sabato 30 aprile 2016





Corte di Giustizia UE 27 aprile 2016, n. C-528/14

Rinvio pregiudiziale – Tariffa doganale comune – Regolamento (CE) n. 1186/2009 – Articolo 3 – Franchigia dai dazi all’importazione – Beni personali – Trasferimento di residenza da un paese terzo a uno Stato membro – Nozione di “residenza normale” – Impossibilità di cumulare una residenza normale in uno Stato membro e in un paese terzo – Criteri di determinazione del luogo della residenza normale










1)      L’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1186/2009 del Consiglio, del 16 novembre 2009, relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali, dev’essere interpretato nel senso che, ai fini dell’applicazione di tale articolo, una persona fisica non può avere contemporaneamente la sua residenza normale tanto in uno Stato membro quanto in un paese terzo.

2)      In circostanze come quelle di cui al procedimento principale, in cui l’interessato ha, in un paese terzo, tanto legami personali quanto legami professionali e, in uno Stato membro, legami personali, al fine di determinare se la residenza normale dell’interessato, ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 1186/2009, sia situata nel paese terzo, occorre accordare, al momento della valutazione globale degli elementi di fatto rilevanti, un’importanza particolare alla durata del soggiorno in tale paese terzo della persona di cui trattasi.












SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
27 aprile 2016 
Nella causa C‑528/14,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi, Paesi Bassi), con decisione del 14 novembre 2014, pervenuta in cancelleria il 21 novembre 2014, nel procedimento
X
contro
Staatssecretaris van Financiën,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, C. Lycourgos, E. Juhász, C. Vajda e K. Jürimäe (relatore), giudici,
avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
–        per X, da B.J.B. Boersma, adviseur;
–        per il governo dei Paesi Bassi, da M. Bulterman e M. Noort, in qualità di agenti;
–        per la Commissione europea, da L. Grønfeldt e H. Kranenborg, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 dicembre 2015,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1186/2009 del Consiglio, del 16 novembre 2009, relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali (GU L 324, pag. 23).
2        La presente domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. X e lo Staatssecretaris van Financiën (Segretario di Stato alle Finanze) relativa al rifiuto di quest’ultimo di ammettere il trasferimento dei beni personali del sig. X, tra il Qatar e i Paesi Bassi, in franchigia dai dazi all’importazione.
 Contesto normativo
 La direttiva 83/182/CEE
3        L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 83/182/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa alle franchigie fiscali applicabili all’interno della Comunità in materia d’importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto (GU L 105, pag. 59), come modificata dalla direttiva 2006/98/CE del Consiglio, del 20 novembre 2006 (GU L 363, pag. 129; in prosieguo: la «direttiva 83/182»), così dispone:
«Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, si intende per “residenza normale” il luogo in cui una persona dimora abitualmente, ossia durante almeno 185 giorni all’anno, a motivo di legami personali e professionali oppure, nel caso di una persona senza legami professionali, a motivo di legami personali che rivelano l’esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita.
Tuttavia, nel caso di una persona i cui legami professionali siano situati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri, si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali, purché tale persona vi ritorni regolarmente. (...)».
 La direttiva 83/183/CEE
4        L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 83/183/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa alle franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro (GU L 105, pag. 64), la quale è stata abrogata dalla direttiva 2009/55/CE del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativa alle esenzioni fiscali applicabili all’introduzione definitiva di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro (GU L 145, pag. 36), aveva un contenuto identico a quello dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 83/182.
 Il regolamento n. 1186/2009
5        Il regolamento n. 1186/2009 ha abrogato il regolamento (CEE) n. 918/83 del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali (GU L 105, pag. 1).
6        I considerando 3 e 4 del regolamento n. 1186/2009 così recitano:
«(3)      (...) una tassazione (...) non si giustifica in alcune circostanze ben definite, per le quali le condizioni particolari dell’importazione delle merci non richiedono l’applicazione delle misure abituali di protezione dell’economia.
(4)      È opportuno prevedere, come nella maggior parte delle legislazioni doganali, che in tali casi l’importazione possa essere effettuata beneficiando di un regime di franchigia che esoneri le merci dall’applicazione dei dazi all’importazione cui sarebbero normalmente soggette».
7        L’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), di tale regolamento è così formulato:
«(…) I beni personali non devono riflettere, per loro natura o quantità, alcun intento di carattere commerciale».
8        L’articolo 3 di detto regolamento così dispone:
«Fatti salvi gli articoli da 4 a 11, sono ammessi in franchigia dai dazi all’importazione i beni personali importati da persone fisiche che trasferiscono la loro residenza normale nel territorio doganale della Comunità».
9        L’articolo 4 dello stesso regolamento prevede quanto segue:
«La franchigia è limitata ai beni personali che:
a)      salvo casi particolari giustificati dalle circostanze, sono stati in possesso dell’interessato e, trattandosi di beni non consumabili, sono stati da lui utilizzati nel luogo della sua precedente residenza normale per un periodo di almeno sei mesi prima della data in cui ha cessato di avere la sua residenza normale nel paese terzo di provenienza;
b)      sono destinati ad essere utilizzati per gli stessi usi nel luogo della sua nuova residenza normale.
(...)».
10      L’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 1186/2009 è così formulato:
«Possono beneficiare della franchigia solo le persone che hanno avuto la residenza normale fuori del territorio doganale della Comunità da almeno dodici mesi consecutivi».
11      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, di tale regolamento, la franchigia è accordata solo per i beni personali dichiarati per la libera pratica entro un termine di dodici mesi dalla data alla quale l’interessato ha stabilito la sua residenza normale nel territorio doganale dell’Unione europea».
12      L’articolo 9 di detto regolamento prevede la possibilità che la franchigia sia accordata per i beni personali dichiarati per la libera pratica prima che l’interessato abbia stabilito la sua residenza normale nel territorio doganale dell’Unione, su suo impegno di trasferirvela effettivamente entro un termine di sei mesi.
13      In forza dell’articolo 10 del medesimo regolamento, se, a motivo di impegni professionali, l’interessato lascia il paese terzo in cui aveva la residenza normale senza trasferire contemporaneamente tale residenza normale nel territorio doganale dell’Unione, ma con l’intenzione di stabilirvisi successivamente, le autorità competenti possono autorizzare l’ammissione in franchigia dei beni personali che egli trasferisce a tal fine.
14      L’articolo 11 del regolamento n. 1186/2009 offre alle autorità competenti la possibilità di derogare a talune delle condizioni di applicazione della franchigia dai dazi all’importazione di cui all’articolo 3 dello stesso regolamento.
 Procedimento principale e questioni pregiudiziali
15      Sino al 1° marzo 2008 il ricorrente nel procedimento principale ha risieduto e lavorato nei Paesi Bassi. Dal 1° marzo 2008 al 1° agosto 2011 il medesimo ha lavorato nel Qatar, ove il suo datore di lavoro gli ha messo a disposizione un’abitazione. Il ricorrente nel procedimento principale aveva legami sia professionali sia personali in tale paese terzo. Sua moglie ha continuato ad abitare e a lavorare nei Paesi Bassi e si è recata in visita presso di lui sei volte, per soggiorni complessivamente pari a 83 giorni. Nel corso del periodo in questione il ricorrente nel procedimento principale ha trascorso 281 giorni fuori dal Qatar, durante i quali egli ha fatto visita alla moglie, ai figli maggiorenni e al resto della famiglia nei Paesi Bassi, trascorrendo altresì vacanze in altri Stati.
16      In vista del suo ritorno nei Paesi Bassi, il ricorrente nel procedimento principale ha chiesto che gli fosse rilasciata un’autorizzazione a importare dal Qatar nell’Unione i suoi beni personali in franchigia dai dazi all’importazione, conformemente all’articolo 3 del regolamento n. 1186/2009. Tale domanda gli è stata negata, mediante decisione dell’ispettore tributario, con la motivazione che non vi era alcun trasferimento verso i Paesi Bassi della sua residenza normale, ai sensi di tale articolo. Il ricorrente nel procedimento principale avrebbe infatti conservato la sua residenza normale in tale Stato membro durante il suo soggiorno nel Qatar, sicché la sua residenza normale non sarebbe mai stata situata in tale paese terzo.
