Corte di Giustizia UE 18 ottobre
2018, n. C-662/17, E.G.
Rinvio pregiudiziale – Sistema europeo comune di asilo –
Direttiva 2013/32/UE – Articolo 46, paragrafo 2 – Ricorso contro una
decisione che nega il riconoscimento dello status di rifugiato, ma accorda lo
status conferito dalla protezione sussidiaria – Ricevibilità –
Assenza di interesse sufficiente qualora lo status di protezione sussidiaria
concesso da uno Stato membro offra gli stessi diritti e gli stessi vantaggi che
il diritto dell’Unione e quello nazionale riconoscono allo status di
rifugiato – Rilevanza, ai fini dell’esame dell’identità dei suddetti
diritti e vantaggi, della situazione individuale del richiedente
L’articolo 46, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2013/32/UE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure
comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione
internazionale, deve essere interpretato nel senso che lo status conferito
dalla protezione sussidiaria, concesso da una normativa di uno Stato membro
come quella di cui trattasi nel procedimento principale, non offre «gli stessi
diritti e gli stessi vantaggi che il diritto dell’Unione e quello nazionale
riconoscono allo status di rifugiato», ai sensi di tale disposizione, di modo
che un giudice di tale Stato membro non può respingere, in quanto irricevibile,
un ricorso proposto contro una decisione che considera una domanda infondata
sotto il profilo del riconoscimento dello status di rifugiato, ma che concede
lo status conferito dalla protezione sussidiaria, a causa dell’insufficiente
interesse del richiedente alla continuazione del procedimento, allorché si
accerti che, conformemente alla normativa nazionale applicabile, tali diritti e
vantaggi attribuiti da tali due status di protezione internazionale non sono
effettivamente identici.
Un ricorso siffatto non può essere respinto, in quanto irricevibile,
neanche qualora si constati, alla luce della concreta situazione del
richiedente, che il riconoscimento dello status di rifugiato non sarebbe tale
da attribuirgli maggiori diritti e vantaggi rispetto alla concessione dello
status conferito dalla protezione sussidiaria, dal momento che il richiedente
non fa valere, o non fa ancora valere, diritti che sono attribuiti in forza
dello status di rifugiato, ma che non lo sono, ovvero lo sono, ma in misura
minore, in forza dello status conferito dalla protezione sussidiaria.
Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)
18 ottobre 2018
Nella causa C‑662/17,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Vrhovno sodišče
(Corte suprema, Slovenia), con decisione dell’8 novembre 2017, pervenuta in
cancelleria il 27 novembre 2017, nel procedimento
E. G.
contro
Republika Slovenija,
LA CORTE
(Settima Sezione),
composta da A. Prechal (relatore), presidente della
Terza Sezione, facente funzione di presidente della Settima Sezione,
C. Toader e A. Rosas, giudici,
avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per
E. G., par D. Bulog, odvetnica;
– per il
governo sloveno, da J. Morela, višja državna odvetnica;
– per il
governo dei Paesi Bassi, da P. Huurnink e K. Bulterman, in qualità di
agenti;
– per la Commissione europea,
da M. Condou-Durande e M. Žebre, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito
l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La
domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 46,
paragrafo 2, della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della
revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180,
pag. 60).
2 Tale
domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra E. G.,
cittadino afgano, e la
Republika Slovenija (Repubblica di Slovenia), rappresentata
dal Ministrstvo za notranje zadeve (Ministro dell’Interno), per quanto riguarda
il rigetto, da parte di quest’ultimo, della domanda presentata da E. G. al
fine di ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
Direttiva 2011/95/UE
3 I
considerando 8, 9 e 39 della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini
di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione
internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi
titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della
protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9), recitano:
«(8) Nel Patto
europeo sull’immigrazione e l’asilo, adottato il 15 e 16 ottobre 2008, il
Consiglio europeo ha rilevato che sussistono forti divergenze fra gli Stati
membri per quanto riguarda la concessione della protezione [e le forme di
quest’ultima] e ha sollecitato ulteriori iniziative, compresa una proposta di
procedura unica in materia di asilo che preveda garanzie comuni, per completare
l’istituzione, prevista dal programma dell’Aia [adottato dal Consiglio europeo
del 4 novembre 2004, che determina gli obiettivi da conseguire nel periodo
2005-2010 nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia], del sistema europeo
comune di asilo, e offrire così un livello di protezione più elevato.
(9) Nel
programma di Stoccolma [adottato nel 2010], il Consiglio europeo ha ribadito il
suo impegno per il raggiungimento dell’obiettivo di istituire entro il 2012 uno
spazio comune di protezione e solidarietà basato su una procedura comune in
materia d’asilo e su uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto la
protezione internazionale, conformemente all’articolo 78 [TFUE].
(...)
(39) In
risposta alla richiesta del programma di Stoccolma di instaurare uno status
uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della
protezione sussidiaria, e fatte salve le deroghe necessarie e oggettivamente
giustificate, ai beneficiari dello status di protezione sussidiaria dovrebbero
essere riconosciuti gli stessi diritti e gli stessi benefici di cui godono i
rifugiati ai sensi della presente direttiva, alle stesse condizioni di
ammissibilità».
4 L’articolo
2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», alle lettere da d) a g), dispone
quanto segue:
«Ai fini della presente direttiva, si intende per:
(...)
d) “rifugiato”:
cittadino di un paese terzo il quale, per il timore fondato di essere
perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o
appartenenza a un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui
ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi
della protezione di detto paese, oppure apolide che si trova fuori dal paese
nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni
succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, e
al quale non si applica l’articolo 12;
e) “status di
rifugiato”: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di
un paese terzo o di un apolide quale rifugiato;
f) “persona
avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria”: cittadino di un
paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come
rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se
ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel
paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio
effettivo di subire un grave danno come definito all’articolo 15, e al quale
non si applica l’articolo 17, paragrafi 1 e 2, e il quale non può o, a causa di
tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese;
g) “status di
protezione sussidiaria”: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un
cittadino di un paese terzo o di un apolide quale persona avente titolo alla protezione
sussidiaria;
(...)».
