Corte di Giustizia UE 13 marzo
2019, n. C-635/17, E.
Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e
giustizia – Politica relativa all’immigrazione – Diritto al
ricongiungimento familiare – Direttiva 2003/86/CE – Esclusioni
dall’ambito di applicazione della direttiva – Articolo 3, paragrafo 2,
lettera c) – Esclusione delle persone beneficiarie di protezione
sussidiaria – Estensione a tali persone del diritto al ricongiungimento
familiare operata dal diritto nazionale – Competenza della Corte –
Articolo 11, paragrafo 2 – Assenza di documenti ufficiali che comprovano
vincoli familiari – Spiegazioni ritenute non sufficientemente
plausibili – Obblighi delle autorità degli Stati membri di svolgere
ulteriori indagini – Limiti
1) La Corte di giustizia
dell’Unione europea è competente, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, a
interpretare l’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86/CE del
Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento
familiare, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, in
cui il giudice del rinvio è chiamato a pronunciarsi su una domanda di
ricongiungimento familiare presentata da un beneficiario dello status conferito
dalla protezione sussidiaria, qualora tale disposizione sia stata resa
applicabile a una situazione siffatta, in modo diretto e incondizionato, dal
diritto nazionale.
2) L’articolo 11, paragrafo 2, della
direttiva 2003/86 deve essere interpretato nel senso che esso osta – in
circostanze come quelle di cui al procedimento principale, in cui una domanda
di ricongiungimento familiare è stata presentata da una soggiornante, che
beneficia dello status conferito dalla protezione sussidiaria, a favore di un
minorenne di cui essa è la zia e asseritamente la tutrice, il quale risiede
come rifugiato e senza vincoli familiari in un paese terzo – a che tale
domanda sia respinta per il solo motivo che la soggiornante non ha fornito i
documenti ufficiali attestanti la morte dei genitori biologici del minorenne, e
pertanto l’effettività dei propri vincoli familiari con il medesimo, e che la
spiegazione fornita dalla soggiornante per giustificare la propria incapacità
di produrre siffatti documenti è stata ritenuta non plausibile dalle autorità
competenti, sulla semplice base delle informazioni generali disponibili
relativamente alla situazione nel paese di origine, senza prendere in
considerazione la situazione concreta della soggiornante e del minorenne,
nonché le specifiche difficoltà che essi hanno dovuto affrontare, stando a
quanto essi riportano, prima e dopo la fuga dal loro paese di origine
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
13 marzo 2019
Nella causa C‑635/17,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal rechtbank Den
Haag zittingsplaats Haarlem (tribunale dell’Aia, sede di Haarlem, Paesi Bassi),
con decisione del 14 novembre 2017, pervenuta in cancelleria lo stesso giorno,
nel procedimento
E.
contro
Staatssecretaris
van Veiligheid en Justitie,
LA CORTE
(Seconda Sezione),
composta da A. Arabadjiev (relatore), presidente di
sezione, T. von Danwitz, M. Berger, C. Vajda e P.G. Xuereb,
giudici,
avvocato generale: N. Wahl
cancelliere: K. Malacek, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito
all’udienza del 17 ottobre 2018,
considerate le osservazioni presentate:
– per E.,
da M.L. van Riel e C.J. Ullersma, advocaten;
– per il
governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e C.S. Schillemans, in
qualità di agenti;
– per la Commissione europea,
da G. Wils e C. Cattabriga, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza del 29 novembre 2018,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La
domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3,
paragrafo 2, lettera c), e dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva
2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al
ricongiungimento familiare (GU 2003, L 251, pag. 12).
2 Tale
domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra E., minorenne di
nazionalità eritrea che vive in Sudan, e lo Staatssecretaris van Veiligheid en
Justitie (Segretario di Stato alla Sicurezza e alla Giustizia, Paesi Bassi) (in
prosieguo: il «Segretario di Stato»), in merito al rigetto da parte di
quest’ultimo della domanda di ricongiungimento familiare presentata, a favore
di E., dalla sig.ra A., cittadina eritrea beneficiaria di protezione
sussidiaria nei Paesi Bassi, asseritamente zia e tutrice di E.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
Direttiva 2003/86
3 Ai
sensi del considerando 8 della direttiva 2003/86:
«La situazione dei rifugiati richiede un’attenzione
particolare, in considerazione delle ragioni che hanno costretto queste persone
a fuggire dal loro paese e che impediscono loro di vivere là una normale vita
familiare. In considerazione di ciò, occorre prevedere condizioni più
favorevoli per l’esercizio del loro diritto al ricongiungimento familiare».
4 L’articolo
2 della direttiva 2003/86, che figura nel capo I della medesima, intitolato
«Disposizioni generali», prevede quanto segue:
«Ai fini della presente direttiva, si intende per:
a) “cittadino
di un paese terzo”: chiunque non sia cittadino dell’Unione ai sensi
dell’articolo 17, paragrafo 1, del trattato;
b) “rifugiato”:
il cittadino di un paese terzo o l’apolide cui sia riconosciuto lo status di
rifugiato ai sensi della convenzione di Ginevra relativa allo status dei
rifugiati del 28 luglio 1951, modificata dal protocollo di New York del 31
gennaio 1967;
c) “soggiornante”:
il cittadino di un paese terzo legalmente soggiornante in uno Stato membro che
chiede o i cui familiari chiedono il ricongiungimento familiare;
d) “ricongiungimento
familiare”: l’ingresso e il soggiorno in uno Stato membro dei familiari di un
cittadino di un paese terzo che soggiorna legalmente in tale Stato membro, al
fine di conservare l’unità familiare, indipendentemente dal fatto che il legame
familiare sia anteriore;
e) “permesso
di soggiorno”: un’autorizzazione rilasciata dalle autorità di uno Stato membro
che consente ad un cittadino di un paese terzo di soggiornare legalmente sul
proprio territorio (...);
(...)».
5 L’articolo
3 della suddetta direttiva, parimenti contenuto nel capo I di quest’ultima,
così dispone:
«1. La presente
direttiva si applica quando il soggiornante è titolare di un permesso di
soggiorno rilasciato da tale Stato membro per un periodo di validità pari o
superiore a un anno, e ha una fondata prospettiva di ottenere il diritto di
soggiornare in modo stabile, se i membri della sua famiglia sono cittadini di
paesi terzi, indipendentemente dal loro status giuridico.
2. La presente
direttiva non si applica quando il soggiornante:
(...)
c) è
autorizzato a soggiornare in uno Stato membro in virtù di forme sussidiarie di
protezione, conformemente agli obblighi internazionali, alle legislazioni
nazionali o alle prassi degli Stati membri, o abbia richiesto l’autorizzazione
a soggiornare per lo stesso motivo ed è in attesa di una decisione sul suo
status.
(...)
5. La presente
direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di adottare o
mantenere in vigore disposizioni più favorevoli».