17      Il ricorrente nel procedimento principale ha proposto ricorso avverso detta decisione di rigetto dinanzi al Rechtbank te Haarlem (Tribunale di Haarlem), il quale l’ha accolta. L’ispettore tributario ha proposto appello contro la decisione di tale giudice dinanzi al Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam). Quest’ultimo giudice ha ricordato che, secondo la giurisprudenza della Corte, la residenza normale è il luogo in cui l’interessato ha il centro permanente dei suoi interessi. Lo stesso giudice ha in seguito rilevato che, tenuto conto dei legami personali e professionali del ricorrente nel procedimento principale, non era possibile stabilire ove fosse situato il centro permanente dei suoi interessi. Stanti tali considerazioni, secondo tale giudice, occorreva privilegiare i legami personali e pertanto, durante il periodo in questione, la residenza normale del ricorrente nel procedimento principale era situata non nel Qatar, bensì nei Paesi Bassi.
18      Il ricorrente nel procedimento principale ha proposto ricorso per cassazione dinanzi al giudice del rinvio. Tale giudice, dopo aver posto in evidenza che il regolamento n. 1186/2009 non prevedeva alcuna definizione della nozione di «residenza normale», ha osservato che l’approccio del Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) induceva a chiedersi se il ricorrente nel procedimento principale avesse avuto, durante il periodo in questione, una residenza normale tanto nei Paesi Bassi quanto nel Qatar. Esso ha sottolineato che gli obiettivi di tale regolamento non sembravano ostare, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, né all’esistenza di una residenza normale tanto nei Paesi Bassi quanto nel Qatar né all’applicazione della franchigia dai dazi all’importazione, prevista dall’articolo 3 di detto regolamento, atteso che il ricorrente nel procedimento principale ha lasciato la sua residenza nel Qatar e ha trasferito i suoi beni personali nei Paesi Bassi.
19      Nell’ipotesi in cui il regolamento n. 1186/2009 dovesse essere interpretato nel senso che esclude che possa esistere una duplice residenza normale, il giudice del rinvio chiede quali siano, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, i criteri di cui tener conto per stabilire quale delle due residenze debba essere considerata la residenza normale, ai fini dell’applicazione del regolamento in parola. A tale riguardo, detto giudice si interroga sulla rilevanza dei criteri stabiliti dalla Corte nelle sentenze Louloudakis (C‑262/99, EU:C:2001:407) e Alevizos (C‑392/05, EU:C:2007:251) al fine di individuare il luogo della «residenza normale», ai sensi degli articoli 7, paragrafo 1, della direttiva 83/182, e 6, paragrafo 1, della direttiva 83/183, in particolare la preminenza accordata, nell’ambito di siffatta individuazione, ai legami personali.
20      Date tali circostanze, lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1)      Se il regolamento n. 1186/2009 includa la possibilità che una persona fisica abbia la sua residenza normale contemporaneamente tanto in uno Stato membro quanto in un paese terzo e, in tal caso, se la franchigia dai dazi all’importazione ex articolo 3 di detto regolamento sia applicabile a beni personali che vengono trasferiti nell’Unione a seguito della cessazione della residenza normale in un paese terzo.
2)      Qualora il regolamento n. 1186/2009 escluda la possibilità di avere una doppia residenza normale e una valutazione di tutte le circostanze non sia sufficiente ad individuare la residenza normale, alla luce di quale norma o con l’ausilio di quali criteri si debba stabilire, ai fini dell’applicazione di tale regolamento, in che paese l’interessato ha la sua residenza normale in una fattispecie come quella in esame, in cui questi in un paese terzo ha legami sia personali che professionali e nello Stato membro legami personali».
 Sulle questioni pregiudiziali
 Sulla prima questione
21      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3 del regolamento n. 1186/2009 debba essere interpretato nel senso che, ai fini dell’applicazione di tale articolo, una persona fisica possa avere contemporaneamente la sua residenza normale sia in uno Stato membro che in un paese terzo. In caso di risposta affermativa, detto giudice chiede altresì se la franchigia dai dazi all’importazione prevista dall’articolo menzionato sia applicabile ai beni personali importati nell’Unione da tale persona fisica una volta che quest’ultima cessa di avere la sua residenza normale nel paese terzo.
22      Posto che il regolamento n. 1186/2009 non prevede alcuna definizione della nozione di «residenza normale» di cui all’articolo 3 del medesimo, occorre, al fine di determinare la portata di tale articolo, tener conto allo stesso tempo del suo tenore letterale, del suo contesto e delle sue finalità (sentenza Angerer, C‑477/13, EU:C:2015:239, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).
23      Per quanto riguarda la formulazione dell’articolo 3 del regolamento n. 1186/2009, occorre, da un lato, rilevare che l’espressione «residenza normale» è utilizzata al singolare, il che tende a confermare che una persona fisica può avere al contempo una sola residenza normale. Dall’altro, tale articolo subordina la concessione della franchigia dai dazi all’importazione al trasferimento della residenza normale da un paese terzo verso il territorio doganale dell’Unione. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 37 delle sue conclusioni, l’impiego del verbo «trasferire» presuppone necessariamente uno spostamento della residenza normale da un luogo situato al di fuori di tale territorio a un luogo situato all’interno di esso e osta quindi al cumulo, nel corso di uno stesso periodo, di una residenza normale in uno Stato membro e di un’altra in un paese terzo.
24      Per quanto riguarda il contesto dell’articolo 3 del regolamento n. 1186/2009, anche gli articoli 4, 5, 7 e da 9 a 11 di tale regolamento, relativi segnatamente alle condizioni di applicazione della franchigia doganale prevista dall’articolo 3 del regolamento suddetto, utilizzano l’espressione «residenza normale» al singolare. Lo stesso vale per gli altri articoli del medesimo regolamento in cui figura la nozione di «residenza normale».
25      Inoltre, la formulazione degli articoli 4, 7 e da 9 a 11 del regolamento n. 1186/2009 avvalora un’interpretazione della nozione di «residenza normale» secondo la quale una persona fisica può avere nello stesso momento una sola residenza normale. Infatti, anzitutto, l’articolo 4 di tale regolamento dispone che la franchigia è limitata ai beni personali che, da un lato, sono stati utilizzati dall’interessato «nel luogo della sua precedente residenza normale» per un periodo di almeno sei mesi prima della data in cui «ha cessato di avere la sua residenza normale» nel paese terzo di provenienza e, dall’altro, sono destinati a essere utilizzati «nel luogo della sua nuova residenza normale». Inoltre, gli articoli 7, 9 e 10 di detto regolamento fanno tutti riferimento a una stessa sequenza di eventi, nel corso della quale l’interessato lascia, in un primo momento, la sua residenza normale in un paese terzo, e successivamente stabilisce, in un secondo momento, tale residenza nel territorio doganale dell’Unione. Infine, l’articolo 11 del regolamento n. 1186/2009 riprende il verbo «trasferire», parimenti utilizzato dall’articolo 3 di tale regolamento, per designare lo spostamento della residenza normale da un paese terzo verso uno Stato membro.
26      Per quanto concerne gli obiettivi del regolamento n. 1186/2009, il considerando 3 del regolamento in parola precisa che sono state previste da detto regolamento franchigie doganali giacché «una tassazione (...) non si giustifica in alcune circostanze ben definite, per le quali le condizioni particolari dell’importazione delle merci non richiedono l’applicazione delle misure abituali di protezione dell’economia».
27      Dalla giurisprudenza relativa al secondo considerando del regolamento n. 918/83, il cui contenuto è identico a quello del considerando 3 del regolamento n. 1186/2009, risulta che gli obiettivi perseguiti dal legislatore dell’Unione, al momento dell’adozione di questo primo regolamento, consistevano nel semplificare, da un lato, lo stabilimento della nuova residenza di una persona fisica nello Stato membro interessato e, dall’altro, il lavoro delle autorità doganali degli Stati membri (sentenza Treimanis, C‑487/11, EU:C:2012:556, punto 24). Tali considerazioni sono applicabili al regolamento n. 1186/2009 in quanto, mediante quest’ultimo, il legislatore dell’Unione ha codificato le varie disposizioni del regime delle franchigie doganali, incluse le disposizioni del regolamento n. 918/83.
28      Orbene, un’interpretazione secondo la quale una persona fisica può cumulare due residenze normali, ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 1186/2009, di cui una in un paese terzo e un’altra in uno Stato membro, non può essere considerata conforme all’obiettivo consistente nell’agevolare lo stabilimento della nuova residenza in uno Stato membro.
29      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 3 del regolamento n. 1186/2009 dev’essere interpretato nel senso che, ai fini dell’applicazione di tale articolo, una persona fisica non può avere contemporaneamente la sua residenza normale tanto in uno Stato membro quanto in un paese terzo. Stante tale risposta, non è più necessario rispondere alla seconda parte della prima questione.