5 L’articolo
3 della suddetta direttiva, intitolato «Disposizioni più favorevoli», recita:
«Gli Stati membri hanno facoltà di introdurre o
mantenere in vigore disposizioni più favorevoli in ordine alla determinazione dei
soggetti che possono essere considerati rifugiati o persone aventi titolo a
beneficiare della protezione sussidiaria, nonché in ordine alla definizione
degli elementi sostanziali della protezione internazionale, purché siano
compatibili con le disposizioni della presente direttiva».
6 L’articolo
11 della stessa direttiva elenca i casi in cui un cittadino di un paese terzo o
un apolide cessa di essere un rifugiato. Tale articolo dispone al suo paragrafo
1, lettera e), che ciò si verifica qualora la persona di cui trattasi non possa
più rinunciare alla protezione del paese di cui ha la cittadinanza, perché sono
venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status
di rifugiato.
7 L’articolo
12 della direttiva 2011/95 stabilisce norme in materia di esclusione dello
status di rifugiato.
8 All’articolo
14 di tale direttiva sono riportate le norme riguardanti la revoca, la
cessazione o il rifiuto del rinnovo dello status di rifugiato.
9 L’articolo
16 della suddetta direttiva, intitolato «Cessazione», dispone, al suo paragrafo
1:
«Un cittadino di un paese terzo o un apolide cessa di
avere titolo a beneficiare della protezione sussidiaria quando le circostanze
che hanno indotto alla concessione dello status di protezione sussidiaria sono
venute meno o mutate in una misura tale che la protezione non è più
necessaria».
10 L’articolo
17 della stessa direttiva contiene norme relative ai casi in cui è escluso il
riconoscimento dello status conferito dalla protezione sussidiaria.
11 L’articolo
19 della direttiva 2011/95 contiene norme riguardanti la revoca, la cessazione
o il rifiuto del rinnovo dello status di protezione sussidiaria.
12 Ai
sensi dell’articolo 20 di tale direttiva, riportato nel Capo VII di
quest’ultima, relativo al «Contenuto della protezione internazionale»:
«1. Le disposizioni
del presente capo non pregiudicano i diritti sanciti dalla convenzione di
Ginevra.
2. Le disposizioni
del presente capo si applicano sia ai rifugiati sia alle persone aventi titolo
a beneficiare della protezione sussidiaria, ove non diversamente indicato.
3. Nell’attuare il
presente capo, gli Stati membri tengono conto della specifica situazione di
persone vulnerabili, quali i minori, i minori non accompagnati (...)
(...)
5. L’interesse
superiore del minore è la principale considerazione degli Stati membri quando
attuano le disposizioni del presente capo che coinvolgono i minori».
13 L’articolo
21 della direttiva in parola stabilisce quanto segue:
«1. Gli Stati membri
rispettano il principio di “non refoulement” in conformità dei propri obblighi
internazionali.
2. Qualora non sia
vietato dagli obblighi internazionali previsti dal paragrafo 1, gli Stati
membri possono respingere un rifugiato, formalmente riconosciuto o meno:
a) quando vi
siano ragionevoli motivi per considerare che rappresenti un pericolo per la
sicurezza dello Stato membro nel quale si trova; o
b) quando,
essendo stato condannato con sentenza passata in giudicato per un reato di
particolare gravità, costituisce un pericolo per la comunità di tale Stato
membro.
3. Gli Stati membri
hanno la facoltà di revocare, di cessare o di rifiutare il rinnovo o il
rilascio di un permesso di soggiorno di un (o a un) rifugiato al quale si
applichi il paragrafo 2».
14 L’articolo
24 della direttiva 2011/95, intitolato «Permesso di soggiorno», recita:
«1. Gli Stati membri
rilasciano ai beneficiari dello status di rifugiato, quanto prima a seguito del
riconoscimento della protezione internazionale, un permesso di soggiorno valido
per un periodo di almeno tre anni e rinnovabile, purché non vi ostino imperiosi
motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico e fatto salvo l’articolo 21,
paragrafo 3.
(...)
2. Gli Stati membri
rilasciano ai beneficiari dello status di protezione sussidiaria e ai loro
familiari, quanto prima a seguito del riconoscimento della protezione
internazionale, un permesso di soggiorno rinnovabile che deve essere valido per
un periodo di almeno un anno e, in caso di rinnovo, per un periodo di almeno
due anni, purché non vi ostino imperiosi motivi di sicurezza nazionale o di
ordine pubblico».
Direttiva 2013/32
15 Risulta
dall’articolo 1 della direttiva 2013/32 che quest’ultima mira a stabilire
procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione
internazionale a norma della direttiva 2011/95.
16 Ai
sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2013/32:
«Nell’esaminare una domanda di protezione internazionale,
l’autorità accertante determina anzitutto se al richiedente sia attribuibile la
qualifica di rifugiato e, in caso contrario, se l’interessato sia ammissibile
alla protezione sussidiaria».
17 L’articolo
46 di tale direttiva, intitolato «Diritto a un ricorso effettivo», che
costituisce la sola disposizione del Capo V della suddetta direttiva, Capo
intitolato a sua volta «Procedure di impugnazione», recita:
«1. Gli Stati membri
dispongono che il richiedente abbia diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un
giudice avverso i seguenti casi:
a) la
decisione sulla sua domanda di protezione internazionale, compresa la
decisione:
i) di ritenere
la domanda infondata in relazione allo status di rifugiato e/o allo status di
protezione sussidiaria;
(...)
c) una
decisione di revoca della protezione internazionale a norma dell’articolo 45.
