strumentali da parte dei rappresentanti degli Organi elettivi”.
I medesimi principi conducono a reputare validamente presentate le dimissioni anche sotto gli ulteriori punti di vista della modalità di presentazione - che il Segretario Comunale attesta essere avvenuta direttamente a cura degli interessati nelle sue mani (cfr. doc. n. 10 del ricorrente) - e dell’assunzione al protocollo, completa di timbro indicativo del titolo, della classe, del numero, della data di presentazione dell’atto e dell’unità organizzativa responsabile (“segr.”, cioè segretario comunale) della ricezione a mani dagli stessi consiglieri dimissionari.
In presenza di tali elementi, precisi ed univoci nel dimostrare una tempestiva e rituale protocollazione, i generici dubbi sollevati dal Consiglio Comunale per fondare la delibera di dichiarazione di invalidità delle dimissioni e di annullamento delle delibere di surroga dei componenti dimissionari non appaiono in grado di inficiare in alcun modo la validità delle dimissioni stesse.
OMISSIS

lunedì 21 aprile 2014





Elezioni ed (auto) autenticazione della firma

Tar Campania. Napoli, xx 2011, n. xx


OMISSIS
4. Can la residua doglianza formulata nell’ambito del secondo motivo si lamenta che la consigliera provinciale Pace avrebbe autenticato anche la propria firma, apposta in calce alla dichiarazione di collegamento della lista “Di Pietro - Italia dei Valori” alla candidatura a Sindaco del dott. Luigi De Magistris (nella qualità di delegata alla presentazione della lista insieme a tale …), per cui nella specie mancherebbe il necessario rapporto di terzietà, con conseguente nullità dell’autenticazione ed illegittimità dell’ammissione della lista alla competizione elettorale.
OMISSIS
A parte l’assenza sia di un simile precetto, sia, ovviamente, della prospettata sanzione di nullità, a non convincere è la stessa prospettazione del ricorrente, secondo cui nell’attività di autenticazione delle sottoscrizioni dovrebbe sussistere necessariamente una condizione di terzietà – da intendersi, più propriamente, come alterità fisica – tra chi appone la sottoscrizione e colui che procede all’autentica.
Quanto alle modalità e forme di autenticazione del procedimento elettorale, il già citato art. 14 della legge 21 marzo 1990 n. 53 stabilisce che “sono competenti ad eseguire le autenticazioni che non siano attribuite esclusivamente ai notai e che siano previste dalla legge 6 febbraio 1948, n. 29, dalla legge 8 marzo 1951, n. 122, dal testo unico delle leggi recanti norme per la elezione alla Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, dal testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, e successive modificazioni, dalla legge 17 febbraio 1968, n. 108, dal decreto-legge 3 maggio 1976, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 1976, n. 240, dalla legge 24 gennaio 1979, n. 18, e successive modificazioni, e dalla legge 25 maggio 1970, n. 352, e successive modificazioni, i notai, i giudici di pace, i cancellieri e i collaboratori delle cancellerie delle corti di appello, dei tribunali, i segretari delle procure della Repubblica, i presidenti delle province, i sindaci, gli assessori comunali e provinciali, i presidenti e i vice presidenti dei consigli circoscrizionali, i segretari comunali e provinciali e i funzionari incaricati dal sindaco e dal presidente della provincia. Sono altresì competenti ad eseguire le autenticazioni di cui al presente comma i consiglieri provinciali e i consiglieri comunali che comunichino la propria disponibilità, rispettivamente, al presidente della provincia e al sindaco”. Il secondo comma del medesimo articolo prescrive poi che “l'autenticazione deve essere compiuta con le modalità di cui al secondo e al terzo comma dell'articolo 20 della legge 4 gennaio 1968, n. 15” mentre il terzo che “le sottoscrizioni e le relative autenticazioni sono nulle se anteriori al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature”.
