Conversione del permesso di soggiorno per motivi religiosi
Cons. di Stato, I, xxx 2015, n. xxx (adunanza del xxxx 2015,
n. xxx)
OGGETTO:
Ministero dell'interno - Dipartimento per le libertà civili e
l'immigrazione.
Richiesta di parere in relazione alla conversione del permesso
di soggiorno da motivi religiosi a lavoro subordinato.
LA SEZIONE
Vista la relazione n. 3556 del 19 giugno 2015 con la quale il
Ministero dell'interno - Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione ha
posto il quesito;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Hans
Zelger.
Premesso:
OMISSIS
Considerato:
Il permesso di soggiorno per motivi religiosi consente al
titolare di svolgere l’attività lavorativa strettamente collegata al proprio
ministero religioso e deve essere distinto dai permessi di soggiorno rilasciati
per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo.
Quindi i permessi per motivi religiosi sono rilasciati ai
religiosi stranieri, intesi come coloro che abbiano già ricevuto ordinazione
sacerdotale, o condizione equivalente, religiose, ministri di culti
appartenenti ad organizzazioni confessionali al fine esercitare attività
ecclesiastica, religiosa o pastorale in deroga alle regolare ordinarie e
generali e senza sottostare alle restrizioni quantitative secondo i paesi di
provenienza previste per il rilascio dei permessi per motivi di lavoro.
L’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 31
agosto 1999 n. 394 (regolamento a norma dell’articolo 1, comma 6, d.P.R. 25
luglio 1998 n. 286) stabilisce poi che il permesso di soggiorno rilasciato per
motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo e per motivi familiari può
essere utilizzato anche per le altre attività consentite allo straniero, anche
senza conversione o rettifica del documento, per il periodo di validità dello
stesso.
L’argomento posto dal Ministero si concentra sulla questione di
diritto: se la normativa vigente consenta la conversione del permesso di
soggiorno per motivi religiosi in permesso di soggiorno per lavoro subordinato.
Va rilevato che l’art. 28, comma 1, del testo unico, approvato
con d.P.R. 25 luglio 1998, n. 286, prevede espressamente che gli stranieri
titolari del permesso di soggiorno per motivi religiosi hanno il diritto a
mantenere o riacquistare l’unità familiare alle condizioni previste; che
questi, dunque, possono presentare domanda di ricongiungimento familiare nei
confronti di familiari all’estero e possono ottenere il permesso di soggiorno
per motivi familiari per i propri familiari.
Quanto sopra non toglie, però, che l’unica ragione per la quale
la persona ha ottenuto il permesso di soggiorno è stata quella di svolgere nel
territorio nazionale l’attività strettamente collegata al proprio ministero
religioso, ovvero, l’ingresso in Italia è determinato da motivazioni religiose.
Se tali presupposti vengono meno, perché i titolari di tali permessi intendono
dedicarsi ad attività (profane) di lavoro subordinato o di lavoro autonomo,
viene a mancare l’unico presupposto di entrata e di permanenza nel territorio nazionale
ed il soggetto non ha più ragione di trattenervisi.
Ne consegue che la persona interessata, titolare del permesso
di soggiorno per motivi religiosi non vanta un diritto alla conversione in
permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo
anche se questo non è esplicitamente escluso dall’articolo 14 sopra citato.
Anche a non ritenere tassative le ipotesi di conversione di cui
all’art 14 del menzionato d.P.R. n. 394/1999, sebbene la tassatività appaia più
coerente con il sistema delle quote e in tal senso è una recente giurisprudenza
del Consiglio di Stato (Sez. III, n. 2292/2013), la risposta al quesito è
comunque nel senso di escludere la facoltà di conversione per la fattispecie
prospettata nel quesito. Un’interpretazione logica e sistematica della
disposizione di cui al menzionato art. 14 non consente di ritenere prevista la
conversione del permesso di soggiorno per motivi religiosi a permesso di
soggiorno per lavoro subordinato o autonomo. Tale articolo disciplina la sola
conversione dei permessi di soggiorno rilasciati per motivi di lavoro
subordinato in permesso di lavoro autonomo e viceversa, ivi compresi i permessi
per motivi familiari; questi, però, limitatamente ai permessi concessi per
ingressi al seguito del lavoratore (e non per soggiorni diversamente
autorizzati, come, appunto, per i religiosi), per motivi umanitari ovvero per
integrazione minore nei confronti dei minori che si trovino nelle condizioni di
cui all’art. 32, commi 1-bis e 1-ter del testo unico (art. 14 d.P.R. n.
