La sentenza della Corte di Lussemburgo sul personale precario della
scuola (italiana)
Corte di Giustizia UE 26 novembre
2014, (cause riunite) nn. C‑22/13, da C‑61/13 a C‑63/13 e C‑418/13
Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Accordo quadro CES,
UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Successione di contratti di
lavoro a tempo determinato – Insegnamento – Settore pubblico –
Supplenze di posti vacanti e disponibili in attesa dell’espletamento di
procedure concorsuali – Clausola 5, punto 1 – Misure di prevenzione
del ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato – Nozione di “ragioni
obiettive” che giustificano tali contratti – Sanzioni – Divieto di
trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato – Assenza di diritto
al risarcimento del danno
La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro
sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura
nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999,
relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato,
deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale
quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa
dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di
ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo
determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché
di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi
per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi
possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento
del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo. Risulta,
infatti, che tale normativa, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei
giudici del rinvio, da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e
trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda
effettivamente ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito
e sia necessario a tal fine, e, dall’altro, non prevede nessun’altra misura
diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di
contratti di lavoro a tempo determinato.
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
26 novembre 2014
Nelle cause riunite C‑22/13, da C‑61/13 a C‑63/13 e C‑418/13,
aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale
proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, da un lato, dal
Tribunale di Napoli (Italia), con ordinanze del 2, 15 e 29 gennaio 2013,
pervenute in cancelleria il 17 gennaio (C‑22/13) e il 7 febbraio 2013 (da C‑61/13
a C‑63/13), e, dall’altro, dalla Corte costituzionale (Italia), con ordinanza
del 3 luglio 2013, pervenuta in cancelleria il 23 luglio 2013 (C‑418/13), nei
procedimenti
OMISSIS
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca,
con l’intervento di:
Federazione Gilda-Unams,
Federazione Lavoratori della Conoscenza (FLC CGIL),
Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL),
e
OMISSIS
contro
Comune di Napoli (C‑63/13),
e
OMISSIS
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca (C‑418/13),
LA CORTE
(Terza Sezione),
composta da M. Ilešič, presidente di sezione, A. Ó
Caoimh (relatore), C. Toader, E. Jarašiūnas e C.G. Fernlund,
giudici,
avvocato generale: M. Szpunar
cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito
all’udienza del 27 marzo 2014,
viste le osservazioni presentate:
OMISSIS
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza del 17 luglio 2014,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le
domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione delle clausole
4 e 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il
18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), che figura nell’allegato alla
direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo
quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175,
pag. 43), dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2, della direttiva 91/533/CEE del
Consiglio, del 14 ottobre 1991, relativa all’obbligo del datore di lavoro di
informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto
di lavoro (GU L 288, pag. 32), del principio di leale cooperazione
previsto dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE nonché dei principi generali del
diritto dell’Unione relativi alla certezza del diritto, alla tutela del
legittimo affidamento, all’uguaglianza delle armi nel processo, all’effettiva
tutela giurisdizionale, al diritto a un tribunale indipendente e a un equo
processo, garantiti dall’articolo 6, paragrafo 2, TUE, letto in combinato
disposto con l’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre
1950 (in prosieguo: la «CEDU»), e con gli articoli 46, 47 e 52, paragrafo 3,
della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
2 Tali
domande sono state presentate nell’ambito di controversie che vedono opposti la
sig.ra M. e altri otto lavoratori, tutti membri del personale di scuole
pubbliche, al proprio datore di lavoro, ossia, per otto di essi, il Ministero
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, (in prosieguo: il
«Ministero») e, per l’ultimo, il Comune di Napoli, in merito alla
qualificazione dei contratti di lavoro che li legavano a tali datori di lavoro.
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
La direttiva 1999/70
3 La
direttiva 1999/70 è fondata sull’articolo 139, paragrafo 2, CE e, ai sensi del
suo articolo 1, è diretta ad «attuare l’accordo quadro (…), che figura
nell’allegato, concluso (…) fra le organizzazioni intercategoriali a carattere
generale [Confederazione europea dei sindacati (CES), Unione delle
confederazioni dell’industria e dei datori di lavoro dell’Europa (UNICE),
Centro europeo delle imprese a partecipazione pubblica (CEEP)]».
4 La
clausola 1 dell’accordo quadro così recita:
«L’obiettivo del presente accordo quadro è:
a) migliorare
la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio
di non discriminazione;
b) creare un
quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una
successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».
5 La
clausola 2 dell’accordo quadro, intitolata «Campo d’applicazione», prevede
quanto segue:
«1. Il
presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto
di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti
collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro.
2. Gli Stati
membri, previa consultazione delle parti sociali e/o le parti sociali stesse
possono decidere che il presente accordo non si applichi ai:
a) rapporti di
formazione professionale iniziale e di apprendistato;
b) contratti e
rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione,
inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di
contributi pubblici».
6 La
clausola 3 dell’accordo quadro, intitolata «Definizioni», così prevede:
1. Ai fini del
presente accordo, il termine “lavoratore a tempo determinato” indica una
persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il
datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni
oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un
compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.
(…)».
7 La
clausola 4 dell’accordo quadro, intitolata «Principio di non discriminazione»,
prevede, al suo punto 1, quanto segue:
«Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i
lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno
favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di
avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non
sussistano ragioni oggettive».
8 Ai
sensi della clausola 5 dell’accordo quadro, intitolata «Misure di prevenzione
degli abusi»:
«1. Per
prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o
rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione
delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della
prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza
di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga
conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o
più misure relative a:
a) ragioni
obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;
b) la durata
massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato
successivi;
c) il numero
dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.
2. Gli Stati
membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse
dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di
lavoro a tempo determinato:
a) devono
essere considerati “successivi”;
b) devono
essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato».
La direttiva 91/533
9 L’articolo
2, paragrafo 1, della direttiva 91/533 così recita:
«Il datore di lavoro è tenuto a comunicare al lavoratore
subordinato cui si applica la presente direttiva, in appresso denominato
“lavoratore”, gli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro».
10 Ai
sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera e), della citata direttiva,
l’informazione al lavoratore, se si tratta di un contratto o di un rapporto di
lavoro temporaneo, riguarda, tra l’altro, la «durata prevedibile del contratto
o del rapporto di lavoro».
Il diritto italiano
11 L’articolo
117, primo comma, della Costituzione della Repubblica italiana prevede che
«[l]a potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto
della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dal [diritto dell’Unione] e
dagli obblighi internazionali».
12 In
Italia, il ricorso a contratti a tempo determinato nel settore pubblico è
disciplinato dal decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165, recante
norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche (supplemento ordinario alla GURI n. 106, del 9
maggio 2001; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 165/2001»).
13 L’articolo
36, comma 5, di tale decreto, come modificato dalla legge del 3 agosto 2009,
n. 102, relativa alla conversione in legge, con modificazioni, del decreto
legge del 1º luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché
proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali
(supplemento ordinario alla GURI n. 179 del 4 agosto 2009), intitolato
«Forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale»
dispone quanto segue:
«In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative
riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche
amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a
tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando
ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al
risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di
disposizioni imperative (…)».
14 Secondo
le ordinanze di rinvio, il lavoro a tempo determinato nella pubblica amministrazione
è altresì soggetto al decreto legislativo del 6 settembre 2001, n. 368,
recante attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul
lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES (GURI
n. 235, del 9 ottobre 2001; in prosieguo: il «decreto legislativo
n. 368/2001»).
15 L’articolo
5, comma 4 bis, di tale decreto legislativo è formulato come segue:
«Ferma restando la disciplina della successione di
contratti di cui ai commi precedenti, e fatte salve diverse disposizioni di
contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale
con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale, qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo
svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore
di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei
mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di
interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro
si considera a tempo indeterminato (…)».
16 Ai
sensi dell’articolo 10, comma 4 bis, di detto decreto legislativo, come
modificato dall’articolo 9, comma 18, del decreto legge del 13 maggio 2011,
n. 70 (in prosieguo: il «decreto legge n. 70/2011»), convertito in
legge del 12 luglio 2011, n. 106 (GURI n. 160, del 12 luglio 2011):
«(…) sono altresì esclusi dall’applicazione del presente
decreto i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze
del personale docente ed ATA [amministrativo, tecnico ed ausiliario],
considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio
scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale
docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche
determinato. In ogni caso non si applica l’articolo 5, comma 4-bis, del
presente decreto».
17 Per
quanto riguarda il personale docente e amministrativo, tecnico ed ausiliario,
la disciplina del rapporto di lavoro a tempo determinato è contenuta
nell’articolo 4 della legge del 3 maggio 1999 n. 124, recante disposizioni
urgenti in materia di personale scolastico (GURI n. 107, del 10 maggio
1999), come modificata dal decreto legge del 25 settembre 2009 n. 134,
convertito, con modificazioni, dalla legge del 24 novembre 2009 n. 167
(GURI n. 274, del 24 novembre 1999; in prosieguo: la «legge
n. 124/1999»). Secondo il giudice del rinvio nelle cause C‑22/13 e da C‑61/13
a C‑63/13, è pacifico che tale legge si applica solo alla scuola statale. Detta
legge non si applica, invece, alla scuola comunale, che resta soggetta ai
decreti legislativi n. 165/2001 e n. 368/2001.