6 L’articolo
4 della direttiva 2003/86, contenuto nel capo II della medesima, intitolato
«Familiari», al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:
«In virtù della presente direttiva e subordinatamente
alle condizioni stabilite al capo IV e all’articolo 16, gli Stati membri
autorizzano l’ingresso e il soggiorno dei seguenti familiari:
(...)
c) i figli
minorenni, compresi quelli adottati, del soggiornante, quando quest’ultimo sia
titolare dell’affidamento e responsabile del loro mantenimento. (...)
(...)
I figli minorenni di cui al presente articolo devono
avere un’età inferiore a quella in cui si diventa legalmente maggiorenni nello
Stato membro interessato e non devono essere coniugati.
(...)».
7 Ai
sensi dell’articolo 5 di tale direttiva, che figura nel capo III di
quest’ultima, intitolato «Presentazione ed esame della domanda»:
«1. Gli Stati membri
determinano se, per esercitare il diritto al ricongiungimento familiare, la
domanda di ingresso e di soggiorno debba essere presentata alle autorità
competenti dello Stato membro interessato dal soggiornante o dal familiare o
dai familiari.
2. La domanda è
corredata dei documenti che comprovano i vincoli familiari ed il rispetto delle
condizioni previste dagli articoli 4 e 6 e, nel caso siano applicabili, dagli
articoli 7 e 8, e di copie autenticate dei documenti di viaggio del membro o
dei familiari.
Ove opportuno, per ottenere la prova dell’esistenza di
vincoli familiari, gli Stati membri possono convocare per colloqui il
soggiornante e i suoi familiari e condurre altre indagini che ritengano
necessarie.
(...)
4. Non appena
possibile e comunque entro nove mesi dalla data di presentazione della domanda
le autorità competenti dello Stato membro comunicano per iscritto alla persona
che ha presentato la domanda la loro decisione.
In circostanze eccezionali dovute alla complessità della
domanda da esaminare, il termine di cui al comma precedente può essere
prorogato.
La decisione di rifiuto della domanda è debitamente
motivata. Eventuali conseguenze della mancata decisione allo scadere del
termine di cui al primo comma sono disciplinate dalla legislazione nazionale
dello Stato membro interessato.
5. Nell’esame della
domanda, gli Stati membri tengono nella dovuta considerazione l’interesse superiore
dei minori».
8 L’articolo
10 di tale direttiva, contenuto nel capo V della medesima, intitolato
«Ricongiungimento familiare dei rifugiati», al suo paragrafo 2 così dispone:
«Gli Stati membri possono autorizzare il
ricongiungimento di altri familiari non previsti all’articolo 4, qualora essi
siano a carico del rifugiato».
9 L’articolo
11 della direttiva 2003/86, contenuto nello stesso capo V, precisa quanto
segue:
«1. Per quanto
concerne la presentazione e l’esame delle domande si applicano le disposizioni
dell’articolo 5, fatto salvo il paragrafo 2 del presente articolo.
2. Qualora un
rifugiato non possa fornire documenti ufficiali che provino i suoi vincoli
familiari, gli Stati membri tengono conto anche di altri mezzi idonei a provare
l’esistenza di tali vincoli, da valutare conformemente alla legislazione
nazionale. Il rigetto della domanda non può essere motivato unicamente
dall’assenza di documenti probatori».
10 Il
capo VII di tale direttiva, relativo a «[s]anzioni e mezzi di ricorso»,
comprende i suoi articoli da 16 a 18.
11 L’articolo
16, paragrafo 2, della direttiva medesima è così formulato:
«Gli Stati membri possono inoltre respingere la domanda
d’ingresso e di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare, oppure
ritirare o rifiutare il rinnovo del permesso di soggiorno dei familiari se è
accertato che:
a) sono state
utilizzate informazioni false o ingannevoli, sono stati utilizzati documenti
falsi o falsificati, ovvero è stato fatto ricorso alla frode o ad altri mezzi
illeciti;
(...)».
12 L’articolo
17 della stessa direttiva prevede quanto segue:
«In caso di rigetto di una domanda, di ritiro o di
mancato rinnovo del permesso di soggiorno o di adozione di una misura di
allontanamento nei confronti del soggiornante o dei suoi familiari, gli Stati
membri prendono nella dovuta considerazione la natura e la solidità dei vincoli
familiari della persona e la durata del suo soggiorno nello Stato membro,
nonché l’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese
d’origine».
Orientamenti per l’applicazione della direttiva
2003/86
13 La
comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, del 3
aprile 2014, concernente gli orientamenti per l’applicazione della direttiva
2003/86 [COM(2014) 210; in prosieguo: gli «orientamenti»], contiene i seguenti
passaggi:
«(...)
3. Presentazione
ed esame della domanda
(...)
3.2. Documenti a
corredo della domanda
Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva
la domanda di ricongiungimento familiare deve essere corredata:
a) dei
documenti che comprovano i vincoli familiari;
(...)
Gli Stati membri dispongono di una certa discrezionalità
nel decidere sull’opportunità e necessità di verificare i documenti che comprovano
i vincoli familiari tramite colloqui o altre indagini, compreso l’esame del
DNA. In base ai criteri dell’opportunità e della necessità, tali indagini non
sono ammesse se sussistono altri mezzi idonei meno restrittivi per accertare
l’esistenza dei vincoli familiari. La domanda, i documenti che la corredano e
l’opportunità e la necessità di colloqui e altre indagini devono essere
valutati caso per caso.
(...)
6. Ricongiungimento
familiare dei beneficiari di protezione internazionale
6.1. Rifugiati
(...)
La
Commissione sottolinea che le disposizioni del capo V devono
essere lette alla luce dei principi di cui all’articolo 5, paragrafo 5, e
all’articolo 17. Pertanto, nell’esaminare le domande di ricongiungimento
familiare dei rifugiati, gli Stati membri devono procedere, in ogni singola
fattispecie, a una valutazione equilibrata e ragionevole di tutti gli interessi
in gioco, tenendo nella dovuta considerazione l’interesse superiore dei figli
minorenni (...). Nessun elemento preso separatamente può portare
automaticamente a una decisione; ciascuno va considerato solo come uno degli
elementi pertinenti (...).
(...)
6.1.2. Assenza
di documentali probatori ufficiali
Ai sensi dell’articolo 11, per quanto concerne la
presentazione e l’esame delle domande si applicano le disposizioni
dell’articolo 5, fatta salva la deroga relativa ai documentali probatori
ufficiali di cui all’articolo 11, paragrafo 2. Pertanto, in linea con
l’articolo 5, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che la domanda
sia corredata dei documenti che comprovano i vincoli familiari, e che possano
essere effettuati colloqui e altre indagini, se opportuno e necessario.
Tuttavia, per i rifugiati che sono stati costretti a
fuggire dal loro paese, e per i loro familiari, è spesso impossibile o
pericoloso produrre documenti ufficiali o mettersi in contatto con le autorità
consolari o diplomatiche del loro paese di origine.
