mercoledì 30 settembre 2015





Trascrizione del matrimonio same sex contratto all’estero: la posizione del Tar meneghino

Tar Lombardia, Milano, xx settembre 2015, n. xx



E’ inammissibile, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, il ricorso proposto dagli interessati contro il decreto prefettizio, con il quale si dispone l’annullamento della trascrizione del matrimonio same sex contratto all’estero [osserva il Tar che “la verifica in ordine alla legittimità della trascrizione degli atti nel registro dello stato civile o con riguardo alla rettifica e cancellazione di quanto già annotato dall’ufficiale di stato civile, come pure il potere di sostituirsi a quest’ultimo in caso di rifiuto di trascrizione di un atto, spetta all’autorità giudiziaria ordinaria”, con la conseguenza che “anche la valutazione in ordine all’intervento prefettizio e alla posizione giuridica eventualmente incisa non può che essere affidata alla cognizione del medesimo giudice ordinario”]
Posto che Sindaco e Comune, sono, per esplicito disposto normativo, titolari di una funzione in materia di stato civile, entrambi sono legittimati ad agire a tutela delle funzioni attribuite direttamente dalla legge [osserva il Tar che “in  senso contrario non assume rilievo determinante la qualifica di ufficiale del Governo del Sindaco e quindi la sottoposizione della sua attività al potere gerarchico del Prefetto o del Ministero, giacché non si è al cospetto di una gerarchia propria – che consentirebbe al superiore di annullare l’atto del sottoposto in via diretta, inibendo l’intervento del giudice – ma si è in presenza di un rapporto di vigilanza generico, che non sottrae la titolarità della funzione all’organo vigilato, unico soggetto individuato dalla legge a svolgere quel compito”]
Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso del Sindaco – e del Comune – contro il decreto prefettizio, con il quale si dispone l’annullamento della trascrizione del matrimonio same sex contratto all’estero
E’ illegittimo il decreto prefettizio, con il quale si dispone l’annullamento della trascrizione del matrimonio same sex contratto all’estero [osserva il Collegio che il Prefetto “con riguardo alla trascrizione di un matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso sesso, non risulta avere alcuna potestà di intervento o rettifica, considerato che la normativa – già richiamata in precedenza al punto 2 del diritto …– affida soltanto all’autorità giudiziaria ordinaria il potere di rettificare o annullare gli atti indebitamente trascritti. Difatti, la posizione dei soggetti interessati dall’atto di trascrizione assume la consistenza di diritto soggettivo perfetto che – laddove ritenuto sussistente dal giudice ordinario, quale giudice naturale dei diritti – non può essere compresso o degradato per il tramite di un provvedimento amministrativo, atteso che in materia di stato delle persone non può ammettersi un intervento atipico dell’autorità amministrativa, ma si deve affidare ad un organo indipendente la sua definitiva conformazione”]

lunedì 28 settembre 2015





Tar Campania, Napoli, 24 settembre 2015, n. 4605

Gli artt. 48 e 49 del d.P.R. 570/1960 consentono che l'identificazione dell'elettore avvenga sulla base della conoscenza personale di uno dei componenti dell'ufficio, che ne attesta l'identità "apponendo la propria firma" nella colonna del verbale concernente gli estremi dei documenti di identificazione; ciò anche perché la normativa parla genericamente di "riconoscimento dell'identità personale" e non anche di esibizione del documento di identità, formula alla quale il Legislatore avrebbe dovuto fare riferimento nel caso in cui avesse ritenuto ammissibile la sola identificazione documentale

L’identificazione per conoscenza personale, se attestata dalla sigla e non dalla firma, non comporta alcuna irregolarità

E’ da stigmatizzare l’avvenuto rilascio di un anomalo numero di duplicati delle tessere elettorali, in violazione della disciplina vigente, come chiarita dagli organi amministrativi, che (ne) subordina il rilascio alla domanda, corredata della denuncia presentata ai competenti uffici di pubblica sicurezza, quali Questure, Caserme dei Carabinieri e Commissariati di P.S., in caso di furto o smarrimento, o del documento deteriorato, in caso di deterioramento

domenica 27 settembre 2015





Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. 17 luglio 2015, n. 564

Come non negarsi che, in teoria, il numero di volte che un’Amministrazione può intervenire in autotutela sui propri atti pregressi sia indeterminato, così neppure può dubitarsi che, qualora il potere di autotutela esercitato sia “esponenziale” (ossia venga esercitato nei confronti di un atto con cui già si sia intervenuti in autotutela rispetto a un primo provvedimento; oppure, ancor di più, a un terzo livello su un atto di revoca di una precedente autotutela) , l’Amministrazione che intenda procedere in tali modi (ossia reiteratamente tornando sui propri passi e, in un certo senso, contraddicendosi più volte) sia gravata di un onere motivazionale del pari esponenzialmente crescente [se così non fosse, aggiunge il Collegio “l’uso del pur legittimo potere di rivalutare in autotutela le proprie scelte diverrebbe un comodo espediente per procedere in modi ondivaghi, perplessi, contraddittori e, in ultima analisi, sintomatici di un esercizio abusivo del proprio potere (ivi incluso quello di ripensamento)”, mentre, “affinché una “autotutela sulla propria autotutela” (o, astrattamente, anche un’autotutela svolta a ulteriori livelli, cioè in sede di terza od ulteriore istanza di rivalutazione della situazione) si sottragga ad agevoli censure di eccesso di potere (per alcuna delle richiamate figure sintomatiche: perplessità, contraddittorietà, sviamento, etc.) occorre che essa sia assistita e suffragata, in concreto, dall’assolvimento di un onere motivazionale sempre più pregnante (ossia, come si è già detto, esponenzialmente crescente, in relazione al numero dei ripensamenti che l’Amministrazione abbia concesso a se stessa)”]