2. Gli Stati membri
provvedono affinché le persone che l’autorità accertante reputa ammissibili
alla protezione sussidiaria abbiano diritto a un ricorso effettivo ai sensi del
paragrafo 1 avverso una decisione di ritenere inammissibile una domanda in
relazione allo status di rifugiato.
Fatto salvo il paragrafo 1, lettera c), qualora lo
status di protezione sussidiaria concessa da uno Stato membro offra gli stessi
diritti e gli stessi vantaggi che il diritto dell’Unione e quello nazionale
riconoscono allo status di rifugiato, detto Stato membro può ritenere
inammissibile un’impugnazione di una decisione di ritenere inammissibile una
domanda in relazione allo status di rifugiato a motivo di un insufficiente
interesse del richiedente alla continuazione del procedimento.
(...)».
Diritto sloveno
18 L’articolo
20 del Zakon o mednarodni zaščiti (legge relativa alla protezione
internazionale) (Uradni list RS, n. 16/17; in prosieguo: lo «ZMZ-1»)
dispone quanto segue:
«(1) In Slovenia, si
intende per “protezione internazionale”, lo status di rifugiato e lo status
conferito dalla protezione sussidiaria.
(2) Lo status di
rifugiato e riconosciuto a un cittadino di uno Stato terzo il quale, a causa di
un timore giustificato di persecuzioni fondate sull’appartenenza a una
determinata razza o gruppo etnico, ad una determinata confessione religiosa,
sull’appartenenza nazionale, sull’appartenenza ad un determinato gruppo sociale
o su convinzioni politiche, si trovi al di fuori del paese di cui è cittadino
e, a causa di tale timore, non può o non intende beneficiare della protezione
di tale Stato, ovvero a un apolide che si trova al di fuori dello Stato in cui
risiedeva abitualmente e che, a causa di un timore giustificato, non può o non
intende ritornare in tale Stato, se non sussistono motivi di esclusione ai
sensi dell’articolo 31, paragrafo 1, della presente legge.
(3) Lo status
conferito dalla protezione sussidiaria è riconosciuto al cittadino di uno Stato
terzo o a un apolide che non soddisfa le condizioni previste per lo status di
rifugiato se sussiste un valido motivo di credere che, in caso di ritorno nello
Stato d’origine o nello Stato dell’ultima dimora abituale, se si tratta di un
apolide, il richiedente correrà un rischio concreto di subire gravi danni, come
disposto dall’articolo 28 della presente legge, e se non sussistono motivi di
esclusione ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 2, della presente legge».
19 L’articolo
66, paragrafo 1, dello ZMZ-1, che disciplina la procedura di proroga della
protezione internazionale, recita:
«Sessanta giorni prima della scadenza dello status, il
ministero invia alle persone alle quali è stata concessa la protezione
sussidiaria una comunicazione scritta riguardante le condizioni di proroga
della protezione sussidiaria, le conseguenze dell’assenza di domanda di proroga
e la possibilità di presentare una domanda diretta ad avviare un nuovo
procedimento. La suddetta comunicazione comprende altresì il formulario con il
quale la persona alla quale è stata concessa la protezione sussidiaria chiede la
proroga della protezione sussidiaria in Slovenia».
20 L’articolo
67 dello ZMZ-1, che stabilisce i motivi della cessazione della protezione
internazionale, dispone quanto segue ai suoi paragrafi 1 e 2:
«(1) Lo status cessa
per il rifugiato nei casi seguenti:
– se ha
volontariamente richiesto nuovamente la protezione dello Stato di cui è
cittadino,
– se,
avendo perduto la propria cittadinanza, l’ha volontariamente riacquistata,
– se ha
acquistato una nuova cittadinanza e gode della protezione dello Stato di cui ha
acquistato la cittadinanza,
– se è
tornato volontariamente a stabilirsi nello stato che aveva lasciato o al di
fuori del quale è rimasto per timore di essere perseguitato,
– se non
può più continuare a rifiutarsi di chiedere la protezione dello Stato di cui è
cittadino, perché sono venute meno le circostanze che hanno determinato il
riconoscimento dello status di rifugiato,
– se
trattasi di un apolide, è in grado di tornare nello Stato nel quale aveva la
dimora abituale, perché sono venute meno le circostanze che hanno determinato
il riconoscimento dello status di rifugiato.
(2) Per la persona
alla quale è stata concessa la protezione sussidiaria, lo status cessa allorché
le circostanze che hanno determinato la concessione della protezione
sussidiaria cessano o evolvono in una misura tale da non rendere più necessaria
una siffatta protezione».
21 L’articolo
90, paragrafo 1, dello ZMZ-1 ha il seguente tenore letterale:
«La persona alla quale è stata concessa la protezione
internazionale ha il diritto:
– di
ricevere informazioni sullo status, i diritti e gli obblighi delle persone che
beneficiano di una protezione internazionale in Slovenia,
– di
risiedere in Slovenia,
– di percepire
un’indennità pecuniaria per l’alloggio privato,
– di
ricevere una copertura sanitaria,
– alla
protezione sociale,
– di
ricevere un’istruzione,
– all’impiego
e al lavoro,
– di
ricevere un aiuto all’integrazione sociale».
22 Ai
sensi dell’articolo 92 dello ZMZ-1:
«(1) Per la persona
alla quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato in Slovenia, la
decisione di riconoscimento è valida, a partire dal giorno della notifica,
anche come autorizzazione di soggiorno a tempo indeterminato in Slovenia.
(2) Per la persona
alla quale è stata concessa in Slovenia la protezione sussidiaria, la decisione
di concessione o di proroga dello status è valida, a partire dal giorno della
notifica, anche come autorizzazione di soggiorno a tempo determinato in
Slovenia, per la durata di tale protezione.
