Corte di Giustizia UE 17 aprile
2018, (cause riunite) nn. C-316/16 e 424/16
Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione europea –
Diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati
membri – Direttiva 2004/38/CE – Articolo 28, paragrafo 3, lettera
a) – Protezione rafforzata contro l’allontanamento –
Presupposti – Diritto di soggiorno permanente – Soggiorno nello Stato
membro ospitante nei dieci anni precedenti la decisione di allontanamento dal
territorio dello Stato membro interessato – Periodo di detenzione –
Conseguenze sulla continuità del soggiorno di dieci anni – Rapporto con la
valutazione complessiva di un legame di integrazione – Momento in cui
avviene detta valutazione e criteri da prendere in considerazione in tale sede
1) L’articolo 28, paragrafo 3,
lettera a), della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro
familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati
membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le
direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE,
90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, deve essere interpretato nel senso che il
beneficio della protezione contro l’allontanamento dal territorio prevista in
detta disposizione è subordinato alla condizione che l’interessato disponga di
un diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 16 e dell’articolo
28, paragrafo 2, della stessa direttiva.
2) L’articolo 28, paragrafo 3,
lettera a), della direttiva 2004/38 deve essere interpretato nel senso che, nel
caso di un cittadino dell’Unione che sconta una pena privativa della libertà e
nei cui confronti è stata adottata una decisione di allontanamento, la
condizione di aver «soggiornato nello Stato membro ospitante i precedenti dieci
anni», sancita in tale disposizione, può essere soddisfatta purché una
valutazione complessiva della situazione dell’interessato, che tenga conto di tutti
gli aspetti rilevanti, induca a concludere che, nonostante detta detenzione, i
legami di integrazione che uniscono l’interessato allo Stato membro ospitante
non siano stati rotti. Tra questi aspetti si annoverano, in particolare, la
forza dei legami di integrazione creati con lo Stato membro ospitante prima che
l’interessato fosse posto in stato di detenzione, la natura del reato che ha
giustificato il periodo di detenzione scontato e le circostanze in cui è stato
commesso nonché la condotta dell’interessato durante il periodo di detenzione.
3) L’articolo 28, paragrafo 3,
lettera a), della direttiva 2004/38 deve essere interpretato nel senso che la
questione se una persona soddisfi la condizione di aver «soggiornato nello
Stato membro ospitante i precedenti dieci anni», ai sensi della suddetta
disposizione, deve essere valutata alla data in cui viene adottata la decisione
iniziale di allontanamento.
Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
17 aprile 2018
Nelle cause riunite C‑316/16 e C‑424/16,
aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale
proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal
Verwaltungsgerichtshof Baden-Württemberg (Tribunale amministrativo superiore
del Land Baden-Württemberg, Germania) e dalla Supreme Court of the United
Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito), con decisioni, rispettivamente, del 27
aprile e del 27 luglio 2016, pervenute in cancelleria, rispettivamente, il 3
giugno e il 1° agosto 2016, nei procedimenti
B
contro
Land
Baden-Württemberg
(C‑316/16),
e
Secretary
of State for the Home Department
contro
Franco Vomero (C‑424/16),
LA CORTE
(Grande Sezione),
composta da K. Lenaerts, presidente,
A. Tizzano, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, M. Ilešič,
J.L. da Cruz Vilaça, A. Rosas e C.G. Fernlund, presidenti di sezione,
E. Juhász, C. Toader, M. Safjan, D. Šváby, A. Prechal
(relatore) e E. Jarašiūnas, giudici,
avvocato generale: M. Szpunar
cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito
all’udienza del 17 luglio 2017,
considerate le osservazioni presentate:
– per B,
da R. Kugler, Rechtsanwalt;
– per
F. Vomero, da R. Husain, QC, P. Tridimas e N. Armstrong,
barristers, nonché da J. Luqmani, solicitor;
– per il
governo tedesco, da T. Henze e J. Möller, in qualità di agenti;
– per il
governo del Regno Unito, da C. Crane, C. Brodie e S. Brandon, in
qualità di agenti, assistiti da R. Palmer, barrister;
– per il
governo danese, da M. Wolff, C. Thorning e M.N. Lyshøj in qualità di
agenti;
– per
l’Irlanda, da L. Williams, K. Skelly, E. Creedon e A. Joyce, in
qualità di agenti, assistiti da K. Mooney e E. Farrell, BL;
– per il
governo ellenico, da T. Papadopoulou, in qualità di agente;
– per il
governo dei Paesi Bassi, da M. Bulterman e B. Koopman, in qualità di
agenti;
– per la Commissione europea,
da E. Montaguti, M. Heller e M. Wilderspin, in qualità di
agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza del 24 ottobre 2017,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le
domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo
28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini
dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel
territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE)
n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE,
73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004,
L 158, pag. 77, e rettifiche GU 2004, L 229, pag. 35, GU
2007, L 204, pag. 28 e GU 2014, L 305 pag. 116).
2 Tali
domande sono state presentate nell’ambito di controversie che contrappongono,
da un lato, B, un cittadino greco, al Land Baden-Württemberg (Land
BadenWürttemberg, Germania) e, dall’altro, il sig. Franco Vomero, un
cittadino italiano, al Secretary of State for the Home Department (Ministro
degli Interni, Regno Unito), in merito a decisioni di allontanamento di cui
sono stati rispettivamente oggetto B e il sig. Vomero.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 I
considerando 17, 18, 23 e 24 della direttiva 2004/38 recitano:
«(17) Un
diritto di un soggiorno permanente per i cittadini dell’Unione che hanno scelto
di trasferirsi a tempo indeterminato nello Stato membro ospitante rafforzerebbe
il senso di appartenenza alla cittadinanza dell’Unione e costituisce un
essenziale elemento di promozione della coesione sociale, che è uno degli
obiettivi fondamentali dell’Unione. Occorre quindi istituire un diritto di
soggiorno permanente per tutti i cittadini dell’Unione ed i loro familiari che
abbiano soggiornato nello Stato membro ospitante per un periodo ininterrotto di
cinque anni conformemente alle condizioni previste dalla presente direttiva e
senza diventare oggetto di una misura di allontanamento.
(18) Per
costituire un autentico mezzo di integrazione nella società dello Stato membro
ospitante in cui il cittadino dell’Unione soggiorna, il diritto di soggiorno
permanente non dovrebbe, una volta ottenuto, essere sottoposto ad alcuna
condizione.
(...)
(23) L’allontanamento
dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari per motivi d’ordine pubblico o
di pubblica sicurezza costituisce una misura che può nuocere gravemente alle
persone che, essendosi avvalse dei diritti e delle libertà loro conferite dal
trattato, si siano effettivamente integrate nello Stato membro ospitante.
Occorre pertanto limitare la portata di tali misure conformemente al principio
di proporzionalità, in considerazione del grado d’integrazione della persona
interessata, della durata del soggiorno nello Stato membro ospitante, dell’età,
delle condizioni di salute, della situazione familiare ed economica e dei
legami col paese di origine.
(24) Pertanto,
quanto più forte è l’integrazione dei cittadini dell’Unione e dei loro
familiari nello Stato membro ospitante, tanto più elevata dovrebbe essere la
protezione contro l’allontanamento. Soltanto in circostanze eccezionali,
qualora vi siano motivi imperativi di pubblica sicurezza, dovrebbe essere presa
una misura di allontanamento nei confronti di cittadini dell’Unione che hanno
soggiornato per molti anni nel territorio dello Stato membro ospitante, in
particolare qualora vi siano nati e vi abbiano soggiornato per tutta la vita.
Inoltre, dette circostanze eccezionali dovrebbero valere anche per le misure di
allontanamento prese nei confronti di minorenni, al fine di tutelare i loro
legami con la famiglia, conformemente alla Convenzione sui diritti del
fanciullo delle Nazioni Unite, del 20 novembre 1989».
4 Nel
capo III della direttiva 2004/38, intitolato «Diritto di soggiorno», gli
articoli 6 e 7 della direttiva in parola, rispettivamente intitolati «Diritto
di soggiorno sino a tre mesi» e «Diritto di soggiorno per un periodo superiore
a tre mesi», precisano le condizioni alle quali i cittadini dell’Unione e i
loro familiari godono di siffatti diritti di soggiorno in uno Stato membro
diverso da quello di cui essi hanno la cittadinanza.