Tar Toscana 25 settembre 2015, n. 1291



E’ inammissibile, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, il ricorso contro il provvedimento prefettizio di annullamento (recte: con cui si ordina al Sindaco – in qualità di ufficiale dello stato civile -  di provvedere a tutte le operazioni materiali conseguenti all’annullamento) della trascrizione del matrimonio same sex contratto all’estero [aggiunge il Collegio: “L’assenza di una norma attributiva del potere esercitato dà infatti luogo a un difetto assoluto di attribuzione e alla nullità degli atti impugnati, incapaci di arrecare pregiudizio alla posizione sostanziale sulla quale pretenderebbero di incidere negativamente. Gli atti adottati dall’amministrazione lasciano cioè impregiudicata tale posizione, a sua volta astrattamente qualificabile come diritto soggettivo, cui accede l’interesse (oppositivo) alla conservazione della trascrizione del matrimonio sui registri dello stato civile; non spetta perciò a questo giudice, ma al giudice ordinario, pronunciarsi sulla fondatezza della domanda, a partire dalla effettiva e concreta configurabilità nell’ordinamento civile di una situazione giuridicamente rilevante e tutelabile in capo alle ricorrenti (questione che attiene al merito, non alla giurisdizione)”]

Le disposizioni di legge e regolamentari in materia non contemplano il potere dell’ufficiale dello stato civile di intervenire in autotutela a rimuovere o modificare i propri atti, ed anzi impongono di escludere la configurabilità di un potere siffatto al di fuori dell’ipotesi della correzione dell’errore materiale di cui all’art. 98 del D.P.R. n. 396/2000 [aggiunge il Collegio che “il ricorso all’autotutela ai sensi della clausola generale di cui all’art. 21-nonies della legge n. 241/1990 non è impedito unicamente dalla specialità della disciplina dettata per gli atti dello stato civile dal D.P.R. n. 396/2000”, ma “il motivo di fondo attiene alla stessa ragion d’essere della disciplina speciale, e cioè alla natura e alla funzione degli atti dello stato civile, che, come posto in luce da autorevole dottrina, sono atti pubblici formali il cui scopo è di enunciare e di mettere in circolazione una qualificazione giuridica, attinente allo status familiare, che ha carattere di assolutezza, ossia è tale da dovere essere accettata da tutti gli operatori giuridici, pubblici o privati che essi siano”; deto altrimenti, gli atti dello stato civile, “pur certamente appartenenti al novero degli atti amministrativi, vanno qualificati come atti di documentazione e di certezza, ai quali per definizione non si applicano le regole proprie dell’attività di stampo provvedi mentale”]

Manca una norma che facoltizzi il Prefetto ad intervenire, in sede di verificazione, sul contenuto degli atti dello stato civile, né un potere siffatto può considerarsi implicito nei generali poteri di indirizzo e di vigilanza, di cui pure il Prefetto dispone nei confronti dell’ufficiale dello stato civile ed ugualmente non rilevano i poteri sostitutivi che la legge riconosce al Prefetto per l’ipotesi di inerzia del Sindaco nell’esercizio delle funzioni di tenuta dei registri dello stato civile [riguardo a questo secondo profilo, precisa il Collegio che, “se l’art. 54 co. 11 T.U.E.L. autorizza il Prefetto ad intervenire con proprio provvedimento per l’ipotesi di inerzia del Sindaco nell’esercizio delle funzioni di tenuta dei registri dello stato civile, è innegabile che la fattispecie legittimante la sostituzione non possa dirsi perfezionata qualora l’organo sostituito non sia rimasto inattivo, ma abbia atteso ai propri compiti, sia pure adottando atti che si assumono invalidi” ed “in ogni caso, il potere dell’organo che interviene come sostituto non può avere una latitudine maggiore del potere assegnato all’organo sostituito”]

sabato 26 settembre 2015





Corte cost. 24 settembre 2015, n. 193


E’ inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 24, della legge della Regione Lombardia 31 ottobre 2012, n. 17 (Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Regione), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 48, secondo comma, 51, 121, secondo comma, e 122 della Costituzione, in relazione all’art. 4, comma 1, lettera a), della legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione), dal Tar Lombardia (Milano) con ordinanza 9 ottobre 2013, n. 2261;

E’ infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 30, lettera d), della medesima legge della Regione Lombardia n. 17 del 2012, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 48, secondo comma, 51, 121, secondo comma, e 122 Cost., in relazione all’art. 4, comma 1, lettera a), della legge n. 165 del 2004, dal Tar Lombardia (Milano) con ordinanza 9 ottobre 2013, n. 2261

OMISSIS


4.– La seconda questione riguarda la soglia di sbarramento.

OMISSIS

4.2.– Nel merito, la questione non è fondata in riferimento ad alcuno dei parametri evocati.
La previsione di soglie di sbarramento e quella delle modalità per la loro applicazione, infatti, sono tipiche manifestazioni della discrezionalità del legislatore che intenda evitare la frammentazione della rappresentanza politica, e contribuire alla governabilità.
Si tratta di un fine non arbitrario, che lo stesso legislatore statale ha perseguito con l’art. 7 della legge 23 febbraio 1995, n. 43 (Nuove norme per la elezione dei consigli delle regioni a statuto ordinario), laddove ha previsto una disciplina della soglia di sbarramento analoga a quella oggetto del presente giudizio.
Quanto al censurato collegamento tra l’operatività della soglia e il risultato elettorale del candidato Presidente, esso appare coerente con la forma di governo regionale prevista dalla Costituzione per il caso del Presidente eletto direttamente, la quale valorizza il vincolo che lega il Consiglio regionale al Presidente eletto in forza del principio del simul stabunt, simul cadent.
D’altra parte, questa Corte ha sottolineato il nesso di complementarità e integrazione tra forma di governo regionale e legge elettorale, affermando che «la legge elettorale deve armonizzarsi con la forma di governo, allo scopo di fornire a quest’ultima strumenti adeguati di equilibrato funzionamento sin dal momento della costituzione degli organi della Regione, mediante la preposizione dei titolari alle singole cariche» (sentenza n. 4 del 2010).