(3) L’autorizzazione
di soggiorno di cui ai 1 e 2 del presente articolo è rilasciata dal ministero
nel formato previsto dalla legge che regola l’ingresso, l’uscita e il soggiorno
degli stranieri in Slovenia».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
23 E. G.,
il quale sostiene di essere nato il 31 dicembre 2001, è entrato nel territorio
sloveno il 9 dicembre 2015 dopo aver viaggiato, solo o con suo cugino, a piedi,
in camion e in treno, attraverso la
Turchia, la
Grecia, la
Serbia e la
Croazia, proveniente dall’Iran, dove viveva con i suoi
genitori da quando aveva circa un anno.
24 Durante
la sua permanenza al centro di accoglienza urgente per minori di Capodistria
(Slovenia), E. G. ha chiesto al Ministero dell’Interno, l’11 dicembre
2015, di beneficiare della protezione internazionale.
25 Con
decisione del 9 febbraio 2016, tale ministero, dopo aver invitato E. G. a
un colloquio individuale, che si è svolto il 22 gennaio 2016, ha considerato
che quest’ultimo non soddisfaceva le condizioni per il riconoscimento dello
status di rifugiato, ma che gli poteva essere concesso lo status conferito
dalla protezione sussidiaria, fino alla sua maggiore età, ovvero fino al 31
dicembre 2019.
26 E. G.
ha proposto un ricorso contro tale decisione, che è stato accolto con sentenze
dell’Upravno sodišče (tribunale amministrativo, Slovenia) del 26 aprile e del 7
settembre 2016. Con l’ultima di tali sentenze, la suddetta decisione è stata
annullata e la causa è stata rinviata al Ministero dell’Interno.
27 Il
21 febbraio 2017, tale ministero ha adottato una nuova decisione, dal contenuto
identico a quello della suddetta decisione del 9 febbraio 2016.
28 Tale
decisione era fondata in particolare sul motivo secondo il quale, se E. G.
fosse stato rinviato in Afghanistan, sarebbe stato abbandonato a se stesso,
senza sostegno familiare, e sarebbe stato, in quanto minorenne, un facile
obiettivo di violenze fisiche, di tratta degli esseri umani, di abusi sessuali
o di lavoro in condizioni inumane e pericolose, di modo che sussisterebbe un
serio rischio di trattamenti inumani o degradanti.
29 Poiché
il ricorso proposto contro tale decisione è stato respinto con sentenza
dell’Upravno sodišče (tribunale amministrativo) del 10 maggio 2017, il giudice
del rinvio, il Vrhovno sodišče (corte suprema, Slovenia), è stato investito di
un ricorso amministrativo contro tale sentenza, con il quale E. G.
contesta il rigetto della sua domanda, diretta ad ottenere il riconoscimento
dello status di rifugiato.
30 Il
giudice del rinvio osserva che, a sostegno del suo ricorso, E. G. ha fatto
valere, segnatamente, che intende integrarsi in Slovenia, imparare lo sloveno e
portare a termine la sua istruzione in tale Stato membro, ma che, per questo, è
necessario che gli sia riconosciuto lo status di rifugiato, in quanto solo tale
status gli offrirebbe un sufficiente grado di sicurezza, contrariamente allo
status conferito dalla protezione sussidiaria, il quale cesserà al momento
della sua maggiore età, il 31 dicembre 2019.
31 Lo
stesso giudice ritiene che, considerata l’identità dei diritti conferiti dai
due status di protezione internazionale nel diritto sloveno, conformemente
all’articolo 90, paragrafo 1, dello ZMZ-1, si ponga il problema di sapere se,
alla luce tanto del diritto sloveno quanto del diritto dell’Unione, in
particolare dell’articolo 46, paragrafo 2, della direttiva 2013/32, il ricorso
proposto contro la decisione contestata, nella parte in cui respinge la domanda
di ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, sia irricevibile a
causa dell’insufficiente interesse del richiedente, al quale viene riconosciuto
lo status conferito dalla protezione sussidiaria, alla continuazione del procedimento.
32 Il
giudice del rinvio considera che, in tale contesto, si pone il problema se, per
riconoscere al richiedente un interesse sufficiente, sia necessario valutare
se, alla luce della situazione concreta del richiedente, il riconoscimento
dello status di rifugiato gli attribuirebbe maggiori diritti di quelli previsti
dallo status conferito dalla protezione sussidiaria o se sia sufficiente
constatare che la normativa contiene una distinzione riguardante i diritti
accessori fondati sui diritti previsti dalle due forme di protezione
internazionale, indipendentemente dal problema di sapere se tale distinzione
riguardi altresì il richiedente in modo concreto.
33 A
tal riguardo, il giudice del rinvio osserva che, conformemente all’articolo 92,
paragrafo 1, dello ZMZ-1, lo status di rifugiato, a differenza dello status
conferito dalla protezione sussidiaria, consente al richiedente di ottenere un
titolo di soggiorno permanente nonché taluni diritti accessori rispetto a
quest’ultimo, tra i quali il diritto di voto alle elezioni locali, il diritto a
un passaporto di validità, in linea di principio, decennale o il diritto al
ricongiungimento familiare, che consente ai familiari di ottenere un titolo di
soggiorno permanente.
34 Lo
stesso giudice ritiene, tuttavia, che malgrado tale differenza relativa in
particolare alla durata del titolo di soggiorno rilasciato in forza dell’uno o
dell’altro status di protezione internazionale, si potrebbe considerare che
tali due status e, di conseguenza, i titoli di soggiorno ad essi collegati,
hanno essenzialmente la stessa durata e conferiscono quindi gli stessi diritti
e gli stessi vantaggi, ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 2, della direttiva
2013/32.
35 Infatti,
lo status di rifugiato, come lo status conferito dalla protezione sussidiaria,
cesserebbe nel momento in cui la protezione di cui trattasi non fosse più
necessaria e la protezione sussidiaria, pur essendo concessa per un periodo
determinato, sarebbe prorogata per tutto il tempo durante il quale sussistono i
motivi per farlo.