 Sulla seconda questione
30      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, con l’ausilio di quali criteri si debba stabilire il luogo della residenza normale, ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 1186/2009, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale in cui l’interessato ha, in un paese terzo, tanto legami personali quanto legami professionali e, in uno Stato membro, legami personali.
31      In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza elaborata nell’ambito di vari settori del diritto dell’Unione, la residenza normale dev’essere considerata il luogo in cui l’interessato ha stabilito il centro permanente dei propri interessi (v., per analogia, sentenze Schäflein/Commissione, 284/87, EU:C:1988:414, punto 9; Ryborg, C‑297/89, EU:C:1991:160, punto 19; Louloudakis, C‑262/99, EU:C:2001:407, punto 51; Alevizos, C‑392/05, EU:C:2007:251, punto 55; I, C‑255/13, EU:C:2014:1291, punto 44, e B., C‑394/13, EU:C:2014:2199, punto 26).
32      È stato altresì statuito che, ai fini della determinazione della residenza normale in quanto centro permanente degli interessi della persona di cui trattasi, deve tenersi conto di tutti gli elementi di fatto rilevanti (v., per analogia, sentenze Schäflein/Commissione, 284/87, EU:C:1988:414, punto 10; Ryborg, C‑297/89, EU:C:1991:160, punto 20; Louloudakis, C‑262/99, EU:C:2001:407, punto 55; Alevizos, C‑392/05, EU:C:2007:251, punto 57, nonché I, C‑255/13, EU:C:2014:1291, punti 45 e 46).
33      Nelle sentenze Louloudakis (C‑262/99, EU:C:2001:407) e Alevizos (C‑392/05, EU:C:2007:251), sulla pertinenza delle quali il giudice del rinvio si interroga, nell’ambito della seconda questione, ai fini della determinazione del luogo della residenza normale ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 1186/2009, la Corte ha evidenziato, per quanto riguarda gli articoli 7, paragrafo 1, della direttiva 83/182, e 6, paragrafo 1, della direttiva 83/183, che gli elementi di fatto rilevanti che devono essere presi in considerazione al fine di determinare la residenza normale in quanto centro permanente degli interessi della persona di cui trattasi comprendevano, in particolare, la presenza fisica di quest’ultima, quella dei suoi familiari, la disponibilità di un’abitazione, il luogo dove i figli frequentano effettivamente la scuola, il luogo d’esercizio delle attività professionali, il luogo in cui vi siano interessi patrimoniali, quello dei legami amministrativi con le autorità pubbliche e gli organismi sociali, nei limiti in cui i detti elementi traducano la volontà di tale persona di conferire una determinata stabilità al luogo di collegamento, a motivo di una continuità che risulti da un’abitudine di vita e dallo svolgimento di rapporti sociali e professionali normali (sentenze Louloudakis, C‑262/99, EU:C:2001:407, punto 55, e Alevizos, C‑392/05, EU:C:2007:251, punto 57).
34      Inoltre, la Corte ha precisato, in tali sentenze, che qualora una valutazione globale di tutti gli elementi di fatto rilevanti non consenta di individuare il centro permanente degli interessi della persona di cui trattasi, ai fini di tale individuazione va data preminenza ai legami personali (sentenze Louloudakis, C‑262/99, EU:C:2001:407, punto 53, e Alevizos, C‑392/05, EU:C:2007:251, punto 61).
35      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che il giudice del rinvio si chiede, in particolare, se quest’ultima considerazione, secondo la quale dev’essere data preminenza ai legami personali, sia applicabile all’interpretazione della nozione di «residenza normale», ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 1186/2009, considerando che il Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam), la cui sentenza è oggetto del procedimento dinanzi a tale giudice, ha ritenuto che occorresse, nelle circostanze di cui al procedimento principale, dare la preminenza a detti legami personali.
36      A tal proposito, occorre rilevare che dalle sentenze Louloudakis (C‑262/99, EU:C:2001:407, punto 53) e Alevizos (C‑392/05, EU:C:2007:251, punto 61) emerge che tale preminenza si basa sull’interpretazione dei termini degli articoli 7, paragrafo 1, della direttiva 83/182, e 6, paragrafo 1, della direttiva 83/183. Orbene, il regolamento n. 1186/2009 non contiene alcuna disposizione equivalente a tali disposizioni.
37      Per di più, occorre osservare che le direttive menzionate riguardano le franchigie fiscali applicabili nell’interno dell’Unione, mentre il regolamento in parola è relativo alle franchigie doganali applicabili ai beni provenienti da paesi terzi importati nell’Unione. Pertanto, l’obiettivo di dette direttive è diverso da quello del regolamento n. 1186/2009. Dai considerando di queste stesse direttive si deduce, infatti, che il loro obiettivo è di favorire l’esercizio della libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione, tramite l’abolizione degli ostacoli fiscali all’importazione in uno Stato membro di beni personali e di mezzi di trasporto che provengono da un altro Stato membro. Il regolamento in parola, invece, come si evince dal suo considerando 3, è inteso ad accordare alle importazioni nell’Unione di merci provenienti da paesi terzi, che secondo l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), di tale regolamento, non riflettono, per natura, valore o quantità, alcun intento di carattere commerciale, il beneficio di una franchigia dai dazi doganali, laddove le condizioni di tali importazioni «non richiedono l’applicazione delle misure abituali di protezione dell’economia».
38      Premesso ciò, l’interpretazione della nozione di «residenza normale», ai sensi degli articoli 7, paragrafo 1, della direttiva 83/182, e 6, paragrafo 1, della direttiva 83/183, secondo la quale, qualora sia impossibile individuare il centro permanente degli interessi della persona di cui trattasi, dev’essere data preminenza ai legami personali, non è applicabile alla nozione di «residenza normale», ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 1186/2009.
39      Ne deriva che la residenza normale, ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 1186/2009, dev’essere considerata il luogo in cui l’interessato ha stabilito il centro permanente dei suoi interessi. Per stabilire se tale residenza normale sia situata in un paese terzo, ai fini dell’applicazione della franchigia doganale prevista da tale articolo 3, devono essere presi in considerazione tutti gli elementi di fatto rilevanti, compresi quelli citati dalla Corte, in maniera non esaustiva, nelle sentenze Louloudakis (C‑262/99, EU:C:2001:407) nonché Alevizos (C‑392/05, EU:C:2007:251), e menzionati al punto 33 della presente sentenza, senza che sia necessario dare la preminenza ai legami personali.
40      Nell’ambito di tale analisi, occorre rilevare che il regolamento n. 1186/2009 accorda un’importanza particolare alla durata del soggiorno della persona di cui trattasi nel paese terzo in questione. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, di detto regolamento, infatti, possono beneficiare della franchigia doganale prevista dall’articolo 3 dello stesso regolamento solo le persone che hanno avuto la loro residenza normale fuori del territorio doganale dell’Unione da almeno dodici mesi consecutivi. Analogamente, il Consiglio di cooperazione doganale, divenuto Organizzazione mondiale delle dogane (OMD), alla quale l’Unione ha chiesto di aderire e la cui domanda è stata accettata nel corso del 2007, ha indicato, nella sua raccomandazione del 5 dicembre 1962 relativa all’ammissione in franchigia dei valori mobiliari importati in occasione di un trasferimento di domicilio, che l’ammissione in franchigia può in particolare essere subordinata alla condizione che la durata del soggiorno all’estero risulti sufficiente.
41      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, in cui l’interessato ha, in un paese terzo, tanto legami personali quanto legami professionali e, in uno Stato membro, legami personali, al fine di determinare se la residenza normale dell’interessato, ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 1186/2009, sia situata nel paese terzo, occorre accordare, al momento della valutazione globale degli elementi di fatto rilevanti, un’importanza particolare alla durata del soggiorno in tale paese terzo della persona di cui trattasi.
 Sulle spese
42      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
1)      L’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1186/2009 del Consiglio, del 16 novembre 2009, relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali, dev’essere interpretato nel senso che, ai fini dell’applicazione di tale articolo, una persona fisica non può avere contemporaneamente la sua residenza normale tanto in uno Stato membro quanto in un paese terzo.
2)      In circostanze come quelle di cui al procedimento principale, in cui l’interessato ha, in un paese terzo, tanto legami personali quanto legami professionali e, in uno Stato membro, legami personali, al fine di determinare se la residenza normale dell’interessato, ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 1186/2009, sia situata nel paese terzo, occorre accordare, al momento della valutazione globale degli elementi di fatto rilevanti, un’importanza particolare alla durata del soggiorno in tale paese terzo della persona di cui trattasi.
Dal sito http://curia.europa.eu

