giovedì 27 luglio 2017




Corte di Giustizia UE 26 luglio 2017, n. C-490/16

Rinvio pregiudiziale – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Determinazione dello Stato membro competente ad esaminare una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo – Arrivo di un numero eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi intenzionati ad ottenere una protezione internazionale – Organizzazione dell’attraversamento della frontiera ad opera delle autorità di uno Stato membro ai fini del transito verso un altro Stato membro – Ingresso autorizzato in virtù di una deroga per ragioni umanitarie – Articolo 13 – Attraversamento irregolare di una frontiera esterna – Termine di dodici mesi a partire dall’attraversamento della frontiera – Articolo 27 – Mezzo di ricorso – Portata del sindacato giurisdizionale – Articolo 29 – Termine di sei mesi per eseguire il trasferimento – Calcolo dei termini – Proposizione di un ricorso – Effetto sospensivo






1)      L’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, letto alla luce del considerando 19 del medesimo regolamento, deve essere interpretato nel senso che un richiedente la protezione internazionale può far valere, nell’ambito di un ricorso proposto contro una decisione di trasferimento adottata nei suoi confronti, l’erronea applicazione del criterio di competenza attinente all’attraversamento irregolare della frontiera di uno Stato membro, enunciato all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento sopra citato.
2)      L’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 604/2013 deve essere interpretato nel senso che un cittadino di un paese terzo, il cui ingresso sia stato tollerato, dalle autorità di un primo Stato membro impegnate a gestire l’arrivo di un numero eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi intenzionati a transitare per tale Stato membro al fine di presentare una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, senza che fossero soddisfatti i requisiti di ingresso in linea di principio richiesti nel primo Stato membro di cui sopra, deve essere considerato come una persona che ha «varcato illegalmente» la frontiera del suddetto primo Stato membro ai sensi del citato articolo 13, paragrafo 1.
3)      L’articolo 13, paragrafo 1, secondo periodo, del regolamento n. 604/2013, letto in combinazione con l’articolo 7, paragrafo 2, di quest’ultimo, deve essere interpretato nel senso che la presentazione di un ricorso avverso la decisione di trasferimento è priva di effetti sul calcolo del termine previsto dal citato articolo 13, paragrafo 1.
L’articolo 29, paragrafi 1 e 2, del citato regolamento deve essere interpretato nel senso che la presentazione di un ricorso siffatto implica che il termine enunciato in queste disposizioni comincia a decorrere soltanto a partire dalla decisione definitiva su tale ricorso, anche quando il giudice adito abbia deciso di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale, purché al ricorso stesso sia stato attribuito un effetto sospensivo in conformità dell’articolo 27, paragrafo 3, del medesimo regolamento.










SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
26 luglio 2017
Nella causa C‑490/16,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Vrhovno sodišče (Corte suprema, Slovenia), con decisione del 13 settembre 2016, pervenuta in cancelleria il 16 settembre 2016, nel procedimento
A.S.
contro
Republika Slovenija,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, L. Bay Larsen (relatore), J. L. da Cruz Vilaça, M. Berger e A. Prechal, presidenti di sezione, A. Rosas, A. Arabadjiev, C. Toader, M. Safjan, D. Šváby, E. Jarašiūnas, C. G. Fernlund e S. Rodin, giudici,
avvocato generale: E. Sharpston
cancelliere: M. Aleksejev, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 marzo 2017,
considerate le osservazioni presentate:
–        per A.S., da M. Nabergoj e S. Zbičajnik, svetovalca za begunce;
–        per il governo sloveno, da N. Pintar Gosenca, B. Jovin Hrastnik e A. Vran, in qualità di agenti;
–        per il governo ellenico, da T. Papadopoulou, in qualità di agente;
–        per il governo francese, da E. Armoët, in qualità di agente;
–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da L. Cordì, avvocato dello Stato;
–        per il governo ungherese, da M. Tátrai e M. Z. Fehér, in qualità di agenti;
–        per il governo austriaco, da G. Hesse, in qualità di agente;
–        per il governo del Regno Unito, da C. Crane, in qualità di agente, assistita da C. Banner, barrister;
–        per il governo svizzero, da U. Bucher, in qualità di agente;
–        per la Commissione europea, da M. Condou‑Durande, M. Žebre e G. Wils, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 giugno 2017,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 13, paragrafo 1, dell’articolo 27, paragrafo 1, e dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31; in prosieguo: il «regolamento Dublino III»).