394/1999, comma 1, lettera c).
Tale interpretazione limitativa della facoltà di conversione
dei permessi di soggiorno è in consonanza con l’articolo 6, comma 1, del t.u.
in base al quale solo i permessi di soggiorno rilasciati per motivi di lavoro
subordinato, lavoro autonomo e familiari possono essere utilizzati anche per le
altre attività consentite e che solo i permessi di soggiorno rilasciati per
motivi di studio e formazione possono essere convertiti, comunque prima della
loro scadenza, e previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro ovvero
previo rilascio della certificazione attestante la sussistenza dei requisiti
previsti dall'articolo 26, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro
nell'ambito delle quote stabilite a norma dell'articolo 3, comma 4, secondo le
modalità previste dal regolamento di attuazione.
Giusta il disposto dell’art. 5, comma 2, d. lgs. n 286/1998 il
permesso di soggiorno per l’esercizio delle funzioni di ministro di culto può
essere concesso seguendo speciali modalità di rilascio da stabilire nel
regolamento di esecuzione ed il decreto ministeriale 12 luglio 2000 elenca i
requisiti e le condizioni per l'ottenimento del visto d’ingresso per motivi
religiosi e cioè:
a) l'effettiva condizione di "religioso";
b) documentate garanzie circa il carattere religioso della
manifestazione o delle attività addotte a motivo del soggiorno in Italia.
c) nei casi in cui le spese di soggiorno dello straniero non
siano a carico di enti religiosi, l'interessato deve disporre di mezzi di
sussistenza non inferiori all'importo stabilito dal Ministero dell'interno con
la direttiva di cui all'art. 4, comma 3, t.u.
Inoltre, i permessi di soggiorno per motivi religiosi non
sottostanno alle inerenti restrizioni quantitative fissate secondo i paesi di
provenienza (art. 3, comma 4, t.u. d. lgs. n. 286/1998) per i permessi da
lavoro subordinato e qualora commutate, influirebbero sulla par condicio
a carico dei richiedenti non “privilegiati”.
È ben vero che con l’art. 40, del citato d.P.R. 394/1999 si è
voluto escludere la possibilità della conversione di permessi di soggiorno
avuti ad un determinato titolo, e che, tra questi non è ricompreso quello per
motivi religiosi. È però altrettanto vero che la disciplina vigente per gli
ingressi e soggiorni per motivi religiosi deriva non soltanto dalle norme sugli
stranieri, ma anche dal tipo di rapporto esistente tra la Repubblica italiana e
le diverse confessioni religiose ed ha quindi carattere di specialità.
Infatti, a livello costituzionale è garantito ad ogni persona,
sia essa cittadina o straniera, la libertà di culto, in privato e in pubblico
(con la sola esclusione dei riti contrari al buon costume), la libertà di
professione religiosa e la libertà di propaganda religiosa (art. 19 Cost.) e ogni
confessione religiosa è egualmente libera di fronte alla legge (art. 8, comma 1
Cost.).
Ne deriva che l’entrata nel territorio nazionale ed il rilascio
del permesso di soggiorno per motivi religiosi segue un iter particolare ed
agevolato, soggetto ad una verifica di mera regolarità formale, fin quando il
beneficiario si dedica ad attività religiose e di culto. Nei casi in cui tale
“vocazione” viene meno il soggetto non ha più ragione di trattenersi nel
territorio italiano (vedasi anche articolo 5, comma 5, del d. lgs. n. 286/1998)
e se vuol rimanervi ad altro titolo come, nel caso di specie, per espletare
attività lavorativa subordinata, dovrà conseguire un permesso di soggiorno
specifico per l’attività che intende svolgere, secondo la normativa vigente.
La specificità ed eccezionalità della disciplina concernente il
rilascio del permesso di soggiorno per motivi religiosi esclude che si possa
ritenere che, allo stato dell’attuale normativa, in mancanza di una
disposizione esplicita, le fonti normative prevedano la facoltà di conversione
del permesso di soggiorno rilasciato per motivi religiosi in permesso di
soggiorno per motivi di lavoro.
P.Q.M.
Nei termini su esposti è il parere del Consiglio di Stato.