venerdì 29 aprile 2016



Trascrizione ‘tardiva’ [riparatrice (?)] del (l’atto di) matrimonio ebraico

Trib. Milano 22 febbraio 2016


Qualora il ministro di culto trasmetta l’atto di matrimonio ebraico decorsi cinque giorni dalla celebrazione, esclusa una trascrizione tardiva per mera volontà degli sposi – nei sensi in cui è ammessa dall’Accordo del 1984 per la confessione cattolica –, è ammissibile una trascrizione riparatrice ossia il porre rimedio a un procedimento di registrazione del matrimonio che, per mero fatto ostativo non rimproverabile ai nubendi, non si è validamente perfezionato; ciò a condizione che, al momento della istanza di trascrizione posticipata, sussistano ancora i requisiti per accedere all’unione matrimoniale e, soprattutto, non siano venute meno le condizioni che legittimavano, a suo tempo, il matrimonio (ad es., lo stato libero di entrambi i nubendi); ciò anche a condizione che sia provato come, sin dall’inizio, l’intenzione degli sposi fosse quella di ottenere un matrimonio con effetti civili (e ciò è provato producendo la richiesta di nulla osta all’Ufficiale dello Stato Civile, prima dell’unione, come nel caso di specie)





Natura di atto pubblico (ai fini penali) della ‘dichiarazione di successione’