2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone A.S., cittadino siriano, alla Republika Slovenija (Repubblica di Slovenia) in merito alla decisione di quest’ultima di non esaminare la domanda di protezione internazionale presentata da A.S.
 Contesto normativo
3        I considerando 4, 5 e 19 del regolamento Dublino III sono così formulati:
«(4)      Secondo le conclusioni [adottate dal Consiglio europeo nella riunione straordinaria tenutasi a] Tampere [il 15 e il 16 ottobre 1999], il [Sistema europeo comune di asilo] dovrebbe prevedere a breve termine un meccanismo per determinare con chiarezza e praticità lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo.
(5)      Tale meccanismo dovrebbe essere fondato su criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate. Dovrebbe, soprattutto, consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale e non dovrebbe pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale.
(...)
(19)      Al fine di assicurare una protezione efficace dei diritti degli interessati, si dovrebbero stabilire garanzie giuridiche e il diritto a un ricorso effettivo avverso le decisioni relative ai trasferimenti verso lo Stato membro competente, ai sensi, in particolare, dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Al fine di garantire il rispetto del diritto internazionale è opportuno che un ricorso effettivo avverso tali decisioni verta tanto sull’esame dell’applicazione del presente regolamento quanto sull’esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il richiedente è trasferito».
4        L’articolo 1 di detto regolamento dispone quanto segue:
«Il presente regolamento stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (“Stato membro competente”)».
5        L’articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, del medesimo regolamento recita:
«Qualora sia impossibile trasferire un richiedente verso lo Stato membro inizialmente designato come competente in quanto si hanno fondati motivi di ritenere che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione dello Stato membro competente prosegue l’esame dei criteri di cui al capo III per verificare se un altro Stato membro possa essere designato come competente».
6        L’articolo 7, paragrafo 2, del citato regolamento precisa quanto segue:
«La determinazione dello Stato membro competente in applicazione dei criteri definiti dal presente capo avviene sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente ha presentato domanda di protezione internazionale per la prima volta in uno Stato membro».
7        L’articolo 12 del regolamento Dublino III stabilisce un criterio per la determinazione dello Stato membro competente, attinente al rilascio di titoli di soggiorno o di visti.
8        L’articolo 13 di tale regolamento, intitolato «Ingresso e/o soggiorno», dispone, al paragrafo 1, quanto segue:
«Quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle circostanze indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all’articolo 22, paragrafo 3, del presente regolamento, inclusi i dati di cui al regolamento (UE) n. 603/2013 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce l’“Eurodac” per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione del regolamento n. 604/2013 e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE) n. 1077/2011 che istituisce un’agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (GU 2013, L 180, pag. 1)], che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale. Detta responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera».
9        L’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento Dublino III enuncia:
«Lo Stato membro che ha ricevuto una domanda di protezione internazionale e ritiene che un altro Stato membro sia competente per l’esame della stessa può chiedere a tale Stato membro di prendere in carico il richiedente quanto prima e, al più tardi, entro tre mesi dopo la presentazione della domanda ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2.
In deroga al primo comma, nel caso di una risposta pertinente di Eurodac con dati registrati ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (UE) n. 603/2013, la richiesta è inviata entro due mesi dal ricevimento della risposta pertinente ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, di tale regolamento.
Se la richiesta di prendere in carico un richiedente non è formulata entro i termini previsti al primo e al secondo comma, la competenza dell’esame della domanda di protezione internazionale spetta allo Stato membro al quale la domanda è stata presentata».