18 Ai
sensi dell’articolo 4 della legge n. 124/1999:
«1. Alla copertura
delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti
e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente
tali per l’intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il
personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante
l’utilizzazione del personale in soprannumero, e sempreché ai posti medesimi
non sia stato già assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede
mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell’espletamento
delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo.
2. Alla copertura
delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto
disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell’anno scolastico
si provvede mediante il conferimento di supplenze temporanee fino al termine
delle attività didattiche. Si provvede parimenti al conferimento di supplenze
temporanee fino al termine delle attività didattiche per la copertura delle ore
di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario.
3. Nei casi diversi
da quelli previsti ai commi 1 e 2 si provvede con supplenze temporanee.
(…)
6. Per il
conferimento delle supplenze annuali e delle supplenze temporanee sino al
termine delle attività didattiche si utilizzano le graduatorie permanenti di
cui all’articolo 401 del testo unico, come sostituito dal comma 6 dell’articolo
1 della presente legge.
(...)
11. Le disposizioni
di cui ai precedenti commi si applicano anche al personale amministrativo,
tecnico ed ausiliario (ATA) (…)
(…)
14 bis. I contratti a tempo determinato stipulati
per il conferimento delle supplenze previste dai commi 1, 2 e 3, in quanto
necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed
educativo, possono trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato
solo nel caso di immissione in ruolo, ai sensi delle disposizioni vigenti e
sulla base delle graduatorie (…)».
19 Ai
sensi dell’articolo 1 del decreto del Ministero della pubblica istruzione del
13 giugno 2007, n. 131 (in prosieguo: il «decreto n. 131/2007»), gli
incarichi dei docenti e del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario
della scuola statale sono di tre tipi:
– supplenze
annuali, su posti vacanti e disponibili, in quanto privi di titolare;
– supplenze
temporanee fino al termine delle attività didattiche, su posti non vacanti, ma
ugualmente disponibili;
– supplenze
temporanee per ogni altra necessità, ossia supplenze brevi.
20 L’immissione
in ruolo di cui all’articolo 4, comma 14 bis, della legge n. 124/1999
è disciplinata dagli articoli 399 e 401 del decreto legislativo del 16 aprile
1994, n. 297, recante testo unico delle disposizioni legislative in
materia di istruzione (supplemento ordinario alla GURI n. 115 del 19
maggio 1994; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 297/1994»).
21 L’articolo
399, comma 1, di tale decreto così dispone:
«L’accesso ai ruoli del personale docente della scuola
materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti
d’arte, ha luogo, per il 50 per cento dei posti a tal fine annualmente
assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per
cento, attingendo alle graduatorie permanenti di cui all’art. 401».
22 L’articolo
401, commi 1 e 2, di tale decreto stabilisce quanto segue:
«1. Le graduatorie
relative ai concorsi per soli titoli del personale docente della scuola
materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti
d’arte, sono trasformate in graduatorie permanenti, da utilizzare per le
assunzioni in ruolo di cui all’art. 399, comma 1.
2. Le graduatorie
permanenti di cui al comma 1 sono periodicamente integrate con l’inserimento
dei docenti che hanno superato le prove dell’ultimo concorso regionale per
titoli ed esami, per la medesima classe di concorso e il medesimo posto, e dei
docenti che hanno chiesto il trasferimento dalla corrispondente graduatoria
permanente di altra provincia. Contemporaneamente all’inserimento dei nuovi
aspiranti è effettuato l’aggiornamento delle posizioni di graduatoria di coloro
che sono già compresi nella graduatoria permanente».
Procedimenti principali e questioni pregiudiziali
Le cause C‑22/13 e da C‑61/13 a C‑63/13
23 Le
sig.re OMISSIS sono state assunte mediante contratti di lavoro a tempo
determinato stipulati in successione, le prime tre in qualità di docenti presso
il Ministero e l’ultima in qualità di educatrice in asili nido e in scuole
materne presso il Comune di Napoli. In forza di tali contratti, esse hanno
lavorato per i propri rispettivi datori di lavoro per i seguenti periodi: 71
mesi su un periodo di 9 anni per la sig.ra M. (tra il 2003 e il 2012); 50
mesi e 27 giorni su un periodo di 5 anni per la sig.ra Forni (tra il 2006
e il 2011); 60 mesi su un periodo di 5 anni per la sig.ra R. (tra il 2007
e il 2012), e 45 mesi e 15 giorni su un periodo di 5 anni per la sig.ra R.
(tra il 2006 e il 2011).
24 Ritenendo
illegittimi tali contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in
successione, le ricorrenti nei procedimenti principali hanno adito il Tribunale
di Napoli chiedendo, in via principale, la trasformazione di tali contratti a
tempo determinato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato e, pertanto, la
loro immissione in ruolo, nonché il pagamento degli stipendi corrispondenti ai
periodi di interruzione tra la scadenza di un contratto a tempo determinato e
l’entrata in vigore di quello successivo e, in subordine, il risarcimento del
danno subito.
25 Essendo
stata immessa in ruolo nel corso del procedimento in virtù del suo avanzamento
nella graduatoria permanente, la sig.ra R. ha modificato il suo ricorso
originario in domanda di pieno riconoscimento dell’anzianità di servizio e di
risarcimento del danno subito.
26 Secondo
il Ministero e il Comune di Napoli, al contrario, l’articolo 36, comma 5, del
decreto legislativo n. 165/2001 vieta qualsiasi riqualificazione del
rapporto di lavoro. L’articolo 5, comma 4 bis, del decreto legislativo
n. 368/2001 non sarebbe applicabile, tenuto conto dell’articolo 10, comma
4 bis, dello stesso decreto, introdotto dall’articolo 9, comma 18, del
decreto legge n. 70/2011. Peraltro, le ricorrenti nei procedimenti
principali non avrebbero nemmeno diritto al risarcimento del danno, visto che
la procedura di assunzione era legittima e che comunque non sussistevano gli
elementi costitutivi di un illecito. Infine, poiché i contratti a tempo
determinato non erano connessi gli uni agli altri e non costituivano pertanto né
il proseguimento né la proroga dei contratti precedenti, non sussisterebbe
alcun abuso.
27 Investito
di tale ricorso, il Tribunale di Napoli indica, in primo luogo, che la
normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali, contrariamente
a quanto dichiarato dalla Corte suprema di cassazione nella sentenza
n. 10127/12, è contraria alla clausola 5 dell’accordo quadro.
28 Tale
normativa, infatti, non contemplerebbe alcuna misura di prevenzione ai sensi
del punto 1, lettera a), di detta clausola, poiché non consentirebbe di
verificare concretamente, in modo obiettivo e trasparente, l’esistenza di
un’esigenza reale di sostituzione temporanea e autorizzerebbe, come previsto
esplicitamente dall’articolo 4, comma 1, della legge n. 124/1999, il
rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato a copertura di posti
effettivamente vacanti. Orbene, tale normativa non contemplerebbe neppure
misure di prevenzione ai sensi del punto 1, lettera b), di detta clausola.
Infatti, l’articolo 10, comma 4 bis, del decreto legislativo
n. 368/2001 escluderebbe d’ora in avanti l’applicazione alle scuole
statali dell’articolo 5, comma 4-bis, del suddetto decreto, che prevede che i
contratti di lavoro a tempo determinato di durata superiore a 36 mesi siano trasformati
in contratti di lavoro a tempo indeterminato. Inoltre, tale normativa non
conterrebbe alcuna misura di prevenzione ai sensi del punto 1, lettera c),
della medesima clausola.
29 Peraltro,
non sarebbe prevista alcuna misura sanzionatoria, poiché i contratti di lavoro
a tempo determinato non potrebbero essere trasformati in contratti di lavoro a
tempo indeterminato, secondo l’articolo 4, comma 14 bis, della legge
n. 124/1999, se non in caso di immissione in ruolo sulla base delle graduatorie.
Inoltre, sarebbe altresì escluso il diritto al risarcimento del danno causato
dalla successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Secondo la
sentenza n. 10127/12 della Corte suprema di cassazione, infatti,
l’articolo 36, comma 5, del decreto legislativo n. 165/2001, che prevede,
in linea di principio, un siffatto diritto nel settore pubblico, non è
applicabile qualora i contratti di lavoro a tempo determinato successivi
abbiano superato il limite massimo di 36 mesi previsto dall’articolo 5, comma
4 bis, del decreto legislativo n. 368/2001.
30 In
secondo luogo, il giudice del rinvio, osservando che solo la scuola statale ha
la facoltà di assumere personale a tempo determinato senza essere soggetta ai
limiti previsti dal decreto legislativo n. 368/2001, comportando così una
distorsione della concorrenza a danno della scuola privata, si chiede se la
scuola statale rientri nella nozione di «settori e/o categorie specifici di
lavoratori» ai sensi della clausola 5 dell’accordo quadro, che giustificano un
regime distinto di prevenzione e di sanzioni per il ricorso abusivo a una
successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
31 In
terzo luogo, tale giudice si interroga sulla conformità della normativa
nazionale di cui trattasi rispetto alla clausola 4 dell’accordo quadro, nei
limiti in cui essa prevede che un lavoratore del settore pubblico
illegittimamente assunto a tempo determinato, a differenza di un lavoratore
assunto a tempo indeterminato illegittimamente licenziato, non abbia diritto al
risarcimento del danno subito.