L’articolo 11, paragrafo 2, è esplicito: senza lasciare
alcuna discrezionalità, dispone che l’assenza di documenti probatori non può
essere l’unico motivo del rigetto della domanda, e fa obbligo agli Stati
membri, in tali casi, di tener “conto anche di altri mezzi idonei a provare”
l’esistenza di tali vincoli. Poiché tali “altri mezzi idonei a provare” devono
essere valutati conformemente al diritto nazionale, gli Stati membri dispongono
di un certo margine di discrezionalità; tuttavia dovrebbero adottare norme
chiare che disciplinino tali condizioni in materia di prove. Esempi di “altri
mezzi idonei a provare” l’esistenza dei vincoli familiari sono le dichiarazioni
orali o scritte dei richiedenti, i colloqui con i familiari o le indagini sulla
situazione all’estero. Tali dichiarazioni possono poi, ad esempio, essere
corroborate da elementi di prova, quali documenti, materiale audiovisivo,
eventuali documenti o prove materiali (come diplomi, la prova di trasferimenti
di denaro, ecc.) o la conoscenza di fatti specifici.
La valutazione individuale di cui all’articolo 17 esige
che, nell’esaminare le prove fornite dal richiedente, gli Stati membri tengano
conto di tutti gli elementi pertinenti, tra cui l’età, il genere, il livello
d’istruzione, l’origine familiare e lo status sociale, nonché specifici aspetti
culturali. La Commissione
ritiene che se, nonostante l’esame di altri tipi di prova, permangono seri
dubbi o se esistono forti indizi di intenzioni fraudolente, si può ricorrere
all’esame del DNA come ultima ratio (...). In tali casi, gli Stati membri
dovrebbero osservare i principi dell’[Alto commissariato delle Nazioni Unite
per i rifugiati(HCR)] sull’esame del DNA (...).
(...)».
Diritto dei Paesi Bassi
14 Dalla
decisione di rinvio risulta che la direttiva 2003/86 è stata trasposta
nell’ordinamento giuridico dei Paesi Bassi dal Vreemdelingenwet 2000 (legge del
2000 sugli stranieri), dalla Vreemdelingencirculaire 2000 (circolare del 2000
sugli stranieri) e dalla Werkinstructie 2014/9 (istruzione di servizio 2014/9).
15 Il
giudice del rinvio, il rechtbank Den Haag zittingsplaats Haarlem (tribunale dell’Aia,
sede di Haarlem, Paesi Bassi), precisa che il Regno dei Paesi Bassi ha
trasposto le disposizioni più favorevoli del capo V di tale direttiva, relative
al ricongiungimento familiare dei rifugiati, comprese le disposizioni
facoltative ivi contenute. In particolare, il Regno dei Paesi Bassi ha scelto
di applicare tale direttiva ai beneficiari di protezione sussidiaria, anche se,
ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera c), della direttiva medesima,
quest’ultima non si applica loro. Il legislatore dei Paesi Bassi ha pertanto
reso tale capo V direttamente e incondizionatamente applicabile alla loro
situazione.
16 La
circolare del 2000 sugli stranieri e l’istruzione di servizio 2014/9 vertono,
in particolare, sulla valutazione della prova dell’esistenza dei legami
familiari tra il soggiornante e il cittadino di un paese terzo a favore del
quale è presentata la domanda di ricongiungimento familiare. Ne consegue che il
Segretario di Stato accoglie tale domanda qualora sia accertato che il cittadino
del paese terzo appartiene effettivamente alla famiglia del soggiornante.
17 A
tale riguardo, il soggiornante deve dimostrare, secondo il giudice del rinvio,
che il cittadino del paese terzo ha effettivamente fatto parte della propria
famiglia prima dell’arrivo del soggiornante nei Paesi Bassi e che tale vincolo
familiare effettivo non è stato spezzato. Anche se il soggiornante deve, in
linea di principio, apportare tale prova per mezzo di documenti, gli è tuttavia
possibile, in mancanza di tali documenti, fornire ulteriori informazioni o
spiegazioni plausibili, credibili e coerenti sull’effettiva appartenenza alla
propria famiglia del cittadino di un paese terzo di cui trattasi. In
particolare, per valutare se un minorenne appartenga effettivamente alla
famiglia del soggiornante, si tiene conto, segnatamente, della ragione per cui
il minorenne è stato accolto in tale famiglia.
18 Infine,
in caso di impossibilità di accertare l’esistenza di un effettivo vincolo
familiare per mezzo di documenti ufficiali o di un’analisi del DNA, è possibile
ricorrere a un colloquio con domande di identificazione. Il giudice del rinvio
precisa che ciò avviene in particolare per quanto riguarda i minorenni
nell’ambito della procedura di ricongiungimento familiare.
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
19 La
sig.ra A. e sua figlia risiedono regolarmente nei Paesi Bassi dall’11
marzo 2015 come beneficiarie di protezione sussidiaria, ai sensi dell’articolo
3, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2003/86. Il 16 aprile 2015 la
sig.ra A. ha presentato alle autorità competenti dei Paesi Bassi una
domanda di ricongiungimento familiare a favore di E.
20 A
sostegno di tale domanda, essa ha fornito una dichiarazione del Fronte di
Liberazione Eritreo del 6 aprile 2015 (in prosieguo: la «dichiarazione
dell’ELF»), da cui risulterebbe che essa è zia di E. e sua tutrice dopo la
morte dei suoi genitori biologici, avvenuta quando E. aveva cinque anni. Essa
ha inoltre affermato che quest’ultimo aveva vissuto con lei in Sudan dopo la
loro fuga dall’Eritrea, avvenuta nel 2013 quando E. aveva dieci anni, fino a
quando lei era partita per i Paesi Bassi. Attualmente E. risiederebbe ancora in
Sudan presso una famiglia affidataria.
21 Con
decisione del 12 maggio 2016 il Segretario di Stato ha respinto la domanda di
ricongiungimento familiare.
22 Il
Segretario di Stato si è anzitutto basato sul fatto che non era stato fornito
alcun documento ufficiale relativo all’effettività dei vincoli familiari tra E.
e la sig.ra A., dal momento che l’unico documento prodotto a tal fine,
vale a dire la dichiarazione dell’ELF, era stato emesso in modo non
autorizzato. Il Segretario di Stato ha poi constatato che non era stata fornita
alcuna spiegazione plausibile circa l’impossibilità di fornire documenti
ufficiali, considerando che l’Eritrea rilascia questo tipo di documenti, quali
certificati di morte e di tutela, carte d’identità o ancora tessere scolastiche
o studentesche. Il Segretario di Stato ha aggiunto infine che, in tali
circostanze, la domanda di ricongiungimento familiare poteva essere respinta
senza che fosse necessario organizzare un colloquio con E. o con la
sig.ra A. al fine di stabilire l’effettività del loro vincolo familiare.
23 Il
ricorso proposto contro tale decisione è stato respinto con una decisione
confermativa del 27 ottobre 2016.