5 Contenuto
nel capo IV della direttiva 2004/38, intitolato «Diritto di soggiorno
permanente», l’articolo 16 della medesima recita:
«1. Il cittadino
dell’Unione che abbia soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque
anni nello Stato membro ospitante ha diritto al soggiorno permanente in detto
Stato. Tale diritto non è subordinato alle condizioni di cui al capo III.
(...)
3. La continuità
della residenza non è pregiudicata da assenze temporanee che non superino
complessivamente sei mesi all’anno né da assenze di durata superiore per
l’assolvimento degli obblighi militari né da un’assenza di dodici mesi
consecutivi al massimo dovuta a motivi rilevanti, quali gravidanza e maternità,
malattia grave, studi o formazione professionale o il distacco per motivi di
lavoro in un altro Stato membro o in un paese terzo.
4. Una volta
acquisito, il diritto di soggiorno permanente si perde soltanto a seguito di
assenze dallo Stato membro ospitante di durata superiore a due anni
consecutivi».
6 Il
capo VI della direttiva 2004/38, intitolato «Limitazioni del diritto d’ingresso
e di soggiorno per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità
pubblica», comprende gli articoli da 27 a 33 di tale direttiva.
7 Sotto
il titolo «Principi generali», l’articolo 27 della direttiva 2004/38, ai suoi
paragrafi 1 e 2, così dispone:
«1. Fatte salve le
disposizioni del presente capo, gli Stati membri possono limitare la libertà di
circolazione e di soggiorno di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare,
qualunque sia la sua cittadinanza, per motivi di ordine pubblico, di pubblica
sicurezza o di sanità pubblica. Tali motivi non possono essere invocati per
fini economici.
2. I provvedimenti
adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza rispettano il
principio di proporzionalità e sono adottati esclusivamente in relazione al
comportamento personale della persona nei riguardi della quale essi sono
applicati. La sola esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente
l’adozione di tali provvedimenti.
Il comportamento personale deve rappresentare una
minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale
della società. Giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a
ragioni di prevenzione generale non sono prese in considerazione».
8 In
forza dell’articolo 28 della medesima direttiva, intitolato «Protezione contro
l’allontanamento»:
«1. Prima di adottare
un provvedimento di allontanamento dal territorio per motivi di ordine pubblico
o di pubblica sicurezza, lo Stato membro ospitante tiene conto di elementi
quali la durata del soggiorno dell’interessato nel suo territorio, la sua età,
il suo stato di salute, la sua situazione familiare e economica, la sua
integrazione sociale e culturale nello Stato membro ospitante e importanza dei
suoi legami con il paese d’origine.
2. Lo Stato membro
ospitante non può adottare provvedimenti di allontanamento dal territorio nei
confronti del cittadino dell’Unione o del suo familiare, qualunque sia la sua
cittadinanza, che abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente nel suo
territorio se non per gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.
3. Il cittadino
dell’Unione non può essere oggetto di una decisione di allontanamento, salvo se
la decisione è adottata per motivi imperativi di pubblica sicurezza definiti
dallo Stato membro, qualora:
a) abbia
soggiornato nello Stato membro ospitante i precedenti dieci anni; o
b) sia
minorenne, salvo qualora l’allontanamento sia necessario nell’interesse del
bambino, secondo quanto contemplato dalla convenzione delle Nazioni Unite sui
diritti del fanciullo del 20 novembre 1989».
9 L’articolo
33 della direttiva 2004/38, intitolato «Allontanamento a titolo di pena o
misura accessoria», prevede quanto segue:
«1. Lo Stato membro
ospitante può validamente adottare un provvedimento di allontanamento dal territorio
a titolo di pena o di misura accessoria ad una pena detentiva soltanto nel
rispetto dei requisiti di cui agli articoli 27, 28 e 29.
2. Se il
provvedimento di allontanamento di cui al paragrafo 1 è eseguito a oltre due
anni di distanza dalla sua adozione, lo Stato membro verifica che la minaccia
che l’interessato costituisce per l’ordine pubblico o per la pubblica sicurezza
sia attuale e reale, e valuta l’eventuale mutamento obiettivo delle circostanze
intervenuto successivamente all’adozione del provvedimento di allontanamento».
Diritto tedesco
10 Sotto
il titolo «Perdita del diritto di ingresso e di soggiorno», l’articolo 6 del
Gesetz über die allgemeine Freizügigkeit von Unionsbürgern (legge sulla libera
circolazione dei cittadini dell’Unione), del 30 luglio 2004 (in prosieguo: il
«FreizügG/EU»), che mira segnatamente a recepire l’articolo 28 della direttiva
2004/38, così dispone:
«(1) [S]olo per
motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e sanità pubblica (articoli 45,
paragrafo 3, e 52, paragrafo 1, [TFUE]), può essere dichiarata la perdita del
diritto di cui all’articolo 2, paragrafo 1, può essere ritirata l’attestazione
relativa al diritto di soggiorno permanente e può essere revocata la carta di
soggiorno o di soggiorno permanente. L’ingresso nel territorio può essere
parimenti negato per i motivi menzionati nella prima frase. (...)
(2) Una condanna
penale, di per sé, non è sufficiente per giustificare le decisioni o le misure
menzionate al paragrafo 1. Possono essere prese in considerazione solo le
condanne penali non ancora cancellate dal casellario centrale, e soltanto nei
limiti in cui le circostanze ad esse relative denotino un comportamento
personale che rappresenta una minaccia reale per l’ordine pubblico. Deve trattarsi
di una minaccia effettiva e sufficientemente grave, riguardante un interesse
fondamentale della società.
(3) Ai fini di una
decisione in applicazione del paragrafo 1 occorre, in particolare, tenere conto
della durata del soggiorno dell’interessato in Germania, della sua età, del suo
stato di salute, della sua situazione familiare ed economica, della sua
integrazione sociale e culturale in Germania, nonché dell’intensità dei suoi
legami con il paese d’origine.
(4) Una volta
acquisito il diritto di soggiorno permanente, una dichiarazione in applicazione
del paragrafo 1 può essere effettuata soltanto per motivi gravi.
(5) Per quanto
concerne i cittadini dell’Unione e i loro familiari che hanno soggiornato nel
territorio federale negli ultimi dieci anni e per quanto riguarda i minori, la
dichiarazione di cui al paragrafo 1 può essere effettuata solo per motivi
imperativi di pubblica sicurezza. Tale regola non si applica ai minori qualora
la perdita del diritto di soggiorno sia necessaria nell’interesse del bambino.
Motivi imperativi di pubblica sicurezza possono sussistere solo qualora
l’interessato sia stato condannato per uno o più reati dolosi, con sentenza
passata in giudicato, ad una pena privativa della libertà o ad una pena
rieducativa per minori di almeno cinque anni o qualora siano state disposte
misure di custodia cautelare in occasione dell’ultima condanna definitiva, nel
caso in cui venga messa in causa la sicurezza della Repubblica federale di
Germania o l’interessato costituisca una minaccia terroristica.
(...)».
Diritto del Regno Unito
11 La
regola 21 delle Immigration (European Economic Area) Regulations 2006
[regolamento del 2006 sull’immigrazione (Spazio economico europeo)] (SI
2006/1003) mira a dare attuazione agli articoli 27 e 28 della direttiva
2004/38.
Procedimenti principali e questioni pregiudiziali
Causa C‑316/16
12 B
è un cittadino greco nato in Grecia nell’ottobre 1989. Dopo la separazione dei
genitori, nel 1993 si è trasferito con la madre in Germania, dove i nonni
materni risiedevano già dal 1989 come lavoratori dipendenti. Sua madre, da
allora, ha lavorato in tale Stato membro, di cui ora possiede la cittadinanza
mantenendo al contempo quella greca.
13 A
parte un periodo di due mesi in cui è stato portato in Grecia da suo padre e
qualche breve periodo di vacanza, dal 1993 B ha soggiornato ininterrottamente
in Germania. Ha frequentato le scuole in tale Stato membro, ha ivi conseguito
il diploma di licenza media
(Hauptschulabschluss) e padroneggia la
lingua tedesca. Il suo livello di conoscenza della lingua greca gli consente
invece di farsi capire in tale lingua solo oralmente e in modo rudimentale.