Orbene, a seguito dell’abrogazione espressa della legge 4 gennaio 1968 n. 15 ad opera dell’art. 77 del d.p.r. 28 dicembre 2000 n. 445, la disciplina applicabile risulta quella di cui al medesimo testo unico in materia di documentazione amministrativa, che definisce l’autenticazione di sottoscrizione come “l'attestazione, da parte di un pubblico ufficiale, che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità della persona che sottoscrive (art. 1, primo comma, lettera i)”. Lanozione è sostanzialmente confermata dall’art.21, secondo comma, ultima parte, a proposito dell’autenticazione delle sottoscrizioni in generale, a mente del quale – in ciò richiamando quanto a suo tempo previsto dall’art. 20 della legge 4 gennaio 1968 n.15 – “l'autenticazione è redatta di seguito alla sottoscrizione e il pubblico ufficiale, che autentica, attesta che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità del dichiarante, indicando le modalità di identificazione, la data ed il luogo di autenticazione, il proprio nome, cognome e la qualifica rivestita, nonché apponendo la propria firma e il timbro dell'ufficio”.
Dalla evocata disciplina emerge che la funzione generale di autenticazione, non resa diversa ai fini della censura in esame dalla specialità del procedimento elettorale, consta di due compiti specifici: il pubblico ufficiale attesta che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza in luogo e data specificati da parte di un soggetto di cui egli ha proceduto all’identificazione. Si tratta, quindi, dell’attestazione del compimento di un’attività materiale, segnatamente l’apposizione della sottoscrizione, con immediata trasposizione del risultato di tale percezione in un documento rappresentativo dell’accaduto munito di fede privilegiata, come avviene per gli atti pubblici.
Ebbene, a parte la considerazione che nemmeno in questo caso è dato rinvenire nella disciplina di settore alcuna norma che ponga formalmente come limite all’attività di autenticazione la necessaria alterità soggettiva tra chi autentica e chi sottoscrive, è proprio all’essenza della funzione di autenticazione che non osta la mancanza di un’indefettibile dualità fisica; invero, l’autenticazione non rientra né si risolve in una funzione di controllo, attività, quest’ultima, a cui in linea generale può ricondursi l’esigenza di una differenziazione soggettiva tra controllore e controllato, che, assecondando logiche di trasparenza e di imparzialità amministrativa, consente di giustificare il fatto che il titolare del potere di controllo sia, in questi termini, “terzo”, ossia indipendente o comunque svincolato da un punto di vista organizzativo e funzionale da chi ha svolto l’attività di primo grado.
Nell’attività di autenticazione, invece, non sussiste una finalità di controllo, essendovi unicamente la certificazione da parte del pubblico ufficiale dell’avvenuta apposizione in sua presenza di una sottoscrizione da parte di un soggetto identificato, quindi di un’attività materiale, magari in calce ad un’istanza o dichiarazione della cui veridicità sotto il profilo ideologico egli non si pone nemmeno come garante; a ben vedere, anche nell’affine attività di autenticazione di copie di atti e documenti (art. 18 del D.P.R. 28 dicembre 2000 n.445) chi procede all’attestazione di conformità non risponde del contenuto ideologico di questi, ma solo della loro accertata identità fisica.
Non ricorrendo i presupposti di applicazione del principio generale per cui nessuno sarebbe idoneo a controllare se stesso – principio, tra l’altro, di discutibile rigidità in diritto pubblico, in cui il dominio dei canoni costituzionali di imparzialità e buon andamento sottendono piuttosto un generale potere di revirement che si risolve nella funzione di autotutela a cui non sono estranee finalità di controllo successivo – nel caso di specie non vi è ragione di ritenere che il soggetto titolare del relativo potere non possa autenticare anche la propria sottoscrizione, purché, ovviamente, l’attestazione contenga i requisiti minimi prescritti dalla legge ossia l’identificazione di chi appone la sottoscrizione e l’indicazione della data e del luogo in cui la stessa è stata apposta. Opinare diversamente significherebbe introdurre una presunzione assoluta di incompatibilità di cui manca ogni traccia in diritto positivo e che non trova giustificazione nemmeno in esigenze sostanziali di certezza giuridica ulteriori rispetto a quelli esigibili dall’attività di autentica della sottoscrizione di soggetti diversi dal pubblico ufficiale che vi procede.
OMISSIS