32 In
quarto luogo, tale giudice, osservando che, nella causa che ha dato luogo
all’ordinanza Affatato (C‑3/10, EU:C:2010:574), il governo italiano ha
sostenuto che l’articolo 5, comma 4 bis, del decreto legislativo n. 368/2001
è applicabile al settore pubblico, mentre la Corte suprema di cassazione ha dichiarato il
contrario nella sua sentenza n. 10127/12, si chiede se, in considerazione
del principio di leale cooperazione, tale erronea interpretazione del diritto
nazionale da parte del governo non si debba più imporre ai giudici nazionali,
rafforzando così il loro obbligo di procedere a un’interpretazione conforme al
diritto dell’Unione.
33 In
quinto luogo, il Tribunale di Napoli si interroga sulla questione se la possibilità
di trasformazione di un contratto di lavoro a tempo determinato in contratto di
lavoro a tempo indeterminato, prevista dall’articolo 5, comma 4 bis, del
decreto legislativo n. 368/2001, rientri nelle informazioni di cui
all’articolo 2, paragrafi 1 e 2, lettera e), della direttiva 91/533 che il
datore di lavoro è tenuto a comunicare al lavoratore e, in caso affermativo, se
l’esclusione retroattiva dell’applicazione di tale articolo 5, comma
4 bis, alla scuola statale tramite il decreto legge n. 70/2011 sia
conforme a detta direttiva.
34 Infine,
in sesto luogo, il giudice del rinvio si chiede se una siffatta modifica con
efficacia retroattiva della normativa nazionale, che ha avuto come conseguenza
di privare il personale della scuola statale di un diritto di cui godeva al
momento dell’assunzione, sia compatibile con i principi generali del diritto
dell’Unione.
35 In
tali circostanze, il Tribunale di Napoli ha deciso di sospendere il
procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, di
cui la settima è stata sollevata unicamente nelle cause C‑61/13 e C‑62/13,
mentre, nella causa C‑63/13, sono state sollevate unicamente la seconda, la
terza e la quarta questione, le quali costituiscono la prima, la seconda e la
terza questione di tale ultima causa:
«1) Se il
contesto normativo del settore scuola, come descritto, costituisca misura
equivalente ai sensi della clausola 5 della direttiva [1999/70].
2) Quando
debba ritenersi che un rapporto di lavoro sia alle dipendenze dello “Stato”, ai
sensi della clausola 5 della direttiva [1999/70] ed in particolare anche
dell’inciso “settori e/o categorie specifiche di lavoratori” e quindi sia atto
a legittimare conseguenze differenti rispetto ai rapporti di lavoro privati.
3) Se, tenuto
conto delle esplicazioni di cui all’articolo 3, [paragrafo] 1, lettera c),
della direttiva 2000/78/CE [del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce
un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di
condizioni di lavoro (GU L 303, pag. 16)] ed all’articolo 14,
[paragrafo] 1, lettera c), della direttiva 2006/54/CE [del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle
pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di
occupazione e impiego (GU L 204, pag. 23)], nella nozione di
condizioni di impiego di cui alla clausola 4 della direttiva [1999/70] siano
comprese anche le conseguenze dell’illegittima interruzione del rapporto di
lavoro; [i]n ipotesi di risposta positiva al quesito che precede, se la
diversità tra le conseguenze ordinariamente previste nell’ordinamento interno
per la illegittima interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed
a tempo determinato siano giustificabili ai sensi della clausola 4 [della
direttiva 1999/70].
4) Se, in
forza del principio di leale cooperazione, ad uno Stato sia vietato
rappresentare in un procedimento pregiudiziale interpretativo alla Corte (…) un
quadro normativo interno volutamente non corrispondente al vero ed il giudice
sia obbligato, in assenza di una diversa interpretazione del diritto interno
ugualmente satisfattiva degli obblighi derivanti dalla appartenenza alla Unione
europea, ad interpretare, ove possibile, il diritto interno conformemente alla
interpretazione offerta dallo Stato.
5) Se nelle
condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro previste dalla
direttiva [91/533] e segnatamente dall’articolo 2, [paragrafi] 1 e 2, [lettera]
e), rientri la indicazione delle ipotesi in cui il contratto di lavoro a
termine si può trasformare in contratto a tempo indeterminato.
6) In ipotesi
di risposta positiva al quesito che precede se una modifica con efficacia
retroattiva del quadro normativo tale che non garantisca al lavoratore
subordinato la possibilità di far valere i suoi diritti derivanti dalla
direttiva [91/533], ovvero il rispetto delle condizioni di lavoro indicate nel
documento di assunzione, sia contrari[a] all’articolo 8, [paragrafo] 1, della
direttiva [91/533] ed alle finalità di cui alla [stessa] ed in particolare al
2° “considerando”.
7) Se i
principi generali del vigente diritto [dell’Unione] della certezza del diritto,
della tutela del legittimo affidamento, della uguaglianza delle armi del
processo, dell’effettiva tutela giurisdizionale, [del diritto] a un tribunale
indipendente e, più in generale, a un equo processo, garantiti dall’[articolo
6 TUE] (…) – in combinato disposto con l’articolo 6 della [CEDU], e
con gli artt. 46, 47 e 52, paragrafo 3, della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione (…) – debbano essere interpretati nel senso di
ostare, nell’ambito di applicazione della direttiva [1999/70], all’emanazione
da parte dello Stato italiano, dopo un arco temporale apprezzabile (3 anni e
sei mesi), di una disposizione normativa, quale l’articolo 9 del decreto legge
n. 70[/2011] convertito con L. 12 luglio 2011, n. 106, [che] ha
aggiunto il comma 4-bis all’articolo 10 del [decreto legislativo
n. 368/2001] – atta ad alterare le conseguenze dei processi in corso
danneggiando direttamente il lavoratore a vantaggio del datore di lavoro –
[S]tato ed eliminando la possibilità conferita dall’[o]rdinamento interno di
sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a termine».
36 Con
ordinanza del presidente della Corte dell’8 marzo 2013, le cause C‑22/13 e da C‑61/13
a C‑63/13 sono state riunite ai fini delle fasi scritta ed orale del
procedimento, nonché della sentenza.
La causa C‑418/13
37 Le
sig.re OMISSIS nonché i sigg. OMISSIS sono stati assunti dal
Ministero mediante contratti di lavoro a tempo determinato successivi, i primi
quattro in qualità di docenti e l’ultimo in qualità di collaboratore
amministrativo. Dagli elementi forniti alla Corte risulta che, conformemente a
tali contratti, essi hanno lavorato per i propri rispettivi datori di lavoro
per i seguenti periodi: 55 mesi su un periodo di 6 anni per la sig.ra N.
(tra il 2005 e il 2010), 100 mesi su un periodo di 10 anni per la
sig.ra C. (tra il 2002 e il 2012); 113 mesi su un periodo di 11 anni per
la sig.ra Z. (tra il 2001 e il 2012), 81 mesi su un periodo di 7 anni per
la sig.ra P. (tra il 2003 e il 2010) e 47 mesi su un periodo di 4 anni per
il sig. R. (tra il 2007 e il 2011).
38 Ritenendo
illegittime tali assunzioni a tempo determinato successive, i ricorrenti nei
procedimenti principali hanno adito, rispettivamente, il Tribunale di Roma e il
Tribunale di Lamezia Terme, chiedendo, in via principale, la conversione dei
loro rispettivi contratti in contratti di lavoro a tempo indeterminato e, di
conseguenza, la loro immissione in ruolo e il pagamento delle retribuzioni
corrispondenti ai periodi di interruzione tra la scadenza di un contratto a
tempo determinato e l’entrata in vigore di quello successivo. In subordine, i
ricorrenti nel procedimento principale hanno chiesto altresì il risarcimento
del danno subito.
39 Nell’ambito
delle controversie di cui sono stati investiti, il Tribunale di Roma e il
Tribunale di Lamezia Terme si sono interrogati sulla compatibilità
dell’articolo 4, commi 1 e 11, della legge n. 124/1999 con la clausola 5
dell’accordo quadro, in quanto tale disposizione consente all’amministrazione
di assumere, senza limiti, a tempo determinato, personale docente, tecnico o
amministrativo al fine di coprire posti vacanti nell’organico di una scuola.
Ritenendo di non poter decidere tale questione né attraverso un’interpretazione
conforme, essendo la suddetta disposizione formulata in maniera non equivoca,
né tramite la sua disapplicazione, essendo detta clausola 5 priva di effetto
diretto, tali giudici hanno sottoposto alla Corte costituzionale, in via
incidentale, una questione di legittimità costituzionale vertente sull’articolo
4, commi 1 e 11, della legge n. 124/1999 per violazione dell’articolo 117,
primo comma, della Costituzione della Repubblica italiana, letto in combinato
disposto con la clausola 5 dell’accordo quadro.
40 Nella
sua ordinanza di rinvio, la
Corte costituzionale constata che la normativa nazionale
applicabile alla scuola statale non prevede, per quanto riguarda il personale
assunto a tempo determinato, né una durata massima totale dei contratti di
lavoro a tempo determinato successivi, né l’indicazione del numero massimo dei
loro rinnovi, ai sensi della clausola 5, punto 1, lettere b) e c), dell’accordo
quadro. Tale giudice si chiede tuttavia se detta normativa non possa essere
giustificata da una «ragione obiettiva» ai sensi del punto 1, lettera a), della
suddetta clausola.
41 Secondo
il giudice del rinvio, la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento
principale è strutturata, almeno in via di principio, in modo tale che
l’assunzione di personale con contratto di lavoro a tempo determinato possa
soddisfare una siffatta ragione obiettiva. Il servizio scolastico sarebbe,
infatti, «attivabile su domanda», nel senso che il diritto fondamentale allo
studio previsto dalla Costituzione della Repubblica italiana implica che lo
Stato non può rifiutarsi di erogarlo e, di conseguenza, che esso è tenuto ad
organizzarlo in modo da poterlo adattare costantemente alle evoluzioni della
popolazione scolastica. Tale insita esigenza di flessibilità renderebbe
indispensabile l’assunzione di un numero significativo di docenti e di
personale delle scuole statali con contratti di lavoro a tempo determinato.