14 Fino
ad oggi, B non è riuscito a portare a termine una formazione professionale
segnatamente a causa di disturbi psichici che l’hanno peraltro costretto a
sottoporsi a trattamenti terapeutici e psichiatrici. B ha lavorato nei mesi di
novembre e dicembre 2012 e, in seguito, è rimasto disoccupato.
15 In
Germania B gode di un diritto di soggiorno permanente a norma dell’articolo 16
della direttiva 2004/38.
16 Il
7 novembre 2012, l’Amtsgericht Pforzheim (Tribunale distrettuale di Pforzheim,
Germania) ha emesso un’ordinanza nell’ambito di un procedimento penale
semplificato (
Strafbefehl) e ha inflitto a B una pena pecuniaria
corrispondente a 90 giorni di detenzione per sottrazione fraudolenta di un
telefono cellulare, estorsione, tentato ricatto e detenzione illegale dolosa di
un’arma vietata.
17 Il
10 aprile 2013, B ha assalito una sala giochi, armato di una pistola con
proiettili di gomma, segnatamente al fine di procurarsi il denaro necessario
per il pagamento di detta ammenda e ha estorto la somma di EUR 4 200.
In seguito a tale reato, il 9 dicembre 2013, il Landgericht Karlsruhe (Tribunale
regionale di Karlsruhe, Germania), ha condannato B a una pena privativa della
libertà di cinque anni e otto mesi. Dal 12 aprile 2013, B è stato detenuto
ininterrottamente, prima in stato di custodia cautelare, poi in stato di
reclusione.
18 Dopo
aver sentito B, il Regierungspräsidium Karlsruhe (prefettura di Karlsruhe,
Germania) con decisione del 25 novembre 2014 adottata in base all’articolo 6,
paragrafo 5, del FreizügG/EU in combinato disposto con l’articolo 28, paragrafo
3, lettera a), della direttiva 2004/38, ha dichiarato la perdita del diritto di
ingresso e di soggiorno di quest’ultimo in Germania. Nei confronti di B è stato
quindi emesso un ordine di lasciare il territorio di tale Stato membro entro un
termine di un mese a decorrere dall’entrata in vigore di siffatta
dichiarazione, ove, in caso di mancata ottemperanza, sarebbe stato espulso in
Grecia. La durata del divieto di ingresso e di soggiorno in Germania è stata
fissata a 7 anni a decorrere dalla data in cui B avrà effettivamente lasciato
il territorio tedesco.
19 B
ha proposto ricorso avverso siffatta decisione dinanzi al Verwaltungsgericht
Karlsruhe (Tribunale amministrativo di Karlsruhe, Germania), il quale ha
annullato quest’ultima con sentenza del 10 settembre 2015. Il Land
Baden-Württemberg ha interposto appello avverso detta sentenza dinanzi al
Verwaltungsgerichtshof Baden-Württemberg (Tribunale amministrativo superiore
del Land Baden-Württemberg).
20 In
via preliminare, detto giudice esclude che le circostanze del procedimento
principale abbiano potuto far sorgere motivi imperativi di pubblica sicurezza,
a norma dell’articolo 6, paragrafo 5, del FreizügG/EU e dell’articolo 28,
paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38. Esso indica, di conseguenza,
che, qualora B possa beneficiare della protezione rafforzata contro
l’allontanamento derivante dalle suddette disposizioni, lo stesso giudice
sarebbe tenuto a confermare l’annullamento della decisione controversa.
21 A
tal proposito, il giudice a quo ritiene, in primo luogo, che, tenuto conto
delle circostanze menzionate ai punti 12 e 13 della presente sentenza e del
radicamento profondo di B in Germania, che ne emerge, il legame di integrazione
che lo unisce a tale Stato membro ospitante non può essere stato rotto dalla
pena detentiva inflittagli, sicché l’interessato non può essere privato della
protezione rafforzata contro l’allontanamento prevista dall’articolo 28,
paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38.
22 In
secondo luogo, detto giudice è del parere che la pena privativa della libertà
inflitta per la commissione del reato che costituisce il motivo di
allontanamento dal territorio dello Stato membro ospitante, ad ogni modo, non
dovrebbe poter essere presa in considerazione al fine di determinare se si sia
verificata una rottura del legame di integrazione che provoca un’interruzione
della continuità del soggiorno nel territorio di cui trattasi, ai sensi del
citato articolo 28, paragrafo 3, lettera a). In caso contrario, infatti, ne
deriverebbe che non potrebbe mai beneficiare della protezione rafforzata
prevista da detta disposizione la persona condannata a una pena superiore a
cinque anni di reclusione la quale, in forza delle norme di diritto tedesco
applicabili, in linea di principio, sarà ancora in stato di detenzione al
momento in cui interviene la decisione amministrativa che dichiara la perdita
del diritto di ingresso e di soggiorno.
23 Inoltre,
negli Stati membri in cui l’allontanamento viene disposto quale pena accessoria
a una pena detentiva e, pertanto, prima dell’incarcerazione, non sarebbe invece
mai possibile tener conto di detta pena detentiva al fine di valutare
un’eventuale rottura del legame di integrazione e quindi un’interruzione della
continuità del soggiorno. Ne conseguirebbe una disparità di trattamento tra i
cittadini dell’Unione per quanto riguarda la protezione rafforzata derivante
dall’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38.
24 In
terzo luogo, il giudice del rinvio considera che, per quanto riguarda la
valutazione complessiva destinata a verificare se i legami di integrazione con
lo Stato membro ospitante sono stati rotti, con conseguente perdita della
suddetta protezione rafforzata, occorrerebbe, in una controversia come quella
in esame nel procedimento principale, prendere in considerazione elementi
inerenti alla detenzione stessa. Infatti, non sarebbe il reato in quanto tale,
bensì la detenzione, a costituire il motivo dell’interruzione della continuità
del soggiorno. A tal riguardo, ad avviso del giudice del rinvio, occorre tener
conto della durata della detenzione ma anche di altri criteri, quali le
modalità di esecuzione della pena, il comportamento generale dell’interessato
durante la detenzione e, in particolare, la sua riflessione sul reato commesso,
l’accettazione e l’applicazione di indicazioni terapeutiche convalidate
dall’istituto penitenziario, la partecipazione dell’interessato a programmi di
formazione scolastica o professionale continuativa, la sua partecipazione al
piano di esecuzione della pena e il conseguimento degli obiettivi di
quest’ultimo, nonché il mantenimento di legami personali e familiari nello
Stato membro ospitante.
25 In
quarto luogo, dopo aver ricordato che, al punto 35 della sentenza del 16
gennaio 2014, G. (C‑400/12, EU:C:2014:9), la Corte ha statuito che, al fine di determinare in
quale misura la discontinuità del soggiorno a causa dell’incarcerazione
impedisca all’interessato di beneficiare della protezione prevista
dall’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38, la
valutazione complessiva della situazione dell’interessato doveva avvenire nel
preciso momento in cui si pone la questione del suo allontanamento, il giudice
del rinvio intende chiarire se esistono disposizioni vincolanti del diritto
dell’Unione che consentono di determinare siffatto momento.
26 Secondo
detto giudice, una determinazione del genere dovrebbe essere oggetto di una
soluzione armonizzata nell’Unione al fine di evitare che il livello di
protezione derivante dall’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva
2004/38 possa variare da uno Stato membro all’altro a seconda, in particolare,
che la decisione di allontanamento sia adottata quale pena accessoria
all’irrogazione della pena detentiva o, al contrario, con decisione
amministrativa adottata nel corso o al termine della detenzione. A tal
riguardo, il giudice del rinvio ritiene che occorrerebbe valutare la questione
se i legami di integrazione siano stati rotti o meno con lo Stato membro
ospitante alla data in cui il giudice del merito si pronuncia sulla legittimità
della decisione di allontanamento.
27 Ciò
premesso, il Verwaltungsgerichtshof Baden-Württemberg (Tribunale amministrativo
superiore del Land Baden-Württemberg) ha deciso di sospendere il procedimento e
di sottoporre alla Corte le seguenti questioni:
«1) Se sia
escluso a priori che la comminazione e la successiva esecuzione di una pena
detentiva possano condurre a ritenere interrotti i legami di integrazione di un
cittadino dell’Unione entrato nello Stato membro ospitante all’età di tre anni
con la conseguenza che non sussiste un soggiorno continuativo di dieci anni ai
sensi dell’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38 e non
debba pertanto essere garantita la protezione contro l’allontanamento ai sensi
della suddetta disposizione, nel caso in cui il cittadino dell’Unione, dopo il
suo ingresso in detto Stato membro ospitante all’età di tre anni, abbia ivi
trascorso tutta la sua vita, non abbia più alcun legame con lo Stato membro di
cui possiede la cittadinanza e il reato che ha portato alla comminazione e
all’esecuzione della pena detentiva sia stato commesso solo dopo un soggiorno
di vent’anni.