OMISSIS

martedì 22 settembre 2015





 

Decreto Ministeriale (Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con Ministero dell’Interno e Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione) 14 settembre 2015 (G.U. 22 settembre 2015, n. 220), Determinazione  dell'importo  delle  spese  a  carico  dei   soggetti richiedenti il nuovo documento di viaggio  elettronico  per  apolidi, rifugiati e stranieri
 
 
                             IL MINISTRO 
                    DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE 
 
 
                           di concerto con 
 
 
                      IL MINISTRO DELL'INTERNO 
 
 
                                  e 
 
 
                 IL MINISTRO PER LA SEMPLIFICAZIONE 
                    E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 
 
  Vista  la  legge  21  novembre  1967,   n.   1185,   e   successive
modificazioni e integrazioni, concernente "Norme sui passaporti"  che
all'art. 21 stabilisce che "Possono  essere  rilasciati  e  rinnovati
passaporti speciali,  lasciapassare  ed  altri  consimili  documenti,
equipollenti al passaporto, in favore  di  stranieri  e  di  apolidi,
quando cio' sia previsto da accordi internazionali"; 
  Visto l'art. 7-vicies ter, lettera c), del decreto-legge 31 gennaio
2005, n. 7, convertito con modificazioni, dalla legge 31 marzo  2005,
n. 43, che prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2006, il rilascio  del
passaporto elettronico di cui al regolamento (CE)  n.  2252/2004  del
Consiglio del 13 dicembre 2004; 
  Visto  l'art.  7-vicies  quater  della  medesimo  decreto-legge  n.
7/2005, come modificato dall'art.  1,  comma  1305,  della  legge  27
dicembre 2006, n. 296, che, tra l'altro: 
    pone a carico dei soggetti richiedenti la  corresponsione  di  un
importo pari  almeno  alle  spese  necessarie  per  la  produzione  e
spedizione del documento,  nonche'  per  la  manutenzione  necessaria
all'espletamento dei servizi connessi; 
    prevede che l'importo e le modalita' di riscossione dei documenti
elettronici sono determinati con decreti del Ministro dell'economia e
delle finanze, di concerto con il  Ministro  dell'interno  e  con  il
Ministro  per  le   riforme   e   le   innovazioni   della   Pubblica
Amministrazione; 
  Visto l'art. 17-bis  del  decreto-legge  21  giugno  2013,  n.  69,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98,  che
ha inserito il comma 10-bis all'art. 2 della legge 13 luglio 1966, n.
559, stabilendo che:  "sono  considerati  carte  valori  i  prodotti,
individuati con decreto di  natura  non  regolamentare  del  Ministro
dell'economia  e  delle  finanze,  aventi  almeno  uno  dei  seguenti
requisiti: 
    sono destinati ad attestare il rilascio, da parte dello  Stato  o
di    altre    pubbliche    amministrazioni,    di    autorizzazioni,
certificazioni,    abilitazioni,    documenti    di    identita'    e
riconoscimento, ricevute di introiti, ovvero ad  assumere  un  valore
fiduciario e di tutela della  fede  pubblica  in  seguito  alla  loro
emissione o alle scritturazioni su di essi effettuate; 
    sono realizzati con tecniche di sicurezza o con impiego di  carte
filigranate o similari o di altri materiali di sicurezza  ovvero  con
elementi o sistemi magnetici ed elettronici in grado, unitamente alle
relative infrastrutture, di  assicurare  un'idonea  protezione  dalle
contraffazioni e dalle falsificazioni"; 
  Visto il D.P.R. 26 ottobre 1972, n.  633,  recante  "Istituzione  e
disciplina dell'imposta sul  valore  aggiunto",  e,  in  particolare,
l'art. 10; 
  Vista la legge 13 luglio 1966, n. 559, recante  "Nuovo  ordinamento
dell'Istituto Poligrafico dello Stato" e successive  modificazioni  e
integrazioni; 
  Visto il decreto legislativo 21 aprile 1999, n. 116, in materia  di
riordino dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ai fini  della
sua trasformazione in societa' per azioni a norma degli articoli 11 e
14 della legge 15 marzo 1997, n. 59; 
  Vista  la  delibera   del   Comitato   interministeriale   per   la
programmazione economica (CIPE) 2  agosto  2002,  n.  59,  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 244,  del  17  ottobre
2002, con la quale l'Istituto  Poligrafico  e  Zecca  dello  Stato  a
decorrere dalla data del 17 ottobre  2002  e'  stato  trasformato  in
S.p.A.; 
  Visto il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze in data
4 agosto 2003, recante "Istruzioni per la disciplina dei  servizi  di
vigilanza e di controllo  sulla  produzione  delle  carte  valori"  e
successive modificazioni ed integrazioni; 
  Visto il decreto del Ministro degli affari  esteri  del  23  giugno
2009, n. 303/014, recante "Disposizioni relative al  modello  e  alle
caratteristiche di sicurezza del passaporto ordinario elettronico"; 
  Visto il decreto del Ministro degli  affari  esteri  del  23  marzo
2010, n. 303/13, recante "Disposizioni  in  materia  di  libretti  di
passaporto ordinario"; 
  Visto il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del  23