24 Poiché
dinanzi al giudice del rinvio era stato proposto un ricorso di annullamento
contro il rigetto della domanda di ricongiungimento familiare di cui al
procedimento principale, il 18 maggio 2017 si è tenuta un’udienza. La causa è
stata quindi riassegnata a una formazione collegiale e una seconda udienza si è
tenuta il 13 settembre 2017.
25 Il
giudice del rinvio precisa che, nel corso di quest’ultima udienza, il
Segretario di Stato ha abbandonato le sue obiezioni relative all’identità di E.
e della sig.ra A., nonché all’esistenza di un legame biologico tra queste
due persone. Analogamente, il Segretario di Stato ha rinunciato a invocare
l’assenza di documenti ufficiali per quanto riguarda la tutela della
sig.ra A. su E., poiché nel diritto eritreo una siffatta tutela sarebbe
conferita ex lege. Ne consegue, secondo tale giudice, che i soli elementi
ancora contestati nel procedimento principale sono quelli vertenti sull’assenza
di certificati di morte dei genitori biologici di E. e sulla plausibilità delle
spiegazioni fornite a tale proposito dalla sig.ra A.
26 Il
giudice del rinvio nutre dubbi circa l’interpretazione dell’articolo 11,
paragrafo 2, della direttiva 2003/86 e, in particolare, si chiede se lo Stato
membro in questione sia obbligato a «[tener] conto anche di altri mezzi idonei
a provare l’esistenza [dei vincoli familiari]» nel caso in cui il rifugiato non
fornisca alcuna spiegazione plausibile della sua incapacità di fornire
documenti ufficiali.
27 Lo
stesso giudice si interroga tuttavia, alla luce della sentenza del 18 ottobre
2012, Nolan (C‑583/10, EU:C:2012:638, punti da 53 a 56), sulla competenza della
Corte a rispondere a una questione come quella di cui al procedimento
principale, rilevando che, sebbene la situazione della sig.ra A. in quanto
semplice beneficiaria della protezione sussidiaria esuli dall’ambito di
applicazione delle disposizioni di tale direttiva, il diritto dei Paesi Bassi
ha reso queste ultime applicabili a una siffatta situazione in modo diretto e
incondizionato.
28 In
simili circostanze, il rechtbank Den Haag, zittingsplaats Haarlem (tribunale
dell’Aia, sede di Haarlem) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre
alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se, in
considerazione dell’articolo 3, paragrafo 2, [lettera] c), della [direttiva
2003/86] e della sentenza [del 18 ottobre 2012,] Nolan (C‑583/10,
EU:C:2012:638), la Corte
sia competente a rispondere a questioni pregiudiziali presentate dai giudici
dei Paesi Bassi sull’interpretazione di disposizioni della menzionata
[direttiva 2003/86] in un procedimento vertente sul diritto di soggiorno di un
familiare di un avente diritto a protezione sussidiaria, posto che detta
direttiva nel diritto dei Paesi Bassi è stata dichiarata direttamente e
incondizionatamente applicabile agli aventi diritto alla protezione sussidiaria
(…);
2) Se
l’articolo 11, paragrafo 2, della [direttiva 2003/86] debba essere interpretato
nel senso che osta al rigetto di una domanda di ricongiungimento familiare di
un rifugiato solo per il fatto che quest’ultimo, nella sua domanda, non
presenta documenti ufficiali che provino il vincolo familiare,
o
se l’articolo 11, paragrafo 2, della [direttiva 2003/86]
debba essere interpretato nel senso che osta al rigetto di una domanda di
ricongiungimento familiare di un rifugiato unicamente a causa dell’assenza di
documenti ufficiali, che provino il vincolo familiare, solo se il rifugiato in
questione ha fornito una spiegazione plausibile del fatto di non aver
presentato tali documenti e della sua affermazione di non essere in grado di
produrli».
Procedimento dinanzi alla Corte
29 Il
giudice del rinvio ha chiesto di trattare il presente rinvio pregiudiziale con
il procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto dall’articolo 107 del
regolamento di procedura della Corte.
30 Il
23 novembre 2017 la
Prima Sezione della Corte ha deciso, dopo aver sentito
l’avvocato generale, che non vi era luogo di accogliere tale domanda.
31 Tuttavia,
con decisione del 27 novembre 2017, il presidente della Corte ha concesso di
trattare la presente causa in via prioritaria, conformemente all’articolo 53,
paragrafo 3, del regolamento di procedura della Corte.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
32 Con
la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se la Corte sia competente, ai
sensi dell’articolo 267 TFUE, a interpretare l’articolo 11, paragrafo 2,
della direttiva 2003/86 in una situazione come quella di cui al procedimento
principale, in cui un giudice è chiamato a pronunciarsi su una domanda di
ricongiungimento familiare presentata da un beneficiario dello status conferito
dalla protezione sussidiaria, qualora tale disposizione sia stata resa
applicabile a una situazione siffatta, in modo diretto e incondizionato, dal
diritto nazionale.
33 L’articolo
3, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2003/86, precisa, in particolare,
che tale direttiva non si applica quando il soggiornante è un cittadino di un
paese terzo, autorizzato a soggiornare in uno Stato membro in virtù di forme
sussidiarie di protezione, conformemente agli obblighi internazionali, alle
legislazioni nazionali o alle prassi degli Stati membri.
34 Ne
risulta che la direttiva 2003/86 deve essere interpretata nel senso che essa
non si applica a cittadini di paesi terzi familiari di un beneficiario dello
status conferito dalla protezione sussidiaria, quale la sig.ra A. (sentenza
del 7 novembre 2018, K e B, C‑380/17, EU:C:2018:877, punto 33).
35 Da
una giurisprudenza costante della Corte risulta tuttavia che quest’ultima è
competente a statuire su una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente su
disposizioni del diritto dell’Unione, in situazioni in cui, anche se i fatti
del procedimento principale non rientrano direttamente nell’ambito di
applicazione di tale diritto, le disposizioni di detto diritto sono state rese
applicabili dal diritto nazionale in forza di un rinvio operato da quest’ultimo
al contenuto delle medesime (sentenza del 7 novembre 2018, K e B, C‑380/17,
EU:C:2018:877, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).
36 Infatti,
in simili situazioni, sussiste un interesse certo dell’Unione europea a che,
per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni riprese dal
diritto dell’Unione ricevano un’interpretazione uniforme (sentenza del 7
novembre 2018, K e B, C‑380/17, EU:C:2018:877, punto 35 e giurisprudenza ivi
citata).
37 Pertanto,
un’interpretazione, da parte della Corte, di disposizioni del diritto
dell’Unione in situazioni non rientranti nell’ambito di applicazione di queste
ultime si giustifica quando tali disposizioni sono state rese applicabili a
siffatte situazioni dal diritto nazionale in modo diretto e incondizionato, al
fine di assicurare un trattamento identico a dette situazioni e a quelle
rientranti nell’ambito di applicazione di tali disposizioni (sentenza del 7
novembre 2018, K e B, C‑380/17, EU:C:2018:877, punto 36 e giurisprudenza ivi
citata).