2) In caso di
risposta negativa alla prima questione: se nello stabilire se l’esecuzione di
una pena detentiva conduca all’interruzione dei legami di integrazione occorra
non tener conto della pena detentiva comminata per il reato su cui si basa
l’allontanamento.
3) In caso di
risposta negativa alla prima e alla seconda questione: in base a quali criteri
occorre stabilire se il cittadino dell’Unione interessato, in un caso del
genere, benefici comunque della protezione contro l’allontanamento ai sensi
dell’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38.
4) In caso di
risposta negativa alla prima e alla seconda questione: se vi siano prescrizioni
vincolanti di diritto dell’Unione in merito alla determinazione del “preciso
momento in cui si pone il problema dell’allontanamento” e rispetto al quale
deve essere compiuta una valutazione complessiva della situazione del cittadino
dell’Unione interessato per verificare in che misura la discontinuità del
soggiorno negli ultimi dieci anni prima del suo allontanamento gli impediscano
di beneficiare della protezione rafforzata contro l’allontanamento».
Causa C‑424/16
28 Il
sig. Vomero è un cittadino italiano nato il 18 dicembre 1957. Il 3 marzo
1985, il sig. Vomero si è trasferito nel Regno Unito con la futura moglie,
di cittadinanza britannica, incontrata nel 1983. Essi si sono sposati in tale
Stato membro il 3 agosto 1985 e vi hanno avuto cinque figli di cui si è
occupato il sig. Vomero in aggiunta alla sua attività lavorativa
occasionale, poiché la moglie lavorava a tempo pieno.
29 Tra
il 1987 e il 1999, il sig. Vomero ha riportato in Italia e nel Regno Unito
varie condanne penali che non hanno comportato un’incarcerazione. Nel 1998, è
terminato il rapporto coniugale. Il sig. Vomero ha lasciato il domicilio
coniugale e si è trasferito in un altro alloggio con il sig. M.
30 Il
1° marzo 2001, il sig. Vomero ha ucciso il sig. M. La giuria ha
ridotto l’accusa da omicidio doloso a omicidio colposo a motivo della
provocazione della vittima. Il 2 maggio 2002, il sig. Vomero è stato
condannato a otto anni di reclusione ed è stato rilasciato all’inizio del
luglio 2006.
31 Con
decisione del 23 marzo 2007, confermata il 17 maggio 2007, il Ministro degli
Interni ha ordinato l’allontanamento del sig. Vomero in forza della regola
21 del regolamento del 2006 sull’immigrazione (Spazio economico europeo).
32 Il
sig. Vomero ha contestato tale decisione dinanzi all’Asylum and
Immigration Tribunal (Tribunale per l’asilo e l’immigrazione, Regno Unito).
Contro la sentenza emessa da tale giudice è stato interposto appello dinanzi
alla Court of Appeal (England & Wales) [Corte d’appello (Inghilterra e
Galles), Regno Unito] la cui sentenza, pronunciata il 14 settembre 2012, ha
dato luogo ad un’impugnazione attualmente pendente dinanzi alla Supreme Court of
the United Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito). Tale procedimento è stato
sospeso due volte in attesa dell’esito di altre cause, segnatamente quelle
all’origine dei rinvii pregiudiziali sfociati nelle sentenze del 16 gennaio
2014, Onuekwere (C‑378/12, EU:C:2014:13), e del 16 gennaio 2014, G. (C‑400/12,
EU:C:2014:9).
33 Il
sig. Vomero è rimasto in stato di detenzione in vista del suo
allontanamento fino al dicembre 2007. Da allora, nel gennaio 2012, nei suoi
confronti è stato avviato un procedimento penale per detenzione di un’arma da
taglio e percosse, sfociato nella sua condanna a una pena detentiva di 16
settimane. Un altro procedimento, avviato nel luglio 2012, per furto con scasso
e furto semplice ha condotto ad un’altra condanna a una pena detentiva
supplementare di 12 settimane.
34 A
sostegno della summenzionata decisione di allontanamento, il Ministro degli
Interni ha segnatamente fatto valere che, essendo stato incarcerato per
omicidio tra gli anni 2001 e 2006, il sig. Vomero non ha acquisito il
diritto di soggiorno permanente nel Regno Unito e, di conseguenza, non può
beneficiare della protezione rafforzata di cui all’articolo 28, paragrafo 3,
lettera a), della direttiva 2004/38.
35 Rinviando
alle sentenze del 7 ottobre 2010, Lassal (C‑162/09, EU:C:2010:592), del 21
luglio 2011, Dias (C‑325/09, EU:C:2011:498), e del 16 gennaio 2014, Onuekwere
(C‑378/12, EU:C:2014:13), e giacché un diritto di soggiorno permanente
giuridicamente non può essere stato acquisito prima del 30 aprile 2006, data di
scadenza del termine di recepimento della direttiva 2004/38, ed è peraltro
pacifico che, in tale data, il sig. Vomero era detenuto tra oltre cinque
anni, che dopo tale data è rimasto in carcere per due mesi supplementari e che
era stato rilasciato solo da nove mesi quando è stata adottata la decisione che
ordina il suo allontanamento, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte
Suprema del Regno Unito) ritiene che, alla data di adozione di predetta
decisione, l’interessato non avesse acquisito un diritto di soggiorno
permanente in applicazione dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva in
esame.
36 Detto
giudice evidenzia che, atteso quanto precede, la questione essenziale che gli
si presenta è se un diritto di soggiorno permanente, ai sensi dell’articolo 16
e dell’articolo 28, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, sia un presupposto
per la concessione della protezione rafforzata prevista dall’articolo 28,
paragrafo 3, lettera a), della medesima.
37 Ammettendo
che non sia così, il giudice del rinvio rileva peraltro che il periodo di dieci
anni di cui all’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38,
precedente la decisione di allontanamento, secondo la giurisprudenza della
Corte, dovrebbe essere continuativo soltanto «in linea di principio» (sentenza
del 16 gennaio 2014, G., C‑400/12, EU:C:2014:9, punto 34). Pertanto, esso
osserva che tale periodo potrebbe anche essere discontinuativo quando, per
esempio, è interrotto da un periodo di assenza dal territorio o di detenzione.
Ciò premesso, il modo in cui il periodo di dieci anni menzionato in tale
disposizione deve essere calcolato, e segnatamente il fatto di includere o meno
nel computo siffatti periodi di assenza dal territorio o di detenzione non
emergerebbe ancora con chiarezza.
38 Quanto
alla circostanza che il legame di integrazione con lo Stato membro ospitante
debba essere oggetto di una valutazione complessiva per stabilire, in detto
contesto, se esso esiste o se è stato rotto (sentenza del 16 gennaio 2014, G.,
C‑400/12, EU:C:2014:9, punti 36 e 37), il giudice del rinvio ritiene che
neppure la portata di tale valutazione e i suoi effetti siano stati
sufficientemente precisati. Detto giudice si interroga, in particolare, sui
fattori suscettibili di dover essere esaminati al fine di determinare se, alla
data di adozione della decisione di allontanamento nel 2007, i legami
d’integrazione del sig. Vomero con il Regno Unito fossero tali da
conferirgli diritto alla protezione rafforzata in base al suo soggiorno in
predetto Stato membro nei dieci anni precedenti.
39 In
tale contesto, la
Supreme Court of the United Kingdom (Corte Suprema del Regno
Unito) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le
seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la
protezione rafforzata di cui all’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), [della
direttiva 2004/38] dipenda dal possesso di un diritto di soggiorno permanente
ai sensi [dell’articolo] 16 e [dell’articolo] 28, paragrafo 2[, di tale
direttiva].