dicembre 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  del  31  dicembre
2013, recante "Individuazione delle carte valori ai  sensi  dell'art.
2, comma 10-bis, lettere a) e b) della legge 13 luglio 1966, n. 559 e
successive modificazioni"; 
  Visto  il  decreto  del  Ministero  degli  affari  esteri  e  della
cooperazione internazionale del 7 maggio 2015, pubblicato nella  G.U.
n. 111 del 15 maggio 2015, con  il  quale  sono  state  stabilite  le
"Caratteristiche di sicurezza ed elementi biometrici dei documenti di
viaggio di apolidi, rifugiati e stranieri"; 
  Vista la nota del MAECI n. 01534482015 del 15 luglio  2015  con  la
quale  il  Ministero  degli  affari  esteri  e   della   cooperazione
internazionale ha, tra l'altro, comunicato quanto segue: 
    la Commissione europea  ha  chiuso  negativamente  nei  confronti
dell'Italia  lo  EU  Pilot  6951/14  Home  contestando   il   mancato
adeguamento dei documenti di viaggio rilasciati a stranieri,  apolidi
e  rifugiati  alle  caratteristiche  di  sicurezza  e  agli  elementi
biometrici previsti per i passaporti rilasciati a cittadini, per  cui
occorre procedere all'emissione di documenti di  viaggio  elettronici
anche per stranieri, apolidi e rifugiati; 
    ai  sensi  del  Regolamento  CE  n.  2252/2004,   relativo   alle
caratteristiche di  sicurezza  dei  passaporti  e  dei  documenti  di
viaggio rilasciati dagli Stati membri, dell'art. 21  della  legge  n.
1185/1967,  dell'art.   7-vicies   ter   e   7-vicies   quater,   del
decreto-legge  n.  7/2005,  "ai  documenti  de  quibus  deve   essere
applicata la normativa prevista per il passaporto elettronico"; 
  Vista la nota n. 5007-2/A2014-003108/IX del 24 luglio 2015  con  la
quale  il  Ministero   dell'Interno,   con   riferimento   a   quanto
rappresentato con la suddetta nota dal Ministero degli affari  esteri
e della cooperazione  internazionale  in  data  15  luglio  2015,  ha
comunicato di non avere, per quanto di  competenza,  osservazioni  da
formulare; 
  Visto il decreto del Ministro  dell'economia  e  delle  finanze  di
concerto con il Ministro  dell'interno  e  con  il  Ministro  per  la
Pubblica  amministrazione  e  l'innovazione,  del  20  maggio   2010,
pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  n.  173  del  27  luglio  2010,
recante  "Determinazione  dell'importo  delle  spese  a  carico   dei
soggetti richiedenti il nuovo passaporto ordinario elettronico"; 
  Vista la Convenzione  stipulata  in  data  25  marzo  2009  tra  il
Ministero dell'economia e delle finanze e Poste italiane  S.p.A.  per
la gestione degli incassi dei corrispettivi dovuti  per  il  rilascio
dei passaporti elettronici, la quale riconosce, tra l'altro, a  Poste
Italiane S.p.A., per la prestazione del  servizio,  un  corrispettivo
pari a euro 0,50, esente da I.V.A. ai sensi dell'art. 10, comma 1 del
D.P.R.  n.  633/1972,   per   ciascun   richiedente   il   passaporto
elettronico.  Il  pagamento  della  citata  somma  di  euro  0,50  e'
ricompreso  nell'importo  versato  dal  richiedente  al  netto  della
commissione ordinaria per il pagamento dei bollettini postali; 
  Visto il verbale n. 4 del 3 agosto 2015 della  Commissione  per  la
determinazione dei  prezzi  delle  forniture  eseguite  dall'Istituto
Poligrafico  e  Zecca  dello  Stato  S.p.A.,  istituita,  presso   il
Ministero dell'economia e delle finanze, in  attuazione  del  decreto
del  Ministro  del  tesoro,  del  bilancio  e  della   programmazione
economica  del   5   febbraio   2001,   concernente,   tra   l'altro,
l'approvazione, da parte della predetta Commissione, del  prezzo  del
documento di viaggio elettronico per apolidi, rifugiati  e  stranieri
nella misura unitaria di euro 34,20 (IVA esclusa),  a  copertura  dei
costi per la loro produzione e per la fornitura delle  infrastrutture
e dei servizi per la loro personalizzazione e diffusione  sull'intero
territorio  nazionale  e  delle  relative  attrezzature  hardware   e
software necessarie per le postazioni di rilascio e controllo; 
  Considerato che, ai sensi dell'art. 7-vicies quater, comma  6,  del
decreto-legge n. 7/2005, e' escluso qualsiasi onere  a  carico  della
finanza pubblica e quindi  anche  il  costo  dei  servizi  che  Poste
italiane S.p.A. dovra' fornire in base  alla  menzionata  Convenzione
non dovra' gravare sull'erario; 
 
                              Decreta: 
 
                               Art. 1 
 
  1. A decorrere dall'entrata in esercizio  del  nuovo  documento  di
viaggio elettronico per apolidi, rifugiati e stranieri  l'importo  da
porre a carico dei soggetti richiedenti, e' determinato in euro 34,20
(trentaquattro/20), al netto dell'I.V.A.. 
  2.  All'importo  complessivo  di  cui  al   comma   1,   maggiorato
dell'I.V.A. nella misura tempo per  tempo  vigente,  va  aggiunta  la
commissione  di  euro  0,50,  esente  dall'I.V.A.,   prevista   dalla
Convenzione tra il Ministero dell'economia e delle  finanze  e  Poste
italiane S.p.A. citata in premessa. 
                               Art. 2 
 