Peraltro, il sistema delle graduatorie permanenti, associato a quello dei
concorsi pubblici, garantirebbe il rispetto di criteri oggettivi al momento
dell’assunzione di personale mediante siffatti contratti di lavoro a tempo determinato
e consentirebbe allo stesso personale di avere una possibilità ragionevole di
diventare di ruolo in un posto permanente.
42 La Corte costituzionale rileva
tuttavia che l’articolo 4, comma 1, della legge n. 124/1999, sebbene non
preveda il rinnovo reiterato di contratti di lavoro a tempo determinato e non
escluda il diritto al risarcimento del danno, consente di provvedere a
supplenze annuali per posti vacanti e disponibili «in attesa dell’espletamento
delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo».
Orbene, le procedure concorsuali sarebbero state interrotte tra il 2000 e il
2011. Tale disposizione potrebbe così configurare la possibilità di un rinnovo
dei contratti a tempo determinato senza la previsione di tempi certi per lo
svolgimento dei concorsi. Tale circostanza, combinata all’assenza di
disposizioni che riconoscano il diritto al risarcimento del danno al personale
delle scuole statali che sia stato indebitamente assoggettato a una successione
di contratti di lavoro a tempo determinato, potrebbe porsi in conflitto con la
clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro.
43 In
tali circostanze, la Corte
costituzionale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla
Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la
clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro (...) debba essere interpretata nel
senso che osta all’applicazione dell’articolo 4, commi 1, ultima proposizione,
e 11, della legge [n. 124/1999] – i quali, dopo aver disciplinato il
conferimento di supplenze annuali su posti “che risultino effettivamente
vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre”, dispongono che si
provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, “in attesa
dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale
docente di ruolo” – disposizione la quale consente che si faccia ricorso a
contratti a tempo determinato senza indicare tempi certi per l’espletamento dei
concorsi e in una condizione che non prevede il diritto al risarcimento del danno;
2) Se
costituiscano ragioni obiettive, ai sensi della clausola 5, punto 1,
dell’[accordo quadro], le esigenze di organizzazione del sistema scolastico
italiano come sopra delineato, tali da rendere compatibile con il diritto
dell’Unione europea una normativa come quella italiana che per l’assunzione del
personale scolastico a tempo determinato non prevede il diritto al risarcimento
del danno».
44 Con
decisione della Corte dell’11 febbraio 2014, le cause C‑22/13 e da C‑61/13 a C‑63/13
nonché la causa C‑418/13 sono state riunite ai fini delle fasi scritta ed orale
del procedimento, nonché della sentenza.
Sulle questioni pregiudiziali
45 Con
le loro questioni, i giudici del rinvio interrogano la Corte sull’interpretazione,
rispettivamente, della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro (prima e
seconda questione nelle cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13, prima questione nella
causa C‑63/13 nonché prima e seconda questione nella causa C‑418/13), della
clausola 4 di tale accordo quadro (terza questione nelle cause C‑22/13, C‑61/13
e C‑62/13 nonché seconda questione nella causa C‑63/13), del principio di leale
cooperazione (quarta questione nelle cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13 nonché
terza questione nella causa C‑63/13), della direttiva 91/533 (quinta e sesta
questione nelle cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13), nonché di numerosi principi
generali del diritto dell’Unione (settima questione nelle cause C‑61/13 e C‑62/13).
Sulla ricevibilità
46 Il
Comune di Napoli fa valere che l’interpretazione del diritto dell’Unione
richiesta dal Tribunale di Napoli nella causa C‑63/13 non è necessaria per la
decisione della controversia principale e che, pertanto, la domanda
pregiudiziale in tale causa è irricevibile nel suo complesso. Tale giudice
avrebbe esso stesso indicato nella sua ordinanza di rinvio di ritenere che,
alla luce della giurisprudenza della Corte relativa all’accordo quadro, le
misure adottate dal legislatore nazionale per la sua trasposizione siano
insufficienti. Spetterebbe, pertanto, a detto giudice decidere la controversia
di cui al procedimento principale facendo ricorso all’interpretazione conforme
del diritto nazionale rispetto al diritto dell’Unione.
47 Si
deve, tuttavia, ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito
della cooperazione tra la Corte
e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta soltanto al
giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi
la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce
delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia
pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la
rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (sentenza Rosado Santana, C‑177/10,
EU:C:2011:557, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).
48 Come
la Corte ha
ripetutamente dichiarato, i giudici nazionali hanno, a tale riguardo, la più
ampia facoltà di adire la Corte
qualora ritengano che una causa dinanzi ad essi pendente faccia sorgere
questioni che richiedono un’interpretazione delle disposizioni del diritto
dell’Unione (v., in particolare, sentenze Križan e a., C‑416/10,
EU:C:2013:8, punto 64, nonché Ogieriakhi, C‑244/13, EU:C:2014:2068, punto 52).
49 Ne
consegue che l’esistenza di una giurisprudenza consolidata su un punto di
diritto dell’Unione, sebbene possa portare la Corte ad adottare un’ordinanza ai sensi
dell’articolo 99 del suo regolamento di procedura, non può assolutamente
compromettere la ricevibilità di un rinvio pregiudiziale nel caso in cui un
giudice nazionale decida, nell’ambito di tale potere discrezionale, di adire la Corte ai sensi dell’articolo
267 TFUE.
50 Ciò
posto, va ricordato, altresì, che, secondo costante giurisprudenza, la Corte può rifiutare di
pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale,
qualora risulti manifestamente che l’interpretazione del diritto dell’Unione
richiesta non abbia alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto del
giudizio principale oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, oppure
nel caso in cui la Corte
non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una
soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (v., in particolare,
sentenza Érsekcsanádi Mezőgazdasági, C‑56/13, EU:C:2014:352, punto 36 e
giurisprudenza ivi citata).
51 Nel
caso di specie, si deve osservare che, nella causa C‑63/13, il giudice del
rinvio sottopone alla Corte tre questioni pregiudiziali identiche alla seconda,
terza e quarta questione già sollevate nelle cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13.
52 Tuttavia,
dall’ordinanza di rinvio nella causa C‑63/13 risulta che il contesto sia di
fatto che di diritto relativo a tale causa è distinto da quello di cui trattasi
nelle altre tre cause, poiché, secondo il giudice del rinvio, la sig.ra R.,
in qualità di educatrice impiegata in asili nido e in scuole materne comunali,
non è soggetta, a differenza delle sig.re OMISSIS, nonché, del resto, dei
ricorrenti nel procedimento principale nella causa C‑418/13, alla normativa
nazionale applicabile alla scuola statale risultante dalla legge
n. 124/1999, ma resta sottoposta alla normativa generale prevista, in
particolare, dal decreto legislativo n. 368/2001.
53 In
tali circostanze, risulta che la prima questione sollevata nella causa C‑63/13,
vertente, come nelle cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13, sulla conformità alla
clausola 5 dell’accordo quadro della normativa nazionale prevista dalla legge
n. 124/1999, nei limiti in cui quest’ultima consente allo Stato di
assumere personale nelle scuole da esso gestite con contratti di lavoro a tempo
determinato, senza essere soggetto, a differenza delle scuole private, ai limiti
posti dal decreto legislativo n. 368/2001, è irrilevante ai fini della
decisione della controversia di cui al procedimento principale nella causa C‑63/13
e ha, pertanto, natura ipotetica.
54 Lo
stesso vale anche per la seconda questione sollevata in tale causa, diretta
sostanzialmente a sapere se la normativa nazionale di cui trattasi, come
risulta in particolare dall’articolo 36, comma 5, del decreto legislativo
n. 165/2001, sia conforme alla clausola 4 dell’accordo quadro, nei limiti
in cui detta normativa esclude, nel settore pubblico, il diritto al
risarcimento del danno in caso di ricorso abusivo a una successione di
contratti di lavoro a tempo determinato.
55 Lo
stesso Tribunale di Napoli, infatti, constata, nella sua ordinanza di rinvio
nella causa C‑63/13, che la ricorrente nel procedimento principale beneficia, a
differenza delle ricorrenti nei procedimenti principali nelle cause C‑22/13, C‑61/13
e C‑62/13, dell’applicazione dell’articolo 5, comma 4 bis, del decreto
legislativo n. 368/2001, disposizione che prevede la trasformazione dei
contratti a tempo determinato successivi di durata superiore a 36 mesi in
contratto di lavoro a tempo indeterminato. Da tale constatazione detto giudice
rileva, giustamente, che la citata disposizione costituisce una misura che, nei
limiti in cui previene il ricorso abusivo a siffatti contratti e implica
l’eliminazione definitiva delle conseguenze dell’abuso, è conforme ai requisiti
derivanti dal diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenza Fiamingo
e a., C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13, EU:C:2014:2044, punti 69 e 70, nonché
giurisprudenza ivi citata).
56 Si
deve constatare che detto giudice non spiega assolutamente in che modo, in
siffatte circostanze, la sua seconda questione nella causa C‑63/13 sia ancora
rilevante per pronunciarsi, nella controversia di cui al procedimento
principale, sulla conformità della normativa nazionale di cui trattasi al
diritto dell’Unione.