2) In caso di
risposta negativa [alla prima questione]:
se il periodo di soggiorno per i precedenti dieci anni, cui
fa riferimento l’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), [della direttiva
2004/38] sia
a) un semplice
periodo di calendario calcolando a ritroso dalla data rilevante (nella
fattispecie quella della decisione di allontanamento), che comprende qualsiasi
periodo di assenza o di detenzione,
b) un periodo
potenzialmente non continuativo, ottenuto calcolando a ritroso dalla data
rilevante e sommando tra loro i periodi in cui la persona di cui trattasi non
era assente o in prigione, per arrivare, se possibile ad un totale di dieci
anni di soggiorno precedente;
3) [In caso di
risposta negativa alla prima questione], quale sia il rapporto tra il criterio
del periodo di soggiorno di dieci anni, cui si riferisce l’articolo 28,
paragrafo 3, lettera a), [della direttiva 2004/38] e la valutazione complessiva
di un legame di integrazione».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione nella causa C‑424/16
40 Con
la sua prima questione, la
Supreme Court of the United Kingdom (Corte Suprema del Regno
Unito) chiede, in sostanza, se l’articolo 28, paragrafo 3, lettera a),
della direttiva 2004/38 debba essere interpretato nel senso che il beneficio
della protezione contro l’allontanamento dal territorio previsto in detta
disposizione è subordinato alla condizione che l’interessato goda di un diritto
di soggiorno permanente, a norma dell’articolo 16 e dell’articolo 28, paragrafo
2, della direttiva in esame.
41 In
via preliminare, va osservato che tale questione poggia sull’assunto secondo
cui il sig. Vomero non sarebbe titolare di un siffatto diritto di
soggiorno permanente nel Regno Unito.
42 Non
disponendo la Corte
di tutti gli elementi richiesti per valutare la fondatezza di tale assunto,
occorre rispondere alla questione posta in base al medesimo.
43 A
tal riguardo, va ricordato che, al considerando 23 della direttiva 2004/38
viene sottolineato che l’allontanamento dei cittadini dell’Unione e dei loro
familiari per motivi d’ordine pubblico o di pubblica sicurezza può nuocere
gravemente alle persone che, essendosi avvalse dei diritti e delle libertà
conferiti dal Trattato, si siano effettivamente integrate nello Stato membro
ospitante.
44 È
questa la ragione per cui, come risulta dal considerando 24 della direttiva
2004/38, essa istituisce un regime di protezione contro i provvedimenti di
allontanamento, fondato sul grado d’integrazione degli interessati nello Stato
membro ospitante, di modo che quanto più forte è l’integrazione dei cittadini
dell’Unione e dei loro familiari in tale Stato membro, tanto maggiori sono le
garanzie di cui essi godono contro l’allontanamento (v., in tal senso, sentenze
del 23 novembre 2010, Tsakouridis, C‑145/09, EU:C:2010:708, punto 25 e dell’8
dicembre 2011, Ziebell, C‑371/08, EU:C:2011:809, punto 70).
45 In
tale prospettiva, l’articolo 28, paragrafo 1, della direttiva 2004/38
stabilisce anzitutto, in termini generali, che, prima di adottare una decisione
di allontanamento dal territorio «per motivi di ordine pubblico o di pubblica
sicurezza», lo Stato membro ospitante tiene conto, segnatamente, della durata
del soggiorno dell’interessato nel suo territorio, della sua età, del suo stato
di salute, della sua situazione familiare ed economica, della sua integrazione
sociale e culturale nello Stato membro ospitante e dell’intensità dei suoi
legami con il proprio paese d’origine (sentenza del 23 novembre 2010,
Tsakouridis, C‑145/09, EU:C:2010:708, punto 26).
46 Secondo
il paragrafo 2 di tale articolo, poi, un cittadino dell’Unione o i suoi
familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, che abbiano acquisito un diritto
di soggiorno permanente nel territorio dello Stato membro ospitante in
applicazione dell’articolo 16 della stessa direttiva, non possono essere
oggetto di una decisione di allontanamento dal territorio «se non per gravi
motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza».
47 Infine,
per quanto attiene ai cittadini dell’Unione che abbiano soggiornato nello Stato
membro ospitante nei dieci anni precedenti, l’articolo 28, paragrafo 3,
lettera a), della direttiva 2004/38 rafforza notevolmente la protezione
contro i provvedimenti di allontanamento stabilendo che un provvedimento
siffatto non può essere adottato, a meno che la decisione non sia fondata su
«motivi imperativi di pubblica sicurezza definiti dallo Stato membro» (sentenza
del 23 novembre 2010, Tsakouridis, C‑145/09, EU:C:2010:708, punto 28).
48 Risulta
infatti dal tenore letterale e dal sistema generale dell’articolo 28 della
direttiva 2004/38 che la protezione contro l’allontanamento ivi prevista è
oggetto di un rafforzamento graduale legato al grado di integrazione raggiunto
dal cittadino dell’Unione interessato nello Stato membro ospitante.
49 Ciò
posto e sebbene una precisazione del genere non venga formulata nelle
disposizioni di cui trattasi, un cittadino dell’Unione può beneficiare del
livello di protezione rafforzato garantito dall’articolo 28, paragrafo 3,
lettera a), della direttiva 2004/38 solo qualora soddisfi preventivamente la
condizione per la concessione del beneficio della protezione di cui
all’articolo 28, paragrafo 2, della suddetta direttiva, ossia quella di
disporre di un diritto di soggiorno permanente in forza dell’articolo 16 della
direttiva in parola.
50 Un’interpretazione
siffatta dell’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38 è
inoltre corroborata dal contesto nel quale tale disposizione si inserisce.
51 In
primo luogo, va ricordato che la direttiva 2004/38 ha previsto un sistema
graduale per quanto riguarda il diritto di soggiorno nello Stato membro
ospitante, che, riprendendo sostanzialmente le fasi e le condizioni previste
nei diversi strumenti del diritto dell’Unione e nella giurisprudenza anteriori
a tale direttiva, sfocia nel diritto di soggiorno permanente (sentenza del 21
dicembre 2011, Ziolkowski e Szeja, C‑424/10 e C‑425/10, EU:C:2011:866, punto
38).
52 In
primo luogo, infatti, per i soggiorni fino a tre mesi, l’articolo 6 della
direttiva 2004/38 limita le condizioni o le formalità del diritto di soggiorno
al requisito del possesso di una carta d’identità o di un passaporto in corso
di validità e l’articolo 14, paragrafo 1, di detta direttiva mantiene fermo
tale diritto finché il cittadino dell’Unione e i suoi familiari non divengano
un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro
ospitante (sentenza del 21 dicembre 2011, Ziolkowski e Szeja, C‑424/10 e C‑425/10,
EU:C:2011:866, punto 39).
53 In
secondo luogo, per un soggiorno di durata superiore a tre mesi, il beneficio
del diritto di soggiorno è subordinato alle condizioni di cui all’articolo 7,
paragrafo 1, della direttiva 2004/38 e, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2,
di essa, tale diritto viene mantenuto soltanto nei limiti in cui il cittadino
dell’Unione e i suoi familiari soddisfino tali condizioni. Dal considerando 10
della direttiva in esame risulta, in particolare, che dette condizioni sono
dirette, segnatamente, ad evitare che le persone di cui trattasi divengano un
onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro
ospitante (sentenza del 21 dicembre 2011, Ziolkowski e Szeja, C‑424/10 e C‑425/10,
EU:C:2011:866, punto 40).
54 In
terzo luogo, dall’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 risulta che
i cittadini dell’Unione acquisiscono il diritto di soggiorno permanente dopo
aver soggiornato legalmente e in via continuativa per cinque anni nel territorio
dello Stato membro ospitante e che tale diritto non è soggetto alle condizioni
menzionate al punto precedente. Come rilevato al considerando 18 della
direttiva in parola, il diritto di soggiorno permanente, una volta ottenuto,
non deve essere sottoposto ad alcun’altra condizione, e ciò affinché esso possa
costituire un autentico mezzo di integrazione nella società di detto Stato
(sentenza del 21 dicembre 2011, Ziolkowski e Szeja, C‑424/10 e C‑425/10,
EU:C:2011:866, punto 41).
55 Da
quanto precede deriva quindi che, a differenza del cittadino dell’Unione che
abbia acquisito un diritto di soggiorno permanente, il quale può essere
allontanato dal territorio dello Stato membro ospitante solo per i motivi
specificati all’articolo 28, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, il cittadino
che non abbia acquisito siffatto diritto può essere eventualmente allontanato
dal territorio di cui trattasi, come risulta dal capo III della direttiva in
parola, quando diviene un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale
del suddetto Stato membro.