sabato 19 aprile 2014





1.Elezioni – Elezioni regionali – Espressione del voto

2.Elezioni – Elezioni regionali – Indebita partecipazione di una lista - Effetti


Cons. di Stato, V, xx febbraio 2014, n. xx





La regola della ‘estensione’, disposta dall’art. 2 della legge 43/1995, è applicabile solo quando sia stato espresso un voto valido in favore di una lista provinciale (Cons. Stato, Sez. V, 28 dicembre 1996, n. 1618). Ciò posto, a maggior ragione nel caso di specie non è applicabile la medesima regola, dal momento che non solo il voto di per sé non è ‘valido’, ma per di più la stessa indebita presenza della lista sulla scheda ha inevitabilmente influito sulle scelte dell’elettore (che poteva decidere di votare anche una diversa lista).


L’avvenuta partecipazione alla competizione elettorale di una lista che non doveva esservi ammessa - qualora essa abbia ottenuto un numero di voti tanto consistente da avere avuto una decisiva incidenza sull’esito finale – comporta l’integrale annullamento del verbale di proclamazione degli eletti, con la conseguente rinnovazione delle relative operazioni (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 29 ottobre 2012, n. 5504; Sez. V, 31 marzo 2012, n. 1889; Sez. V, 20 marzo 2006, n. 1437; Sez. V, 18 giugno 2001, n. 3212; Sez. V, 10 maggio 1999, n. 535).

venerdì 18 aprile 2014



Elezioni comunali – Presentazione delle liste – Autenticazione delle firme – Assessore/consigliere  provinciale/comunale - Limiti




Cons. di Stato, V, xx febbraio 2014, n. xx





I consiglieri degli enti locali possono autenticare le sottoscrizioni necessarie per lo svolgimento delle operazioni elettorali di cui all’art. 14, primo comma, della l. 53/1990, , in relazione a tutte le operazioni elettorali, elencate nella norma citata, che si svolgono nell’ambito della circoscrizione territoriale dell’ente cui appartengono [di conseguenza, aggiunge il massimo organo di giustizia amministrativa, in relazione alla controversia in esame, i consiglieri provinciali possono autenticare le firme relative alle operazioni elettorali per l’elezione dei sindaci ed il rinnovo dei consigli dei comuni della provincia, mentre i consiglieri comunali hanno analoga legittimazione per le elezioni del sindaco ed il rinnovo del consiglio del loro comune]