36 Il
giudice del rinvio, inoltre, afferma di privilegiare l’approccio secondo il
quale la differenza, sul piano astratto, nella durata delle due forme di
protezione internazionale è irrilevante ai fini della valutazione della
sussistenza di un interesse giuridico ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 2,
della direttiva 2013/32. La posizione contraria comporterebbe che un
richiedente avrebbe sempre un interesse giuridico a proporre un ricorso sulla
base delle diverse regole previste per tali due forme di protezione per quanto
attiene alla loro durata rispettiva.
37 Di
conseguenza, se tale interesse giuridico dovesse essere valutato non
astrattamente, bensì concretamente, la persona alla quale è stata concessa la
protezione sussidiaria dovrebbe dimostrare se, concretamente, la sua situazione
giuridica possa essere migliorata mediante il riconoscimento dello status di
rifugiato. Orbene, ciò non avverrebbe nel caso in esame. Infatti, lo status di
rifugiato, se fosse riconosciuto a E. G., gli sarebbe riconosciuto non già
per un periodo illimitato, bensì per un periodo limitato alla sua minore età,
dal momento che l’interessato ha chiesto una protezione in ragione della sua
qualità di minore.
38 Di
conseguenza, il Vrhovno sodišče (Corte suprema) ha deciso di sospendere il
procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se
l’interesse del richiedente ai sensi del secondo comma dell’articolo 46,
paragrafo 2, secondo comma, della direttiva [2013/32] debba essere interpretato
nel senso che lo status di protezione sussidiaria non offre gli stessi diritti
e vantaggi dello status di rifugiato, laddove, ai sensi della normativa
nazionale gli stranieri che beneficiano della protezione internazionale godono
sì degli stessi diritti e vantaggi, ma diverso è il modo di definire la durata
o la cessazione della protezione internazionale, poiché lo status è
riconosciuto al rifugiato a tempo indeterminato, ma cessa quando cessano le
circostanze in base alle quali era stato concesso, mentre la protezione
sussidiaria è concessa per un periodo determinato ed è prorogata ove ne
sussistano le ragioni.
2) Se
l’interesse del richiedente ai sensi del secondo comma dell’articolo 46,
paragrafo 2, secondo comma, della direttiva [2013/32] debba essere interpretato
nel senso che lo status di protezione sussidiaria non offre gli stessi diritti
e vantaggi dello status di rifugiato, laddove, ai sensi della la normativa
nazionale, gli stranieri che beneficiano della protezione internazionale godono
sì degli stessi diritti e vantaggi ma diversi sono i diritti accessori che su
tali diritti e vantaggi si fondano.
3) Se sia
necessario, alla luce della situazione individuale del richiedente, valutare
se, alla luce delle circostanze concrete che lo riguardano, il riconoscimento
dello status di rifugiato gli procurerebbe più diritti di quelli concessi dal
riconoscimento della protezione sussidiaria, o se sia sufficiente, affinché
sussista l’interesse di cui al secondo comma dell’articolo 46, paragrafo 2,
secondo comma, della direttiva [2013/32], una disciplina legislativa che opera
una differenziazione tra diritti accessori che si fondano sui diritti e sui
vantaggi di entrambe le forme di protezione internazionale».
Sulle questioni pregiudiziali
39 Con
le sue tre questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del
rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 46, paragrafo 2, secondo comma, della
direttiva 2013/32 debba essere interpretato nel senso che lo status conferito
dalla protezione sussidiaria, concesso da una normativa di uno Stato membro,
come quella di cui trattasi nel procedimento principale, offre gli «stessi
diritti e gli stessi vantaggi che il diritto dell’Unione e quello nazionale
riconoscono allo status di rifugiato», ai sensi di tale disposizione, di modo
che un giudice di tale Stato membro può respingere, in quanto irricevibile, un
ricorso proposto contro una decisione che considera una domanda infondata sotto
il profilo del riconoscimento dello status di rifugiato, ma che concede lo
status conferito dalla protezione sussidiaria, a causa dell’insufficiente
interesse del richiedente alla continuazione del procedimento, e se, allorché
si accerti che i suddetti diritti e vantaggi attribuiti da tali due status di
protezione internazionale conformemente alla normativa nazionale applicabile
non sono gli stessi, un siffatto ricorso possa ciò nondimeno essere respinto,
in quanto irricevibile, qualora si constati, alla luce della concreta
situazione del richiedente, che il riconoscimento dello status di rifugiato non
sarebbe tale da attribuirgli maggiori diritti e vantaggi rispetto alla
concessione dello status conferito dalla protezione sussidiaria, dal momento
che il richiedente non fa valere, o non fa ancora valere, diritti che sono
attribuiti in forza dello status di rifugiato, ma che non lo sono, ovvero lo
sono, ma in misura minore, in forza dello status conferito dalla protezione
sussidiaria.
40 A
tal riguardo, si deve ricordare che dai considerando 8, 9 e 39 della direttiva
2011/95 risulta che il legislatore dell’Unione ha inteso istituire uno status
uniforme a favore dell’insieme dei beneficiari di protezione internazionale, e
che esso ha, di conseguenza, scelto di concedere ai beneficiari dello status di
protezione sussidiaria gli stessi diritti e gli stessi benefici di cui godono i
rifugiati, fatte salve le deroghe necessarie e oggettivamente giustificate
(sentenza del 1° marzo 2016, Alo e Osso, C‑443/14 e C‑444/14,
EU:C:2016:127, punto 32).
41 Risulta
inoltre dall’articolo 3 della direttiva 2011/95 che gli Stati membri hanno
facoltà di introdurre o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli
riguardanti tanto le condizioni per la concessione della protezione
internazionale quanto il contenuto dei diritti conferiti dalla protezione
internazionale, purché tali disposizioni siano compatibili con tale direttiva.