56 Orbene,
come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 57 e 58 delle sue
conclusioni, un cittadino dell’Unione che, non disponendo di un diritto di
soggiorno permanente, può essere oggetto di provvedimenti di allontanamento se
diviene un siffatto onere eccessivo, allo stesso tempo, non può beneficiare
della protezione notevolmente rafforzata prevista dall’articolo 28, paragrafo
3, lettera a), della direttiva in esame, in forza del quale il suo
allontanamento può essere autorizzato solo per «motivi imperativi» di pubblica
sicurezza, i quali rinviano a «circostanze eccezionali», come indicato al
considerando 24 della direttiva in parola (v., in tal senso, sentenza del 23
novembre 2010, Tsakouridis, C‑145/09, EU:C:2010:708, punto 40).
57 In
secondo luogo, si deve altresì ricordare che, come sottolineato dal
considerando 17 della direttiva 2004/38, il diritto di soggiorno permanente
costituisce un elemento essenziale di promozione della coesione sociale ed è
stato previsto da tale direttiva per rafforzare il senso di appartenenza alla
cittadinanza dell’Unione, sicché il legislatore dell’Unione ha subordinato
l’ottenimento del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 16,
paragrafo 1, della direttiva 2004/38 all’integrazione del cittadino dell’Unione
nello Stato membro ospitante (sentenza del 16 gennaio 2014, Onuekwere, C‑378/12,
EU:C:2014:13, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata).
58 Come
già statuito dalla Corte, l’integrazione, sottesa all’acquisizione del diritto
di soggiorno permanente previsto dall’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva
2004/38, è fondata non solo su elementi spaziali e temporali, ma anche su
elementi qualitativi, relativi al grado di integrazione nello Stato membro
ospitante (v. sentenza del 16 gennaio 2014, Onuekwere, C‑378/12, EU:C:2014:13,
punto 25 e la giurisprudenza ivi citata).
59 Per
quanto attiene alla nozione di «soggiorno legale» sottesa ai termini «che abbia
soggiornato legalmente», di cui all’articolo 16, paragrafo 1, essa deve
pertanto intendersi come corrispondente ad un soggiorno conforme alle
condizioni previste da detta direttiva e, segnatamente, quelle previste
all’articolo 7, paragrafo 1, della stessa (sentenza del 21 dicembre 2011,
Ziolkowski e Szeja, C‑424/10 e C‑425/10, EU:C:2011:866, punto 46).
60 Orbene,
un cittadino dell’Unione che non abbia acquisito il diritto di soggiornare in
via permanente nello Stato membro ospitante in quanto non ha soddisfatto dette
condizioni e che, per tale motivo, non può avvalersi del livello di protezione
contro l’allontanamento garantito dall’articolo 28, paragrafo 2, della
direttiva 2004/38, a fortiori non può beneficiare del livello di protezione
notevolmente rafforzato contro l’allontanamento previsto dall’articolo 28,
paragrafo 3, lettera a), della direttiva in parola.
61 Tenuto
conto di quanto precede, occorre rispondere alla prima questione nella causa C‑424/16
dichiarando che l’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38
deve essere interpretato nel senso che il beneficio della protezione contro
l’allontanamento dal territorio prevista in tale disposizione è subordinato
alla condizione che l’interessato disponga di un diritto di soggiorno
permanente ai sensi dell’articolo 16 e dell’articolo 28, paragrafo 2, della
stessa direttiva.
Sulle questioni seconda e terza nella causa C‑424/16
62 Poiché
le questioni seconda e terza sono state poste dalla Supreme Court of the United
Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito) solo nell’eventualità di una risposta
negativa alla sua prima questione, non occorre esaminarle.
Sulle questioni prima, seconda e terza nella causa
C‑316/16
63 Con
le sue questioni prima, seconda e terza, che occorre esaminare congiuntamente,
il Verwaltungsgerichtshof Baden-Württemberg (Tribunale amministrativo superiore
del Land Baden-Württemberg) mira sostanzialmente a chiarire se il requisito di
aver «soggiornato nello Stato membro ospitante i precedenti dieci anni» sancito
dall’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38 debba essere
interpretato nel senso che esso può essere soddisfatto, e eventualmente a quali
condizioni, da un cittadino dell’Unione che, in tenera età, si sia trasferito
in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza e abbia ivi
vissuto per vent’anni prima di esservi condannato a una pena privativa della
libertà, la quale è in corso di esecuzione al momento in cui viene adottata nei
suoi confronti una decisione di allontanamento.
64 A
tal riguardo, in primo luogo, va ricordato che, sebbene certamente i
considerando 23 e 24 della direttiva 2004/38 sanciscano una protezione
particolare per le persone realmente integrate nello Stato membro ospitante,
segnatamente quando vi sono nate e vi hanno soggiornato tutta la vita, rimane
nondimeno il fatto che il criterio determinante ai fini della concessione della
protezione rafforzata garantita dall’articolo 28, paragrafo 3, lettera a),
della direttiva 2004/38, risiede nella questione se il cittadino dell’Unione
che nello Stato membro ospitante dispone di un diritto di soggiorno permanente,
ai sensi dell’articolo 16 e dell’articolo 28, paragrafo 2, della direttiva in
parola, abbia, come richiesto dal suddetto articolo 28, paragrafo 3,
soggiornato in tale Stato membro nei dieci anni precedenti la decisione di
allontanamento (v., in tal senso, sentenze del 23 novembre 2010, Tsakouridis, C‑145/09,
EU:C:2010:708, punto 31, e del 16 gennaio 2014, G., C‑400/12, EU:C:2014:9,
punto 23).
65 Ne
consegue, in particolare, che il periodo di soggiorno di dieci anni richiesto
per la concessione della protezione rafforzata prevista dall’articolo 28,
paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38 deve essere calcolato a
ritroso, a partire dalla data della decisione di allontanamento di tale persona
(sentenza del 16 gennaio 2014, G., C‑400/12, EU:C:2014:9, punto 24).
66 In
secondo luogo, dalla giurisprudenza della Corte si evince che un siffatto
periodo di soggiorno di dieci anni, in linea di principio, deve essere
continuativo (v., in tal senso, sentenza del 16 gennaio 2014, G., C‑400/12,
EU:C:2014:9, punto 27).
67 A
tal riguardo, occorre tuttavia anche ricordare che, pur subordinando in tal
modo il beneficio della protezione rafforzata contro l’allontanamento, da esso
previsto, alla presenza dell’interessato nel territorio dello Stato membro di
cui trattasi per un periodo di dieci anni precedente il provvedimento di
allontanamento, l’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38
tace in ordine alle circostanze che possono comportare l’interruzione del
suddetto periodo di soggiorno di dieci anni ai fini dell’acquisizione del
diritto a tale protezione rafforzata (sentenza del 23 novembre 2010,
Tsakouridis, C‑145/09, EU:C:2010:708, punto 29).
68 La Corte ha pertanto statuito
che, per quanto riguarda la questione della misura in cui le assenze dal
territorio dello Stato membro ospitante nel periodo di cui all’articolo 28,
paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38 impediscano all’interessato di
beneficiare di tale protezione rafforzata, occorre effettuare una valutazione
complessiva della situazione dell’interessato ogni volta nel momento preciso in
cui si pone la questione dell’allontanamento (sentenza del 23 novembre 2010,
Tsakouridis, C‑145/09, EU:C:2010:708, punto 32).
69 Per
procedere in tal modo, le autorità nazionali preposte all’applicazione
dell’articolo 28, paragrafo 3, della direttiva 2004/38 sono tenute a prendere
in considerazione tutti gli aspetti rilevanti in ciascun caso di specie, in
particolare la durata di ciascuna delle assenze dell’interessato dallo Stato
membro ospitante, la durata cumulata e la frequenza di tali assenze, nonché le
ragioni che hanno indotto l’interessato a lasciare detto Stato membro. Occorre
infatti verificare se le assenze in questione comportino lo spostamento verso
un altro Stato del centro degli interessi personali, familiari o professionali
dell’interessato (v., in tal senso, sentenza del 23 novembre 2010, Tsakouridis,
C‑145/09, EU:C:2010:708, punto 33).