SENTENZA
OMISSIS
FATTO e DIRITTO

OMISSIS
Più specificamente, il Collegio è chiamato a decidere sull’ambito nel quale i consiglieri provinciali e comunali sono legittimati ad autenticare le firme dei presentatori delle liste di candidati alle elezioni provinciali e comunali.
Osserva al riguardo il Collegio che nel caso in esame si discute della legittima partecipazione alla competizione elettorale per l’elezione del sindaco ed il rinnovo del consiglio comunale di T. di due liste i cui presentatori hanno fatto autenticare le loro sottoscrizioni da un consigliere della Provincia nella quale si trova il suddetto Comune.
Gli appellanti sostengono, sulla base anche di C. di S., 8 maggio 2013, n. 2501, che i consiglieri provinciali e comunali sono legittimati a prestare la suddetta opera di garanzia solo ricorrendo due presupposti, costituiti dalla territorialità e dalla funzionalità del loro intervento.
In altri termini, come si esprime la sentenza richiamata, “il consigliere dell’ente locale esercita il potere di autentica delle sottoscrizioni ex art. 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53 esclusivamente nei limiti della propria circoscrizione elettorale e in relazione alle operazioni elettorali dell'ente nel quale opera”.
Il Collegio osserva come il precedente richiamato sia sostanzialmente isolato, essendo stato ripreso solo in sede consultiva (Sezione Prima, parere 3457/2013 del 26 luglio 2013) e solo in parte, senza affrontare espressamente il problema che ora occupa.
Inoltre, i precedenti richiamati nella sentenza appena citata sono applicabili al caso in esame per la sola parte relativa al requisito della territorialità, mentre non si esprimono in relazione al problema del cosiddetto limite funzionale del potere di autentica.
Le suddette pronunce affermano, infatti, il principio, condiviso dal Collegio, secondo il quale tutti i soggetti legittimati a conferire pubblica fede circa la provenienza di una sottoscrizione esercitano il relativo potere nell’ambito di una circoscrizione territoriale determinata.
Giova rilevare che il principio è stato affermato anche da C. di S., A.P., 9 ottobre 2013, n. 22, secondo cui i pubblici ufficiali, ai quali la legge elettorale conferisce il potere di autenticare le sottoscrizioni delle liste di candidati, sono titolari del potere di autenticare le sottoscrizioni esclusivamente all’interno del territorio di competenza dell’ufficio di cui sono titolari o ai quali appartengono.
Le sentenze richiamate non affrontano, invece, il problema, che costituisce il fulcro della presente controversia, sulla esistenza di un limite funzionale all’esercizio di tale potere da parte dei consiglieri degli enti locali.
La questione è affrontata solo dalla citata sentenza 8 maggio 2013, n. 2501, secondo la quale tali soggetti possono esercitare il potere in questione solo quando esso sia richiesto per la partecipazione a competizioni elettorali dello stesso ente locale presso il quale operano.
Tale impostazione non è condivisa dal Collegio.
Invero, deve essere rilevato come tale limitazione non è stata univocamente prevista dal legislatore.
Di conseguenza, introdurre tale limite per via interpretativa comporta l’insorgere di evidenti incertezze operative e l’annullamento di operazioni elettorali nelle quali tutti i candidati si sono comportati secondo diligenza e buona fede, avendo seguito un’interpretazione che certamente l’enunciato utilizzato dal legislatore non consentiva di escludere con palese evidenza (la descritta esigenza di semplificazione del procedimento elettorale è stata tenuta presente anche da C. di S., A.P., 9 ottobre 2013, n. 22).
Non può essere dedotto, in contrario senso, il fatto che neanche la limitazione territoriale del potere di autentica è espressamente prevista dalla norma in commento, in quanto il concetto della limitazione territoriale del medesimo potere in capo a tutti i soggetti cui è stato attribuito costituisce dato di comune conoscenza, che chiunque ha potuto apprendere quando – ad esempio – si è dovuto avvalere dell’opera di un notaio e trova la specifica base normativa nel combinato disposto descritto dall’Adunanza Plenaria.
Inoltre, la limitazione cosiddetta funzionale si pone in contrasto logico con il contenuto complessivo della norma, che espressamente attribuisce il suddetto potere ai consiglieri degli enti locali anche in relazione alle autentiche necessarie per la partecipazione alle diverse competizioni elettorali ivi elencate.
Deve quindi essere affermato che i consiglieri degli enti locali possono autenticare le sottoscrizioni necessarie per lo svolgimento delle operazioni elettorali di cui all’art. 14, primo comma, della legge 21 marzo 1990, n. 53, nel testo novellato dall’art. 4 della legge 30 aprile 1999, n. 120, in relazione a tutte le operazioni elettorali, elencate nella norma citata, che si svolgono nell’ambito della circoscrizione territoriale dell’ente cui appartengono.
Di conseguenza, per quanto di rilievo per la presente controversia, i consiglieri provinciali possono autenticare le firme relative alle operazioni elettorali per l’elezione dei sindaci ed il rinnovo dei consigli dei comuni della provincia, mentre i consiglieri comunali hanno analoga legittimazione per le elezioni del sindaco ed il rinnovo del consiglio del loro comune.
4. L’appello deve, in conclusione, essere respinto.
In considerazione delle incertezze giurisprudenziali sopra evidenziate le spese devono essere integralmente compensate.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello n. …, come in epigrafe proposto, lo respinge.
OMISSIS

lunedì 14 aprile 2014





Amministrazioni Pubbliche (nozione)

