Corte di Giustizia UE 17 marzo 2016, n. C-161/15
Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2004/38/CE – Decisione che
pone fine a un’autorizzazione di soggiorno – Principio del rispetto dei
diritti della difesa – Diritto al contraddittorio – Autonomia
processuale degli Stati membri – Ricevibilità di motivi di
cassazione – Motivo di ordine pubblico
Il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che, quando,
conformemente al diritto nazionale applicabile, un motivo attinente alla
violazione del diritto interno sollevato per la prima volta dinanzi al giudice
nazionale, in un procedimento per cassazione, è ricevibile solo se si tratta di
un motivo di ordine pubblico, un motivo attinente alla violazione del diritto
di essere sentito, come garantito dal diritto dell’Unione, sollevato per la
prima volta dinanzi al medesimo giudice, deve essere dichiarato ricevibile se
tale diritto, come garantito dall’ordinamento nazionale, soddisfa le condizioni
previste da detto ordinamento per essere qualificato come motivo di ordine
pubblico, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
17 marzo 2016
«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2004/38/CE –
Decisione che pone fine a un’autorizzazione di soggiorno – Principio del
rispetto dei diritti della difesa – Diritto al contraddittorio –
Autonomia processuale degli Stati membri – Ricevibilità di motivi di
cassazione – Motivo di ordine pubblico»
Nella causa C‑161/15,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État
(Consiglio di Stato, Belgio), con decisione del 19 marzo 2015, pervenuta in
cancelleria il 9 aprile 2015, nel procedimento
Abdelhafid Bensada Benallal
contro
Etat belge,
LA CORTE
(Prima Sezione),
composta da R. Silva de Lapuerta (relatore),
presidente di sezione, A. Arabadjiev, C.G. Fernlund, S. Rodin e
E. Regan, giudici,
avvocato generale: P. Mengozzi
cancelliere: V. Tourrès, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito
all’udienza del 19 novembre 2015,
considerate le osservazioni presentate:
– per il
sig. Bensada Benallal, da R.-M. Sukennik e R. Fonteyn, avocats;
– per il
governo belga, da S. Vanrie, L. Van den Broeck e C. Pochet, in
qualità di agenti, assistiti da S. Cornelis, P. Lejeune e
D. Matray, avocats;
– per il
governo francese, da G. de Bergues, D. Colas e F.‑X. Bréchot, in
qualità di agenti;
– per la Commissione europea,
da R. Troosters e C. Tufvesson, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza del 13 gennaio 2016,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La
domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del principio
generale del diritto dell’Unione del rispetto dei diritti della difesa.
2 Tale
domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia pendente tra il
sig. Bensada Benallal e lo Stato belga in merito a un ricorso di
annullamento della decisione che poneva fine all’autorizzazione rilasciata al
sig. Bensada Benallal di soggiornare nel territorio belga e gli ordinava
di lasciare quest’ultimo.
Contesto normativo
3 L’articolo
27 della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29
aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari
di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri,
che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive
64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE,
90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77, e rettifica in
GU 2005, L 197, pag. 34), prevede quanto segue:
«1. Fatte salve le
disposizioni del presente capo, gli Stati membri possono limitare la libertà di
circolazione e di soggiorno di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare,
qualunque sia la sua cittadinanza, per motivi di ordine pubblico, di pubblica
sicurezza o di sanità pubblica. Tali motivi non possono essere invocati per
fini economici.
2. I provvedimenti adottati
per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza rispettano il principio
di proporzionalità e sono adottati esclusivamente in relazione al comportamento
personale della persona nei riguardi della quale essi sono applicati. La sola
esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’adozione di tali
provvedimenti.
Il comportamento personale deve rappresentare una
minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse
fondamentale della società. Giustificazioni estranee al caso individuale o
attinenti a ragioni di prevenzione generale non sono prese in considerazione.