57 In
ogni caso, dall’ordinanza di rinvio non risulta assolutamente in che modo un
lavoratore che benefici di una siffatta trasformazione, la cui domanda di
risarcimento è, peraltro, presentata in via subordinata, subisca, al pari dei
lavoratori che si trovino nella situazione delle ricorrenti nei procedimenti
all’origine delle cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13, che sono esclusi
dall’applicazione di tale articolo 5, comma 4 bis, un danno che dia
diritto al risarcimento.
58 In
tali circostanze, si deve ritenere che anche la seconda questione sollevata
nella causa C‑63/13 sia di natura ipotetica.
59 Il
Comune di Napoli, il governo italiano e la Commissione europea,
inoltre, mettono in discussione la ricevibilità della quarta questione nelle
cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13 nonché della terza questione nella causa C‑63/13,
per il motivo, sostanzialmente, che la risposta a tali questioni è, in tutto o
in parte, irrilevante ai fini delle controversie di cui ai procedimenti
principali.
60 Si
deve osservare che tali questioni, la cui formulazione è identica, si fondano,
come già constatato al punto 32 della presente sentenza, sulla premessa in
forza della quale l’interpretazione del diritto nazionale apportata dal governo
italiano nella causa che ha dato luogo all’ordinanza Affatato (EU:C:2010:574,
punto 48), secondo cui l’articolo 5, comma 4 bis, del decreto legislativo
n. 368/2001 è applicabile al settore pubblico, è erronea e, pertanto,
integra una violazione da parte dello Stato membro interessato del principio di
leale cooperazione.
61 Tale
interpretazione, come risulta dai punti 14 e 15 della presente sentenza,
corrisponde tuttavia pienamente all’interpretazione apportata nel caso di
specie dal Tribunale di Napoli, e alla luce della quale, secondo una
giurisprudenza costante, la
Corte deve effettuare l’esame dei presenti rinvii
pregiudiziali (v., in particolare, sentenza Pontin, C‑63/08, EU:C:2009:666,
punto 38). Tale giudice indica, infatti esplicitamente nelle sue ordinanze di
rinvio che, a suo avviso, il legislatore nazionale non ha inteso escludere
l’applicazione di detto articolo 5, comma 4 bis, al settore pubblico.
62 Inoltre,
come risulta dal punto 28 della presente sentenza, lo stesso giudice del rinvio
ritiene, cosa che rientra nella sua competenza esclusiva, che l’articolo 5,
comma 4 bis, del decreto legislativo n. 368/2001, sebbene si applichi
al settore pubblico, non sia applicabile alla scuola statale, di modo che tale
disposizione non è rilevante ai fini delle controversie principali nelle cause
C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13.
63 Ne
consegue che la quarta questione nelle cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13 nonché
la terza questione nella causa C‑63/13 sono ipotetiche.
64 Alla
luce di tutto quanto precede, si deve rilevare che la domanda di pronuncia
pregiudiziale nella causa C‑63/13, nel suo complesso, nonché la quarta
questione nelle cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13 sono, conformemente alla
giurisprudenza ricordata al punto 50 della presente sentenza, irricevibili.
Nel merito
65 Con
la prima questione nelle cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13 nonché con le due
questioni nella causa C‑418/13, che occorre esaminare congiuntamente,
i giudici del rinvio intendono, in sostanza, sapere se la
clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro debba essere interpretata nel senso
che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui ai procedimenti
principali, che autorizzi, in attesa dell’espletamento di procedure concorsuali
per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di
contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e
disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e
ausiliario, senza indicare tempi certi per l’espletamento di tali concorsi ed
escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e detto personale, di
ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto
rinnovo.
Sull’ambito di applicazione dell’accordo quadro
66 Il governo ellenico fa valere che è inopportuno che il
settore dell’insegnamento sia soggetto alle disposizioni dell’accordo quadro relative
al ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo
determinato. Tale settore si caratterizzerebbe, infatti dall’esistenza di
«esigenze (…) specifiche» ai sensi della clausola 5, punto 1, di tale accordo
quadro, poiché l’insegnamento è volto a garantire il rispetto del diritto allo
studio ed è indispensabile al buon funzionamento del sistema scolastico.
67 A
tale proposito va ricordato che, dalla formulazione stessa della clausola 2,
punto 1, dell’accordo quadro, risulta che l’ambito di applicazione di
quest’ultimo è concepito in senso ampio, poiché riguarda in generale i
«lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di
lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in
vigore di ciascuno Stato membro». Inoltre, la definizione della nozione di
«lavoratore a tempo determinato» ai sensi dell’accordo quadro, enunciata alla
clausola 3, punto 1, di quest’ultimo, include tutti i lavoratori, senza operare
distinzioni basate sulla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro e
a prescindere dalla qualificazione del loro contratto in diritto interno (v.
sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punti 28 e 29 nonché
giurisprudenza ivi citata).
68 Pertanto,
l’accordo quadro si applica all’insieme dei lavoratori che forniscono
prestazioni retribuite nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo determinato
che li lega al loro datore di lavoro, purché questi siano vincolati da un
contratto di lavoro ai sensi del diritto nazionale, e fatto salvo soltanto il
margine di discrezionalità conferito agli Stati membri dalla clausola 2, punto
2, dell’accordo quadro per quanto attiene all’applicazione di quest’ultimo a
talune categorie di contratti o di rapporti di lavoro nonché all’esclusione, conformemente
al quarto comma del preambolo dell’accordo quadro, dei lavoratori interinali
(v. sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punti da 30 a 33 nonché
giurisprudenza ivi citata).
69 Ne consegue che l’accordo
quadro non esclude nessun settore particolare dalla sua sfera d’applicazione e
che, pertanto, è applicabile al personale assunto nel settore dell’insegnamento
(v., in tal senso, sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 38).
70 Tale
conclusione è avvalorata dal contenuto della clausola 5, punto 1, dell’accordo
quadro, da cui si ricava che, conformemente al terzo comma del preambolo
dell’accordo quadro nonché ai punti 8 e 10 delle sue considerazioni generali, è
nell’ambito dell’attuazione di detto accordo quadro che gli Stati membri hanno
facoltà, in quanto ciò sia oggettivamente giustificato, di tener conto delle
esigenze particolari relative ai settori di attività e/o alle categorie
specifici di lavoratori in questione (sentenza Fiamingo e a.,
EU:C:2014:2044, punto 39).
71 Ne deriva che lavoratori che si trovino nella situazione dei
ricorrenti nei procedimenti principali, assunti in qualità di docenti o di
collaboratori amministrativi per effettuare supplenze annuali in scuole statali
nell’ambito di contratti di lavoro ai sensi del diritto nazionale, che
incontestabilmente non rientrano in rapporti di lavoro che possano essere
esclusi dall’ambito di applicazione dell’accordo quadro, sono soggetti alle
disposizioni dello stesso, e in particolare, alla sua clausola 5 (v.,
per analogia, sentenza Márquez Samohano, C‑190/13, EU:C:2014:146, punto 39).
Sull’interpretazione della clausola 5, punto 1,
dell’accordo quadro
72 Occorre ricordare che la clausola 5, punto 1, dell’accordo
quadro mira ad attuare uno degli obiettivi perseguiti dallo stesso, vale a dire
limitare il ricorso a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo
determinato, considerato come una potenziale fonte di abuso in danno dei
lavoratori, prevedendo un certo numero di disposizioni di tutela minima tese ad
evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti
(v., in particolare, sentenze Adeneler e a., C‑212/04, EU:C:2006:443,
punto 63; Kücük, C‑586/10, EU:C:2012:39, punto 25, nonché Fiamingo e a.,
EU:C:2014:2044, punto 54).
73 Come
risulta dal secondo comma del preambolo dell’accordo quadro, così come dai
punti 6 e 8 delle considerazioni generali di detto accordo quadro, infatti, il
beneficio della stabilità dell’impiego è inteso come un elemento portante della
tutela dei lavoratori, mentre soltanto in alcune circostanze i contratti di
lavoro a tempo determinato sono atti a rispondere alle esigenze sia dei datori
di lavoro sia dei lavoratori (sentenze Adeneler e a., EU:C:2006:443, punto
62, nonché Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 55).
74 Pertanto, la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro impone
agli Stati membri, al fine di prevenire l’utilizzo abusivo di una successione
di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l’adozione effettiva e
vincolante di almeno una delle misure che essa elenca, qualora il loro diritto
interno non contenga norme equivalenti. Le misure così elencate al punto 1,
lettere da a) a c), di detta clausola, in numero di tre, attengono,
rispettivamente, a ragioni obiettive che giustificano il rinnovo di tali
contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima totale degli stessi
contratti o rapporti di lavoro successivi ed al numero dei rinnovi di questi
ultimi (v., in particolare, sentenze Kücük, EU:C:2012:39, punto 26,
nonché Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 56).
75 Gli Stati membri dispongono di un’ampia discrezionalità a
tale riguardo, dal momento che essi hanno la scelta di far ricorso a una o a
più misure enunciate al punto 1, lettere da a) a c), di detta clausola,
oppure a norme giuridiche equivalenti già esistenti, e ciò tenendo conto, nel
contempo, delle esigenze di settori e/o di categorie specifici di lavoratori
(v. sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 59 nonché giurisprudenza
ivi citata).
76 Così facendo, la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro
fissa agli Stati membri un obiettivo generale, consistente nella prevenzione di
siffatti abusi, lasciando loro nel contempo la scelta dei mezzi per conseguire
ciò, purché essi non rimettano in discussione l’obiettivo o l’effetto utile
dell’accordo quadro (sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto
60).