10      L’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento Dublino III è formulato nei seguenti termini:
«2.      Una richiesta di ripresa in carico è presentata quanto prima e in ogni caso entro due mesi dal ricevimento della risposta pertinente Eurodac ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 603/2013.
Se la richiesta di ripresa in carico è basata su prove diverse dai dati ottenuti dal sistema Eurodac, essa è inviata allo Stato membro richiesto entro tre mesi dalla data di presentazione della domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2.
3.      Se la richiesta di ripresa in carico non è presentata entro i termini prescritti al paragrafo 2, la competenza per l’esame della domanda di protezione internazionale spetta allo Stato membro in cui la nuova domanda è stata presentata».
11      L’articolo 26, paragrafo 1, del regolamento Dublino III ha il seguente tenore:
«Quando lo Stato membro richiesto accetta di prendere o riprendere in carico un richiedente (...), lo Stato membro richiedente notifica all’interessato la decisione di trasferirlo verso lo Stato membro competente e, se del caso, di non esaminare la sua domanda di protezione internazionale. (...)».
12      L’articolo 27, paragrafi 1 e 3, di detto regolamento prevede:
«1.      Il richiedente (...) ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale.
(...)
3.      Ai fini di ricorsi avverso decisioni di trasferimento o di revisioni delle medesime, gli Stati membri prevedono nel proprio diritto nazionale:
a)      che il ricorso o la revisione conferisca all’interessato il diritto di rimanere nello Stato membro interessato in attesa dell’esito del ricorso o della revisione; o
b)      che il trasferimento sia automaticamente sospeso e che tale sospensione scada dopo un determinato periodo di tempo ragionevole durante il quale un organo giurisdizionale ha adottato, dopo un esame attento e rigoroso, la decisione di concedere un effetto sospensivo al ricorso o alla revisione; o
c)      che all’interessato sia offerta la possibilità di chiedere, entro un termine ragionevole, all’organo giurisdizionale di sospendere l’attuazione della decisione di trasferimento in attesa dell’esito del ricorso o della revisione della medesima. Gli Stati membri assicurano un ricorso effettivo sospendendo il trasferimento fino all’adozione della decisione sulla prima richiesta di sospensione. (...)».
13      L’articolo 29, paragrafi 1 e 2, del suddetto regolamento recita:
«1.      Il trasferimento del richiedente (...) dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro competente avviene (...) comunque entro sei mesi a decorrere dall’accettazione della richiesta di un altro Stato membro di prendere o riprendere in carico l’interessato, o d[a]lla decisione definitiva su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3.
(...)
2.      Se il trasferimento non avviene entro il termine di sei mesi, lo Stato membro competente è liberato dall’obbligo di prendere o riprendere in carico l’interessato e la competenza è trasferita allo Stato membro richiedente. Questo termine può essere prorogato fino a un massimo di un anno se non è stato possibile effettuare il trasferimento a causa della detenzione dell’interessato, o fino a un massimo di diciotto mesi qualora questi sia fuggito».
 Procedimento principale e questioni pregiudiziali
14      A.S. ha lasciato la Siria per il Libano, prima di viaggiare attraverso la Turchia, la Grecia, l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia e la Serbia. Egli ha attraversato la frontiera tra quest’ultimo Stato e la Croazia nel corso dell’anno 2016. Le autorità croate hanno organizzato il suo trasporto fino alla frontiera slovena.
15      A.S. è entrato in Slovenia il 20 febbraio 2016. Egli è stato poi consegnato dalle autorità slovene alle autorità austriache. Queste ultime hanno però rifiutato il suo ingresso in Austria.
16      Il 23 febbraio 2016, A.S. ha presentato in Slovenia una domanda di protezione internazionale.
17      Le autorità slovene hanno chiesto alle autorità croate di prendere in carico A.S. sulla base dell’articolo 21 del regolamento Dublino III. Queste ultime, in data 20 maggio 2016, hanno accolto tale richiesta.