70 Per
quanto riguarda la questione se periodi di detenzione possano, in quanto tali e
indipendentemente da periodi di assenza dal territorio dello Stato membro
ospitante, anche condurre eventualmente ad una rottura del legame con tale
Stato e ad una discontinuità del soggiorno in quest’ultimo, la Corte ha statuito che
sebbene, certamente, siffatti periodi, in linea di principio, interrompano la
continuità del soggiorno, a norma dell’articolo 28, paragrafo 3, lettera a),
della direttiva 2004/38, al fine di determinare se essi abbiano pertanto
comportato una rottura dei legami di integrazione precedentemente creati con lo
Stato membro ospitante tale da privare l’interessato del beneficio della
protezione rafforzata garantita dalla disposizione citata, occorre tuttavia
effettuare una valutazione complessiva della situazione di tale persona nel
momento preciso in cui si pone la questione dell’allontanamento. Nell’ambito di
tale valutazione complessiva, i periodi di detenzione devono essere presi in
considerazione, unitamente a tutti gli altri elementi che rappresentano la
totalità degli aspetti rilevanti in ogni caso di specie, tra cui si annovera
eventualmente la circostanza che l’interessato abbia soggiornato nello Stato
membro ospitante nei dieci anni precedenti la sua incarcerazione (v., in tal
senso, sentenza del 16 gennaio 2014, G., C‑400/12, EU:C:2014:9, punti da 33 a
38).
71 Infatti,
specie in presenza di un cittadino dell’Unione che, in passato e prima ancora
di aver commesso un atto delittuoso che ha giustificato la sua incarcerazione,
si sia già trovato in condizione di soddisfare il requisito di un soggiorno
continuativo di dieci anni nello Stato membro ospitante, il fatto che
l’interessato sia stato posto in stato di detenzione dalle autorità dello Stato
in questione, non può essere considerato atto a rompere automaticamente i
legami di integrazione che detta persona ha precedentemente creato con detto
Stato e la continuità del suo soggiorno nel territorio di quest’ultimo, ai
sensi dell’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38, e,
pertanto, a privarlo della protezione rafforzata contro l’allontanamento
garantita dalla disposizione in esame. Un’interpretazione del genere avrebbe
d’altronde come conseguenza di privare detta disposizione del nucleo essenziale
del suo effetto utile in quanto un provvedimento di allontanamento, il più
delle volte, viene proprio adottato a causa del comportamento dell’interessato
che ha portato alla sua condanna e a una privazione della libertà.
72 Nell’ambito
della valutazione complessiva, ricordata al punto 70 della presente sentenza,
che, nel caso di specie, spetterà al giudice del rinvio effettuare, esso dovrà,
in relazione ai legami di integrazione creati da B con lo Stato membro
ospitante nel periodo di soggiorno anteriore alla sua incarcerazione, tenere
conto del fatto che tanto più solidi saranno siffatti legami di integrazione
con il suddetto Stato, segnatamente sul piano sociale, culturale e familiare,
al punto, per esempio, da condurre ad un vero radicamento nella società di tale
Stato, come quello riscontrato dal giudice del rinvio nel procedimento
principale, quanto più ridotta sarà la probabilità che un periodo di detenzione
abbia potuto condurre ad una rottura dei medesimi e pertanto alla discontinuità
del periodo di soggiorno di dieci anni di cui all’articolo 28, paragrafo 3,
lettera a), della direttiva 2004/38.
73 Quanto
agli altri elementi rilevanti ai fini di una valutazione complessiva di tal
genere, essi possono includere, come rilevato dall’avvocato generale ai
paragrafi da 123 a 125 delle sue conclusioni, da un lato, la natura del reato
che ha giustificato il periodo di detenzione in esame e le condizioni in cui
tale reato è stato commesso e, dall’altro, tutti gli elementi rilevanti
attinenti alla condotta dell’interessato durante il periodo di incarcerazione.
74 Infatti,
quando la natura del reato e le circostanze in cui esso è stato commesso
consentono di determinare in che misura l’interessato si sia eventualmente
allontanato dalla società dello Stato membro ospitante, l’atteggiamento
dell’interessato durante la sua detenzione, dal canto suo, può contribuire a
rafforzare un siffatto allontanamento o, al contrario, a mantenere o a
ripristinare legami di integrazione precedentemente creati da quest’ultimo con
detto Stato membro al fine del suo prossimo reinserimento sociale in
quest’ultimo.
75 A
quest’ultimo proposito, occorre d’altronde tener conto del fatto che, come già
rilevato dalla Corte, il reinserimento sociale del cittadino dell’Unione nello
Stato membro in cui è realmente integrato è nell’interesse non soltanto di
quest’ultimo ma anche dell’Unione europea in generale (sentenza del 23 novembre
2010, Tsakouridis, C‑145/09, EU:C:2010:708, punto 50).
76 Per
quanto riguarda i quesiti del giudice del rinvio attinenti alla circostanza che
la presa in considerazione del periodo di detenzione, al fine di determinare se
esso abbia interrotto la continuità del soggiorno di dieci anni nello Stato
membro ospitante precedente il provvedimento di allontanamento, potrebbe
condurre a risultati arbitrari o diseguali a seconda del momento in cui viene
adottato tale provvedimento, occorre precisare quanto segue.
77 Certamente,
in determinati Stati membri, un provvedimento di allontanamento può essere
emanato – la possibilità è espressamente prevista dall’articolo 33,
paragrafo 1, della direttiva 2004/38 –, a titolo di pena o di
provvedimento accessorio a una pena detentiva. In una simile ipotesi, la futura
pena alla reclusione, per definizione, non potrà essere presa in considerazione
al fine di valutare l’esistenza o meno di un soggiorno continuativo del
cittadino nello Stato membro ospitante nei dieci anni precedenti l’adozione di
detto provvedimento di allontanamento.
78 Di
conseguenza, può derivarne, per esempio, che benefici della protezione
rafforzata contro l’allontanamento prevista dall’articolo 28, paragrafo 3,
lettera a), della direttiva 2004/38, il cittadino dell’Unione che sia già in
grado di dimostrare dieci anni di soggiorno continuativo nello Stato membro
ospitante alla data in cui è stato oggetto di una misura privativa della
libertà unitamente ad un provvedimento di allontanamento o alla pena
dell’allontanamento.
79 Per
contro, per quanto riguarda il cittadino nei cui confronti sia stato adottato
un provvedimento di allontanamento, come nell’ambito del procedimento
principale, dopo essere stato posto in stato di detenzione, si porrà la
questione se detta detenzione abbia prodotto o meno l’effetto di interrompere
la continuità del soggiorno di quest’ultimo nello Stato membro ospitante e di
fargli perdere il beneficio di tale protezione rafforzata.
80 Tuttavia,
a tal riguardo va sottolineato che, in presenza di un cittadino dell’Unione che
sia già in grado di dimostrare un periodo di dieci anni di soggiorno nello
Stato membro ospitante al momento in cui inizia la sua detenzione, la
circostanza che il provvedimento di allontanamento sia adottato nel corso o al
termine di detto periodo di detenzione e il fatto che tale periodo s’inserisca
quindi nel periodo di dieci anni precedenti l’adozione di tale provvedimento
non hanno come conseguenza automatica una discontinuità di tale periodo di
dieci anni a causa della quale l’interessato si troverebbe privato della
protezione rafforzata di cui all’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della
direttiva 2004/38.
81 Infatti,
come emerge dai punti da 66 a 75 della presente sentenza, quando la decisione
di allontanamento è adottata nel corso o al termine del periodo di detenzione,
rimane il fatto che la situazione del cittadino interessato dovrà, nelle
condizioni enunciate ai suddetti punti, essere oggetto di una valutazione
complessiva al fine di determinare se egli possa o meno beneficiare di tale
protezione rafforzata.
82 Nelle
fattispecie citate ai punti da 77 a 81 della presente sentenza, la concessione
o meno della protezione rafforzata di cui all’articolo 28, paragrafo 3, lettera
a), della direttiva 2004/38 rimane quindi dipendente dalla durata del soggiorno
e dal grado di integrazione del cittadino interessato nello Stato membro
ospitante.