Cass. pen. 17 aprile 2016 (ud. 11 novembre 2015), n. 17206



Integra gli estremi del delitto di falso in atto pubblico la presentazione della dichiarazione di successione contenente false indicazioni [il S.C., dopo aver ricordato il (proprio) ‘precedente’, in base al quale: “la dichiarazione di successione è un atto eterogeneo, formato dalla denuncia del dichiarante in ordine agli elementi da cui trae origine l’obbligo tributario, cui segue nello stesso documento l’atto del pubblico ufficiale, il quale determina e certifica l’ammontare della relativa imposta. Dopo la presentazione all’ufficio da parte del privato, la dichiarazione di successione costituisce il primo atto del procedimento amministrativo, assume natura pubblica sottratta alla disponibilità del denunziante e diviene oggetto della potestà certificativa ed autoritativa del pubblico ufficiale. Il privato può - nei modi, forme e tempi previsti da leggi e regolamenti - procedere ad integrazione e rettifiche della dichiarazione, ma nessuna modificazione o correzione può apportarsi sul modulo di dichiarazione già presentato, per elementari esigenze di trasparenza e di controllo da parte della pubblica amministrazione. La consapevole immutazione degli elementi di fatto da parte del pubblico ufficiale, in concorso con i consenzienti privati dichiaranti, operata al fine di una più favorevole determinazione della somma da versare a titolo di imposta, integra il delitto di falsificazione materiale di atto pubblico (Sez. 6, n. 3002 del 08/01/1996, Rv. 204379)”: 1) rileva l’infondatezza della tesi tendente ad operare “una segmentazione della dichiarazione di successione … (…giungendo…) a ritenere che nella fase procedimentale anteriore all’intervento certificativo e/o autoritativo del p.u., consistente nella redazione e presentazione da parte del privato della dichiarazione di successione, l’atto in questione non presenta alcuna delle caratteristiche di cui all’ art 2699 c.c.”, cosicché  “vi sarebbe una fase precedente alla presentazione al pubblico ufficiale, nella quale la dichiarazione avrebbe natura privata e, per l’effetto, l’impossibilità di configurare in questo segmento temporale il reato di falso … (…in atto pubblico …); 2) non condivide “l’impostazione, secondo cui la dichiarazione nasce come scrittura privata, redatta dall’interessato, ed acquista natura di atto pubblico nel momento in cui viene consegnata alla pubblica amministrazione, ritenendo di poter individuare due distinti momenti della stessa, con autonoma significatività e rilevanza, laddove, invece, la sua natura composita e la funzione propria di “dichiarazione” - ossia di atto con cui si comunicano al p.u., circostanze e fatti, vedendo appunto come necessario destinatario di essa un soggetto diverso dal dichiarante- determinano l’infondatezza di tale ricostruzione”; 3) sottolinea che la “dichiarazione di successione” non ha “vita propria, indipendentemente dalla sua presentazione e dalle conseguenze pubblicistiche che da essa derivano, essendo funzionalmente legata al momento in cui viene portata a conoscenza, nel suo contenuto, al pubblico ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, senza “mutare” la propria natura giuridica, convertendosi da atto privato in atto pubblico, costituendo, invece, un tutt’uno (quanto a redazione, presentazione e ricezione del p.u. con conseguenti determinazioni fiscali), in relazione alla funzione da essa assolta”;  4) conclusivamente, “non è possibile guardare ad una dichiarazione di successione, indipendentemente dalla sua presentazione e dalla attività svolta in essa dal pubblico ufficiale, che è la ratio della “dichiarazione” stessa, insomma indipendentemente dalla natura e funzione pubblica da essa assolta, con l’intervento del p.u.”]


giovedì 28 aprile 2016





I (due) pareri del Consiglio di Stato sul pagamento del canone Rai ‘in bolletta’


Cons. di Stato, Sez. Cons. Atti Normativi, 13 aprile 2016, n. 915/2016 (adunanza del 7 aprile 2016, n. 615/2016), Ministero dello sviluppo economico.  Schema di decreto ministeriale di attuazione dell’articolo 1, comma 154 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016).



LA SEZIONE
Vista la nota del 31 marzo 2016, prot. n. 8041, di trasmissione della relazione del 29 marzo 2016, pervenuta alla segreteria della Sezione il 31 marzo 2016, con la quale il Ministero dello sviluppo economico ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sullo schema di decreto in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Claudio Boccia.