42 Ne
consegue che, se è vero che la direttiva 2011/95 ha istituito un sistema di
diritti e vantaggi che, in linea di principio, è lo stesso per tutti coloro che
beneficiano di una protezione internazionale, taluni dei diritti e vantaggi di
cui godono le persone che hanno ottenuto lo status di rifugiato non sono
attribuiti, o non lo sono nella stessa misura, a coloro che beneficiano dello
status conferito dalla protezione sussidiaria, pur se gli Stati membri, nella
loro normativa diretta a trasporre tale direttiva, possono allineare i diritti
e vantaggi attribuiti da tale status a quelli collegati allo status di
rifugiato.
43 L’articolo
46, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2013/32 consente a uno Stato
membro di prevedere che possa essere respinto, in quanto irricevibile, per
insufficienza di interesse un ricorso proposto contro una decisione che
considera infondata una domanda diretta ad ottenere il riconoscimento dello
status di rifugiato, ma che concede lo status conferito dalla protezione
sussidiaria, qualora quest’ultimo status, concesso da tale Stato membro, offra
«gli stessi diritti e gli stessi vantaggi» che il diritto dell’Unione e quello
nazionale riconoscono allo status di rifugiato.
44 Tale
disposizione prevede una deroga all’obbligo imposto agli Stati membri
dall’articolo 46 della direttiva 2013/32 di prevedere un diritto a un ricorso
effettivo dinanzi a un giudice contro qualsiasi decisione di rigetto di una
domanda di protezione internazionale (v., in tal senso, sentenza del 26 luglio
2017, Sacko, C‑348/16, EU:C:2017:591, punto 28).
45 L’articolo
46, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2013/32 dispone peraltro
espressamente che tale diritto di ricorso deve essere previsto, in linea di
principio, anche qualora, come nel caso di specie, si tratti di una decisione
che respinge, in quanto infondata, la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento
dello status di rifugiato, ma che concede lo status conferito dalla protezione
sussidiaria.
46 Peraltro,
l’obbligo così imposto agli Stati membri di prevedere un siffatto diritto di
ricorso corrisponde al diritto sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), intitolato
«Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», secondo cui ogni
persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano
stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice (sentenza
del 26 luglio 2017, Sacko, C‑348/16, EU:C:2017:591, punto 30).
47 Ne
consegue che le caratteristiche del ricorso previsto dall’articolo 46 della
direttiva 2013/32 devono essere determinati conformemente all’articolo 47 della
Carta, che costituisce una riaffermazione del principio della tutela
giurisdizionale effettiva (sentenza del 26 luglio 2017, Sacko, C‑348/16,
EU:C:2017:591, punto 31).
48 Detto
principio della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti che gli
amministrati traggono dal diritto dell’Unione è costituito da diversi elementi,
tra i quali rientrano, segnatamente, i diritti della difesa, il principio della
parità delle armi, il diritto di ricorso ad un giudice nonché la facoltà di
farsi consigliare, difendere e rappresentare (sentenza del 26 luglio 2017,
Sacko, C‑348/16, EU:C:2017:591, punto 32).
49 Di
conseguenza, deve essere interpretata restrittivamente l’esclusione del diritto
a un ricorso prevista dall’articolo 46, paragrafo 2, secondo comma, della
direttiva 2013/32, in quanto essa costituisce una deroga al diritto a un
ricorso effettivo dinanzi a un giudice avverso qualsiasi decisione di rigetto
di una domanda di protezione internazionale previsto dall’articolo 46 di tale
direttiva, nonché una limitazione del diritto fondamentale a una tutela
giurisdizionale effettiva sancito dall’articolo 47 della Carta.
50 Ne
discende che tale esclusione del diritto a un ricorso effettivo deve essere
interpretata nel senso che essa può essere applicata qualora sussista
un’effettiva identità tra i diritti e i vantaggi offerti dallo status conferito
dalla protezione sussidiaria, concessa dallo Stato membro di cui trattasi, e
quelli riconosciuti dal diritto dell’Unione e dal diritto nazionale applicabile
allo status di rifugiato.
51 Per
quanto concerne il problema di sapere se, nel caso di specie, sia soddisfatto
tale requisito di identità, unico requisito di applicazione posto dall’articolo
46, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2013/32, si deve constatare,
anzitutto, che il giudice del rinvio, pur facendo riferimento, nella sua prima
questione, a una differenziazione tra tali due status, prevista dal diritto
sloveno per quanto riguarda «il modo di definire la durata o la cessazione
della protezione internazionale», menziona altresì le regole riportate
all’articolo 92 dello ZMZ-1, il quale dispone, al suo paragrafo 1, che al
rifugiato è riconosciuta un’autorizzazione di soggiorno a tempo indeterminato
mentre, conformemente al paragrafo 2 di tale articolo, la protezione
sussidiaria conferisce solo il diritto a un’autorizzazione di soggiorno a tempo
determinato.
52 Tali
regole relative alla durata delle autorizzazioni di soggiorno associate ai due
status di protezione internazionale di cui trattasi sono dirette a trasporre
nell’ordinamento sloveno l’articolo 24 della direttiva 2011/95, il quale fissa
in modo differenziato per tali due status i requisiti minimi per quanto
riguarda la validità del titolo di soggiorno e che prevede, a tal riguardo, che
debba essere rilasciato ai rifugiati un titolo di almeno tre anni, mentre ai
beneficiari dello status conferito dalla protezione sussidiaria deve essere
garantito un titolo di una durata minima di un anno.
53 Tali
regole minime relative al diritto di soggiorno nello Stato membro nel quale è
chiesta la protezione internazionale si riferiscono, come hanno fatto valere il
governo dei Paesi Bassi e la
Commissione europea, al contenuto dei rispettivi diritti conferiti
da tali due status e, quindi, a «diritti e vantaggi», ai sensi dell’articolo
46, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2013/32.