Cons. di Stato, I, Numero xx/2011 e data xx/2011

OMISSIS

Rileva la Sezione che, come riportato nella narrativa che precede, il Ministero sottopone a questo Consiglio l’esame delle problematiche relative all’applicazione della richiamata disposizione di cui all’art. 80 del T.U.O.E.L., secondo cui “gli oneri per i permessi retribuiti dei lavoratori dipendenti da privati o da enti pubblici economici” sono posti a carico dell’ente presso il quale gli stessi lavoratori esercitano le funzioni pubbliche di cui all’art. 79 del medesimo T.U.O.E.L.; problematiche che – come analiticamente rappresentato nella richiesta di parere, sinteticamente sopra riportata – richiedono un’esatta individuazione della natura giuridica, pubblica o privata, di società per azioni di diritto privato ma di proprietà pubblica, in quanto lo spirito e la finalità della disposizione è nell’evidente scopo di salvaguardare l’esercizio delle funzioni pubbliche svolte da lavoratori-dipendenti, prevedendo il ristoro dei conseguenti oneri nei confronti dei soggetti (datori di lavoro) privati, ristoro escluso nei confronti dei soggetti (datori di lavoro) pubblici per l’identità tra funzioni e soggetti.
L’esame di tali problematiche è necessariamente connesso alla preventiva individuazione di criteri certi sulla natura giuridica di alcune società per azioni, private in quanto a struttura giuridico-formale, ma pubbliche per scopi finalistici e soprattutto per l’assetto proprietario.

OMISSIS

Ciò premesso, ritiene la Sezione che la prospettazione del quesito, ai fini di una sua più pertinente risposta, richieda una preventiva disamina dei limiti posti nella richiesta di parere, limiti che riguardano la ricognizione sulla natura giuridica – pubblica o privata – delle predette entità in relazione alle specifiche esigenze applicative della menzionata disposizione e che, quindi, pur appartenendo al medesimo contesto interpretativo, prescindono da una ricognizione “assoluta”, per così dire ordinamentale, sulla complessa materia; inoltre, è ovvio che, nel perimetro considerato dalla normativa in questione, preoccupata principalmente di garantire l’esercizio di funzioni pubbliche elettive senza gravare su patrimonialità private, non si possa escludere (anzi sarebbe opportuno anche ai fini di una “ricognizione” autentica sull’effettiva natura dei soggetti in questione) un intervento chiarificatore del legislatore.
In altri termini ritiene la Sezione che, pur dovendo auspicare un’iniziativa normativa generale sull’effettiva natura delle S.p.A. “pubbliche”, che prescinda dal contesto e dall’applicazione di disposizioni di carattere settoriale (come ad esempio la tipologia del rapporto di impiego dei dipendenti), e che identifichi criteri oggettivi e di carattere generale [soprattutto in relazione a quanto in proposito già effettuato dal legislatore europeo: art. 2, lett. a), Dir. 25 giugno 1980, n. 809/723/CEE], allo stato attuale una soluzione concreta del quesito vada individuata nella specifica normativa di riferimento.

OMISSIS

In conclusione, e a favore di una soluzione di certezza giuridica che regga su dati normativi testuali e prescinda da interpretazioni legate all’accertamento della natura delle singole situazioni, va ritenuto che sono amministrazioni pubbliche:
a) tutte quelle elencate dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001;
b) gli enti e gli altri soggetti inseriti nel conto economico consolidato individuati, ai sensi dell’art. 1, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 196/2009, dall’ISTAT. Si veda da ultimo l’elenco di cui al comunicato 24 luglio 2010 e a quello 30 settembre 2011, che comprende varie società pubbliche – quali, ad esempio Anas S.p.A., Coni Servizi S.p.A., Italia Lavoro S.p.A., Patrimonio dello Stato S.p.A. - ma non Ferrovie dello Stato S.p.A., Trenitalia S.p.A. e Poste Italiane S.p.A.;
c) quelle società alle quali la legge attribuisce espressamente “personalità giuridica di diritto pubblico” (ad es. si veda l’art. 18, comma 9, della l. 22 dicembre 1984, n. 887 con riguardo all’Agecontrol).
Conseguentemente, sono considerate soggetti “privati”, ai sensi dell’art. 80, secondo periodo, del d.lgs. n. 267/2000 – e quindi non sono a loro carico gli oneri dei propri dipendenti per i permessi retribuiti conseguenti all’esercizio delle funzioni pubbliche di cui al precedente art. 79 – tutte le società pubbliche, ad esclusione di quelle inserite nel conto economico consolidato e individuate dall’ISTAT (in applicazione della normativa di cui alla precedente lett. b) e di quelle che hanno per legge “personalità giuridica di diritto pubblico”.