Premesso.
1. Com’è noto con la legge di stabilità per il 2016 sono state introdotte alcune disposizioni concernenti il canone di abbonamento alla televisione.
In particolare l’art. 1, comma 154 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) ha stabilito che “con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, da adottare entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti termini e modalità per il riversamento all'Erario, e per le conseguenze di eventuali ritardi, anche in forma di interessi moratori, dei canoni (di abbonamento alla televisione) incassati dalle aziende di vendita dell'energia elettrica, che a tal fine non sono considerate sostituti di imposta, eventualmente tramite un soggetto unico individuato dal medesimo decreto, per l'individuazione e comunicazione dei dati utili ai fini del controllo, per l'individuazione dei soggetti di cui al comma 156, nonché le misure tecniche che si rendano eventualmente necessarie per l'attuazione della presente norma”.
Conseguentemente, con la nota del 31 marzo 2016, prot. n. 8041, il Ministero dello sviluppo economico ha trasmesso per il prescritto parere lo schema di decreto ministeriale in epigrafe che da attuazione al predetto articolo 1, comma 154, rilevando che il medesimo si sostanzia in un “necessario completamento normativo”, volto a dare attuazione alla nuova disciplina che prevede che il pagamento del canone di abbonamento alla televisione per uso privato avvenga “con distinta voce” mediante addebito sulle fatture emesse dalle imprese elettriche ai titolari delle relative utenze ubicate nei luoghi ove i medesimi risiedono.
2. Quanto al contenuto dello schema di regolamento, l’Amministrazione proponente ha precisato che il medesimo - composto di 8 articoli - reca disposizioni relative: alle definizioni utili ai fini dell’applicazione del decreto stesso (art. 1); alle procedure di allineamento delle banche dati dei soggetti coinvolti nella riscossione del canone, ovvero l’Acquirente Unico s.p.a e l’Agenzia delle entrate (art. 2); alle modalità di addebito del canone ed alle conseguenze di eventuali ritardi nel pagamento, anche in forma di interessi moratori (art. 3); ai termini e alle modalità per il riversamento all’Erario dei canoni incassati dalle aziende elettriche, con la precisazione che il mancato pagamento del canone non può “in nessun caso” comportare il distacco della fornitura di energia elettrica (art. 4); all’individuazione e alla comunicazione dei dati utili ai fini del controllo da parte dell’Agenzia delle entrate ed all’individuazione dei soggetti autorizzati allo scambio dei dati utili (art. 5); alle modalità di rimborso del canone nei confronti dei soggetti che abbiano erroneamente proceduto al pagamento (art. 6); nonché alle ulteriori misure tecniche che si rendano eventualmente necessarie per l’avvio del nuovo sistema di pagamento (art. 7).
Lo schema di regolamento reca, infine, tramite l’allegato 1, l’elenco delle reti elettriche non interconnesse con la rete di trasmissione nazionale. Tale dato si rende necessario per evidenziare i soggetti che, in quanto residenti in località prive di collegamento con la rete di trasmissione nazionale, continueranno a corrispondere il canone attraverso un versamento unitario, ai sensi dell’art. 3, comma 7 del medesimo decreto, all’uopo utilizzando i codici stabiliti dall’Agenzia delle Entrate.
3. In relazione al procedimento seguito per la predisposizione dello schema de quo, l’Amministrazione proponente ha riferito che sul medesimo - in attuazione di quanto disposto dalla norma primaria di riferimento - è stato acquisito il parere dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, reso con delibera prot. n. 121/2016/I/EEL del 22 marzo 2016.
In atti risulta depositato anche “l’assenso ai fini del prosieguo dell’iter” del Ministero dell’economia e delle finanze, espresso con la nota prot. n. 3-3214 del 24 marzo 2016, a firma del Capo dell’Ufficio legislativo del suddetto dicastero.
L’Amministrazione ha, inoltre, rilevato di aver proceduto nella predisposizione dello schema di regolamento in esame dopo aver consultato - attraverso periodici incontri - “tutti gli operatori istituzionalmente interessati e coinvolti nella materia”, ovvero i rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze, dell’Agenzia delle Entrate, di Acquirente Unico s.p.a. e delle associazioni di categoria delle imprese elettriche e dei consumatori.
Lo schema di decreto in esame è corredato dall’analisi dell’impatto della regolamentazione (A.I.R.) e dall’analisi tecnico-normativa (A.T.N.).
Considerato.
4. Preliminarmente la Sezione deve rilevare che, per quanto concerne il procedimento seguito dall’Amministrazione nel predisporre lo schema di decreto in esame, il Ministero proponente ha correttamente acquisito, in ossequio a quanto previsto dall’art. 1, comma 154 della legge finanziaria per il 2016, il parere dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, recependo, peraltro, i rilievi ivi formulati attraverso le modifiche introdotte all’articolo 3, comma 7, relativamente all’aggiornamento dell’elenco delle reti non interconnesse con la rete di trasmissione nazionale, e all’articolo 7, comma 1, in merito alla necessità per le imprese elettriche di rendere disponibili all’Autorità stessa le informazioni concernenti gli investimenti affrontati per implementare la disciplina di cui allo schema in esame.
La Sezione, tuttavia, non può esimersi dal costatare che dai documenti depositati si evince che l’adozione del decreto non è avvenuta nel rispetto del termine previsto dalla norma di riferimento e che non risulta espresso il concerto del Ministro dell’economia e delle finanze, viceversa richiesto dal citato articolo 1, comma 154 della legge n. 208 del 2015, in quanto in atti è presente soltanto la nota di cui si è detto al precedente n. 3.
Orbene, come più volte sottolineato da questa Sezione, il concerto del Ministro è qualcosa di sostanzialmente diverso da quanto si afferma nella nota da ultimo citata in quanto, con il concerto, il Ministro partecipa dell’iniziativa politica, concorrendo ad assumerne la responsabilità: pertanto, il concerto può essere manifestato da un funzionario soltanto per espresso incarico o per delega del Ministro e non sotto la forma di semplice nulla osta al prosieguo dell’iter procedurale, con la conseguenza che, al fine di evitare che la suddetta omissione si rifletta sulla regolarità formale del provvedimento normativo in esame, l’Amministrazione proponente dovrà provvedere ad acquisire il concerto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Tanto premesso, la Sezione osserva che lo schema di decreto in esame è volto a dare attuazione al dispositivo dell’articolo 1, comma 154 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) nella parte in cui prevede che con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, sono definiti i termini e le modalità per il versamento all’Erario dei canoni incassati dalle imprese elettriche, per l'individuazione e comunicazione dei dati utili ai fini del controllo, per l'individuazione dei soggetti di cui al comma 156 della succitata legge (Acquirente unico spa, ecc), nonché le misure tecniche eventualmente necessarie per l'attuazione della norma.
Sotto il profilo della potestà normativa esercitata nel caso di specie, quindi, la Sezione non ha alcun rilevo da formulare, atteso che l'emanazione del presente decreto rientra nella competenza tecnico-discrezionale del Ministero proponente ai sensi della succitata normativa e che le disposizioni in esso contenute non presentano profili d’incompatibilità con l’ordinamento comunitario e con quello nazionale.
Quanto al merito del provvedimento la Sezione osserva che, come in precedenza esposto, le disposizioni contenute nello schema di regolamento concernono la disciplina delle modalità di pagamento e di riscossione del canone di abbonamento alla televisione.
In quest’ottica devono, quindi, inquadrarsi le norme del decreto volte all’allineamento delle banche dati dell’Acquirente Unico s.p.a. e dell’Agenzia delle entrate che opera sulla base del sistema informativo dell’Anagrafe tributaria nonché le procedure previste per lo scambio d’informazioni fra i suddetti enti (art. 2); le norme con cui l’Acquirente Unico s.p.a. rende disponibili, con modalità approvate dall’Autorità e tramite il Sistema informativo integrato, le informazioni alle aziende elettriche incaricate della riscossione del tributo (art. 3); le norme sul riversamento dei canoni (art. 4) e quelle sull’individuazione e il trasferimento dei dati utili al controllo (art. 5).
In relazione a quanto precede la Sezione ritiene, pertanto, di dover soltanto sottolineare che l’effettiva operatività del sistema di riscossione e pagamento del canone di abbonamento alla televisione delineato dal regolamento - con particolare riferimento ai riflessi che il medesimo avrà nei confronti della comunità degli utenti - dipenderà dalle intese e dal grado di coordinamento che si realizzeranno fra gli Enti coinvolti nel succitato procedimento nonché dal completamento di alcuni programmi quali quello dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), previsto anche dal nuovo Codice dell’amministrazione digitale (CAD) che è stato predisposto dal Governo e di recente esaminato dalla Sezione.
La Sezione, viceversa, non può non rilevare che il regolamento de quo presenta alcuni profili di criticità che dovrebbero trovare soluzione prima della sua definitiva approvazione, anche al fine di non condizionare il grado di efficacia di tale strumento normativo.
Sotto un primo profilo la Sezione rileva che nel testo del regolamento manca un qualsiasi richiamo ad una definizione di cosa debba intendersi per apparecchio televisivo, la cui detenzione comporta il pagamento del relativo canone di abbonamento e al fatto che il succitato canone deve essere corrisposto per un unico apparecchio, prescindendo dall’effettivo numero di apparecchi posseduto dal singolo l’utente.
Ciò assume un particolare rilievo atteso che lo sviluppo tecnologico dei dispositivi di comunicazione ha reso disponibili sul mercato molteplici “device” che consentono funzioni di ricezione di programmi televisivi, pur essendo destinati a finalità ed usi strutturalmente differenti (smartphone, tablet, ecc.).
Precisare, dunque, nel regolamento che il canone di abbonamento è dovuto solo a fronte del possesso di uno o più apparecchi televisivi in grado di ricevere il segnale digitale terrestre o satellitare direttamente o tramite decoder costituirebbe un elemento informativo particolarmente utile per i cittadini sia in relazione agli obblighi contributivi che i medesimi devono assolvere sia in riferimento all’autodichiarazione concernente il mancato possesso di apparecchi che gli stessi devono effettuare e alle conseguenze di carattere penale che possono derivare da una dichiarazione mendace, in base alle norme vigenti in materia.
Sotto un differente profilo la Sezione deve, altresì, rilevare che il procedimento di addebito e riscossione del canone di abbonamento alla televisione presuppone, come in precedenza rilevato, uno scambio di dati e d’informazioni fra gli enti coinvolti nella succitata attività (Anagrafe tributaria, Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, l’Acquirente unico spa, il Ministero dell’interno, i Comuni e alcune società private), che necessariamente implica profili di rispetto e tutela della privacy.
Nelle norme in esame, tuttavia, non si rinviene alcun riferimento alla succitata problematica che, viceversa, potrebbe trovare soluzione quantomeno con la previsione di una disposizione regolamentare che espliciti che le procedure ivi previste avvengano nel rispetto della normativa sulla privacy, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.
Un ulteriore profilo di criticità del regolamento in esame concerne il fatto che non tutte le norme ivi previste risultano formulate in maniera adeguatamente chiara, tenendo conto dell’ampia platea di utenti cui le medesime si rivolgono: costituisce un esempio di quanto affermato l’art. 3 del regolamento che nell’individuare, ai fini dell’addebito del canone, le categorie di utenti, utilizza formule tecniche di non facile comprensione per i non addetti al settore.
La Sezione, pertanto, invita l’Amministrazione a rivedere il testo regolamentare nel suo complesso, al fine di superare l’inconveniente segnalato.
La Sezione, infine, rileva che nel regolamento in esame non sono previste forme adeguate di pubblicità, rispetto all’elevato grado di diffusione raggiunto dal mezzo televisivo.
Ciò trova riscontro, in particolare, negli adempimenti previsti per la collettività degli utenti nell’ambito nel nuovo procedimento di riscossione del canone - come ad esempio la dichiarazione richiamata dall’art. 3 dello schema o la richiesta di rimborso di cui all’art. 6 - che necessiterebbero di una diffusione più ampia, al fine di agevolare la conoscenza di tali adempimenti da parte della cittadinanza e, conseguentemente, una più efficace applicazione delle norme de quibus: la Sezione, pertanto, invita l’Amministrazione a dare la massima diffusione, nelle forme ritenute più opportune, alle disposizioni del procedimento di riscossione del canone di abbonamento televisivo con particolare riferimento a quelle che implicano adempimenti a carico dell’utenza.
5. In relazione a quanto sin qui esposto, la Sezione sospende l’espressione del parere in attesa che l’Amministrazione integri il testo trasmesso con la nota del 31 marzo 2016, prot. n. 8041, nei termini di cui alle osservazioni formulate al precedente n. 4.
Infine, per quanto concerne il profilo redazionale, la Sezione suggerisce all'Amministrazione, in sede di stesura del presente schema, di:
a) raggruppare i riferimenti normativi contenuti nel preambolo seguendo l’ordine gerarchico delle fonti e, all’interno di detto criterio, ordinando le fonti stesse in ordine cronologico;
b) inserire, nel preambolo, prima della frase “Udito il parere del Consiglio di Stato…”, la frase “Visto l'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400”, trattandosi del riferimento normativo in base al quale è stato richiesto il parere di questo Consiglio di Stato;
c) inserire, all’art. 1, comma 1, lettera c), punto i), prima del numero “30.1…” la seguente parola: “comma”, per rendere più puntuale il contenuto della disposizione;
d) sostituire, all’art. 1, comma 1, lettera c), punto i), la parola “disposizione…” con la seguente: “disposizioni…”, più corretta sotto il profilo redazionale;
e) inserire, all’art. 2, dopo la parola “d’intesa…”, ovunque ricorra, la seguente frase: “fra i succitati organi”, per il medesimo fine di cui alla precedente lettera c);
f) sostituire, all’art. 3, comma 1, le parole “e dalla parte identificata come residente” con le seguenti “…dai contratti…”, per il medesimo fine di cui alla precedente lettera c) ed e);
g) inserire, all’art. 3, comma 7, sesta riga dopo le parole “il pagamento avviene…”, le seguenti parole: “ad opera del contribuente…”, per il medesimo fine di cui alle precedenti lettere c), e) e f).
P.Q.M.
La Sezione sospende l’espressione del parere, in attesa che l’Amministrazione svolga gli adempimenti di cui al n. 5.