38 Nel
caso di specie, il giudice del rinvio, che è il solo competente a interpretare
il diritto nazionale nell’ambito del sistema di cooperazione giudiziaria
istituito dall’articolo 267 TFUE (v., per analogia, sentenza del 7 novembre
2018, K e B, C‑380/17, EU:C:2018:877, punto 37 e giurisprudenza ivi citata), ha
precisato che il legislatore dei Paesi Bassi ha scelto di garantire ai
beneficiari dello status conferito dalla protezione sussidiaria un trattamento
più favorevole di quello previsto dalla direttiva 2003/86, applicando loro le
norme relative ai rifugiati previste da tale direttiva. Detto giudice ne ha
dedotto di essere tenuto, ai sensi del diritto dei Paesi Bassi, ad applicare
nel procedimento principale l’articolo 11, paragrafo 2, di tale direttiva.
39 In
simili circostanze, si deve ritenere che tale disposizione sia stata resa
applicabile in modo diretto e incondizionato dal diritto dei Paesi Bassi a
situazioni come quella di cui al procedimento principale e che sussista
pertanto un sicuro interesse dell’Unione a che la Corte si pronunci sulla
domanda di pronuncia pregiudiziale (v., per analogia, sentenza del 7 novembre
2018, K e B, C‑380/17, EU:C:2018:877, punto 38).
40 Infatti,
la Corte ha già
dichiarato che, ove il requisito di cui al punto 37 della presente sentenza sia
soddisfatto, la propria competenza può anche essere dimostrata in situazioni
che rientrano in un caso di esclusione dall’ambito di applicazione di un atto
dell’Unione (sentenza del 7 novembre 2018, C e A, C‑257/17, EU:C:2018:876,
punto 37 e giurisprudenza ivi citata).
41 In
tale contesto, la competenza della Corte non può ragionevolmente variare a
seconda che l’ambito di applicazione della disposizione pertinente sia stato
delimitato per mezzo di una definizione positiva o mediate la definizione di
taluni casi di esclusione, potendo tali due tecniche legislative essere usate
indifferentemente (sentenza del 7 novembre 2018, C e A, C‑257/17,
EU:C:2018:876, punto 39).
42 Inoltre,
anche se il giudice del rinvio espone che i suoi dubbi quanto alla competenza
della Corte risultano dalla sentenza del 18 ottobre 2012, Nolan (C‑583/10,
EU:C:2012:638), si deve rilevare che la causa che ha dato luogo a tale sentenza
era caratterizzata da specificità che non si ritrovano nel procedimento
principale (v., per analogia, sentenza del 7 novembre 2018, C e A, C‑257/17,
EU:C:2018:876, punti da 41 a 43).
43 Alla
luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima questione
dichiarando che la Corte
è competente, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, a interpretare l’articolo
11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86, in una situazione come quella di cui
al procedimento principale, in cui il giudice del rinvio è chiamato a
pronunciarsi su una domanda di ricongiungimento familiare presentata da un
beneficiario dello status conferito dalla protezione sussidiaria, qualora tale
disposizione sia stata resa applicabile a una situazione siffatta, in modo
diretto e incondizionato, dal diritto nazionale.
Sulla seconda questione
44 Con
la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se
l’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86 debba essere interpretato
nel senso che esso osta – in circostanze come quelle di cui al procedimento
principale, in cui una domanda di ricongiungimento familiare è stata presentata
da una soggiornante, che beneficia dello status conferito dalla protezione
sussidiaria, a favore di un minorenne di cui essa è la zia e asseritamente la
tutrice, il quale risiede come rifugiato e senza vincoli familiari in un paese
terzo – a che tale domanda sia respinta per il solo motivo che la
soggiornante non ha fornito i documenti ufficiali attestanti la morte dei
genitori biologici del minorenne, e pertanto l’effettività dei propri vincoli
familiari con il medesimo, e che la spiegazione fornita dalla soggiornante per
giustificare la propria incapacità di produrre siffatti documenti è stata
ritenuta non plausibile dalle autorità competenti, sulla semplice base delle informazioni
generali disponibili relativamente alla situazione nel paese di origine, senza
prendere in considerazione la situazione concreta della soggiornante e del
minorenne, nonché le specifiche difficoltà che essi hanno dovuto affrontare, a
quanto riportano, prima e dopo la fuga dal loro paese di origine.
Sull’obiettivo perseguito dalla direttiva 2003/86
45 A
tale riguardo, occorre rilevare che l’obiettivo perseguito dalla direttiva
2003/86 consiste nel favorire il ricongiungimento familiare e che tale
direttiva mira inoltre a concedere una protezione ai cittadini di paesi terzi,
segnatamente ai minori (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2012, O
e a., C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 69).
46 In
tale contesto, l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva in esame impone agli
Stati membri obblighi positivi precisi, cui corrispondono diritti soggettivi
chiaramente definiti. Esso impone loro, nelle ipotesi contemplate da tale
direttiva, di autorizzare il ricongiungimento familiare di taluni familiari del
soggiornante senza potersi avvalere di discrezionalità (sentenze del 27 giugno
2006, Parlamento/Consiglio, C‑540/03, EU:C:2006:429, punto 60, nonché del 6
dicembre 2012, O e a., C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 70).
47 Tra
i familiari del soggiornante dei quali lo Stato membro interessato deve
autorizzare l’ingresso e il soggiorno sono inclusi, ai sensi dell’articolo 4,
paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/86 «i figli minorenni, compresi
quelli adottati, del soggiornante, quando quest’ultimo sia titolare
dell’affidamento e responsabile del loro mantenimento».
48 Inoltre,
ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2003/86, gli Stati
membri possono autorizzare il ricongiungimento di altri familiari non previsti
all’articolo 4 di tale direttiva, qualora essi siano a carico del rifugiato.
49 A
tale riguardo, il giudice del rinvio ha precisato che il diritto dei Paesi
Bassi autorizza il ricongiungimento familiare dei minorenni a cui il
soggiornante è legato da vincoli familiari effettivi e che le autorità dei
Paesi Bassi sono tenute ad autorizzare il ricongiungimento familiare richiesto
se è accertata l’esistenza di un vincolo familiare tra il soggiornante e un
minorenne.
50 Nel
caso di specie, poiché la sig.ra A. sostiene di essere la tutrice di E.,
sembra che la domanda di ricongiungimento familiare in questione nel
procedimento principale possa rientrare, quantomeno, nella situazione di cui
all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2003/86 e che, se tale ipotesi
fosse accertata, il diritto dei Paesi Bassi imporrebbe alle autorità di tale
paese di autorizzare il ricongiungimento familiare richiesto.
51 Pertanto,
per ragioni analoghe a quelle esposte al punto 38 della presente sentenza, si
deve considerare che l’articolo 11 di tale direttiva è stato reso applicabile
dal diritto dei Paesi Bassi a una situazione come quella di cui al procedimento
principale.