3. Al fine di
verificare se l’interessato costituisce un pericolo per l’ordine pubblico o la
pubblica sicurezza, in occasione del rilascio dell’attestato d’iscrizione o, in
mancanza di un sistema di iscrizione, entro tre mesi dalla data di arrivo
dell’interessato nel suo territorio o dal momento in cui ha dichiarato la sua
presenza nel territorio in conformità dell’articolo 5, paragrafo 5, ovvero al
momento del rilascio della carta di soggiorno, lo Stato membro ospitante può,
qualora lo giudichi indispensabile, chiedere allo Stato membro di origine, ed
eventualmente agli altri Stati membri, informazioni sui precedenti penali del
cittadino dell’Unione o di un suo familiare. Tale consultazione non può avere
carattere sistematico. Lo Stato membro consultato fa pervenire la propria
risposta entro un termine di due mesi.
4. Lo Stato membro
che ha rilasciato il passaporto o la carta di identità riammette senza
formalità nel suo territorio il titolare di tale documento che è stato
allontanato per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di salute
pubblica da un altro Stato membro, quand’anche il documento in questione sia
scaduto o sia contestata la cittadinanza del titolare».
4 L’articolo
28 di tale direttiva così dispone:
«1. Prima di adottare
un provvedimento di allontanamento dal territorio per motivi di ordine pubblico
o di pubblica sicurezza, lo Stato membro ospitante tiene conto di elementi
quali la durata del soggiorno dell’interessato nel suo territorio, la sua età,
il suo stato di salute, la sua situazione familiare e economica, la sua
integrazione sociale e culturale nello Stato membro ospitante e importanza dei
suoi legami con il paese d’origine.
2. Lo Stato membro
ospitante non può adottare provvedimenti di allontanamento dal territorio nei
confronti del cittadino dell’Unione o del suo familiare, qualunque sia la sua
cittadinanza, che abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente nel suo
territorio se non per gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.
3. Il cittadino
dell’Unione non può essere oggetto di una decisione di allontanamento, salvo se
la decisione è adottata per motivi imperativi di pubblica sicurezza definiti
dallo Stato membro, qualora:
a) abbia
soggiornato nello Stato membro ospitante i precedenti dieci anni; o
b) sia
minorenne, salvo qualora l’allontanamento sia necessario nell’interesse del
bambino, secondo quanto contemplato dalla convenzione delle Nazioni Unite sui
diritti del fanciullo del 20 novembre 1989».
5 Ai
sensi dell’articolo 30 della suddetta direttiva:
«1. Ogni
provvedimento adottato a norma dell’articolo 27, paragrafo 1, è notificato per
iscritto all’interessato secondo modalità che consentano a questi di
comprenderne il contenuto e le conseguenze.
2. I motivi
circostanziati e completi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità
pubblica che giustificano l’adozione del provvedimento nei suoi confronti sono
comunicati all’interessato, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza
dello Stato.
3. La notifica
riporta l’indicazione dell’organo giurisdizionale o dell’autorità
amministrativa dinanzi al quale l’interessato può opporre ricorso e il termine
entro il quale deve agire e, all’occorrenza, l’indicazione del termine
impartito per lasciare il territorio dello Stato membro. Fatti salvi i casi di
urgenza debitamente comprovata, tale termine non può essere inferiore a un mese
a decorrere dalla data di notificazione».
6 L’articolo
31 della stessa direttiva è formulato nei seguenti termini:
«1. L’interessato può
accedere ai mezzi di impugnazione giurisdizionali e, all’occorrenza,
amministrativi nello Stato membro ospitante, al fine di presentare ricorso o
chiedere la revisione di ogni provvedimento adottato nei suoi confronti per
motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica.
2. Laddove
l’impugnazione o la richiesta di revisione del provvedimento di allontanamento
sia accompagnata da una richiesta di ordinanza provvisoria di sospensione
dell’esecuzione di detto provvedimento, l’effettivo allontanamento dal
territorio non può avere luogo fintantoché non è stata adottata una decisione
sull’ordinanza provvisoria, salvo qualora:
– il
provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale,
o
– le
persone interessate abbiano precedentemente fruito di una revisione, o
– il
provvedimento sia fondato su motivi imperativi di pubblica sicurezza di cui
all’articolo 28, paragrafo 3.