Cons. di Stato, Sez. Cons. Atti Normativi, 27 aprile 2016, n. 1010/2016 (adunanza del 26 aprile 2016, n. 615/2016), Ministero dello sviluppo economico.  Schema di decreto ministeriale di attuazione dell’articolo 1, comma 154 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016).

LA SEZIONE
Vista la nota del 31 marzo 2016, prot. n. 8041, di trasmissione della relazione del 29 marzo 2016, pervenuta alla segreteria della Sezione il 31 marzo 2016, con la quale il Ministero dello sviluppo economico ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sullo schema di decreto in oggetto;
Visto il parere interlocutorio reso dalla Sezione nell’Adunanza del 7 aprile 2016;
Vista la nota del 26 aprile 2016, prot. n. 9917, di trasmissione della relazione illustrativa del 13 aprile 2016, n. 915 di riscontro del parere interlocutorio della Sezione;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Claudio Boccia.

Premesso e considerato.
1. Con il parere interlocutorio del 7 aprile 2016 - cui si rinvia per una puntuale disamina del contenuto dell’atto normativo in esame - questa Sezione ha rilevato alcuni profili di criticità presenti nello schema di decreto ministeriale in epigrafe ed ha sospeso l’espressione del richiesto parere, invitando l’Amministrazione a rivedere il testo regolamentare nel suo complesso, al fine di superare le succitate criticità.
2. Con la nota del 26 aprile 2016, prot. n. 9917, il Ministero proponente ha trasmesso un nuovo testo dello schema di decreto accompagnato da una relazione integrativa, con la quale ha illustrato le modifiche introdotte a seguito del precitato parere ed ha, inoltre, esplicitato le ragioni in base alle quali alcune delle osservazioni formulate da questa Sezione non hanno trovato puntuale riscontro.
Più nel dettaglio, l’Amministrazione - dopo aver esplicitato le motivazioni sottese al mancato rispetto del termine di adozione del decreto de quo, ritenuto “di impossibile rispetto” per via della necessità di un approfondito procedimento di consultazione dei soggetti istituzionali e degli stakeholders - ha, in primo luogo, riferito di non aver potuto recepire, nei termini individuati dal precitato parere, l’osservazione relativa alla mancanza di una puntuale definizione di “apparecchio televisivo la cui detenzione comporta il pagamento del canone”.
Secondo il Ministero proponente, infatti, l’introduzione a livello di normativa regolamentare di tale definizione - peraltro già prevista dal r.d.l. n. 246 del 1938 - potrebbe, da un lato, comportare un eccesso di delega rispetto al disposto dell’art. 1, comma 154 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), che non demanderebbe al presente atto normativo la definizione del presupposto oggettivo dell’imposta de qua, e, dall’altro lato, potrebbe “ingessare” eccessivamente tale definizione, con conseguente rischio di una sua rapida “obsolescenza” in considerazione della continua evoluzione delle tecniche di trasmissione e ricezione del segnale televisivo.
L’Amministrazione, tuttavia, ritenendo di condividere le “esigenze di chiarezza e di informazione” sottese a tale osservazione, ha proceduto in ogni caso a fornire, attraverso una nota esplicativa tecnica elaborata dalla Direzione Generale Pianificazione e gestione spettro radioelettrico del Ministero dello sviluppo economico (prot. n. 28019 del 20 aprile 2016), una definizione di apparecchio televisivo aggiornata all’attuale stato della tecnologia e “formulata con un lessico tale da poter essere divulgata attraverso l’inserimento nelle istruzioni di compilazione al modello di dichiarazione di non detenzione, oltreché pubblicata sui siti istituzionali dei soggetti coinvolti nel procedimento di esazione”.
In secondo luogo, relativamente all’osservazione concernente la necessità di esplicitare più puntualmente che il canone de quo deve essere corrisposto per un unico apparecchio televisivo, prescindendo dall’effettivo numero di apparecchi posseduti dal singolo utente, l’Amministrazione proponente ha riferito di non aver recepito tale rilievo sia in considerazione di quanto già esposto relativamente alla possibile sussistenza di un eccesso di delega sia in ragione del fatto che tale circostanza emergerebbe, in maniera sufficientemente chiara, dal contenuto dell’art. 1, comma 153, lett. b) della legge n. 208 del 2015 e da “quanto in precedenza disposto” dall’art. 27, comma 2 della legge n. 223 del 1990.
In relazione al rilievo concernente la mancanza, nell’ambito delle disposizioni relative allo scambio di dati e di informazioni fra gli enti coinvolti in tale attività (Anagrafe tributaria, Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, Acquirente unico spa, Ministero dell’interno, Comuni e alcune società private), di un esplicito riferimento al rispetto della normativa in materia di privacy, il Ministero proponente ha riferito di aver recepito la suddetta osservazione, sia provvedendo ad esplicitare che le intese fra gli organi in precedenza richiamati - volte a dettagliare le modalità di scambio dei dati - debbano essere predisposte “sentito il Garante per la Protezione dei dati personali” sia introducendo un nuovo articolo (art. 8), intitolato “Privacy e adempimenti delle imprese elettriche”, finalizzato proprio a specificare la necessità che gli scambi di informazioni avvengano nel rispetto del d. lgs. n. 196 del 2003.
L’Amministrazione - relativamente all’osservazione volta a segnalare che non tutte le disposizioni di cui al presente schema risultano formulate “in maniera adeguatamente chiara, tenendo conto dell’ampia platea di utenti cui le medesime si rivolgono” - ha esplicitato che la finalità del presente regolamento, in ossequio a quanto disposto dalla norma primaria di riferimento, è quella di disciplinare la tempistica e le modalità dei reciproci adempimenti degli attori istituzionali, precedentemente citati e delle imprese elettriche, con la conseguenza che il dicastero, in considerazione della platea di tecnici cui si rivolge il presente schema, ha ritenuto di non accogliere l’osservazione formulata sul punto tramite il parere interlocutorio in epigrafe.
Con riferimento al rilievo concernente la necessità di ulteriori forme di pubblicità per divulgare i profili della riforma di particolare interesse operativo per i cittadini (dichiarazione di non detenzione ed eventuali reclami), l’Amministrazione ha riferito di aver introdotto, nell’ambito dell’art. 6, delle ulteriori disposizioni volte ad esplicitare la necessità di dare la maggior diffusione possibile ai precitati profili, recependo in tal modo l’osservazione all’uopo formulata dalla Sezione.
Inoltre, l’Amministrazione ha comunicato di aver “colto l’occasione” per disciplinare più puntualmente la questione concernente i casi di esenzione ed il modello necessario ai fini della loro comunicazione, procedendo ad integrare il predetto art. 6 con la previsione secondo cui all’utente - che ha erroneamente dichiarato il dato della residenza all’impresa elettrica e che per tale motivo si è visto addebitare un secondo canone - è in ogni caso lasciata la possibilità di dichiarare che “sussiste altra utenza elettrica per la quale uno dei componenti il nucleo familiare è già tenuto al pagamento”.
Il dicastero proponente ha comunicato di aver acquisito - in ossequio a quanto previsto dalla norma primaria di riferimento - il formale concerto del Ministro dell’economia e delle finanze, espresso con la nota del 21 aprile 2016, prot. n. 9746, e di aver recepito tutti i rilievi di drafting formulati nel parere interlocutorio in epigrafe.
Infine, il nuovo schema sottoposto all’esame della Sezione contiene alcune modifiche introdotte alle premesse del decreto con le quali sono stati esplicitati degli ulteriori richiami alla normativa di settore vigente in materia.
3. In relazione alle succitate deduzioni formulate dall’Amministrazione proponente, la Sezione ritiene necessario premettere che alla medesima non è sfuggito il contesto normativo nel quale si inquadra il decreto in esame, composto da una pluralità di norme di rango primario, secondario e sub-regolamentare puntualmente richiamate dall’Amministrazione stessa nella succitata relazione integrativa né la circostanza che, nella fattispecie, si tratti di un atto normativo di carattere eminentemente tecnico, volto a disciplinare - in ossequio al disposto dell’art. 1, comma 154 della legge n. 208 del 2015 - le concrete modalità di riscossione e riversamento all’Erario delle entrate derivanti dal pagamento del canone de quo.
Sotto questo profilo la Sezione non può, quindi, che ribadire che le osservazioni contenute nel parere interlocutorio sono derivate dall’esigenza di consentire alla cittadinanza di comprendere meglio le modalità con cui l’Amministrazione procederà alla riscossione del canone televisivo, a seguito di una riforma che ha investito l'intero sistema di esazione di quest’ultimo, e ciò al fine di favorire una più efficace ed efficiente applicazione delle norme de quibus, che rivestono una particolare rilevanza in relazione alla grande diffusione del mezzo televisivo ed alla evasione del canone medesimo che appare tuttora elevata.
Ciò posto la Sezione, per quanto concerne la tematica relativa alla definizione di “apparecchio televisivo” rimane persuasa che quanto proposto nel parere interlocutorio del 7 aprile 2016 e, cioè, l’inserimento nel testo regolamentare di un “richiamo” a tale definizione, non si sarebbe posto in contrasto con la delega recata dalla norma primaria di riferimento né avrebbe potuto “ingessare” la definizione dei requisiti tecnici che deve possedere un apparecchio televisivo.
Tuttavia, quanto comunicato dall’Amministrazione nella relazione integrativa - e soprattutto nella circolare della Direzione Generale Pianificazione e gestione spettro radioelettrico del Ministero dello sviluppo economico del 20 aprile 2016 - risponde in ogni caso alle finalità di chiarezza informativa sottese al rilievo formulato, sgombrando i dubbi che erano stati avanzati, non a caso, anche da numerose associazioni per la tutela degli utenti-consumatori.
Pertanto la Sezione, prendendo atto delle affermazioni contenute nella succitata relazione, non ha ulteriori osservazioni da formulare sul punto.
Per quanto concerne le deduzioni formulate dall'Amministrazione in merito all’osservazione relativa all'opportunità d’inserire nel testo del regolamento una precisazione circa il fatto che il canone sia dovuto una sola volta a prescindere dal numero di apparecchi televisivi posseduti dall'utente, la Sezione rileva che tale osservazione - sempre ai fini della massima chiarezza e trasparenza a beneficio dei cittadini - avrebbe potuto essere eventualmente recepita anche attraverso un richiamo all’articolo di legge concernente tale profilo, cui ha fatto riferimento la stessa Amministrazione (art. 1, comma 153, lett. b, della legge n. 208 del 2005).
Anche per tale profilo, tuttavia, si prende atto di quanto affermato dall’Amministrazione stessa nella predetta relazione integrativa, trattandosi di una scelta che, non risultando comunque né illogica né irragionevole né in contrasto con la norma primaria di riferimento, non può che rientrare nella discrezionalità tecnica riservata al dicastero proponente.
La sottolineatura dell’Amministrazione, richiamando le norme di legge, nel senso che il pagamento del canone non muta né si moltiplica a seconda del numero degli apparecchi, è comunque un utile criterio interpretativo disponibile per i cittadini-utenti, essenziale per non alimentare dubbi in proposito.
La Sezione raccomanda ovviamente che detta chiarificazione sia inserita nelle istruzioni e nell’ ulteriore documentazione in materia, sulla cui base i cittadini sono tenuti agli adempimenti previsti dalla vigente normativa.
In relazione alla tematica concernente la formulazione eccessivamente tecnica delle disposizioni de quibus, di non facile comprensione per i non addetti al settore, la Sezione deve, in primo luogo, rilevare che l'osservazione formulata al riguardo era anch'essa volta a rispondere a esigenze di chiarezza d’informazione, avendo il regolamento, come già detto, dei significativi riflessi sulla comunità degli utenti.
Tuttavia, anche relativamente a tale tematica, la Sezione non può che prendere atto di quanto affermato dall’Amministrazione tramite la succitata relazione integrativa - secondo cui “l’interpretazione delle norme primarie e la risoluzione dei casi controversi sarà piuttosto affidata ad una circolare dell’Agenzia delle Entrate, alla quale sarà data ampia pubblicità” - con la conseguenza che la Sezione stessa non ha ulteriori rilievi da esplicitare al riguardo, atteso che tale scelta, non risultando comunque né illogica né irragionevole, rientra nella discrezionalità demandata all’Amministrazione dal precitato art. 1, comma 154 della legge n. 208 del 2015.
La Sezione valuta positivamente l'integrazione introdotta dall’Amministrazione all’art. 6 del presente schema relativamente ai casi di esenzione ed al modello necessario ai fini della loro comunicazione, poiché tale modifica - di cui si è detto al precedente n. 2 - è volta a disciplinare con maggior grado di dettaglio alcuni aspetti di sicuro rilievo per l’utenza, soprattutto in fase di prima applicazione della riforma nel cui ambito si inserisce il presente decreto.
In merito alla prima applicazione della riforma, inoltre, la Sezione raccomanda che tutti gli adempimenti informativi destinati al cittadino vengano espletati dall’Amministrazione con la massima urgenza, tenuto conto dei termini estremamente ristretti entro i quali il cittadino stesso ha l’onere di presentare domande e dichiarazioni quali ad esempio quella di esenzione.
In via generale la Sezione riterrebbe ancor più utile per il cittadino che tutte le previsioni sulla pubblicità relative a moduli, istruzioni o altri atti che formano riferimenti per gli adempimenti che devono essere svolti dai cittadini medesimi, siano raccolte in un unico articolo in cui introdurre sia la previsione integrativa sulla pubblicità di cui alla nuova versione dell’art. 6 sia la prescrizione di pubblicità sui siti istituzionali di altri atti o modulistiche che altrimenti dovrebbero essere allegati al presente decreto (ai sensi della legge 11 novembre 2011, n. 180).
In altri termini la Sezione ritiene che sia più utile per il cittadino-utente che siano moltiplicate forme di pubblicità sui siti istituzionali immediatamente consultabili anziché introdurre - come spesso è consuetudine - allegati al provvedimento.
La Sezione, inoltre, non ha ulteriori rilievi da esplicitare in merito alle questioni concernenti il rispetto della normativa sulla privacy, i profili redazionali dello schema in esame e l’acquisizione del prescritto concerto da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, atteso che il Ministero proponente, come esposto al precedente n. 2, ha recepito le osservazioni all’uopo proposte dalla Sezione.
Il Collegio esprime poi una valutazione positiva sulla riformulazione dell’art. 7, comma 1 del decreto la cui attuale formulazione prevede che la compensazione per le aziende elettriche che svolgono sostanziale esercizio di riscossione del canone sia non solo “forfettaria” ma abbia luogo “a valere sulle risorse iscritte sul bilancio” dell’Agenzia delle Entrate; tale disposizione, infatti, chiarisce in modo apprezzabile che i succitati oneri non ricadranno sull’utenza destinataria delle bollette poste in pagamento dalle aziende elettriche.
Infine, non presentano profili di problematicità neanche le modifiche introdotte alle premesse del decreto in esame, atteso che anche quest’ultime - non incidendo sul contenuto dispositivo dello schema de quo - rientrano nella sfera di competenza demandata al Ministero proponente dalla normativa di riferimento più volte richiamata.
4. Pertanto, in considerazione di quanto sin qui esposto, la Sezione ritiene che lo schema di decreto in esame, come integrato e in alcuni aspetti accompagnato da spiegazioni e appropriate forme di pubblicità, meriti parere favorevole.
P.Q.M.
La Sezione esprime parere favorevole sullo schema di decreto in epigrafe.