OMISSIS

domenica 13 aprile 2014




OMISSIONE DI ATTI D’UFFICIO

Cass. pen.  14 novembre 2013 (ud. 17 ottobre 2013)  n. 45629


Ai fini dell’integrazione del delitto di omissione di atti d'ufficio, è irrilevante il formarsi del silenzio-rifiuto entro la scadenza del termine di trenta giorni dalla richiesta del privato.Ne consegue che il silenzio-rifiuto deve considerarsi inadempimento e, quindi, come condotta omissiva richiesta per la configurazione della fattispecie incriminatrice

venerdì 11 aprile 2014





DISPERSIONE DELLE CENERI

Tar Sardegna xx febbraio 2014, n. xx


OMISSIS

FATTO

I ricorrenti -rispettivamente vedova…, nonché padre e sorella …, del defunto …, impugnano gli atti in epigrafe indicati, con i quali il Comune di … ha respinto la loro richiesta di dispersione delle ceneri del corpo del congiunto (già cremato in base a regolare autorizzazione), che gli stessi riferivano corrispondere ad una volontà costantemente espressa dal defunto quando era in vita.
Il motivo del diniego dell’autorizzazione alla dispersione delle ceneri risiede nel fatto che, citando testualmente l’Amministrazione, “la dispersione delle ceneri è consentita dalla normativa vigente, legge 130/2001 e l.r. 4/2012, solo nel rispetto della volontà del defunto e non anche nel rispetto della volontà espressa dai suoi familiari”; in sostanza il Comune di … ha ritenuto insufficiente, ai fini della prova della volontà dell’interessato alla dispersione delle proprie ceneri, le dichiarazioni dei suoi prossimi congiunti, ritenendo necessaria una dichiarazione scritta e firmata dello stesso defunto.

OMISSIS

DIRITTO

OMISSIS

Al riguardo il Collegio condivide la censura di carattere sostanziale dedotta dai ricorrenti, secondo i quali non esisterebbe alcuna norma vigente che subordini la dispersione delle ceneri del defunto alla presentazione di una dichiarazione di volontà manifestata per iscritto da parte del defunto.
Difatti sia l’art. 3 della legge statale 30 marzo 2011, n. 130, che l’art. 4 della l.r. Regione Sardegna 22 febbraio 2012, n. 4 depongono univocamente a favore della tesi di parte ricorrente.

OMISSIS

Nessuna incidenza sulla vicenda in esame ha, infine, il regolamento comunale di polizia mortuaria di …, poichè lo stesso -ed in questo concordano entrambe le difese- fa sostanzialmente riferimento alla normativa primaria, senza aggiungere alcuna specifica previsione in relazione al profilo che ora interessa.

OMISSIS

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, accoglie in parte il ricorso in epigrafe proposto e, per l’effetto, annulla la nota del Comune di …, …

OMISSIS

giovedì 10 aprile 2014




Matrimonio tra persone dello stesso sesso


Trib. Grosseto 3 aprile 2014 (ord.)



Celebrato il matrimonio a New York, due cittadini italiani (dello stesso sesso) ne chiedono la trascrizione all’ufficiale dello stato civile, ottenendone un rifiuto sulla base della contrarietà all’ordine pubblico.

Il Tribunale accoglie il ricorso, ordinando all’ufficiale dello stato civile di trascrivere l’atto di matrimonio.