3. I mezzi di
impugnazione comprendono l’esame della legittimità del provvedimento nonché dei
fatti e delle circostanze che ne giustificano l’adozione. Essi garantiscono che
il provvedimento non sia sproporzionato, in particolare rispetto ai requisiti
posti dall’articolo 28.
4. Gli Stati membri
possono vietare la presenza dell’interessato nel loro territorio per tutta la
durata della procedura di ricorso, ma non possono vietare che presenti di
persona la sua difesa, tranne qualora la sua presenza possa provocare gravi
turbative dell’ordine pubblico o della pubblica sicurezza o quando il ricorso o
la revisione riguardano il divieto d’ingresso nel territorio».
7 A
norma dell’articolo 35 della direttiva 2004/38:
«Gli Stati membri possono adottare le misure necessarie
per rifiutare, estinguere o revocare un diritto conferito dalla presente
direttiva, in caso di abuso di diritto o frode, quale ad esempio un matrimonio
fittizio. Qualsiasi misura di questo tipo è proporzionata ed è soggetta alle
garanzie procedurali previste agli articoli 30 e 31».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
8 Il
sig. Bensada Benallal, cittadino spagnolo, è arrivato in Belgio il 24
maggio 2012. A seguito di una domanda presentata il 31 maggio 2012, è stato
autorizzato, con decisione del 24 settembre 2012, a soggiornare in tale Stato
membro in qualità di lavoratore dipendente.
9 Il
26 settembre 2013 lo Stato belga, tramite l’Ufficio stranieri, ha posto fine
all’autorizzazione di soggiorno del sig. Bensada Benallal e gli ha
ordinato di lasciare il territorio belga. In tale decisione si afferma, in
particolare, quanto segue:
«A quanto risulta, l’interessato si è avvalso di
informazioni ingannevoli rivelatesi determinanti perché l’amministrazione
comunale di Berchem‑Sainte‑Agathe [Belgio] gli riconoscesse il diritto di
soggiorno. Infatti, [si è] concluso per il non assoggettamento dell’insieme dei
dipendenti dichiarati dalla società (...) al regime generale di previdenza
sociale dei lavoratori dipendenti: “Vari elementi precisi e concordanti
dimostrano a sufficienza di diritto l’assenza di attività, presso [tale]
società (...), che prevedano l’impiego di lavoratori dipendenti (...) e, di
conseguenza, l’assenza di un contratto di lavoro fra la suddetta e le persone
da essa dichiarate (...)».
10 Il
2 gennaio 2014 il sig. Bensada Benallal ha proposto un ricorso di
annullamento avverso detta decisione presso il Conseil du contentieux des
étrangers (Commissione belga per il contenzioso in materia di stranieri).
11 A
sostegno del proprio ricorso, il sig. Bensada Benallal ha dedotto un
motivo unico attinente, in particolare, alla violazione di una disposizione di
legge concernente la motivazione formale degli atti amministrativi, alla
violazione del principio di buona amministrazione, del principio della certezza
del diritto, del principio di proporzionalità, dei principi della prudenza e
dell’accuratezza, del principio della gestione coscienziosa e del principio
secondo il quale l’amministrazione è tenuta a statuire tenendo conto di tutti
gli elementi della causa, nonché alla violazione dell’articolo 35 della
direttiva 2004/38.
12 Nella
sua linea argomentativa intesa a precisare il motivo dedotto, il
sig. Bensada Benallal ha asserito, inter alia, che la decisione
dell’Ufficio stranieri era viziata da un difetto di motivazione. Egli ha
sostenuto, a tal riguardo, che la relazione sulla cui base esso ha fondato la
propria decisione né è stata allegata a quest’ultima né è stata trasmessa al
sig. Bensada Benallal anteriormente alla notifica di tale decisione e non
è stata neppure riprodotta in sostanza nella medesima, cosicché egli non è
stato in grado di comprendere i motivi della decisione adottata nei suoi
confronti.