18      Il 14 giugno 2016, il Ministrstvo za notranje zadeve (Ministero dell’Interno, Slovenia) ha deciso di non esaminare la domanda di protezione internazionale presentata da A.S., a motivo del fatto che quest’ultimo doveva essere trasferito verso la Croazia che è lo Stato membro competente ad esaminare detta domanda, in applicazione del criterio enunciato all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, in quanto A.S. avrebbe attraversato irregolarmente la frontiera croata, provenendo da un paese terzo.
19      A.S. ha contestato tale decisione dinanzi all’Upravno sodišče (Tribunale amministrativo, Slovenia). Il 4 luglio 2016, tale giudice ha respinto il suddetto ricorso, sospendendo però l’esecuzione della decisione del Ministero dell’Interno del 14 giugno 2016 fino a che una decisione definitiva non avesse posto termine alla controversia oggetto del procedimento principale. A.S. ha allora presentato un ricorso dinanzi al giudice del rinvio.
20      Sulla scorta di tali circostanze, il Vrhovno sodišče (Corte suprema, Slovenia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1)      Se la tutela giurisdizionale prevista dall’articolo 27 del regolamento [Dublino III] si riferisca anche all’interpretazione dei presupposti per l’applicazione del criterio di cui all’articolo 13, paragrafo 1, del medesimo regolamento, qualora si tratti della decisione di uno Stato membro di non esaminare una domanda di protezione internazionale, e un altro Stato membro abbia già riconosciuto la propria competenza ad esaminare la domanda del richiedente sulla medesima base, e qualora il richiedente si opponga a ciò.
2)      Se il presupposto dell’ingresso irregolare di cui all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento [Dublino III] debba essere interpretato in modo autonomo e indipendente, oppure se esso vada interpretato in collegamento con l’articolo 3, punto 2, della direttiva [2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98),] e con l’articolo 5 del [regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2006, L 105, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) n. 610/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 (GU 2013, L 182, pag. 1),] i quali definiscono la nozione di attraversamento illegale di una frontiera, e un’interpretazione siffatta debba essere applicata in riferimento all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento [Dublino III].
3)      Se, alla luce della risposta fornita al secondo quesito, occorra nelle circostanze della presente fattispecie interpretare la nozione di ingresso irregolare di cui all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento [Dublino III] nel senso che non si configura un attraversamento irregolare della frontiera quando tale attraversamento sia stato organizzato dalle pubbliche autorità di uno Stato membro allo scopo di effettuare il transito verso un altro Stato membro (...).
4)      Nel caso in cui la risposta al terzo quesito fosse affermativa, se occorra di conseguenza interpretare l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento [Dublino III] nel senso che esso impedisce il rinvio del cittadino di uno Stato terzo verso lo Stato nel quale egli aveva fatto il suo primo ingresso nel territorio dell’Unione.
5)      Se l’articolo 27 del regolamento [Dublino III] debba essere interpretato nel senso che i termini previsti dagli articoli 13, paragrafo 1, e 29, paragrafo 2, [del medesimo regolamento] non decorrono nel caso in cui il richiedente eserciti il diritto alla tutela giurisdizionale, più in particolare qualora ciò includa anche la proposizione di una domanda di pronuncia pregiudiziale, oppure qualora il giudice nazionale sia in attesa di una risposta della Corte di giustizia dell’Unione europea ad una domanda siffatta presentata in un altro caso. In subordine: se, in un caso siffatto, i termini decorrerebbero, ma lo Stato membro competente non avrebbe il diritto di rifiutare la presa in carico dell’interessato».
 Procedimento dinanzi alla Corte
21      Il giudice del rinvio ha chiesto di applicare il procedimento pregiudiziale di urgenza previsto dall’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.
22      Il 27 settembre 2016 la Corte, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, ha deciso che non vi era luogo per accogliere tale domanda.