  1. Gli importi di cui  all'art.  1  sono  riscossi  all'atto  della
presentazione della richiesta del documento  di  viaggio  elettronico
per apolidi, rifugiati e stranieri,  mediante  versamento  sul  conto
corrente postale n. 67422808 intestato al Ministero  dell'economia  e
delle finanze - Dipartimento del Tesoro. 
  Il  presente  decreto  sara'  trasmesso  ai  competenti  Organi  di
controllo e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica
italiana. 
    Roma, 14 settembre 2015 




Circolare Ministero dell’Interno – Dip. affari interni e territoriali – Dir. Centr. Serv. Dem. 22 settembre 2015, n. 11,  Certificati rilasciati dal registro civile degli Stati Messicani ai cittadini messicani che vogliono contrarre matrimonio in Italia


Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ha
trasmesso la Nota Verbale n. ITA01138 del 18/05 dell'Ambasciata degli Stati Uniti
del Messico in Italia, con la quale viene comunicato che a partire dal 14 maggio
2015 i certificati rilasciati dai Registri Civili degli Stati Messicani sono gli unici
certificati che attestano lo stato civile di una persona.
In particolare il nuovo certificato di "Constancia de lnexistencia de Registro",
attesta che non risultano registrazioni a nome dell'interessato.
Al riguardo, si fa presente che detti certificati possono essere accettati dagli
ufficiali dello stato civile, ai fini della celebrazione del matrimonio dei cittadini
messicani che intendono sposarsi in Italia.
Per completezza di informazione si richiama, altresì, la circolare n. 24 del 4
dicembre 2013, concernente il parere del Consiglio di Stato relativo
all'interpretazione dell'articolo 116 del c.c.
Si pregano le SS.LL. di voler informare i Sigg. Sindaci di quanto comunicato
con la presente circolare e si ringrazia per la consueta fattiva collaborazione

sabato 19 settembre 2015





Corte di Giustizia UE 15 settembre 2015, n. C-67/14

Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione delle persone – Cittadinanza dell’Unione – Parità di trattamento – Direttiva 2004/38/CE – Articolo 24, paragrafo 2 – Prestazioni di assistenza sociale – Regolamento (CE) n. 883/2004 – Articoli 4 e 70 – Prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo – Cittadini di uno Stato membro in cerca di occupazione che soggiornano nel territorio di un altro Stato membro – Esclusione – Mantenimento dello status di lavoratore



L’articolo 24 della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, e l’articolo 4 del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, come modificato dal regolamento (UE) n. 1244/2010 della Commissione, del 9 dicembre 2010, devono essere interpretati nel senso che non ostano alla normativa di uno Stato membro che escluda dal beneficio di talune «prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo», ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 2, del regolamento n. 883/2004, le quali sono altresì costitutive di una «prestazione d’assistenza sociale», ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, i cittadini di altri Stati membri che si trovino nella situazione di cui all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della stessa direttiva, mentre dette prestazioni sono garantite ai cittadini di tale Stato membro che si trovino nella stessa situazione.

mercoledì 16 settembre 2015





Data certa e timbro postale

Cass. 31 agosto 2015 n. 17335

Qualora la scrittura privata non autenticata formi un corpo unico col foglio sul quale è impresso il timbro postale, la data risultante da quest'ultimo è data certa della scrittura, perché la timbratura eseguita in un pubblico ufficio equivale ad attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita: mentre grava sulla parte che contesti la certezza della data l'onere di provare - pur senza necessità di querela di falso - che la redazione del contenuto della scrittura è avvenuta in un momento diverso


martedì 15 settembre 2015





Decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (G.U. 15 settembre 2015, n. 212), Attuazione  della  direttiva  2013/33/UE   recante   norme   relative all’accoglienza dei richiedenti  protezione  internazionale,  nonché della direttiva 2013/32/UE, recante  procedure  comuni  ai  fini  del riconoscimento  e   della   revoca   dello   status   di   protezione internazionale

domenica 13 settembre 2015



PANOZZO,

INA, ANPR E (RECENTI) MODIFICHE AL REGOLAMENTO ANAGRAFICO [D.P.R. 126/2015], in http://www.diritto.it/docs/37319-ina-anpr-e-recenti-modifiche-al-regolamento-anagrafico-d-p-r-126-2015

giovedì 3 settembre 2015





Corte di Giustizia UE 2 settembre 2015, n. C-309/14

Rinvio pregiudiziale – Status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo – Direttiva 2003/109/CE – Normativa nazionale – Rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno – Presupposto – Contributo finanziario obbligatorio – Importo otto volte più elevato rispetto all’importo richiesto per ottenere la carta d’identità nazionale – Lesione dei principi della direttiva 2003/109/CE









La direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, come modificata dalla direttiva 2011/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2011, osta ad una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, che impone ai cittadini di paesi terzi che chiedono il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno nello Stato membro considerato di pagare un contributo di importo variabile tra EUR 80 e EUR 200, in quanto siffatto contributo è sproporzionato rispetto alla finalità perseguita dalla direttiva ed è atto a creare un ostacolo all’esercizio dei diritti conferiti da quest’ultima.












SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
2 settembre 2015
Nella causa C‑309/14,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia), con ordinanza del 17 dicembre 2013, pervenuta in cancelleria il 30 giugno 2014, nel procedimento
Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL),
Istituto Nazionale Confederale Assistenza (INCA)
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Ministero dell’Interno,
Ministero dell’Economia e delle Finanze,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta da R. Silva de Lapuerta (relatore), presidente di sezione, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev, J.L. da Cruz Vilaça e C. Lycourgos, giudici,
avvocato generale: Y. Bot
cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 aprile 2015,
considerate le osservazioni presentate:
–        per la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL), da V. Angiolini, L. Formilan e L. Santini, avvocati;
–        per l’Istituto Nazionale Confederale Assistenza (INCA), da V. Angiolini, L. Formilan e L. Santini, avvocati;
–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Palatiello, avvocato dello Stato;
–        per il governo francese, da F.‑X. Bréchot e D. Colas, in qualità di agenti;
–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;
–        per la Commissione europea, da M. Condou-Durande e A. Aresu, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU 2004, L 16, pag. 44), come modificata dalla direttiva 2011/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2011 (GU L 132, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 2003/109»).
2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (in prosieguo: la «CGIL») e l’Istituto Nazionale Confederale Assistenza (in prosieguo: l’«INCA») opposti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero dell’Interno e al Ministero dell’Economia e delle Finanze, per l’annullamento del decreto adottato dai suddetti due ministeri il 6 ottobre 2011, Contributo per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno (GURI n. 304 del 31 dicembre 2011; in prosieguo: il «decreto del 2011»), nonché di ogni atto presupposto, consequenziale o connesso.
 Contesto normativo
 Il diritto dell’Unione
3        Ai sensi dei considerando 9, 10 e 18 della direttiva 2003/109:
«(9)      Le considerazioni economiche non dovrebbero essere un motivo per negare lo status di soggiornante di lungo periodo e non sono considerate come un’interferenza con i pertinenti requisiti.
(10)      Occorre stabilire un sistema di regole procedurali per l’esame della domanda intesa al conseguimento dello status di soggiornante di lungo periodo. Tali procedure dovrebbero essere efficaci e gestibili in base al normale carico di lavoro delle amministrazioni degli Stati membri nonché trasparenti ed eque in modo da garantire agli interessati un livello adeguato di certezza del diritto. Esse non dovrebbero costituire un mezzo per ostacolare l’esercizio del diritto di soggiorno.
(...)
(18)      La determinazione delle condizioni per l’esercizio, da parte dei cittadini di paesi terzi che siano residenti di lungo periodo, del diritto di soggiorno in un altro Stato membro contribuisce alla realizzazione effettiva del mercato interno in quanto spazio in cui è garantita a tutti la libertà di circolazione e può costituire altresì un importante fattore di mobilità, specie per il mercato del lavoro dell’Unione».
4        L’articolo 8, paragrafo 2, della medesima direttiva, intitolato «Permessi di soggiorno [UE] per soggiornanti di lungo periodo», così prevede:
«Gli Stati membri rilasciano al soggiornante di lungo periodo un permesso di soggiorno [UE] per soggiornanti di lungo periodo. Questo è valido per almeno cinque anni e, previa domanda, ove richiesta, automaticamente rinnovabile alla scadenza».
5        L’articolo 19 della direttiva 2003/109, rubricato «Esame della domanda e rilascio di un titolo di soggiorno», è del seguente tenore:
«(...)
2.      Se ricorrono le condizioni di cui agli articoli 14, 15 e 16, il secondo Stato membro rilascia al soggiornante di lungo periodo un titolo di soggiorno rinnovabile, fatte salve le disposizioni sull’ordine pubblico, la pubblica sicurezza e la sanità pubblica di cui agli articoli 17 e 18. Questo tipo di soggiorno è rinnovabile alla scadenza se ne viene fatta domanda. Il secondo Stato membro notifica la sua decisione al primo Stato membro.
3      Il secondo Stato membro rilascia ai familiari del soggiornante di lungo periodo un titolo di soggiorno rinnovabile di durata identica a quella del permesso rilasciato al soggiornante di lungo periodo».
 Il diritto italiano
6        L’articolo 5, comma 2-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (Supplemento ordinario alla GURI n. 191 del 18 agosto 1998), introdotto in tale decreto legislativo dall’articolo 1, comma 22, lettera b), della legge 15 luglio 2009, n. 94, Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (Supplemento ordinario alla GURI n. 170 del 24 luglio 2009), prevede quanto segue:
«La richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposta al versamento di un contributo, il cui importo è fissato fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, che stabilisce altresì le modalità del versamento nonché le modalità di attuazione della disposizione di cui all’articolo 14‑bis, comma 2[, del decreto legislativo n. 286/1998]. Non è richiesto il versamento del contributo per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari».
7        L’articolo 14‑bis del decreto legislativo n. 286/1998 istituisce e regola il Fondo rimpatri in questi termini:
«1.      È istituito, presso il Ministero dell’interno, un Fondo rimpatri finalizzato a finanziare le spese per il rimpatrio degli stranieri verso i Paesi di origine ovvero di provenienza.
2.      Nel Fondo di cui al comma 1 confluiscono la metà del gettito conseguito attraverso la riscossione del contributo di cui all’articolo 5, comma 2-ter, nonché i contributi eventualmente disposti dall’Unione europea per le finalità del Fondo medesimo. La quota residua del gettito del contributo di cui all’articolo 5, comma 2-ter, è assegnata allo stato di previsione del Ministero dell’interno, per gli oneri connessi alle attività istruttorie inerenti al rilascio e al rinnovo del permesso di soggiorno».