13 Tale
ricorso è stato respinto con decisione del Conseil du contentieux des étrangers
(Commissione belga per il contenzioso in materia di stranieri) in data 30
aprile 2014. Nella sua sentenza, quest’ultimo ha in particolare dichiarato
quanto segue:
«In ogni caso, il Conseil [du contentieux des étrangers]
constata che è passato quasi un anno tra la presentazione, da parte del
[sig. Bensada Benallal] del suo contratto di lavoro con la società (...) e
la relazione (…) che ha condotto all’adozione della decisione impugnata,
periodo durante il quale il [sig. Bensada Benallal] non ha fatto pervenire
o comunicato al[l’Ufficio stranieri] alcuna informazione relativa ai problemi
addotti nel ricorso e che egli avrebbe incontrato nell’ambito del proprio
contratto di lavoro con detta società.
Orbene, se il [sig. Bensada Benallal] riteneva di
poter addurre elementi tali da ostare alla revoca del suo permesso di
soggiorno, stava a lui informarne [l’Ufficio stranieri], e non a quest’ultimo
invitare il [sig. Bensada Benallal] a presentare le sue osservazioni al
riguardo. Il Conseil ricorda, infatti, che è alla parte ricorrente che spetta
dimostrare di soddisfare le condizioni inerenti al diritto che rivendica e al
mantenimento di tale diritto. Avendo il [sig. Bensada Benallal] fatto
richiesta di un’attestazione di registrazione in Belgio come lavoratore
dipendente, egli doveva/poteva legittimamente attendersi che la mancata
esecuzione del suo contratto di lavoro (anche per motivi indipendenti da[lla
sua persona]) avesse ripercussioni sul suo diritto di soggiorno e avrebbe
dovuto essere consapevole della necessità di comunicare spontaneamente tali
informazioni al[l’Ufficio stranieri], quod non alla luce del fascicolo
amministrativo.
Non inficia tale constatazione la circostanza secondo
cui il [sig. Bensada Benallal] “non ha ricevuto alcuna raccomandata, come
affermato nell’indagine, e non ha dunque avuto la possibilità di essere
sentito”; tale censura riguarda, infatti, l’audizione del [sig. Bensada
Benallal] da parte dell’ispettore sociale (…) (audizione che peraltro si basa
non solo su dichiarazioni, ma altresì su constatazioni obiettive nessuna delle
quali è stata contestata dal [sig. Bensada Benallal]) e non direttamente
la decisione impugnata».
14 Il
sig. Bensada Benallal ha proposto un ricorso amministrativo per cassazione
avverso tale sentenza del Conseil du contentieux des étrangers (Commissione
belga per il contenzioso in materia di stranieri) dinanzi al giudice del
rinvio, il Conseil d’État (Consiglio di Stato). Tale ricorso contiene
segnatamente un motivo con il quale il sig. Bensada Benallal sostiene che
l’autorità amministrativa, ossia l’Ufficio stranieri, avrebbe dovuto sentirlo
prima di adottare la sua decisione del 26 settembre 2013. Esso afferma inoltre
che il Conseil du contentieux des étrangers (Commissione belga per il
contenzioso in materia di stranieri) avrebbe dovuto considerare che il
procedimento amministrativo avrebbe potuto portare a un risultato diverso nel
caso in cui avesse potuto far meglio valere la sua difesa. A sostegno di tale
motivo, il sig. Bensada Benallal deduce non solo la violazione, da un
lato, dei principi generali di diritto belga del rispetto dei diritti della
difesa e del contraddittorio nonché, dall’altro, del diritto di essere sentito
(«audi alteram partem»), ma altresì degli articoli 41 e 51 della Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).
15 Lo
Stato belga eccepisce l’irricevibilità del suddetto motivo, in quanto viene
sollevato per la prima volta dinanzi al giudice del rinvio, nella fase del
procedimento per cassazione, e non verte sulla violazione di una disposizione
di ordine pubblico. Inoltre, il ricorrente non preciserebbe in che modo
l’articolo 51 della Carta sarebbe stato violato né presenterebbe il minimo
elemento che consenta di verificare se il procedimento amministrativo avrebbe
potuto portare a un risultato diverso qualora egli fosse stato ascoltato
precedentemente alla decisione amministrativa in questione.