23      Con decisione del 22 dicembre 2016, il presidente della Corte ha disposto la trattazione prioritaria della presente causa.
 Sulle questioni pregiudiziali
 Sulla prima questione
24      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III debba essere interpretato nel senso che un richiedente la protezione internazionale può far valere, nell’ambito di un ricorso proposto contro una decisione di trasferimento adottata nei suoi confronti, l’erronea applicazione del criterio di competenza attinente all’attraversamento irregolare della frontiera di uno Stato membro, enunciato all’articolo 13, paragrafo 1, del citato regolamento.
25      L’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III precisa che il richiedente la protezione internazionale ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale.
26      La portata del ricorso esperibile da un richiedente la protezione internazionale avverso una decisione di trasferimento adottata nei suoi confronti viene precisata nel considerando 19 del suddetto regolamento, il quale indica che, al fine di garantire il rispetto del diritto internazionale, il ricorso effettivo istituito dal medesimo regolamento avverso le decisioni di trasferimento deve vertere, da un lato, sull’esame dell’applicazione del regolamento stesso e, dall’altra, sull’esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il richiedente viene trasferito (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash, C‑63/15, EU:C:2016:409, punti 38 e 39).
27      A questo proposito, la Corte ha statuito, al punto 61 della sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash (C‑63/15, EU:C:2016:409), che, nell’ambito di tale ricorso, il richiedente la protezione internazionale poteva far valere l’erronea applicazione di un criterio di competenza per l’esame della domanda di protezione internazionale enunciato nel capo III del regolamento Dublino III.
28      In questa sentenza, la Corte non ha operato alcuna distinzione tra i diversi criteri previsti dal capo summenzionato, tra i quali figura quello attinente all’attraversamento irregolare della frontiera di uno Stato membro, enunciato all’articolo 13, paragrafo 1, del citato regolamento.
29      Vero è che nella causa decisa dalla sentenza di cui sopra risultava direttamente coinvolto soltanto il criterio enunciato all’articolo 12 del regolamento Dublino III.
30      Tuttavia, le motivazioni addotte dalla Corte in quella pronuncia valgono anche, mutatis mutandis, per il criterio enunciato all’articolo 13, paragrafo 1, del medesimo regolamento.
31      Occorre infatti rilevare, in particolare, che i criteri contenuti negli articoli 12 e 13 del regolamento Dublino III svolgono un ruolo paragonabile nella conduzione della procedura di determinazione dello Stato membro competente istituita da tale regolamento e, dunque, nell’applicazione di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash, C‑63/15, EU:C:2016:409, punti da 41 a 44).
32      Allo stesso modo, gli sviluppi che hanno caratterizzato il sistema di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri e gli obiettivi di tale sistema, sottolineati dalla Corte ai punti da 45 a 59 della sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash (C‑63/15, EU:C:2016:409), sono del pari pertinenti ai fini del controllo dell’applicazione dell’articolo 13 del citato regolamento.
33      Quanto al fatto, evidenziato dal giudice del rinvio, che, nel procedimento principale, un altro Stato membro ha già riconosciuto la propria competenza ad esaminare la domanda di protezione internazionale in oggetto, occorre sottolineare che, a norma dell’articolo 26, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, una decisione di trasferimento può essere notificata alla persona interessata soltanto dopo che lo Stato membro richiesto ha accettato di prendere in carico o di riprendere in carico quest’ultima.
34      Ciò detto, la circostanza di cui sopra non può implicare che il controllo giurisdizionale della decisione di trasferimento quanto all’applicazione dei criteri enunciati nel capo III del citato regolamento sia escluso, a pena di privare l’articolo 27, paragrafo 1, di tale regolamento della parte essenziale del suo effetto utile. È d’altronde giocoforza constatare che, nella causa decisa dalla sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash (C‑63/15, EU:C:2016:409), lo Stato membro richiesto aveva espressamente riconosciuto di essere competente ad esaminare la domanda di protezione internazionale in oggetto.