Secondo il Tribunale:

-come sottolineato dalla Cassazione, nella sentenza 4184 del 2012,il matrimonio contratto tra due persone dello stesso sesso non può ritenersi “inesistente” per l’ordinamento italiano;

-come ulteriormente rilevato (seppur non esplicitamente) dal S.C., nella citata sentenza il diritto al matrimonio ha assunto oggi un nuovo più ampio contenuto, includendo anche il matrimonio contratto fra persone dello stesso sesso; ne consegue che un istituto giuridico ricompreso nella CEDU non può ritenersi contrario all’ordine pubblico internazionale;

-la normativa italiana non individua la diversità di sesso degli sposi fra gli impedimenti al matrimonio e l’art. 28 della legge 218/1995 richiede, quanto alla forma del matrimonio, il rispetto della legge del luogo di celebrazione





Decreto Ministero Giustizia 21 marzo 2014 (G.U. 9 aprile 2014, n. 86), Disposizioni per la formazione dell’elenco  degli  elettori  italiani residenti  nel  territorio  degli  altri  Paesi  membri   dell’Unione europea, ai fini della nomina dei presidenti di seggio delle  sezioni elettorali ivi istituite




Allontanamento dei cittadini dell’Unione

Questione di legittimità costituzionale dell’art. 21 del d. lgs. 30/2007

Corte cost. 8 aprile 2014, n. 84

OMISSIS

Considerato che il Tribunale ordinario di Rovigo dubita della legittimità costituzionale dell’art. 21 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 (Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri), nella parte «in cui consente al Prefetto di decretare l’allontanamento dal territorio dello Stato» del cittadino dell’Unione europea verso altro Stato membro, che nei confronti del medesimo cittadino ha emesso mandato di arresto europeo (M.A.E.), ai sensi della legge 22 aprile 2005 n. 69 (Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri), «qualora si verta nelle ipotesi di cui all’art. 18 di detta legge stabilite con sentenza della corte di appello»;
che la questione è manifestamente inammissibile perché l’ordinanza di rimessione presenta carenze in punto di descrizione della fattispecie concreta e di motivazione sulla rilevanza tali da precludere lo scrutinio nel merito delle censure;

OMISSIS

che, in mancanza di tali riferimenti specifici alla fattispecie concreta che ha dato origine al giudizio a quo, è inibita a questa Corte la necessaria verifica circa l’influenza della questione di legittimità sulla decisione richiesta al rimettente (ex plurimis, ordinanze n. 193, n. 177, n. 171 e n. 162 del 2011);
che, infine, il parametro dell’art. 10, secondo comma, Cost., non è utilizzabile per le norme internazionali convenzionali rilevanti nella specie, atteso che «l’esigenza di coerenza con l’ordinamento comunitario trova collocazione adeguata nell’art. 11 della Costituzione» (sentenza n. 284 del 2007);
OMISSIS

LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 21 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 (Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri), per violazione degli artt. 3 e 10, secondo comma, della Costituzione, sollevata dal Tribunale ordinario di Rovigo, con l’ordinanza in epigrafe.

martedì 8 aprile 2014







Esenzione dal visto Schengen, per ingressi e soggiorni di breve durata, a favore dei cittadini della Repubblica di Moldova




Regolamento (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio 3 aprile 2014, n. 2592014 (G.U.U.E., 8 aprile 2014, n. L 105), che modifica il regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo

lunedì 7 aprile 2014




Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni

LEGGE 7 aprile 2014, n. 56  (G.U. 7 aprile 2014, n. 81), Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni (stralcio)


  La  Camera  dei  deputati  ed  il  Senato  della  Repubblica  hanno
approvato; 
 
                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 
 
 
                              Promulga 
 
la seguente legge: 
 