54 Orbene,
è giocoforza constatare che, per quanto riguarda il diritto di soggiorno, lo
status conferito dalla protezione sussidiaria, previsto dalla normativa
slovena, non riconosce gli stessi diritti e gli stessi vantaggi che il diritto
dell’Unione e quello nazionale riconoscono allo status di rifugiato, atteso
che, come risulta dalle constatazioni svolte dal giudice del rinvio e
richiamate al punto 33 della presente sentenza, la durata del titolo di
soggiorno associato allo status conferito dalla protezione sussidiaria non è
allineata su quella del titolo di soggiorno rilasciato alle persone alle quali
è riconosciuto lo status di rifugiato.
55 A
tale riguardo, va osservato che vi è certamente una differenza tra, da un lato,
il titolo di soggiorno a tempo indeterminato al quale hanno diritto i rifugiati
in forza del diritto sloveno, nonostante il fatto che la sua validità possa
cessare allorché, in particolare, non sono più soddisfatte le condizioni per il
riconoscimento dello status di rifugiato, e, dall’altro, il titolo di soggiorno
limitato nel tempo, al quale hanno diritto, secondo il diritto sloveno, le persone
che beneficiano dello status conferito dalla protezione sussidiaria, nonostante
il fatto che quest’ultimo titolo possa essere prorogato per un ulteriore
periodo, nell’ambito di un procedimento previsto a tal fine e che la validità
di tale titolo possa cessare allorché, in particolare, non sono più soddisfatte
le condizioni fissate per la concessione di quest’ultimo status.
56 Nel
caso di specie, a E. G. è stato rilasciato un titolo di soggiorno a tempo
determinato in quanto persona che beneficia dello status conferito dalla
protezione sussidiaria per un periodo inferiore a tre anni, più precisamente
per il periodo tra il 21 febbraio 2017 e il 31 dicembre 2019. Orbene, se a
E. G. fosse stato riconosciuto lo status di rifugiato, egli avrebbe avuto diritto,
conformemente all’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2011/95, a un
titolo di soggiorno valido per un periodo di almeno tre anni, vale a dire,
quanto meno, fino al 21 febbraio 2020.
57 Al
contrario, come hanno sostenuto il governo dei Paesi Bassi e la Commissione, le regole
del diritto sloveno relative alla concessione, alla cessazione, alla revoca o
alla proroga dei rispettivi status di protezione internazionale, ai quali fa
riferimento il giudice del rinvio nella sua prima questione, non riguardano il
contenuto dei diritti conferiti da tali status, bensì la determinazione dello
status di cui trattasi.
58 Tali
regole sono stabilite in via imperativa e distinta per i due status di
protezione internazionale di cui trattano i capi da III a VI della direttiva
2011/95.
59 Di
conseguenza, le suddette regole, contrariamente a quelle che riguardano il
contenuto dei diritti conferiti dal suddetto status, non possono essere
considerate come «diritti e vantaggi», ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 2,
secondo comma, della direttiva 2013/32.
60 Inoltre,
il giudice del rinvio si chiede se occorra, ai fini della valutazione, alla
luce del diritto nazionale applicabile, dell’equivalenza dei diritti e dei
vantaggi conferiti in forza dei due status di protezione internazionale
previsti dal diritto dell’Unione, che taluni diritti cosiddetti «accessori», da
esso definiti come diritti fondati su diritti e vantaggi conferiti in forza di
uno di tali due status di protezione internazionale, non siano gli stessi per
tali due status.
61 A
tal riguardo, è sufficiente osservare che, considerata anche l’interpretazione
restrittiva da applicare all’articolo 46, paragrafo 2, secondo comma, della
direttiva 2013/32, la quale comporta che tale disposizione può essere applicata
solo nel caso di un’effettiva identità dei diritti e dei vantaggi conferiti in
forza dei due status di protezione internazionale di cui trattasi, siffatti
diritti accessori, come i diritti conferiti direttamente dagli status sui quali
sono fondati, tra i quali figurano il diritto di voto alle elezioni locali, il
diritto a un passaporto valido, in linea di principio, dieci anni, o ancora il
diritto al ricongiungimento familiare, che permette ai familiari di ottenere un
titolo di soggiorno permanente, tali diritti, che secondo il giudice del rinvio
sono riconosciuti dal diritto sloveno ai rifugiati, ma non, o quantomeno non
nella stessa misura, alle persone che beneficiano della protezione sussidiaria,
sono diritti che devono essere presi in considerazione allorché si esamina se,
ai fini del suddetto articolo 46, paragrafo 2, secondo comma, i diritti e i
vantaggi riconosciuti da tali due status di protezione internazionale siano gli
stessi.
62 Infine,
il giudice del rinvio chiede se, nell’ambito della valutazione della condizione
di cui all’articolo 46, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2013/32,
relativa all’identità dei diritti e dei vantaggi conferiti dai due status di
protezione internazionale, sia necessario tener conto della situazione
individuale del richiedente, nel senso che, anche in assenza di una siffatta
identità di diritti e di vantaggi, mancherebbe comunque un interesse
sufficiente a proporre un ricorso avverso una decisione di diniego dello status
di rifugiato, il che condurrebbe ad una dichiarazione di irricevibilità del
ricorso, qualora la concessione di tale status non fornisse al suddetto
richiedente, alla luce della sua situazione di fatto, maggiori diritti e
vantaggi rispetto alla concessione dello status conferito dalla protezione
sussidiaria.
63 Orbene,
il problema di sapere se sia soddisfatta la condizione, posta all’articolo 46,
paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2013/32, secondo la quale sussiste
un’effettiva identità dei diritti ricollegati ai due status di protezione
internazionale di cui trattasi deve essere affrontato sulla base di un esame
d’insieme della normativa nazionale in questione, e non alla luce della
situazione concreta del richiedente di cui trattasi.