35      Dall’insieme delle considerazioni sopra esposte risulta che occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, letto alla luce del considerando 19 del medesimo regolamento, deve essere interpretato nel senso che un richiedente la protezione internazionale può far valere, nell’ambito di un ricorso proposto contro una decisione di trasferimento adottata nei suoi confronti, l’erronea applicazione del criterio di competenza attinente all’attraversamento irregolare della frontiera di uno Stato membro, enunciato all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento sopra citato.
 Sulla seconda e sulla terza questione
36      Con la sua seconda e la sua terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, letto, se del caso, in combinazione con le disposizioni del regolamento n. 562/2006, come modificato dal regolamento n. 610/2013, e con quelle della direttiva 2008/115, debba essere interpretato nel senso che un cittadino di un paese terzo, il cui ingresso sia stato tollerato, dalle autorità di un primo Stato membro impegnate a gestire l’arrivo di un numero eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi intenzionati a transitare per tale Stato membro al fine di presentare una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, senza che fossero soddisfatti i requisiti di ingresso in linea di principio richiesti nel primo Stato membro di cui sopra, deve essere considerato come una persona che ha «varcato illegalmente» la frontiera del suddetto primo Stato membro ai sensi del citato articolo 13, paragrafo 1.
37      In via preliminare, occorre rilevare come dai punti da 41 a 58 della sentenza pronunciata in data odierna, Jafari (C‑646/16), risulti che l’ammissione di un cittadino di un paese terzo nel territorio di uno Stato membro in una situazione quale quella che viene in questione nel procedimento principale non può essere qualificata come «visto» ai sensi dell’articolo 12 del regolamento Dublino III.
38      Per quanto riguarda l’interpretazione dell’articolo 13, paragrafo 1, di tale regolamento, risulta, anzitutto, dai punti da 60 a 72 della sentenza sopra citata che, sebbene gli atti adottati dall’Unione nei settori del controllo alle frontiere e dell’immigrazione costituiscano elementi del contesto utili al fine di interpretare la summenzionata disposizione, ciò non toglie che la portata della nozione di «attraversamento irregolare» della frontiera di uno Stato membro ai sensi del regolamento suddetto non può, in linea di principio, essere direttamente dedotta da tali atti adottati dall’Unione.
39      Risulta poi dai punti da 73 a 92 della sentenza summenzionata che un cittadino di un paese terzo ammesso nel territorio di un primo Stato membro, senza che fossero soddisfatti i requisiti di ingresso in linea di principio richiesti in tale Stato membro, nella prospettiva di un transito verso un altro Stato membro al fine di presentare in quest’ultimo una domanda di protezione internazionale, deve essere considerato come una persona che ha «varcato illegalmente» la frontiera di tale primo Stato membro ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, indipendentemente dal fatto che tale attraversamento sia stato tollerato o autorizzato in violazione delle norme applicabili ovvero che sia stato autorizzato invocando ragioni umanitarie e derogando ai requisiti di ingresso in linea di principio imposti ai cittadini di paesi terzi.
40      Infine, la circostanza che l’attraversamento della frontiera abbia avuto luogo in una situazione caratterizzata dall’arrivo di un numero eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi intenzionati a ottenere una protezione internazionale non è tale da avere una qualche incidenza sull’interpretazione o sull’applicazione della disposizione sopra citata (sentenza pronunciata in data odierna, Jafari, C‑646/16, punti da 93 a 100).
41      Ciò premesso, occorre ricordare che, in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento Dublino III e dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il trasferimento di un richiedente la protezione internazionale verso lo Stato membro competente non deve essere eseguito qualora tale trasferimento comporti un rischio reale che l’interessato subisca trattamenti inumani o degradanti ai sensi del citato articolo 4 (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2017, C. K. e a., C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 65). Un trasferimento non potrebbe dunque essere eseguito nel caso in cui, a seguito dell’arrivo di un numero eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi intenzionati ad ottenere una protezione internazionale, sussistesse un rischio siffatto nello Stato membro competente.