77 Inoltre quando, come nel caso di specie, il diritto
dell’Unione non prevede sanzioni specifiche nell’ipotesi in cui vengano
nondimeno accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure che
devono rivestire un carattere non solo proporzionato, ma anche sufficientemente
energico e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in
applicazione dell’accordo quadro (v., in particolare, sentenza Fiamingo
e a., EU:C:2014:2044, punto 62 nonché giurisprudenza ivi citata).
78 Seppure, in mancanza di una specifica disciplina dell’Unione
in materia, le modalità di applicazione di tali norme spettino all’ordinamento
giuridico interno degli Stati membri in forza del principio dell’autonomia
procedurale di questi ultimi, esse non devono essere però meno favorevoli di
quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna (principio di
equivalenza) né rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile
l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione
(principio di effettività) (v., in particolare, sentenza Fiamingo
e a., EU:C:2014:2044, punto 63 nonché giurisprudenza ivi citata).
79 Da ciò discende che, quando si è verificato un ricorso
abusivo a una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo
determinato, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive
ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale
abuso e cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione
(sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 64 nonché giurisprudenza
ivi citata).
80 A
tale proposito,
occorre ricordare che, come
sottolineato ripetutamente dalla Corte, l’accordo quadro non enuncia un obbligo
generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione dei contratti di
lavoro a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato. Infatti, la
clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro lascia, in linea di principio, agli
Stati membri la cura di determinare a quali condizioni i contratti o i rapporti
di lavoro a tempo determinato vadano considerati come conclusi a tempo
indeterminato. Da ciò discende che l’accordo quadro non prescrive le condizioni
in presenza delle quali si può fare uso dei contratti a tempo indeterminato (v.,
in particolare, sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 65 nonché
giurisprudenza ivi citata).
81 Nel
caso di specie,
per quanto concerne la normativa
nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali, occorre ricordare che la Corte non è competente a
pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni del diritto interno, dato
che questo compito spetta esclusivamente al giudice del rinvio o, se del caso,
ai competenti organi giurisdizionali nazionali, che devono determinare se i
criteri ricordati ai punti da 74 a 79 della presente sentenza siano soddisfatti
dalle disposizioni della normativa nazionale applicabile (v., in
particolare, sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 66 nonché
giurisprudenza ivi citata).
82 Spetta pertanto al giudice del rinvio valutare in che misura
i presupposti per l’applicazione nonché l’effettiva attuazione delle
disposizioni rilevanti del diritto interno costituiscano una misura adeguata
per prevenire e, se del caso, punire l’uso abusivo di una successione di
contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (v. sentenza Fiamingo
e a., EU:C:2014:2044, punto 67 nonché giurisprudenza ivi citata).
83 Tuttavia, la
Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, può
fornire, ove necessario, precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale
nella sua valutazione (v., in particolare, sentenza Fiamingo e a.,
EU:C:2014:2044, punto 68 nonché giurisprudenza ivi citata).
– Sull’esistenza di
misure di prevenzione del ricorso abusivo a una successione di contratti di
lavoro a tempo determinato
84 Per
quanto riguarda l’esistenza di misure di prevenzione dell’utilizzo abusivo di
una successione di contratti di lavoro a tempo determinato ai sensi della
clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, è pacifico che la normativa nazionale
di cui trattasi nei procedimenti principali consenta di assumere docenti con
una successione di contratti di lavoro a tempo determinato per il conferimento
di supplenze, senza prevedere alcuna misura che limiti la durata massima totale
di tali contratti o il numero dei loro rinnovi, ai sensi del punto 1, lettere
b) e c), di detta clausola. In particolare, il Tribunale di Napoli indica a
tale riguardo, come risulta dal punto 28 della presente sentenza, che
l’articolo 10, comma 4 bis, del decreto legislativo n. 368/2001
esclude l’applicazione alla scuola statale dell’articolo 5, comma 4 bis,
di detto decreto, che prevede che i contratti di lavoro a tempo determinato di
durata superiore a 36 mesi siano trasformati in contratti di lavoro a tempo
indeterminato, permettendo così un numero di rinnovi illimitato di siffatti
contratti. È anche incontestato che la normativa nazionale di cui trattasi nei
procedimenti principali non preveda alcuna misura equivalente a quelle
enunciate alla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro.
85 In
tali circostanze,
è importante che il rinnovo di
siffatti contratti di lavoro sia giustificato da una «ragione obiettiva» ai sensi
della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro.
86 Come
si evince dal punto 7 delle considerazioni generali di tale accordo, infatti, e
come risulta dal punto 74 della presente sentenza, i firmatari dell’accordo
quadro hanno ritenuto che l’uso di contratti di lavoro a tempo determinato
basato su ragioni obiettive sia un mezzo per prevenire gli abusi (v. sentenze
Adeneler e a., EU:C:2006:443, punto 67, nonché Fiamingo e a.,
EU:C:2014:2044, punto 58).
87 Per quanto riguarda tale
nozione di «ragioni obiettive» che figura nella clausola 5, punto 1, lettera
a), dell’accordo quadro, la
Corte ha già dichiarato che essa deve essere intesa nel senso
che si riferisce a circostanze precise e concrete che contraddistinguono una
determinata attività e, pertanto, tali da giustificare, in tale peculiare
contesto, l’utilizzo di una successione di contratti di lavoro a tempo
determinato. Dette circostanze possono risultare, segnatamente, dalla
particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali sono stati
conclusi i contratti in questione, dalle caratteristiche ad esse inerenti o,
eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale
di uno Stato membro (sentenza Kücük, EU:C:2012:39, punto 27 e
giurisprudenza ivi citata).
88 Per contro, una disposizione nazionale che si limitasse ad
autorizzare, in modo generale e astratto attraverso una norma legislativa o
regolamentare, il ricorso ad una successione di contratti di lavoro a tempo
determinato, non soddisfarebbe i requisiti precisati al punto precedente della
presente sentenza. Infatti, una disposizione di tal genere, di natura puramente
formale, non consente di stabilire criteri oggettivi e trasparenti al fine di
verificare se il rinnovo di siffatti contratti risponda effettivamente ad
un’esigenza reale, se esso sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e sia
necessario a tal fine. Una siffatta disposizione comporta quindi un rischio
concreto di determinare un ricorso abusivo a tale tipo di contratti e, pertanto,
non è compatibile con lo scopo e l’effetto utile dell’accordo quadro
(sentenza Kücük, EU:C:2012:39, punti 28 e 29 nonché giurisprudenza ivi citata).
89 Nel
caso di specie si deve, in via preliminare, rilevare che dalle ordinanze di
rinvio e dalle spiegazioni fornite in udienza risulta che, in forza della
normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali, come prevista
dalla legge n. 124/1999, l’assunzione di personale nelle scuole statali ha
luogo sia a tempo indeterminato tramite l’immissione in ruolo sia a tempo
determinato mediante lo svolgimento di supplenze. L’immissione in ruolo si
effettua secondo il sistema cosiddetto «del doppio canale», ossia, quanto alla
metà dei posti vacanti per anno scolastico, mediante concorsi per titoli ed
esami e, quanto all’altra metà, attingendo alle graduatorie permanenti, nelle
quali figurano i docenti che hanno vinto un siffatto concorso senza tuttavia
ottenere un posto di ruolo, e quelli che hanno seguito corsi di abilitazione
tenuti dalle scuole di specializzazione per l’insegnamento. Si è fatto ricorso
alle supplenze attingendo alle medesime graduatorie: la successione delle
supplenze da parte di uno stesso docente ne comporta l’avanzamento in
graduatoria e può condurlo all’immissione in ruolo.
90 Dalle
stesse ordinanze di rinvio emerge che la normativa nazionale di cui trattasi,
come risulta dall’articolo 4 della legge n. 124/1999, letto in combinato
disposto con l’articolo 1 del decreto n. 131/2007, prevede tre tipi di
supplenze: in primo luogo, le supplenze annuali sull’organico «di diritto», in
attesa dell’espletamento di procedure concorsuali per l’assunzione di personale
di ruolo, per posti vacanti e disponibili, in quanto privi di titolare, il cui
termine corrisponde a quello dell’anno scolastico, ossia il 31 agosto; in
secondo luogo, le supplenze temporanee sull’organico «di fatto», per posti non
vacanti, ma disponibili, il cui termine corrisponde a quello delle attività
didattiche, ossia il 30 giugno, e, in terzo luogo, le supplenze temporanee, o
supplenze brevi, nelle altre ipotesi, il cui termine corrisponde alla
cessazione delle esigenze per le quali sono state disposte.
91 Si deve sottolineare che una normativa nazionale che consenta
il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per sostituire, da un
lato, personale delle scuole statali in attesa dell’esito di procedure
concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo nonché, dall’altro,
personale di tali scuole che si trova momentaneamente nell’impossibilità di svolgere
le sue funzioni non è di per sé contraria all’accordo quadro. Infatti, la
sostituzione temporanea di un altro dipendente al fine di soddisfare, in
sostanza, esigenze provvisorie del datore di lavoro in termini di personale
può, in linea di principio, costituire una «ragione obiettiva» ai sensi della
clausola 5, punto 1, lettera a), di tale accordo quadro (v., in tal
senso, sentenze Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250,
punti 101 e 102, nonché Kücük, EU:C:2012:39, punto 30).