8        Il decreto del 2011, adottato a norma degli articoli 5, comma 2 ter, e 14 bis del decreto legislativo n. 286/1998, fissa l’importo dei contributi da versare per il rilascio e il rinnovo di un permesso di soggiorno nel modo seguente:
«a)      Euro 80,00 per i permessi di soggiorno di durata superiore a tre mesi e inferiore o pari a un anno;
b)      Euro 100,00 per i permessi di soggiorno di durata superiore a un anno e inferiore o pari a due anni;
c)      Euro 200,00 per il rilascio del permesso di soggiorno [CE] per soggiornanti di lungo periodo e per i richiedenti il permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 27, comma 1, lett. a), del decreto legislativo [n. 286/1998]».
9        Benché la decisione di rinvio non contenga alcun riferimento ad altre disposizioni nazionali che fissino ulteriori importi da versare per il rilascio e il rinnovo dei titoli di soggiorno, dalle osservazioni depositate dalla Commissione europea, nonché dalla CGIL e dall’INCA risulta che, ai sensi della preesistente normativa italiana, tuttora vigente, oltre ai contributi previsti dal decreto del 2011, per il rilascio e il rinnovo dei titoli di soggiorno, indipendentemente dalla loro durata, deve essere versato un importo complessivo di EUR 73,50.
10      In particolare, dalle osservazioni della Commissione risulta che, ai sensi dell’articolo 7‑vicies ter, comma 1, lettera b), del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7, Disposizioni urgenti per l’università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, nonché per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, convertito, con modificazioni, in legge 31 marzo 2005, n. 43, a decorrere dal 1° gennaio 2006 il permesso di soggiorno su supporto cartaceo è sostituito, all’atto della richiesta del primo rilascio o del rinnovo dello stesso, dal permesso di soggiorno elettronico, di cui al regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi (GU L 157, pag. 1).
11      Ai termini dell’articolo 1 del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze 4 aprile 2006, Determinazione dell’importo delle spese da porre a carico dei soggetti richiedenti il permesso di soggiorno elettronico, l’importo di tali spese, comprensivo di imposta sul valore aggiunto, è fissato in EUR 27,50.
12      In base all’articolo unico del decreto del Ministro dell’Interno 12 ottobre 2005, Importo dell’onere a carico dell’interessato per il rilascio e rinnovo dei permessi e della carta di soggiorno nell’ambito della convenzione, stipulata ai sensi dell’articolo 39, comma 4-bis, della legge 16 dicembre 2003, n. 3, il costo del servizio a carico del richiedente per tale tipo di procedure è fissato in EUR 30.
13      Infine, conformemente all’articolo 4, della parte 1a, della tariffa in allegato A al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, Disciplina dell’imposta di bollo, nella versione in vigore, l’ammontare dell’imposta di bollo per il rilascio o il rinnovo dei permessi di soggiorno è in misura fissa di EUR 16.
 Procedimento principale e questione pregiudiziale
14      La CGIL e l’INCA hanno chiesto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio l’annullamento del decreto del 2011, deducendo la natura iniqua e/o sproporzionata del contributo che deve essere versato, in applicazione di detto decreto, per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno a cittadini di paesi terzi.
15      Il giudice del rinvio ha ritenuto che occorresse esaminare d’ufficio la compatibilità, con le disposizioni del diritto dell’Unione in materia, delle norme nazionali che impongono, fissando anche tetti nella fonte secondaria di attuazione, il pagamento di un contributo per il rilascio del permesso di soggiorno.
16      A tal proposito il giudice del rinvio, rifacendosi alla sentenza Commissione/Paesi Bassi (C‑508/10, EU:C:2012:243), osserva che la normativa dello Stato membro interessato rispetta i principi espressi nella direttiva 2003/109 solo se gli importi dei contributi richiesti, che pure possono variare all’interno di una forbice di valori, non si attestano, fin dal valore più basso, su cifre che siano macroscopicamente elevate e quindi sproporzionate rispetto all’importo dovuto dai cittadini di quel medesimo Stato per ottenere un titolo analogo, quale è la carta nazionale d’identità.
17      Il giudice del rinvio ricorda, in particolare, che nella sentenza Commissione/Paesi Bassi (C‑508/10, EU:C:2012:243), sono state ritenute incompatibili con i principi enunciati dalla direttiva 2003/109 le disposizioni dell’ordinamento giuridico del Regno dei Paesi Bassi che prevedevano, già nel valore più basso del contributo richiesto per il rilascio del titolo di soggiorno, un importo pari a circa sette volte l’importo richiesto per il rilascio della carta d’identità a carico del cittadino dello Stato membro interessato.
18      Considerata la circostanza che il costo per il rilascio della carta d’identità nazionale in Italia ammonta attualmente a circa EUR 10, secondo il giudice del rinvio, e che l’importo più basso fissato dal decreto del 2011 è di EUR 80, cosicché l’onere economico imposto al cittadino dello Stato terzo per ottenere il rilascio del titolo di soggiorno nel territorio nazionale è circa otto volte più elevato, il predetto giudice nutre dubbi quanto alla conformità delle disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale con i principi della direttiva 2003/109, alla luce della sentenza Commissione/Paesi Bassi (C‑508/10, EU:C:2012:243).
19      In tale contesto il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«[S]e i principi fissati dalla [direttiva 2003/109] (…), ostino ad una normativa nazionale, quale quella delineata dall’art. 5, comma 2-ter del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 nella parte in cui prescrive che [“]la richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposta al versamento di un contributo, il cui importo è fissato fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, che stabilisce altresì le modalità del versamento (…)”, fissando in tal modo un importo minimo del contributo pari ad 8 volte circa il costo per il rilascio di una carta d’identità nazionale».
 Sulla questione pregiudiziale
20      Con la sua questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2003/109 osti ad una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, che impone ai cittadini di paesi terzi che chiedano il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno nello Stato membro considerato di pagare un contributo di importo variabile tra EUR 80 e EUR 200.