                               Art. 1 
 
OMISSIS
 
  135. All'articolo 16, comma 17, del decreto-legge 13  agosto  2011,
n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011,
n. 148, sono apportate le seguenti modificazioni: 
  a) le lettere a) e b) sono sostituite dalle seguenti: 
  «a) per  i  comuni  con  popolazione  fino  a  3.000  abitanti,  il
consiglio comunale e' composto,  oltre  che  dal  sindaco,  da  dieci
consiglieri e il numero massimo degli assessori e' stabilito in due; 
  b) per i comuni con popolazione superiore a 3.000 e fino  a  10.000
abitanti, il consiglio comunale e' composto, oltre che  dal  sindaco,
da dodici consiglieri e il numero massimo di assessori  e'  stabilito
in quattro»; 
  b) le lettere c) e d) sono abrogate. 
  136. I comuni interessati dalla disposizione di cui  al  comma  135
provvedono, prima di applicarla, a rideterminare con propri atti  gli
oneri  connessi  con  le  attivita'  in  materia  di   status   degli
amministratori locali, di cui al titolo III,  capo  IV,  della  parte
prima del testo unico,  al  fine  di  assicurare  l'invarianza  della
relativa  spesa  in  rapporto  alla  legislazione   vigente,   previa
specifica attestazione del collegio dei revisori dei conti. 
  137. Nelle giunte dei comuni  con  popolazione  superiore  a  3.000
abitanti, nessuno dei due sessi puo' essere rappresentato  in  misura
inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico. 
  138. Ai comuni  con  popolazione  fino  a  3.000  abitanti  non  si
applicano le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 51  del
testo unico; ai sindaci dei medesimi comuni e' comunque consentito un
numero massimo di tre mandati.
 
  OMISSIS
 
  151. La presente legge entra  in  vigore  il  giorno  successivo  a
quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. 



Cons. di Stato, III, 12 settembre 2013, n. 4528


Cittadinanza italiana – Acquisto per concessione – Cause ostative

E’ illegittimo, per difetto di motivazione, il decreto di rigetto della (concessione della) cittadinanza italiana, fondato su una nota informativa contenente un mero cenno indiretto alla vicinanza dell’interessato ad un movimento politico del Paese d’origine, priva di ulteriori indicazioni, anche sommarie, riguardo al coinvolgimento in attività sospette.

domenica 6 aprile 2014



Cass. 17 maggio 2013, n. 12067


Anagrafe – Risultanze anagrafiche  – Valore – Notificazione civile
 
Al fine di superare la presunzione di coincidenza della residenza del soggetto destinatario della notifica con quella risultante dal certificato anagrafico rilasciato all'epoca della notificazione, non è sufficiente la produzione di certificazioni contrastanti (ovvero attestanti il cambio di residenza prima della notifica) ma emesse in epoca successiva, atteso che anche da queste ultime può trarsi una mera presunzione di avvenuto trasferimento della residenza in data anteriore alla notifica, di per sè inidonea a vincere quella contraria. E poichè l'art. 44 c.c. esclude che il trasferimento di residenza possa essere opposto ai terzi di buona fede se non è stato denunciato nei modi prescritti dalla legge, la prova dell'avvenuto cambio di residenza in data anteriore alla notifica, in caso di divergenza fra le certificazioni anagrafiche, può essere fornita solo attraverso la produzione della doppia dichiarazione (al comune che si abbandona ed a quello dove si intende fissare la dimora abituale) prevista dall'art.  31 disp. att. c.c.

sabato 5 aprile 2014




Cons. di Stato, V, 4 settembre 2013, n. 4416

Elezioni – Elezioni comunali – Presentazione delle liste – Accettazione della candidatura


Non è invalidante la mancata produzione, con riferimento ad alcune liste elettorali, della dichiarazione del candidato sindaco di non trovarsi in nessuna delle situazioni previste dall’art. 58 del d. lgs.  267/2000, qualora la medesima dichiarazione sia stata resa, da parte dello stesso candidato sindaco, nell’ambito del medesimo procedimento elettorale a corredo dell’accettazione per altre liste che sostenevano la sua candidatura

venerdì 4 aprile 2014



Residenza e occupazione abusiva di immobili


Dalla relazione al ddl governativo 1413, comunicato alla Presidenza del Senato il 28 marzo 2014, Conversione in legge del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, recante misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015




“…L’articolo 5 dispone che chiunque occupi abusivamente un immobile non possa chiedere la residenza né l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo prevedendo anche la nullità ex lege degli effetti degli atti emessi in violazione di tale divieto. L’attuale quadro normativo consente a coloro i quali abbiano occupato abusivamente un edificio di ottenervi la residenza pur in pendenza di un procedimento penale. La norma in esame mira al ripristino delle si-tuazioni di legalità compromesse dalla sussistenza di fatti penalmente rilevanti…”