Sulla valutazione, che deve essere effettuata dalle
autorità nazionali competenti, di una richiesta di ricongiungimento familiare
52 Per
quanto riguarda la valutazione che spetta alle autorità nazionali competenti
effettuare, sia dall’articolo 5, paragrafo 2, sia dall’articolo 11, paragrafo
2, della direttiva 2003/86 risulta che tali autorità dispongono di un margine
discrezionale, in particolare, nel valutare l’esistenza o meno di vincoli
familiari, valutazione che deve avvenire conformemente al diritto nazionale
(v., in tal senso, sentenze del 27 giugno 2006, Parlamento/Consiglio, C‑540/03,
EU:C:2006:429, punto 59, nonché del 6 dicembre 2012, O e a., C‑356/11 e C‑357/11,
EU:C:2012:776, punto 74).
53 Tuttavia,
il margine discrezionale riconosciuto agli Stati membri non deve essere
impiegato dagli stessi in un modo che pregiudicherebbe l’obiettivo della
direttiva 2003/86 e il suo effetto utile. Inoltre, come emerge dal considerando
2 di tale direttiva, quest’ultima riconosce i diritti fondamentali e rispetta i
principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
(in prosieguo: la «Carta») (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2012, O
e a., C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punti 74 e 75).
54 Spetta
pertanto agli Stati membri non solo interpretare il loro diritto nazionale in
modo conforme al diritto dell’Unione, ma anche provvedere a non fondarsi su
un’interpretazione di un testo di diritto derivato contrastante con i diritti
fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico dell’Unione (v., in tal senso,
sentenze del 27 giugno 2006, Parlamento/Consiglio, C‑540/03, EU:C:2006:429,
punto 105; del 23 dicembre 2009, Detiček, C‑403/09 PPU, EU:C:2009:810,
punto 34, nonché del 6 dicembre 2012, O e a., C‑356/11 e C‑357/11,
EU:C:2012:776, punto 78).
55 Orbene,
l’articolo 7 della Carta, che riconosce il diritto al rispetto della vita
privata e della vita familiare, deve essere letto in correlazione con l’obbligo
di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore, sancito
all’articolo 24, paragrafo 2, della Carta, e tenendo conto della necessità per
un minore di intrattenere regolarmente relazioni personali con i due genitori,
necessità affermata all’articolo 24, paragrafo 3, della Carta (sentenza del 27
giugno 2006, Parlamento/Consiglio, C‑540/03, EU:C:2006:429, punto 58).
56 Ne
consegue che le disposizioni della direttiva 2003/86 devono essere interpretate
e applicate alla luce dell’articolo 7 e dell’articolo 24, paragrafi 2 e 3,
della Carta, come risulta del resto dai termini del considerando 2 e
dall’articolo 5, paragrafo 5, di tale direttiva, che impongono agli Stati
membri di esaminare le domande di ricongiungimento in questione nell’interesse
dei minori coinvolti e nell’ottica di favorire la vita familiare (sentenza del
6 dicembre 2012, O e a., C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 80).
57 A
tale riguardo, spetta alle autorità nazionali competenti procedere a una
valutazione equilibrata e ragionevole di tutti gli interessi in gioco, tenendo
conto in particolare di quelli dei minori coinvolti (sentenza del 6 dicembre
2012, O e a., C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 81).
58 Si
deve inoltre tener conto dell’articolo 17 della direttiva 2003/86, che impone
un’individualizzazione dell’esame delle domande di ricongiungimento (sentenze
del 9 luglio 2015, K e A, C‑153/14, EU:C:2015:453, punto 60, nonché del 21
aprile 2016, Khachab, C‑558/14, EU:C:2016:285, punto 43), che deve prendere in
debita considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari della
persona, la durata della residenza nello Stato membro nonché l’esistenza di
legami familiari, culturali o sociali con il rispettivo paese di origine
(sentenza del 27 giugno 2006, Parlamento/Consiglio, C‑540/03, EU:C:2006:429,
punto 64).
59 Di
conseguenza, spetta alle autorità nazionali competenti, in sede di attuazione
della direttiva 2003/86 e di esame delle domande di ricongiungimento familiare,
procedere, in particolare, a una valutazione individuale che tenga conto di
tutti gli elementi rilevanti del caso di specie e che, ove necessario, presti
particolare attenzione agli interessi dei minori coinvolti e all’ottica di
favorire la vita familiare. In particolare, circostanze quali l’età dei minori
coinvolti, la loro situazione nel paese di origine e il loro grado di
dipendenza dai genitori possono incidere sulla portata e sull’intensità
dell’esame richiesto (v., in tal senso, sentenza del 27 giugno 2006,
Parlamento/Consiglio, C‑540/03, EU:C:2006:429, punto 56). In ogni caso, come
indicato al punto 6.1 degli orientamenti, nessun elemento preso separatamente
può portare automaticamente a una decisione.
Sugli obblighi del soggiornante nonché del suo
familiare interessato dalla domanda di ricongiungimento familiare
60 Per
quanto riguarda gli obblighi del soggiornante nonché del suo familiare
interessato dalla domanda di ricongiungimento familiare, occorre ricordare che,
conformemente all’articolo 5, paragrafo 2, primo comma, della direttiva
2003/86, una simile domanda deve essere corredata, in particolare, di
«documenti che comprovano i vincoli familiari». L’articolo 11, paragrafo 2, di
tale direttiva precisa che detti documenti devono avere un carattere
«ufficiale» e che, in loro mancanza, «gli Stati membri tengono conto anche di
altri mezzi idonei a provare l’esistenza di tali vincoli». Quanto all’articolo
5, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva in esame, esso dispone che, ove
«opportuno, per ottenere la prova dell’esistenza di vincoli familiari, gli
Stati membri possono convocare per colloqui il soggiornante e i suoi familiari
e condurre altre indagini che ritengano necessarie».
61 Orbene,
come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 57 e 71 delle sue
conclusioni, da tali disposizioni risulta che il soggiornante e il familiare
interessato dalla domanda di ricongiungimento familiare sono tenuti a cooperare
con le autorità nazionali competenti, segnatamente ai fini dell’accertamento
della loro identità, dell’esistenza dei loro vincoli familiari, nonché delle
ragioni che giustificano la loro domanda, il che comporta dover fornire, per
quanto possibile, i documenti richiesti ed eventualmente le spiegazioni e
informazioni sollecitate (v., per analogia, sentenza del 14 settembre 2017, K.,
C‑18/16, EU:C:2017:680, punto 38).
62 Tale
obbligo di cooperare implica pertanto che il soggiornante o il suo familiare
interessato dalla domanda di ricongiungimento familiare forniscano tutti gli
elementi di prova pertinenti per valutare l’effettività dei vincoli familiari
che allegano, ma anche che rispondano alle domande e alle richieste ad essi
rivolte a tale riguardo dalle competenti autorità nazionali, che rimangano a
disposizione di tali autorità per colloqui o altre indagini e che spieghino, in
caso di impossibilità di fornire documenti ufficiali attestanti i loro vincoli
familiari, le ragioni per cui non sono in grado di fornire tali documenti.