64 Infatti,
anzitutto, una contraria interpretazione dell’articolo 46, paragrafo 2, secondo
comma, della direttiva 2013/32, secondo la quale dovrebbe essere presa in
considerazione la situazione concreta del richiedente di cui trattasi, non
trova alcuna conferma nel tenore letterale di tale disposizione, dal quale
risulta, infatti, che quest’ultima va applicata nella sola ipotesi in cui
esista un’effettiva identità dei diritti e dei vantaggi conferiti dai due
status di protezione internazionale.
65 Inoltre,
tale contraria interpretazione non sarebbe neanche compatibile con
l’interpretazione restrittiva da applicare a tale disposizione, come già
dichiarato al punto 49 della presente sentenza.
66 Infine,
una siffatta contraria interpretazione sarebbe difficilmente conciliabile con
l’imperativo che consiste nel garantire la prevedibilità dell’applicazione
dell’articolo 46, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2013/32 e
nell’evitare una disparità di trattamento in tale applicazione.
67 Se
si verifica che, nel caso della normativa di uno Stato membro, non è
soddisfatta la condizione relativa all’effettiva identità dei diritti e dei
vantaggi conferiti dai due status di protezione internazionale di cui trattasi,
come accade nel diritto sloveno per quanto riguarda il diritto di soggiorno e
taluni diritti cosiddetti «accessori», un richiedente deve poter proporre un
ricorso contro una decisione che gli nega lo status di rifugiato, ma che gli
accorda lo status conferito dalla protezione sussidiaria, anche se tale richiedente
non fa valere, o non fa ancora valere, uno dei suddetti diritti riconosciuti in
modo differenziato in forza dei due status di protezione internazionale di cui
trattasi.
68 In
ogni caso, se è vero che E. G. sembra non far valere, o non far valere
ancora, taluni dei diritti accessori riconosciuti in modo differenziato in
forza di tali due status di protezione internazionale, lo stesso non può dirsi
per quanto riguarda il diritto di soggiorno, atteso che l’obiettivo principale
del ricorso proposto dall’interessato consiste precisamente nell’ottenere un
diritto di soggiorno più esteso e più stabile, che gli consenta, in
particolare, di continuare i suoi studi in Slovenia oltre la sua maggiore età.
69 Peraltro,
se tale ricorso, in una situazione di assenza di effettiva identità dei diritti
e dei vantaggi riconosciuti in forza dei due status di protezione
internazionale in questione, come quella di cui trattasi nel procedimento
principale, dovesse ciononostante essere respinto in quanto irricevibile, a
causa dell’assenza di un interesse sufficiente, non sarebbe rispettato il
diritto fondamentale a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, come
garantito dall’articolo 47 della Carta.
70 Alla
luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve rispondere alle questioni
sollevate dichiarando quanto segue:
– L’articolo
46, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2013/32 deve essere
interpretato nel senso che lo status conferito dalla protezione sussidiaria,
concesso da una normativa di uno Stato membro come quella di cui trattasi nel
procedimento principale, non offre «gli stessi diritti e gli stessi vantaggi
che il diritto dell’Unione e quello nazionale riconoscono allo status di
rifugiato», ai sensi di tale disposizione, di modo che un giudice di tale Stato
membro non può respingere, in quanto irricevibile, un ricorso proposto contro
una decisione che considera una domanda infondata sotto il profilo del
riconoscimento dello status di rifugiato, ma che concede lo status conferito dalla
protezione sussidiaria, a causa dell’insufficiente interesse del richiedente
alla continuazione del procedimento, allorché si accerti che, conformemente
alla normativa nazionale applicabile, tali diritti e vantaggi attribuiti da
tali due status di protezione internazionale non sono effettivamente identici.
– Un
ricorso siffatto non può essere respinto, in quanto irricevibile, neanche
qualora si constati, alla luce della concreta situazione del richiedente, che
il riconoscimento dello status di rifugiato non sarebbe tale da attribuirgli
maggiori diritti e vantaggi rispetto alla concessione dello status conferito
dalla protezione sussidiaria, dal momento che il richiedente non fa valere, o
non fa ancora valere, diritti che sono attribuiti in forza dello status di
rifugiato, ma che non lo sono, ovvero lo sono, ma in misura minore, in forza
dello status conferito dalla protezione sussidiaria.
Sulle spese
71 Nei
confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce
un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire
sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni
alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione)
dichiara:
L’articolo 46, paragrafo 2, secondo comma,
della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26
giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca
dello status di protezione internazionale, deve essere interpretato nel senso
che lo status conferito dalla protezione sussidiaria, concesso da una normativa
di uno Stato membro come quella di cui trattasi nel procedimento principale,
non offre «gli stessi diritti e gli stessi vantaggi che il diritto dell’Unione
e quello nazionale riconoscono allo status di rifugiato», ai sensi di tale
disposizione, di modo che un giudice di tale Stato membro non può respingere,
in quanto irricevibile, un ricorso proposto contro una decisione che considera
una domanda infondata sotto il profilo del riconoscimento dello status di
rifugiato, ma che concede lo status conferito dalla protezione sussidiaria, a
causa dell’insufficiente interesse del richiedente alla continuazione del
procedimento, allorché si accerti che, conformemente alla normativa nazionale
applicabile, tali diritti e vantaggi attribuiti da tali due status di
protezione internazionale non sono effettivamente identici.
Un ricorso siffatto non può essere respinto, in
quanto irricevibile, neanche qualora si constati, alla luce della concreta
situazione del richiedente, che il riconoscimento dello status di rifugiato non
sarebbe tale da attribuirgli maggiori diritti e vantaggi rispetto alla
concessione dello status conferito dalla protezione sussidiaria, dal momento
che il richiedente non fa valere, o non fa ancora valere, diritti che sono
attribuiti in forza dello status di rifugiato, ma che non lo sono, ovvero lo
sono, ma in misura minore, in forza dello status conferito dalla protezione
sussidiaria.
Dal sito http://curia.europa.eu