16 Nel
merito, lo Stato belga sostiene che il diritto di essere sentito di cui
all’articolo 41 della Carta non impone di avviare con l’interessato un
dibattito in merito alle circostanze che questi invoca. Sarebbe infatti
sufficiente che quest’ultimo abbia avuto occasione di far conoscere il suo
punto di vista, com’è accaduto nella fattispecie e come risulterebbe dalla
sentenza pronunciata dal Conseil du contentieux des étrangers (Commissione
belga per il contenzioso in materia di stranieri).
17 L’Auditeur
(consigliere istruttore) incaricato della causa presso il giudice del rinvio,
nel suo parere del 16 ottobre 2014, ha constatato che il motivo unico sollevato
dinanzi al Conseil du contentieux des étrangers (Commissione belga per il
contenzioso in materia di stranieri) non era basato sulla violazione né degli
articoli 41 e 51 della Carta, né dei principi generali del diritto del rispetto
dei diritti della difesa e del contraddittorio, né del diritto di essere
sentito («audi alteram partem»). Tenuto conto dei requisiti imposti dal diritto
processuale belga a tal riguardo, il parere dell’Auditeur conclude che il
sig. Bensada Benallal non è legittimato a far valere, per la prima volta
dinanzi al giudice del rinvio, in un procedimento per cassazione, la violazione
di tali disposizioni e principi generali del diritto, in quanto questi ultimi
non sono di ordine pubblico.
18 Nella
sua memoria depositata a seguito di tale parere, il sig. Bensada Benallal
afferma che il motivo attinente alla violazione di diritti fondamentali riveste
carattere di ordine pubblico, in quanto risulta dall’articolo 41 della Carta e
dalla giurisprudenza della Corte che il diritto di essere sentito costituisce
la trasposizione del principio generale del diritto dell’Unione del rispetto
dei diritti della difesa, la cui violazione può essere rilevata d’ufficio.
19 Il
giudice del rinvio constata che il motivo dedotto dal sig. Bensada
Benallal, per la parte in cui è basato sulla violazione del diritto di essere
sentito di cui all’articolo 41 della Carta, non era stato da questi dedotto
dinanzi al Conseil du contentieux des étrangers (Commissione belga per il
contenzioso in materia di stranieri). Orbene, in conformità al diritto belga,
la ricevibilità di un siffatto motivo può essere ammessa per la prima volta
dinanzi al giudice di cassazione soltanto se si tratta di un motivo di ordine
pubblico.
20 In
tale contesto, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere
il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se il principio generale del diritto dell’Unione
europea che sancisce il rispetto dei diritti della difesa, fra cui il diritto
di una persona a essere sentita da un’autorità nazionale prima dell’adozione,
da parte di tale autorità, di qualsiasi decisione che possa incidere
negativamente sugli interessi di detta persona, quale una decisione che ponga
fine alla sua autorizzazione di soggiorno, rivesta nell’ordinamento giuridico
dell’Unione europea un’importanza equivalente a quella delle disposizioni di
ordine pubblico di diritto belga nell’ordinamento nazionale, e se il principio
di equivalenza postuli che un motivo basato sulla violazione del principio
generale del diritto dell’Unione europea che sancisce il rispetto dei diritti
della difesa possa essere sollevato per la prima volta dinanzi al Conseil
d’État, in un procedimento per cassazione, com’è consentito nell’ordinamento
nazionale per i motivi di ordine pubblico».
Sulla questione pregiudiziale
21 Con
la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto
dell’Unione debba essere interpretato nel senso che, quando, conformemente al
diritto nazionale applicabile, un motivo attinente alla violazione del diritto
nazionale sollevato per la prima volta dinanzi al giudice nazionale, in un
procedimento per cassazione, è ricevibile solo se si tratta di un motivo di
ordine pubblico, un motivo attinente alla violazione del diritto di essere
sentito, come garantito dal diritto dell’Unione, sollevato per la prima volta
dinanzi a tale giudice, deve essere dichiarato ricevibile.