42      Ne consegue che occorre rispondere alla seconda e alla terza questione dichiarando che l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III deve essere interpretato nel senso che un cittadino di un paese terzo, il cui ingresso sia stato tollerato, dalle autorità di un primo Stato membro impegnate a gestire l’arrivo di un numero eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi intenzionati a transitare per tale Stato membro al fine di presentare una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, senza che fossero soddisfatti i requisiti di ingresso in linea di principio richiesti nel primo Stato membro di cui sopra, deve essere considerato come una persona che ha «varcato illegalmente» la frontiera del suddetto primo Stato membro ai sensi del citato articolo 13, paragrafo 1.
 Sulla quarta questione
43      Alla luce della risposta fornita alla seconda e alla terza questione, non occorre rispondere alla quarta questione.
 Sulla quinta questione
44      Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 13, paragrafo 1, e l’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento Dublino III debbano essere interpretati nel senso che i termini previsti da tali disposizioni continuano a decorrere dopo la presentazione di un ricorso contro la decisione di trasferimento considerata, anche quando il giudice adito abbia deciso di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale.
45      L’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, che è contenuto nel capo III di tale regolamento, relativo ai criteri di determinazione dello Stato membro competente, precisa, nel suo secondo periodo, che la competenza di uno Stato membro fondata sul criterio attinente all’attraversamento irregolare della frontiera di uno Stato membro cessa dodici mesi dopo la data di tale attraversamento.
46      L’articolo 29, paragrafo 2, del citato regolamento, che è contenuto nella sezione VI del capo VI del medesimo regolamento, relativa ai trasferimenti, stabilisce che, se il trasferimento dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro competente non viene effettuato entro il termine di sei mesi, lo Stato membro competente è liberato dall’obbligo di prendere o riprendere in carico la persona interessata e la competenza è trasferita allo Stato membro richiedente.
47      Risulta da queste due disposizioni che i termini da esse enunciati hanno entrambi come scopo di limitare nel tempo la responsabilità di uno Stato membro ai sensi del regolamento Dublino III.
48      Per questo, risulta sia dal tenore letterale delle suddette disposizioni sia dalla loro collocazione nell’ambito di tale regolamento che esse sono applicabili in due fasi differenti del procedimento istituito dal regolamento stesso.
49      Infatti, il termine menzionato all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III costituisce un presupposto di applicazione del criterio enunciato da tale disposizione e si deve provvedere a rispettarlo nel corso della procedura di determinazione dello Stato membro competente al termine della quale può, eventualmente, essere adottata una decisione di trasferimento.
50      Per contro, l’articolo 29, paragrafo 2, del citato regolamento si riferisce all’esecuzione della decisione di trasferimento e può essere applicato soltanto una volta che il principio del trasferimento sia acquisito, ossia, al più presto, quando lo Stato membro richiesto abbia accettato la richiesta ai fini della presa in carico o della ripresa in carico.
51      I rispettivi regimi collegati ai due termini suddetti devono dunque essere precisati tenendo conto del loro oggetto specifico nel quadro del procedimento istituito dal citato regolamento.
52      Per quanto riguarda, in primo luogo, il termine enunciato all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, occorre rilevare che l’articolo 7, paragrafo 2, di quest’ultimo precisa che la determinazione dello Stato membro competente in applicazione dei criteri enunciati nel capo III del regolamento medesimo avviene sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente ha presentato domanda di protezione internazionale per la prima volta in uno Stato membro.
53      Pertanto, l’ultimo periodo dell’articolo 13, paragrafo 1, del citato regolamento deve essere interpretato nel senso che esso implica che lo Stato membro la cui frontiera esterna sia stata attraversata irregolarmente da un cittadino di un paese terzo non potrà più essere considerato competente, sulla base di questa disposizione, nel caso in cui il termine di dodici mesi successivi all’attraversamento irregolare di detta frontiera sia già scaduto alla data in cui il richiedente ha presentato la propria domanda di protezione internazionale per la prima volta in uno Stato membro.