83 Atteso
quanto precede, occorre rispondere alle questioni prima, seconda e terza nella
causa C‑316/16 dichiarando che l’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della
direttiva 2004/38 deve essere interpretato nel senso che, nel caso di un
cittadino dell’Unione che sconta una pena privativa della libertà e nei cui
confronti è stata adottata una decisione di allontanamento, la condizione di
aver «soggiornato nello Stato membro ospitante i precedenti dieci anni»,
sancita in tale disposizione, può essere soddisfatta purché una valutazione
complessiva della situazione dell’interessato, che tenga conto di tutti gli
aspetti rilevanti, induca a concludere che, nonostante detta detenzione, i
legami di integrazione che uniscono l’interessato allo Stato membro ospitante
non siano stati rotti. Tra questi aspetti si annoverano, in particolare, la
forza dei legami di integrazione creati con lo Stato membro ospitante prima che
l’interessato fosse posto in stato di detenzione, la natura del reato che ha
giustificato il periodo di detenzione scontato e le circostanze in cui è stato
commesso nonché la condotta dell’interessato durante il periodo di detenzione.
Sulla quarta questione nella causa C‑316/16
84 Con
la sua quarta questione, il Verwaltungsgerichtshof Baden-Württemberg (Tribunale
amministrativo superiore del Land Baden-Württemberg) intende chiarire, in
sostanza, in quale momento debba essere valutato il rispetto della condizione
consistente nell’aver «soggiornato nello Stato membro ospitante i precedenti
dieci anni» a norma dell’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva
2004/38.
85 Ai
sensi dell’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38, un
cittadino dell’Unione che abbia soggiornato nello Stato membro ospitante «i
precedenti dieci anni», «può essere oggetto di una decisione di allontanamento»
solo per motivi imperativi di pubblica sicurezza.
86 Da
tale formulazione emerge che, per «i precedenti dieci anni», occorre intendere
i dieci anni che precedono detta decisione di allontanamento, sicché è alla
data di adozione della medesima che tale condizione inerente a un soggiorno
continuativo di dieci anni deve essere verificata.
87 Come
ricordato al punto 65 della presente sentenza, la Corte ha d’altronde già
precisato che il periodo di soggiorno di dieci anni cui è subordinata la
concessione della protezione rafforzata prevista dall’articolo 28, paragrafo 3,
lettera a), della direttiva 2004/38 deve essere calcolato a ritroso, a partire
dalla data di adozione della decisione di allontanamento dell’interessato.
88 Da
quanto precede discende che deve essere valutata alla data in cui viene
inizialmente adottata la decisione di allontanamento la questione se una
persona soddisfi o meno la condizione di aver soggiornato nello Stato membro
ospitante nei dieci anni che precedono la decisione di allontanamento e,
pertanto, sia o meno in grado di beneficiare della protezione rafforzata di cui
all’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38.
89 Va
tuttavia precisato che tale interpretazione lascia impregiudicata la questione,
distinta, relativa al momento in cui debba essere valutata l’esistenza
effettiva di «motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza», a norma
dell’articolo 28, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, o di «gravi motivi di
ordine pubblico o di pubblica sicurezza», di cui all’articolo 28, paragrafo 2,
di tale direttiva o anche di «motivi imperativi di pubblica sicurezza», ai
sensi dell’articolo 28, paragrafo 3, della direttiva in parola, idonei a
giustificare un allontanamento.
90 A
tal proposito, incombe certamente all’autorità che adotta inizialmente la
decisione di allontanamento procedere a detta valutazione, al momento stesso di
tale adozione, e ciò nel rispetto delle regole sostanziali sancite dalle
disposizioni degli articoli 27 e 28 della direttiva 2004/38.
91 Tuttavia,
ciò non esclude che, quando l’esecuzione concreta di detta decisione è rinviata
per un determinato lasso di tempo, può risultare necessario procedere ad una
nuova valutazione aggiornata della persistenza, a seconda dei casi, di «motivi
di ordine pubblico o di pubblica sicurezza», di «gravi motivi di ordine pubblico
o di pubblica sicurezza» o «di motivi imperativi di pubblica sicurezza».
92 Infatti,
occorre rammentare, segnatamente, che l’articolo 27, paragrafo 2, secondo
comma, della direttiva 2004/38, in via generale, subordina qualsiasi
provvedimento di allontanamento alla circostanza che il comportamento della
persona di cui trattasi rappresenti una minaccia reale e attuale per un
interesse fondamentale della società o dello Stato membro ospitante (v., in tal
senso, sentenze del 22 maggio 2012, I, C‑348/09, EU:C:2012:300, punto 30, e del
13 luglio 2017, E, C‑193/16, EU:C:2017:542, punto 23).
93 Occorre
d’altronde rilevare che, quando un provvedimento di allontanamento dal
territorio è adottato a titolo di pena o di misura accessoria ad una pena detentiva,
ma è eseguito a oltre due anni di distanza dalla sua adozione, l’articolo 33,
paragrafo 2, della direttiva 2004/38 impone espressamente agli Stati membri di
verificare che la minaccia che l’interessato costituisce per l’ordine pubblico
o per la pubblica sicurezza sia attuale e reale, e di valutare l’eventuale
mutamento obiettivo delle circostanze intervenuto successivamente all’adozione
della decisione di allontanamento (sentenza del 22 maggio 2012, I, C‑348/09,
EU:C:2012:300, punto 31).
94 Peraltro,
emerge più generalmente dalla giurisprudenza della Corte che, in sede di
verifica della legittimità di un provvedimento di allontanamento ordinato nei
confronti di un cittadino di un altro Stato membro, i giudici di uno Stato
membro devono prendere in considerazione gli elementi di fatto successivi
all’ultima decisione delle autorità competenti atti a comportare il venir meno
o una rilevante attenuazione della minaccia attuale che il comportamento del
soggetto interessato costituirebbe per l’ordine pubblico o la sicurezza
pubblica. Ciò avviene soprattutto qualora tra la data della decisione di
allontanamento, da un lato, e quella della sua valutazione da parte del giudice
competente, dall’altro, sia trascorso molto tempo (v., per analogia, sentenze del
29 aprile 2004, Orfanopoulos e Oliveri, C‑482/01 e C‑493/01, EU:C:2004:262,
punto 82, nonché dell’8 dicembre 2011, Ziebell, C‑371/08, EU:C:2011:809, punto
84).
95 In
considerazione di quanto precede, occorre rispondere alla quarta questione
nella causa C‑316/16 dichiarando che l’articolo 28, paragrafo 3, lettera a),
della direttiva 2004/38 deve essere interpretato nel senso che la questione se
una persona soddisfi la condizione di aver «soggiornato nello Stato membro
ospitante i precedenti dieci anni», ai sensi della suddetta disposizione, deve
essere valutata alla data in cui viene adottata la decisione iniziale di
allontanamento.
Sulle spese
96 Nei
confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce
un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire
sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni
alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione)
dichiara:
1) L’articolo 28,
paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini
dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel
territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE)
n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE,
73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, deve
essere interpretato nel senso che il beneficio della protezione contro
l’allontanamento dal territorio prevista in detta disposizione è subordinato
alla condizione che l’interessato disponga di un diritto di soggiorno
permanente ai sensi dell’articolo 16 e dell’articolo 28, paragrafo 2, della
stessa direttiva.
2) L’articolo 28,
paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38 deve essere interpretato nel
senso che, nel caso di un cittadino dell’Unione che sconta una pena privativa
della libertà e nei cui confronti è stata adottata una decisione di
allontanamento, la condizione di aver «soggiornato nello Stato membro ospitante
i precedenti dieci anni», sancita in tale disposizione, può essere soddisfatta
purché una valutazione complessiva della situazione dell’interessato, che tenga
conto di tutti gli aspetti rilevanti, induca a concludere che, nonostante detta
detenzione, i legami di integrazione che uniscono l’interessato allo Stato
membro ospitante non siano stati rotti. Tra questi aspetti si annoverano, in
particolare, la forza dei legami di integrazione creati con lo Stato membro
ospitante prima che l’interessato fosse posto in stato di detenzione, la natura
del reato che ha giustificato il periodo di detenzione scontato e le
circostanze in cui è stato commesso nonché la condotta dell’interessato durante
il periodo di detenzione.
3) L’articolo 28,
paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38 deve essere interpretato nel
senso che la questione se una persona soddisfi la condizione di aver
«soggiornato nello Stato membro ospitante i precedenti dieci anni», ai sensi
della suddetta disposizione, deve essere valutata alla data in cui viene
adottata la decisione iniziale di allontanamento.
Dal sito http://curia.europa.eu