21      Occorre preliminarmente ricordare che, come emerge dai considerando 4, 6 e 12 della direttiva 2003/109, l’obiettivo principale di quest’ultima è l’integrazione dei cittadini di paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri (sentenza Commissione/Paesi Bassi, C‑508/10, EU:C:2012:243, punto 66).
22      Si deve rilevare che è stato già riconosciuto dalla Corte che gli Stati membri possono subordinare il rilascio di permessi e titoli di soggiorno ai sensi della direttiva 2003/109 al pagamento di contributi e che, nel fissare l’importo di tali contributi, essi dispongono di un margine discrezionale (sentenza Commissione/Paesi Bassi, C‑508/10, EU:C:2012:243, punto 64).
23      Tuttavia, la Corte ha precisato che il potere discrezionale concesso agli Stati membri dalla direttiva 2003/109 a tale riguardo non è illimitato. Essi non possono, infatti, applicare una normativa nazionale tale da compromettere la realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2003/109 e, pertanto, da privare quest’ultima del suo effetto utile (v. sentenza Commissione/Paesi Bassi, C‑508/10, EU:C:2012:243, punto 65).
24      Inoltre, in base al principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, i mezzi predisposti per l’attuazione della direttiva 2003/109 devono essere idonei a realizzare gli obiettivi perseguiti da tale normativa e non devono eccedere quanto è necessario per conseguirli (v., in questo senso, sentenza Commissione/Paesi Bassi, C‑508/10, EU:C:2012:243, punto 75).
25      Pertanto, pur se gli Stati membri sono legittimati a subordinare il rilascio dei permessi di soggiorno a titolo della direttiva 2003/109 alla riscossione di contributi, resta il fatto che, in osservanza del principio di proporzionalità, il livello cui sono fissati detti contributi non deve avere né per scopo né per effetto di creare un ostacolo al conseguimento dello status di soggiornante di lungo periodo conferito da tale direttiva nonché degli altri diritti che derivano dalla concessione di tale status, venendo altrimenti arrecato pregiudizio tanto all’obiettivo perseguito dalla stessa quanto al suo spirito (v., in tal senso, sentenza Commissione/Paesi Bassi, C‑508/10, EU:C:2012:243, punto 69).
26      A tal proposito, dalla ordinanza di rinvio risulta che l’importo del contributo di cui trattasi nel procedimento principale ammonta a EUR 80 per il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno di durata superiore a tre mesi e inferiore o pari a un anno, a EUR 100 per il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno di durata superiore a un anno e inferiore o pari a due anni, a EUR 200 per il rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.
27      Orbene, l’incidenza economica di un contributo siffatto può essere considerevole per taluni cittadini di paesi terzi che soddisfano le condizioni poste dalla direttiva 2003/109 per il rilascio dei permessi di soggiorno previsti da quest’ultima, e ciò a maggior ragione per il fatto che, in considerazione della durata di tali permessi, tali cittadini sono costretti a richiedere il rinnovo dei loro titoli assai di frequente e che all’importo di detto contributo può aggiungersi quello di altri tributi previsti dalla preesistente normativa nazionale, cosicché, in tali circostanze, l’obbligo di versare il contributo di cui trattasi nel procedimento principale può rappresentare un ostacolo alla possibilità per i predetti cittadini dei paesi terzi di far valere i diritti conferiti loro dalla summenzionata direttiva.
28      Occorre in proposito sottolineare che, tanto nelle loro osservazioni scritte quanto all’udienza, le ricorrenti nel procedimento principale e la Commissione hanno sottolineato che, ai sensi della preesistente normativa italiana, tuttora vigente, tanto per il rilascio quanto per il rinnovo dei titoli di soggiorno, indipendentemente dalla durata del permesso di soggiorno in questione, deve essere versato un ulteriore importo, che ammonta a EUR 73,50, il quale si aggiunge al contributo di cui trattasi nel procedimento principale.
29      Risulta inoltre dalla ordinanza di rinvio che, a norma dell’articolo 14 bis del decreto legislativo n. 286/1998, la metà del gettito prodotto dalla riscossione del contributo di cui trattasi nel procedimento principale è destinata a finanziare le spese connesse al rimpatrio verso i paesi di origine o di provenienza dei cittadini dei paesi terzi rintracciati in posizione irregolare sul territorio nazionale, circostanza confermata dal governo italiano in udienza.
30      Non può pertanto essere accolto l’argomento del governo italiano secondo cui il contributo di cui trattasi non può essere sproporzionato in quanto il gettito ricavato da tale contributo è connesso all’attività istruttoria necessaria alla verifica del possesso dei requisiti previsti per l’acquisizione del titolo di soggiorno in base alla direttiva 2003/109.
31      Alla luce delle considerazioni che precedono si deve rispondere alla questione posta dichiarando che la direttiva 2003/109 osta ad una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, che impone ai cittadini di paesi terzi che chiedono il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno nello Stato membro considerato di pagare un contributo di importo variabile tra EUR 80 e EUR 200, in quanto siffatto contributo è sproporzionato rispetto alla finalità perseguita dalla direttiva ed è atto a creare un ostacolo all’esercizio dei diritti conferiti da quest’ultima.
 Sulle spese
32      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
La direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, come modificata dalla direttiva 2011/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2011, osta ad una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, che impone ai cittadini di paesi terzi che chiedono il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno nello Stato membro considerato di pagare un contributo di importo variabile tra EUR 80 e EUR 200, in quanto siffatto contributo è sproporzionato rispetto alla finalità perseguita dalla direttiva ed è atto a creare un ostacolo all’esercizio dei diritti conferiti da quest’ultima.
Firme
Dal sito http://curia.europa.eu