Sull’esame degli elementi di prova forniti e delle
dichiarazioni prodotte
63 Per
quanto riguarda l’esame, da parte delle autorità nazionali competenti, del
carattere probatorio o plausibile degli elementi di prova, delle dichiarazioni
o delle spiegazioni in tal modo fornite dal soggiornante o dal suo familiare
interessato dalla domanda di ricongiungimento familiare, la valutazione
individuale richiesta impone a tali autorità di tenere conto di tutti gli
elementi pertinenti, tra cui l’età, il genere, il livello d’istruzione,
l’origine familiare e lo status sociale del soggiornante o del suo familiare
interessato, nonché gli specifici aspetti culturali, come indicato anche al
punto 6.1.2 degli orientamenti.
64 Come
rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 65, 66, 77, 79 e 81 delle sue
conclusioni, ne consegue che tali elementi, dichiarazioni e spiegazioni
forniti, da un lato devono essere valutati oggettivamente, tenendo conto delle
informazioni sia generali sia specifiche pertinenti, obiettive, affidabili,
precise e aggiornate sulla situazione nel paese di origine, compresi, in
particolare, lo stato della legislazione e il modo di applicarla, il
funzionamento dei servizi amministrativi e, se del caso, l’esistenza di carenze
riguardanti determinate località o determinati gruppi di persone in tale paese.
65 Dall’altro,
le autorità nazionali devono tenere in considerazione anche la personalità del
soggiornante o del suo familiare interessato dalla domanda di ricongiungimento
familiare, la situazione concreta in cui si trovano e le specifiche difficoltà
che devono affrontare, di modo che i requisiti che possono essere imposti per
quanto attiene al carattere probatorio o plausibile degli elementi forniti dal
soggiornante o dal familiare, in particolare al fine di determinare
l’incapacità di fornire documenti ufficiali che comprovano i vincoli familiari,
devono essere proporzionati e dipendono dalla natura e dal livello delle
difficoltà cui essi sono esposti.
66 Infatti,
ai sensi del considerando 8 della direttiva 2003/86, la situazione dei
rifugiati richiede un’attenzione particolare, in considerazione delle ragioni
che hanno costretto queste persone a fuggire dal loro paese e che impediscono
loro di vivere là una normale vita familiare. Come precisato parimenti al punto
6.1.2 degli orientamenti, la situazione particolare dei rifugiati presuppone
che spesso è impossibile o pericoloso per i rifugiati o per i loro familiari
produrre documenti ufficiali o mettersi in contatto con le autorità consolari o
diplomatiche del loro paese di origine.
67 Inoltre,
dalle considerazioni che precedono si evince che, se il soggiornante viene meno
in modo flagrante al dovere di cooperazione che incombe su di esso o se risulta
chiaramente, sulla base di elementi oggettivi a disposizione delle autorità
nazionali competenti, che la domanda di ricongiungimento familiare ha carattere
fraudolento, tali autorità nazionali hanno il diritto di respingerla.
68 Per
contro, non verificandosi siffatte circostanze, la mancanza di documenti
ufficiali che comprovano i vincoli familiari nonché l’eventuale implausibilità
delle spiegazioni fornite a tale proposito devono essere considerate semplici
elementi di cui tener conto nella valutazione individuale di tutti gli elementi
pertinenti del caso di specie e non esimono le autorità nazionali competenti
dall’obbligo, previsto all’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86,
di prendere in considerazione altri mezzi di prova.
69 Come
infatti anche il punto 6.1.2 degli orientamenti ricorda, l’articolo 11,
paragrafo 2, di tale direttiva dispone esplicitamente, senza lasciare alcuna
discrezionalità a tale proposito, che l’assenza di documenti probatori non può
essere l’unico motivo del rigetto della domanda, e fa obbligo agli Stati
membri, in tali casi, di tener conto anche di altri mezzi idonei a provare
l’esistenza dei vincoli familiari.
Sulla conformità ai requisiti della direttiva
2003/86 dell’esame da parte del Segretario di Stato della domanda di cui al
procedimento principale
70 Nel
caso di specie, nelle sue decisioni del 12 maggio 2016 e del 27 ottobre 2016,
il Segretario di Stato ha ritenuto, in particolare, che la sig.ra A. non
avesse fornito alcun documento ufficiale relativo alla morte dei genitori di E.
e alla tutela da essa esercitata sul minore né fornito spiegazioni plausibili
quanto alla sua incapacità di fornire siffatti documenti, ove invece, secondo
il Segretario di Stato, in Eritrea era possibile ottenere questo tipo di
documenti.
71 È
tuttavia pacifico che, all’udienza del 13 settembre 2017 dinanzi al giudice del
rinvio, il Segretario di Stato ha abbandonato la sua obiezione relativa alla
mancanza di documenti ufficiali relativi all’esistenza della tutela esercitata
dalla sig.ra A. su E., dopo aver constatato che, nel diritto eritreo,
siffatta tutela era conferita ex lege.
72 Ne
consegue che la decisione di rigetto della domanda di ricongiungimento
familiare di cui al procedimento principale è ormai basata soltanto sulla
mancanza di certificati di morte dei genitori biologici di E. e
sull’implausibilità delle spiegazioni fornite a tale proposito dalla
sig.ra A.
73 In
udienza dinanzi alla Corte, il governo dei Paesi Bassi ha sostenuto che sarebbe
necessario accertare la morte dei genitori biologici di E. al fine di escludere
le ipotesi di sottrazione di minori o addirittura di una tratta di esseri
umani.
74 Orbene,
e fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, occorre
constatare, in primo luogo, che dal fascicolo a disposizione della Corte non
risulta alcuna violazione del dovere di cooperazione che incombe sulla
sig.ra A. È infatti pacifico che quest’ultima ha risposto a tutte le
domande e richieste che le sono state poste dal Segretario di Stato durante il
procedimento amministrativo e che, in particolare, essa ha esposto le ragioni
per cui lei stessa ed E. si erano trovati, dal suo punto di vista,
nell’incapacità di fornire i documenti ufficiali che comprovano i vincoli
familiari richiesti da dette autorità.
75 Riguardo
a quest’ultimo punto, come risulta dal fascicolo a disposizione della Corte, la
sig.ra A. ha sostenuto, anzitutto, che il rilascio di certificati di morte
in Eritrea non rientrerebbe nella competenza dei servizi di stato civile di
Asmara (Eritrea), bensì in quella delle amministrazioni locali, presso cui la
procedura di rilascio varierebbe notevolmente a seconda della località. La
sig.ra A. ha poi sottolineato di non aver mai posseduto siffatti certificati,
dal momento che è originaria di un piccolo villaggio, usciva di casa solo per
necessità e il possesso di certificati di morte era inusuale. Infine, sarebbe
impossibile ottenere oggi i suddetti certificati, dato che lei ed E. avevano
lasciato l’Eritrea illegalmente, di modo che la richiesta di siffatti
certificati tramite conoscenti locali li avrebbe eventualmente esposti
all’accusa di «condotte che integrano la diaspora» e avrebbe fatto correre
pericoli alla loro famiglia rimasta in Eritrea e il rischio di dover pagare una
«tassa sulla diaspora».