92 A
tale riguardo, occorre, innanzitutto, ricordare che,
nell’ambito
di un’amministrazione che dispone di un organico significativo, come il settore
dell’insegnamento, è inevitabile che si rendano spesso necessarie sostituzioni
temporanee a causa, segnatamente, dell’indisponibilità di dipendenti che
beneficiano di congedi per malattia, per maternità, parentali o altri. La
sostituzione temporanea di dipendenti in tali circostanze può costituire una
ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo
quadro, che giustifica sia la durata determinata dei contratti conclusi con il
personale supplente, sia il rinnovo di tali contratti in funzione delle
esigenze emergenti, fatto salvo il rispetto dei requisiti fissati al riguardo
dall’accordo quadro (v., in tal senso, sentenza Kücük, EU:C:2012:39,
punto 31).
93 Tale conclusione si impone a maggior ragione allorché la
normativa nazionale che giustifica il rinnovo di contratti a tempo determinato
in caso di sostituzione temporanea persegue altresì obiettivi di politica
sociale riconosciuti come legittimi. Infatti, come risulta dal punto 87
della presente sentenza, la nozione di «ragione obiettiva» che figura alla
clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro comprende il perseguimento
di siffatti obiettivi. Orbene, misure dirette, in particolare, a tutelare la
gravidanza e la maternità nonché a consentire agli uomini e alle donne di
conciliare i loro obblighi professionali e familiari perseguono obiettivi
legittimi di politica sociale (v. sentenza Kücük, EU:C:2012:39, punti 32 e 33
nonché giurisprudenza ivi citata).
94 Inoltre,
va rilevato che, come risulta, in particolare, dall’ordinanza di rinvio nella
causa C‑418/13, l’insegnamento è correlato a un diritto fondamentale garantito
dalla Costituzione della Repubblica italiana che impone a tale Stato l’obbligo
di organizzare il servizio scolastico in modo da garantire un adeguamento
costante tra il numero di docenti e il numero di scolari. Orbene, non si può
negare che tale adeguamento dipenda da un insieme di fattori, taluni dei quali
possono, in una certa misura, essere difficilmente controllabili o prevedibili,
quali, in particolare, i flussi migratori esterni ed interni o le scelte di
indirizzi scolastici da parte degli scolari.
95 Si
deve ammettere
che fattori del genere attestano, nel
settore dell’insegnamento di cui trattasi nei procedimenti principali,
un’esigenza particolare di flessibilità che, conformemente alla giurisprudenza
ricordata al punto 70 della presente sentenza, è idonea, in tale specifico
settore, a giustificare oggettivamente, alla luce della clausola 5, punto 1,
lettera a), dell’accordo quadro, il ricorso a una successione di contratti di
lavoro a tempo determinato per rispondere in maniera adeguata alla domanda
scolastica ed evitare di esporre lo Stato, quale datore di lavoro in tale
settore, al rischio di dover immettere in ruolo un numero di docenti
significativamente superiore a quello effettivamente necessario per adempiere i
propri obblighi in materia.
96 Infine,
va constatato che, qualora uno Stato membro riservi, nelle scuole da esso
gestite, l’accesso ai posti permanenti al personale vincitore di concorso,
tramite l’immissione in ruolo, può altresì oggettivamente giustificarsi, alla
luce di detta disposizione, che, in attesa dell’espletamento di tali concorsi,
i posti da occupare siano coperti con una successione di contratti di lavoro a
tempo determinato.
97 I ricorrenti nei procedimenti principali sostengono tuttavia
che la normativa nazionale di cui trattasi in tali procedimenti, quale
risulta dall’articolo 4, comma 1, della legge n. 124/1999, che consente
proprio il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per coprire,
tramite supplenze annuali, posti vacanti e disponibili «in attesa
dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale
docente di ruolo»,
porti, nella pratica, a un ricorso
abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, poiché
non esiste alcuna certezza riguardo alla data alla quale tali procedure
concorsuali devono essere organizzate. Il rinnovo di siffatti contratti di
lavoro a tempo determinato consentirebbe così di soddisfare esigenze permanenti
e durevoli nelle scuole statali derivanti dalla mancanza strutturale di
personale di ruolo.
98 Dal
canto suo, il governo italiano fa valere che il sistema cosiddetto del doppio
canale, come descritto al punto 89 della presente sentenza, consente di
inserire il personale a tempo determinato della scuola statale in un percorso
che conduce alla sua immissione in ruolo, poiché tale personale può non solo
partecipare a concorsi pubblici, ma anche, per effetto dell’avanzamento nelle
graduatorie risultante dalla successione delle supplenze, contabilizzare un
numero di periodi di attività a tempo determinato sufficienti per essere
immesso in ruolo. Orbene, tali graduatorie dovrebbero essere «ad esaurimento»,
nel senso che, quando un certo numero di docenti vi è iscritto, esse non
possono più essere alimentate. Tali graduatorie costituirebbero quindi uno
strumento tendente a contrastare il precariato del lavoro. Indipendentemente
dalla specifica situazione di fatto, la normativa nazionale di cui trattasi
dovrebbe quindi essere considerata conforme alla clausola 5, punto 1, lettera
a), dell’accordo quadro.
99 A tale riguardo, occorre sottolineare che, sebbene una
normativa nazionale che consenta il rinnovo di contratti di lavoro a tempo
determinato successivi per la sostituzione di personale in attesa dell’esito di
procedure concorsuali possa essere giustificata da una ragione obiettiva,
l’applicazione concreta di tale ragione, in considerazione delle particolarità
dell’attività di cui trattasi e delle condizioni del suo esercizio, deve essere
conforme ai requisiti dell’accordo quadro. Nell’applicazione della disposizione
del diritto nazionale di cui trattasi, le autorità competenti devono quindi
essere in grado di stabilire criteri obiettivi e trasparenti al fine di
verificare se il rinnovo di siffatti contratti risponda effettivamente ad
un’esigenza reale, sia atto a raggiungere lo scopo perseguito e sia necessario
a tal fine (v., in tal senso, sentenza Kücük, EU:C:2012:39, punto 34 e
giurisprudenza ivi citata).
100 Orbene, come la
Corte ha già dichiarato in numerose occasioni, il rinnovo di
contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato al fine di soddisfare
esigenze che, di fatto, hanno un carattere non già provvisorio, ma, al
contrario, permanente e durevole, non è giustificato ai sensi della clausola 5,
punto 1, lettera a), dell’accordo quadro. Infatti, un utilizzo siffatto dei
contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato è direttamente in
contrasto con la premessa sulla quale si fonda tale accordo quadro, vale a dire
il fatto che i contratti di lavoro a tempo indeterminato costituiscono la forma
comune dei rapporti di lavoro, anche se i contratti di lavoro a tempo
determinato rappresentano una caratteristica dell’impiego in alcuni settori o
per determinate occupazioni e attività (sentenza Kücük, EU:C:2012:39,
punti 36 e 37 nonché giurisprudenza ivi citata).
101 L’osservanza della clausola 5, punto 1, lettera a),
dell’accordo quadro richiede quindi che si verifichi concretamente che il
rinnovo di successivi contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato miri a
soddisfare esigenze provvisorie, e che una disposizione nazionale quale
l’articolo 4, comma 1, della legge n. 124/1999, letta in combinato
disposto con l’articolo 1 del decreto n. 131/2007 non sia utilizzata, di
fatto, per soddisfare esigenze permanenti e durevoli del datore di lavoro in
materia di personale (v., in tal senso, sentenza Kücük, EU:C:2012:39,
punto 39 e giurisprudenza ivi citata).
102 Occorre a tal fine esaminare di volta in volta tutte le
circostanze del caso, prendendo in considerazione, in particolare, il numero di
detti contratti successivi stipulati con la stessa persona oppure per lo
svolgimento di uno stesso lavoro, al fine di escludere che contratti o rapporti
di lavoro a tempo determinato, sebbene palesemente conclusi per soddisfare
un’esigenza di personale sostitutivo, siano utilizzati in modo abusivo dai
datori di lavoro (v., in tal senso, sentenza Kücük, EU:C:2012:39, punto
40 e giurisprudenza ivi citata).
103 L’esistenza di una «ragione obiettiva» ai sensi della clausola
5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro esclude quindi, in linea di
principio, l’esistenza di un abuso, a meno che un esame globale delle
circostanze sottese al rinnovo dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo
determinato di cui trattasi riveli che le prestazioni richieste del lavoratore
non corrispondono ad una mera esigenza temporanea (sentenza Kücük,
EU:C:2012:39, punto 51).
104 Di conseguenza, contrariamente a quanto sostiene il governo
italiano, il solo fatto che la normativa nazionale di cui trattasi nei
procedimenti principali possa essere giustificata da una «ragione obiettiva» ai
sensi di tale disposizione non può essere sufficiente a renderla ad essa
conforme, se risulta che l’applicazione concreta di detta normativa conduce,
nei fatti, a un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a
tempo determinato.
105 Orbene, a tale riguardo, sebbene, conformemente alla
giurisprudenza ricordata ai punti 81 e 82 della presente sentenza, ogni
valutazione dei fatti rientri, nell’ambito del procedimento previsto
dall’articolo 267 TFUE, nella competenza dei giudici nazionali, si deve constatare che dagli elementi forniti alla Corte
nelle presenti cause emerge che, come peraltro ammesso dallo stesso governo
italiano, il termine di immissione in ruolo dei docenti nell’ambito di tale
sistema è tanto variabile quanto incerto.