22 Per
rispondere a tale questione, si deve innanzitutto rilevare che, come si evince
dalla decisione di rinvio, la situazione di fatto all’origine della
controversia del procedimento principale rientra nell’ambito di applicazione
del diritto dell’Unione, segnatamente quello della direttiva 2004/38. Infatti,
quest’ultima riguarda, tra l’altro, le modalità di esercizio del diritto di
libera circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati membri da parte dei
cittadini dell’Unione nonché le limitazioni dei suddetti diritti per motivi di
ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Tale direttiva si
applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato
membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza.
23 Se
è vero che la suddetta direttiva prevede un certo numero di norme che gli Stati
membri devono rispettare per un’eventuale limitazione del diritto di soggiorno
di un cittadino dell’Unione, ossia, in particolare, quelle di cui agli articoli
30 e 31, essa non contiene, invece, disposizioni riguardanti le modalità che
disciplinano le procedure amministrative e giurisdizionali relative a una
decisione che pone fine al permesso di soggiorno di un cittadino dell’Unione.
24 Al
riguardo, occorre ricordare che, conformemente alla giurisprudenza costante
della Corte, in mancanza di norme dell’Unione in materia, spetta
all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilirle, in forza
del principio di autonomia procedurale, a condizione, tuttavia, che esse non
siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe
assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in
pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti
conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività) (sentenza del 24
gennaio 2016, Eturas e a., C‑74/14, EU:C:2016:42, punto 32 e giurisprudenza
ivi citata).
25 Ne
consegue che due condizioni cumulative, vale a dire il rispetto dei principi di
equivalenza e di effettività, devono essere rispettate affinché uno Stato
membro possa far valere il principio dell’autonomia processuale in casi disciplinati
dal diritto dell’Unione.
26 Nella
fattispecie e come osserva il giudice del rinvio, il motivo di cassazione
dedotto dal sig. Bensada Benallal, attinente a una violazione del diritto
di essere sentito dall’autorità nazionale che ha adottato la decisione che gli
arreca pregiudizio, come garantito dal diritto dell’Unione, collide, sotto il
profilo della sua ricevibilità, con le norme di diritto processuale nazionale
relative ai motivi che possono essere sollevati per la prima volta in cassazione.
27 Come
emerge dal punto 24 della presente sentenza, il diritto dell’Unione, in linea
di principio, non osta a che gli Stati membri, conformemente al principio
dell’autonomia processuale, limitino o subordino a condizioni i motivi che
possono essere dedotti nei procedimenti per cassazione, purché siano rispettati
i principi di effettività e di equivalenza.
28 Come
sottolineato dall’avvocato generale ai paragrafi 41 e 42 delle sue conclusioni,
nel procedimento principale si pone la questione collegata al rispetto non già
del principio di effettività, bensì esclusivamente del principio di
equivalenza.
29 Si
deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, il
principio di equivalenza presuppone che la norma nazionale controversa si
applichi indifferentemente ai ricorsi fondati sui diritti che i singoli
traggono dal diritto dell’Unione e a quelli fondati sull’inosservanza del
diritto interno aventi un oggetto e una causa analoghi (sentenza del 27 giugno
2013, Agrokonsulting-04, C‑93/12, EU:C:2013:432, punto 39). Il rispetto di tale
principio presuppone un pari trattamento dei ricorsi basati su una violazione
del diritto nazionale e di quelli, analoghi, basati su una violazione del
diritto dell’Unione (sentenza del 6 ottobre 2015, Târșia, C‑69/14,
EU:C:2015:662, punto 34).
30 Applicata
a una situazione come quella oggetto del procedimento principale, la condizione
legata al rispetto di tale principio di equivalenza esige dunque che, quando le
disposizioni del diritto nazionale relative alle modalità procedurali in
materia di ricorsi per cassazione impongono a un giudice che statuisce in
cassazione l’obbligo di accogliere o sollevare d’ufficio un motivo fondato
sulla violazione del diritto nazionale, tale medesimo obbligo deve prevalere
allo stesso modo relativamente a un motivo della stessa natura vertente sulla
violazione del diritto dell’Unione.