76 In
secondo luogo, dal medesimo fascicolo si evince che, anche se il Segretario di
Stato ha tenuto conto, ai fini dell’esame della plausibilità delle spiegazioni
fornite dalla sig.ra A. delle informazioni generali disponibili relative
alla situazione in Eritrea, non appare chiaramente che esso ha tenuto conto del
modo in cui viene applicata la normativa pertinente né del fatto che il
funzionamento dei servizi di stato civile di tale paese dipende eventualmente
dai diversi contesti locali. Inoltre, tale fascicolo non consente nemmeno di
verificare se, ed eventualmente in quale misura, il Segretario di Stato ha
tenuto conto della personalità e della situazione concreta della sig.ra A.
e di E. nonché delle specifiche difficoltà che essi si sono trovati ad
affrontare, secondo quanto riferiscono, prima e dopo la fuga dal loro paese di
origine.
77 In
terzo luogo, nessun elemento del fascicolo a disposizione della Corte evidenzia
che il Segretario di Stato avrebbe tenuto conto dell’età di E., della sua
situazione di rifugiato in Sudan, paese in cui, stando alle informazioni
fornite dalla sig.ra A., egli vivrebbe presso una famiglia affidataria
senza alcun legame familiare, o l’interesse superiore di detto minore, come si
presenterebbe in simili circostanze. Orbene, se le affermazioni della
sig.ra A. dovessero risultare veritiere, l’accoglimento della domanda di
ricongiungimento familiare di cui al procedimento principale potrebbe essere
l’unico mezzo di garantire a E. la possibilità di crescere all’interno della
famiglia. Orbene, come è stato rilevato al punto 59 della presente sentenza,
siffatte circostanze sono tali da influire sulla portata e sull’intensità
dell’esame richiesto.
78 Se
è pur vero che le autorità nazionali competenti possono ricorrere a procedure
finalizzate a individuare le domande fraudolente di ricongiungimento familiare
in un contesto di sottrazione di minori o addirittura di tratta di esseri
umani, come giustamente rilevato dal governo dei Paesi Bassi, tale circostanza
non dispensa dette autorità dall’obbligo di tenere conto dell’interesse
superiore di un minore che si trovi potenzialmente in circostanze come quelle
descritte dalla sig.ra A.
79 Inoltre,
la mancanza di un certificato di morte dei genitori biologici e l’insufficiente
plausibilità delle spiegazioni fornite per giustificare tale mancanza non
possono di per sé consentire di concludere nel senso che una domanda di
ricongiungimento familiare esaminata si situi necessariamente in un contesto di
sottrazione di minori o di tratta di esseri umani. A tale riguardo,
dall’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86 – secondo cui lo
Stato membro interessato tiene conto di altri mezzi idonei a provare
l’esistenza dei vincoli familiari e non può basarsi unicamente sull’assenza di
documenti probatori, letto alla luce dell’articolo 7 e dell’articolo 24,
paragrafi 2 e 3, della Carta – risulta che le autorità nazionali possono,
a seconda delle circostanze del caso di specie, essere tenute a procedere a
ulteriori verifiche necessarie, quali un colloquio con il soggiornante, al fine
di escludere l’esistenza di simili fenomeni.
80 Spetta
al giudice del rinvio, che è l’unico ad avere una conoscenza diretta della
controversia sottopostagli, verificare, tenendo conto degli elementi indicati
nei punti precedenti, se l’esame, condotto dal Segretario di Stato, della
domanda di cui al procedimento principale sia conforme ai requisiti della
direttiva 2003/86.
81 Alla
luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla
seconda questione dichiarando che l’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva
2003/86 deve essere interpretato nel senso che esso osta – in circostanze
come quelle di cui al procedimento principale, in cui una domanda di
ricongiungimento familiare è stata presentata da una soggiornante, che
beneficia dello status conferito dalla protezione sussidiaria, a favore di un
minorenne di cui essa è la zia e asseritamente la tutrice, il quale risiede come
rifugiato e senza vincoli familiari in un paese terzo – a che tale domanda
sia respinta per il solo motivo che la soggiornante non ha fornito i documenti
ufficiali attestanti la morte dei genitori biologici del minorenne, e pertanto
l’effettività dei propri vincoli familiari con il medesimo, e che la
spiegazione fornita dalla soggiornante per giustificare la propria incapacità
di produrre siffatti documenti è stata ritenuta non plausibile dalle autorità
competenti, sulla semplice base delle informazioni generali disponibili
relativamente alla situazione nel paese di origine, senza prendere in
considerazione la situazione concreta della soggiornante e del minorenne,
nonché le specifiche difficoltà che essi hanno dovuto affrontare, stando a
quanto essi riportano, prima e dopo la fuga dal loro paese di origine.
Sulle spese
82 Nei
confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce
un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire
sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni
alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione)
dichiara:
1) La Corte di giustizia
dell’Unione europea è competente, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, a
interpretare l’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86/CE del
Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento
familiare, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, in
cui il giudice del rinvio è chiamato a pronunciarsi su una domanda di
ricongiungimento familiare presentata da un beneficiario dello status conferito
dalla protezione sussidiaria, qualora tale disposizione sia stata resa
applicabile a una situazione siffatta, in modo diretto e incondizionato, dal
diritto nazionale.
2) L’articolo 11,
paragrafo 2, della direttiva 2003/86 deve essere interpretato nel senso che
esso osta – in circostanze come quelle di cui al procedimento principale,
in cui una domanda di ricongiungimento familiare è stata presentata da una
soggiornante, che beneficia dello status conferito dalla protezione
sussidiaria, a favore di un minorenne di cui essa è la zia e asseritamente la
tutrice, il quale risiede come rifugiato e senza vincoli familiari in un paese
terzo – a che tale domanda sia respinta per il solo motivo che la
soggiornante non ha fornito i documenti ufficiali attestanti la morte dei
genitori biologici del minorenne, e pertanto l’effettività dei propri vincoli
familiari con il medesimo, e che la spiegazione fornita dalla soggiornante per
giustificare la propria incapacità di produrre siffatti documenti è stata
ritenuta non plausibile dalle autorità competenti, sulla semplice base delle
informazioni generali disponibili relativamente alla situazione nel paese di
origine, senza prendere in considerazione la situazione concreta della
soggiornante e del minorenne, nonché le specifiche difficoltà che essi hanno
dovuto affrontare, stando a quanto essi riportano, prima e dopo la fuga dal
loro paese di origine.
Dal sito http://curia.europa.eu