106 Da
un lato, infatti, è pacifico, come risulta dalla formulazione stessa della
prima questione nella causa C‑418/13, che la normativa nazionale di cui trattasi
nei procedimenti principali non fissa alcun termine preciso riguardo
all’organizzazione delle procedure concorsuali, dal momento che queste ultime
dipendono dalle possibilità finanziarie dello Stato e dalla valutazione
discrezionale dell’amministrazione. Così, secondo le stesse constatazioni
operate dalla Corte costituzionale nell’ordinanza di rinvio nella medesima
causa, non è stata organizzata nessuna procedura concorsuale tra il 2000 e il
2011.
107 Dall’altro
lato, dalle spiegazioni del governo italiano risulta che l’immissione in ruolo
per effetto dell’avanzamento dei docenti in graduatoria, essendo in funzione
della durata complessiva dei contratti di lavoro a tempo determinato nonché dei
posti che sono nel frattempo divenuti vacanti, dipende, come sostenuto
giustamente dalla Commissione, da circostanze aleatorie e imprevedibili.
108 Ne deriva che una normativa nazionale, quale quella di cui
ai procedimenti principali, sebbene limiti formalmente il ricorso ai contratti
di lavoro a tempo determinato per provvedere a supplenze annuali per posti
vacanti e disponibili nelle scuole statali solo per un periodo temporaneo fino
all’espletamento delle procedure concorsuali, non consente di garantire che
l’applicazione concreta di tale ragione obiettiva, in considerazione delle
particolarità dell’attività di cui trattasi e delle condizioni del suo
esercizio, sia conforme ai requisiti dell’accordo quadro.
109 Una
siffatta normativa, infatti, in assenza di un termine preciso per
l’organizzazione e l’espletamento delle procedure concorsuali che pongono fine
alla supplenza e, pertanto, del limite effettivo con riguardo al numero di
supplenze annuali effettuato da uno stesso lavoratore per coprire il medesimo
posto vacante, è tale da consentire, in violazione della clausola 5, punto 1,
lettera a), dell’accordo quadro, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo
determinato al fine di soddisfare esigenze che, di fatto, hanno un carattere
non già provvisorio, ma, al contrario, permanente e durevole, a causa della mancanza
strutturale di posti di personale di ruolo nello Stato membro considerato. Una
siffatta constatazione risulta suffragata, non solo dalla situazione dei
ricorrenti nei procedimenti principali, come descritta ai punti 23 e 37 della
presente sentenza, ma anche, in maniera più generale, dai dati forniti alla
Corte nell’ambito delle presenti cause. Così, a seconda degli anni e delle
fonti, risulta che circa il 30%, o addirittura, secondo il Tribunale di Napoli,
il 61%, del personale amministrativo, tecnico e ausiliario delle scuole statali
sia impiegato con contratti di lavoro a tempo determinato e che, tra il 2006 e
il 2011, il personale docente di tali scuole vincolato da siffatti contratti
abbia rappresentato tra il 13% e il 18% di tutto il personale docente di dette
scuole.
110 A
tale riguardo,
va ricordato che, sebbene considerazioni
di bilancio possano costituire il fondamento delle scelte di politica sociale
di uno Stato membro e possano influenzare la natura ovvero la portata delle
misure che esso intende adottare, esse non costituiscono tuttavia, di per sé,
un obiettivo perseguito da tale politica e, pertanto, non possono giustificare
l’assenza di qualsiasi misura di prevenzione del ricorso abusivo a una
successione di contratti di lavoro a tempo determinato ai sensi della clausola
5, punto 1, dell’accordo quadro (v., per analogia, sentenza Thiele
Meneses, C‑220/12, EU:C:2013:683, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).
111 In ogni caso, va osservato che, come risulta dal punto 89
della presente sentenza, una normativa nazionale quale quella di cui ai
procedimenti principali non riserva l’accesso ai posti permanenti nelle scuole
statali al personale vincitore di concorso, poiché essa consente altresì,
nell’ambito del sistema del doppio canale, l’immissione in ruolo di docenti che
abbiano unicamente frequentato corsi di abilitazione. In tali circostanze, come
la Commissione
ha fatto valere in udienza, non è assolutamente ovvio – circostanza che
spetta, tuttavia, ai giudici del rinvio verificare – che possa essere
considerato oggettivamente giustificato, alla luce della clausola 5, punto 1,
lettera a), dell’accordo quadro, il ricorso, nel caso di specie, a una
successione di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di
posti vacanti e disponibili in dette scuole motivato dall’attesa
dell’espletamento delle procedure concorsuali.
112 A
tale riguardo, si deve sottolineare, al pari della Commissione, che, ai fini
dell’attuazione della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, uno Stato
membro è legittimato a scegliere di non adottare la misura di cui al punto 1,
lettera a), di detta clausola. Viceversa, esso può preferire l’adozione di una
delle misure o le due misure di cui al punto 1, lettere b) e c), della medesima
clausola, relative, rispettivamente, alla durata massima totale di tali
contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi e al numero dei
loro rinnovi, e ciò purché, quale che sia la misura in concreto adottata, venga
garantita l’effettiva prevenzione dell’utilizzo abusivo di contratti o rapporti
di lavoro a tempo determinato (v., in tal senso, sentenza Fiamingo e a.,
EU:C:2014:2044, punto 61).
113 Si
deve, pertanto, constatare, che dagli elementi forniti alla Corte
nell’ambito delle presenti cause emerge che una normativa nazionale, quale quella di cui ai
procedimenti principali, non risulta prevedere, fatte salve le necessarie
verifiche da parte dei giudici del rinvio, alcuna misura di prevenzione del
ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato ai
sensi della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, contrariamente ai
requisiti ricordati ai punti 74 e 76 della presente sentenza.
– Sull’esistenza di
misure sanzionatorie del ricorso abusivo a una successione di contratti di
lavoro a tempo determinato
114 Per quanto riguarda l’esistenza di misure dirette a
sanzionare l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di
lavoro a tempo determinato, si deve rilevare, innanzitutto, che dalle ordinanze
di rinvio risulta che, come espressamente indicato dalla Corte costituzionale
nella sua seconda questione pregiudiziale nella causa C‑418/13, la normativa
nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali esclude qualsivoglia
diritto al risarcimento del danno subito a causa del ricorso abusivo a una
successione di contratti di lavoro a tempo determinato nel settore
dell’insegnamento. In particolare, è pacifico che il regime previsto
dall’articolo 36, comma 5, del decreto legislativo n. 165/2001 nel caso di
ricorso abusivo ai contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico
non può conferire un siffatto diritto nei procedimenti principali.
115 Peraltro,
come risulta dai punti 28 e 84 della presente sentenza
,
è altresì incontroverso che la normativa nazionale di cui trattasi nei
procedimenti principali non consenta neanche la trasformazione dei contratti di
lavoro a tempo determinato successivi in contratto o rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, essendo esclusa l’applicazione dell’articolo 5, comma 4 bis,
del decreto legislativo n. 368/2001 alla scuola statale.
116 Ne consegue che, come risulta dalle ordinanze di rinvio e
dalle osservazioni del governo italiano, l’unica possibilità per un lavoratore
che abbia effettuato supplenze, ai sensi dell’articolo 4 della legge
n. 124/1999, in una scuola statale di ottenere la trasformazione dei suoi
contratti di lavoro a tempo determinato successivi in un contratto o in un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato risiede nell’immissione in ruolo per
effetto dell’avanzamento in graduatoria.
117 Tuttavia, essendo una siffatta
possibilità, come risulta dai punti da 105 a 107 della presente sentenza,
aleatoria, la stessa non può essere considerata una sanzione a carattere
sufficientemente effettivo e dissuasivo ai fini di garantire la piena efficacia
delle norme adottate in applicazione dell’accordo quadro.
118 Sebbene, certamente, uno Stato membro possa legittimamente,
nell’attuazione della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, prendere in
considerazione esigenze di un settore specifico come quello dell’insegnamento,
così come già rilevato ai punti 70 e 95 della presente sentenza, tale facoltà
non può essere intesa nel senso di consentirgli di esimersi dall’osservanza
dell’obbligo di prevedere una misura adeguata per sanzionare debitamente il
ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
119 Si deve, pertanto, ritenere che dagli elementi forniti alla
Corte nell’ambito delle presenti cause si evince che una normativa nazionale
quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, fatte salve le
necessarie verifiche da parte dei giudici del rinvio, non risulta conforme ai
requisiti che emergono dalla giurisprudenza ricordata ai punti da 77 a 80 della
presente sentenza.
120 Di
conseguenza,
si deve rispondere ai giudici del rinvio
dichiarando che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro deve essere
interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui
trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa
dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di
ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo
determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché
di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi
per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi
possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento
del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo. Risulta,
infatti, che tale normativa, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei
giudici del rinvio, da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e
trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda
effettivamente ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire l’obiettivo
perseguito e sia necessario a tal fine, e, dall’altro, non prevede nessun’altra
misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione
di contratti di lavoro a tempo determinato.
121 In
tali circostanze, non occorre rispondere alle altre questioni sollevate dal
Tribunale di Napoli nelle cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13.
Sulle spese
122 Nei
confronti delle parti nei procedimenti principali le presenti cause
costituiscono un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta
quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per
presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione)
dichiara:
La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul
lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato
alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa
all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve
essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella
di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa
dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di
ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato
per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale
amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per
l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi
possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento
del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo. Risulta,
infatti, che tale normativa, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei
giudici del rinvio, da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e
trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda
effettivamente ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire l’obiettivo
perseguito e sia necessario a tal fine, e, dall’altro, non prevede nessun’altra
misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione
di contratti di lavoro a tempo determinato.
Dal sito http://curia.europa.eu