31 Di
conseguenza, qualora un giudice nazionale che statuisce in cassazione consideri
il motivo attinente all’inosservanza del diritto di essere sentito come un
motivo di ordine pubblico interno che può essere sollevato per la prima volta
dinanzi ad esso nell’ambito di un contenzioso disciplinato dal diritto
nazionale, il principio di equivalenza impone che, nell’ambito del medesimo
contenzioso, un motivo analogo attinente a una violazione del diritto
dell’Unione possa parimenti essere sollevato per la prima volta dinanzi a tale
medesimo giudice nel procedimento per cassazione.
32 Nel
caso di specie, non risulta chiaramente dalla decisione di rinvio che il
diritto di essere sentito, come garantito dal diritto belga, costituisca, di
per sé, un principio generale del diritto belga derivante, a tale titolo,
dall’ordine pubblico interno di tale Stato membro. Tuttavia, il giudice del
rinvio precisa a tal riguardo che le disposizioni di ordine pubblico sono
quelle che rivestono un’importanza fondamentale nell’ordinamento giuridico
belga, come le disposizioni relative alla competenza delle autorità
amministrative, alla competenza delle autorità giurisdizionali e al rispetto
dei diritti della difesa o ancora quelle riguardanti altri diritti
fondamentali.
33 A
tal riguardo, per consentire al giudice del rinvio di stabilire se il motivo
attinente alla violazione del diritto di essere sentito nel diritto dell’Unione
abbia la stessa natura di un motivo attinente alla violazione di un tale
diritto nell’ordinamento giuridico belga, va ricordato che, come dichiarato
dalla Corte nella sua sentenza del 9 giugno 2005, Spagna/Commissione (C‑287/02,
EU:C:2005:368, punto 37 e giurisprudenza ivi citata), il rispetto dei diritti
della difesa in ogni procedimento avviato a carico di una persona e in grado di
concludersi con un atto arrecante pregiudizio costituisce un principio
fondamentale del diritto dell’Unione che dev’essere garantito anche in assenza
di una normativa specifica riguardante il procedimento. Tale principio impone
che i destinatari di decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro
interessi siano messi in condizione di far conoscere utilmente il proprio punto
di vista.
34 Spetta
al giudice nazionale competente esaminare se la condizione relativa al
principio di equivalenza sussista nella controversia sulla quale è chiamato a
pronunciarsi. Per quanto concerne, più in particolare, il procedimento
principale, esso è tenuto a stabilire se il diritto di essere sentito, come
garantito dal diritto interno, soddisfi le condizioni previste dal diritto
nazionale per essere qualificato come motivo di ordine pubblico.
35 Pertanto,
si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che il diritto
dell’Unione deve essere interpretato nel senso che, quando, conformemente al
diritto nazionale applicabile, un motivo attinente alla violazione del diritto
interno sollevato per la prima volta dinanzi al giudice nazionale, in un
procedimento per cassazione, è ricevibile solo se si tratta di un motivo di
ordine pubblico, un motivo attinente alla violazione del diritto di essere
sentito, come garantito dal diritto dell’Unione, sollevato per la prima volta
dinanzi al medesimo giudice, deve essere dichiarato ricevibile se tale diritto,
come garantito dall’ordinamento nazionale, soddisfa le condizioni previste da
detto ordinamento per essere qualificato come motivo di ordine pubblico,
circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
Sulle spese
36 Nei
confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce
un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire
sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni
alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione)
dichiara:
Il diritto dell’Unione deve essere interpretato
nel senso che, quando, conformemente al diritto nazionale applicabile, un
motivo attinente alla violazione del diritto interno sollevato per la prima
volta dinanzi al giudice nazionale, in un procedimento per cassazione, è
ricevibile solo se si tratta di un motivo di ordine pubblico, un motivo
attinente alla violazione del diritto di essere sentito, come garantito dal
diritto dell’Unione, sollevato per la prima volta dinanzi al medesimo giudice,
deve essere dichiarato ricevibile se tale diritto, come garantito
dall’ordinamento nazionale, soddisfa le condizioni previste da detto
ordinamento per essere qualificato come motivo di ordine pubblico, circostanza
che spetta al giudice del rinvio verificare.
Dal sito http://curia.europa.eu