Decreto Ministeriale (Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dell’Interno e con il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione) 10 marzo 2016 (G.U. 27 aprile 2016, n. 97), Determinazione del prezzo del nuovo permesso di soggiorno elettronico «PSE 380»

 
 
                      IL MINISTRO DELL'ECONOMIA 
                           E DELLE FINANZE 
 
                           di concerto con 
 
                      IL MINISTRO DELL'INTERNO 
 
                                  e 
 
                 IL MINISTRO PER LA SEMPLIFICAZIONE 
                    E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 
 
  Vista la legge 13 luglio 1966, n. 559, recante  «Nuovo  ordinamento
dell'Istituto Poligrafico dello Stato» e successive  modificazioni  e
integrazioni; 
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica 26  ottobre  1972,
n. 633, recante «Istituzione e  disciplina  dell'imposta  sul  valore
aggiunto», e in particolare l'art. 10; 
  Visto il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante «Testo
unico delle disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione
e norme sulla condizione giuridica  dello  straniero  in  Italia»,  e
successive modificazioni ed integrazioni; 
  Visti gli articoli  11  e  16  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  31  agosto  1999,  n.  394,  recante  il  regolamento  di
attuazione del predetto testo unico; 
  Visto il decreto legislativo 21 aprile 1999, n. 116, in materia  di
riordino dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ai fini  della
sua trasformazione in societa' per azioni a norma degli articoli 11 e
14 della legge 15 marzo 1997, n. 59; 
  Vista  la  delibera   del   Comitato   interministeriale   per   la
programmazione economica (CIPE) 2  agosto  2002,  n.  59,  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 244,  del  17  ottobre
2002, con la quale l'Istituto  Poligrafico  e  Zecca  dello  Stato  a
decorrere dalla data del 17 ottobre  2002  e'  stato  trasformato  in
S.p.A.; 
  Visto il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze in data
4 agosto 2003, recante «Istruzioni per la disciplina dei  servizi  di
vigilanza e di controllo  sulla  produzione  delle  carte  valori»  e
successive modificazioni ed integrazioni; 
  Visto il decreto del Ministro  dell'interno,  di  concerto  con  il
Ministro dell'innovazione e delle  tecnologie,  del  3  agosto  2004,
pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  n.  235  del  6  ottobre  2004,
concernente le regole tecniche e di sicurezza relative al permesso ed
alle carte di soggiorno; 
  Visto il decreto del Ministro  dell'interno,  di  concerto  con  il
Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per la  pubblica
amministrazione e la semplificazione, del 23 luglio 2013,  pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 260 del 6 novembre 2013,  concernente  le
regole tecniche e di sicurezza relative al permesso di soggiorno; 
  Visto l'art. 7-vicies ter, lettera b), del decreto-legge 31 gennaio
2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005,
n. 43, che prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2006, il rilascio  del
permesso di soggiorno elettronico  di  cui  al  regolamento  (CE)  n.
1030/2002 del Consiglio del 13 giugno 2002; 
  Visto l'art. 7-vicies quater del medesimo decreto-legge  n.  7/2005
che, tra l'altro: 
    pone a carico dei soggetti richiedenti la  corresponsione  di  un
importo pari  almeno  alle  spese  necessarie  per  la  produzione  e
spedizione del documento,  nonche'  per  la  manutenzione  necessaria
all'espletamento dei servizi connessi; 
    prevede che l'importo e le modalita' di riscossione dei documenti
elettronici sono determinati annualmente  con  decreti  del  Ministro
dell'economia  e  delle  finanze,  di  concerto   con   il   Ministro
dell'interno e con il Ministro per le riforme e le innovazioni  della
pubblica amministrazione; 
  Visto il decreto del Ministro dell'interno  del  12  ottobre  2005,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 18 maggio 2006, con il
quale   e'   stato   stabilito   l'importo   dell'onere   a    carico
dell'interessato per il rilascio e rinnovo dei permessi e della carta
di  soggiorno  nell'ambito  della  convenzione,  stipulata  ai  sensi
dell'art. 39, comma 4-bis, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, tra  il
Ministero dell'interno e Poste italiane S.p.A.; 
  Visto il decreto del Ministro dell'economia  e  delle  finanze,  di
concerto con il Ministro dell'interno, del 4 aprile 2006,  pubblicato
nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  103  del  5  maggio   2006,   recante
«Determinazione dell'importo  delle  spese  da  porre  a  carico  dei
soggetti richiedenti il permesso di soggiorno elettronico»; 
  Visto il decreto legislativo 8 gennaio 2007, n.  3,  di  attuazione
della direttiva 2003/109/CE relativa  allo  status  di  cittadini  di
paesi terzi soggiornanti di lungo periodo; 
  Visto il decreto del Ministro dell'economia  e  delle  finanze,  in
data 29 maggio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 163. S.O.
del 16 luglio 2007, con il quale sono state approvate le  «Istruzioni
sul Servizio di Tesoreria dello Stato»; 
  Visto il regolamento (CE) n. 380/2008 del Consiglio del  18  aprile
2008,  recante  «Modello  uniforme  per  i  permessi   di   soggiorno
nell'Unione europea» (di seguito: «PSE 380»); 
  Vista la convenzione stipulata  in  data  17  luglio  2015  tra  il
Ministero dell'economia e delle finanze e Poste italiane  S.p.A.  per
gli incassi dei corrispettivi dovuti per il rilascio dei permessi  di
soggiorno elettronici, la  quale  riconosce,  tra  l'altro,  a  Poste
Italiane S.p.A., per la prestazione del  servizio,  un  corrispettivo
pari a euro 0,50, esente da I.V.A. ai sensi dell'art. 10, comma 1 del
D.P.R. n. 633/1972, per ciascun richiedente il permesso di  soggiorno
elettronico.  Il  pagamento  della  citata  somma  di  euro  0,50  e'
ricompreso  nell'importo  versato  dal  richiedente  al  netto  della
commissione ordinaria per il pagamento dei bollettini postali; 
  Vista la legge 15 luglio 2009,  n.  94,  recante  «Disposizioni  in
materia di sicurezza pubblica» e, in particolare, l'art. 1, comma 22,
lettere b) e n), con cui e' stata prevista, in aggiunta al costo  del
documento elettronico, la  fissazione  di  un  contributo  da  porre,
anch'esso, a carico dei cittadini extracomunitari che  richiedono  il
documento; 
  Visto il decreto interministeriale 6 ottobre 2011, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011,  recante  «Contributo
per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno»; 
  Visto l'art. 17-bis  del  decreto-legge  21  giugno  2013,  n.  69,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98,  che
ha inserito il comma 10-bis all'art. 2 della legge 13 luglio 1966, n.
559, stabilendo che:  «sono  considerati  carte  valori  i  prodotti,
individuati con decreto di  natura  non  regolamentare  del  Ministro
dell'economia  e  delle  finanze,  aventi  almeno  uno  dei  seguenti
requisiti: 
    a) sono destinati ad attestare il rilascio, da parte dello  Stato
o   di   altre   pubbliche   amministrazioni,   di    autorizzazioni,
certificazioni,    abilitazioni,    documenti    di    identita'    e
riconoscimento, ricevute di introiti, ovvero ad  assumere  un  valore
fiduciario e di tutela della  fede  pubblica  in  seguito  alla  loro
emissione o alle scritturazioni su di essi effettuate; 
    b) sono realizzati con tecniche di sicurezza  o  con  impiego  di
carte filigranate o similari o di altri materiali di sicurezza ovvero
con elementi o sistemi magnetici ed elettronici in grado,  unitamente
alle relative  infrastrutture,  di  assicurare  un'idonea  protezione
dalle contraffazioni e dalle falsificazioni»; 
  Visto il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del  23
dicembre 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  del  31  dicembre
2013, n. 305 recante «Individuazione  delle  carte  valori  ai  sensi
dell'art. 2, comma 10-bis, lettere a) e  b)  della  legge  13  luglio
1966, n.  559  e  successive  modificazioni  e  integrazioni»  ed  in
particolare l'allegato al decreto che indica al  n.  60  quali  carte
valori  «i  permessi  di  Soggiorno  per  stranieri   comunitari   ed
extracomunitari (elettronici)»; 
  Visto il verbale n. 11 del 24 giugno 2014 della Commissione per  la
determinazione dei  prezzi  delle  forniture  eseguite  dall'Istituto
Poligrafico  e  Zecca  dello  Stato  S.p.A.,  istituita,  presso   il
Ministero dell'economia e delle finanze, in  attuazione  del  decreto
del  Ministro  del  tesoro,  del  bilancio  e  della   programmazione
economica del 5 febbraio 2001, con il quale la  predetta  Commissione
ha approvato il prezzo del nuovo permesso  di  soggiorno  elettronico
«PSE 380» nella misura  unitaria  di  euro  24,56  (iva  esclusa),  a
copertura dei costi per la loro produzione e per la  fornitura  delle
infrastrutture  e  dei  servizi  per  la  loro  personalizzazione   e
diffusione  sull'intero  territorio  nazionale   e   delle   relative
attrezzature hardware e software  necessarie  per  le  postazioni  di
rilascio  e  controllo,  per  i  Sistemi   Centrali   della   Polizia
Scientifica (AFIS) e per il CEN di Napoli; 
  Considerato che, in attuazione dell'art. 7-vicies quater, comma  6,
del decreto-legge n. 7/2005, e'  escluso  qualsiasi  onere  a  carico
della finanza pubblica e quindi anche il costo dei servizi che  Poste
italiane S.p.A. dovra' fornire in base  alla  menzionata  convenzione
non dovra' gravare sull'erario; 
 
                              Decreta: 
 
                               Art. 1 
 
  1. L'importo delle spese per la  produzione  e  la  spedizione  del
nuovo permesso di soggiorno elettronico «PSE  380»,  nonche'  per  la
manutenzione necessaria all'espletamento  dei  servizi  connessi,  da
porre a carico dei soggetti richiedenti il documento, e'  determinato
in euro 24,56, al netto dell'IVA. 
  2. All'importo complessivo di cui al comma 1,  maggiorato  dell'IVA
nella misura tempo per tempo vigente, va aggiunta la  commissione  di
euro 0,50, esente dall'I.V.A., prevista  dalla  Convenzione,  tra  il
Ministero dell'economia e delle finanze e le Poste  italiane  S.p.A.,
del 17 luglio 2015, citata in premessa. 
                               Art. 2 
 
  1. Gli importi di cui  all'art.  1  sono  riscossi  all'atto  della
presentazione della richiesta del permesso di soggiorno  elettronico,
mediante versamento sul conto corrente postale n. 67422402  intestato
al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del Tesoro,
con causale «importo  per  il  rilascio  del  permesso  di  soggiorno
elettronico». 
  Il  presente  decreto  sara'  trasmesso  ai  competenti  Organi  di
controllo e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica
italiana. 
    Roma, 10 marzo 2016 
 
                      Il Ministro dell'economia 
                           e delle finanze 
                               Padoan 
 
                      Il Ministro dell'interno 
                               Alfano 
 
                 Il Ministro per la semplificazione 
                    e la pubblica amministrazione 
                                Madia 
 
 
Registrato alla Corte dei conti l'8 aprile 2016 
Ufficio controllo atti Ministero economia e finanze, reg.ne prev.  n.
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