54      Date tali circostanze, la presentazione di un ricorso contro una decisione di trasferimento, che è necessariamente successiva alla notificazione di quest’ultima e dunque alla presentazione di una domanda di protezione internazionale, non può, per sua natura, avere un qualsivoglia effetto sul calcolo del termine stabilito all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III.
55      In una situazione quale quella in questione nel procedimento principale, in cui una domanda di protezione internazionale è stata presentata meno di dodici mesi dopo l’attraversamento irregolare della frontiera di uno Stato membro, la regola enunciata nell’ultimo periodo dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III non costituisce un ostacolo all’applicazione di tale criterio di competenza.
56      Per quanto riguarda, in secondo luogo, il termine enunciato all’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, risulta, da un lato, dal rapporto tra i diversi paragrafi di tale articolo e, dall’altro, dall’assenza di qualsivoglia precisazione, in tale disposizione, in merito al momento di inizio di tale termine che essa precisa unicamente le conseguenze della scadenza del termine per l’esecuzione del trasferimento enunciato all’articolo 29, paragrafo 1, del medesimo regolamento (v., per analogia, sentenza del 29 gennaio 2009, Petrosian, C‑19/08, EU:C:2009:41, punto 50).
57      Orbene, l’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento Dublino III tiene conto delle conseguenze dell’eventuale presentazione di un ricorso, prevedendo che il termine di sei mesi per l’esecuzione del trasferimento decorra a partire dalla decisione definitiva sul ricorso o sulla revisione qualora venga attribuito l’effetto sospensivo in conformità dell’articolo 27, paragrafo 3, del suddetto regolamento.
58      Di conseguenza, la presentazione di un ricorso che, come quello in esame nel procedimento principale, si sia visto riconoscere un effetto sospensivo implica che il termine per l’esecuzione del trasferimento scadrà, in linea di principio, soltanto sei mesi dopo l’adozione di una decisione definitiva su tale ricorso.
59      Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla quinta questione dichiarando che l’articolo 13, paragrafo 1, secondo periodo, del regolamento Dublino III, letto in combinazione con l’articolo 7, paragrafo 2, di quest’ultimo, deve essere interpretato nel senso che la presentazione di un ricorso avverso la decisione di trasferimento è priva di effetti sul calcolo del termine previsto dal citato articolo 13, paragrafo 1.
60      L’articolo 29, paragrafi 1 e 2, del citato regolamento deve essere interpretato nel senso che la presentazione di un ricorso siffatto implica che il termine enunciato in queste disposizioni comincia a decorrere soltanto a partire dalla decisione definitiva su tale ricorso, anche quando il giudice adito abbia deciso di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale, purché al ricorso stesso sia stato attribuito un effetto sospensivo in conformità dell’articolo 27, paragrafo 3, del medesimo regolamento.
 Sulle spese
61      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1)      L’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, letto alla luce del considerando 19 del medesimo regolamento, deve essere interpretato nel senso che un richiedente la protezione internazionale può far valere, nell’ambito di un ricorso proposto contro una decisione di trasferimento adottata nei suoi confronti, l’erronea applicazione del criterio di competenza attinente all’attraversamento irregolare della frontiera di uno Stato membro, enunciato all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento sopra citato.
2)      L’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 604/2013 deve essere interpretato nel senso che un cittadino di un paese terzo, il cui ingresso sia stato tollerato, dalle autorità di un primo Stato membro impegnate a gestire l’arrivo di un numero eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi intenzionati a transitare per tale Stato membro al fine di presentare una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, senza che fossero soddisfatti i requisiti di ingresso in linea di principio richiesti nel primo Stato membro di cui sopra, deve essere considerato come una persona che ha «varcato illegalmente» la frontiera del suddetto primo Stato membro ai sensi del citato articolo 13, paragrafo 1.
3)      L’articolo 13, paragrafo 1, secondo periodo, del regolamento n. 604/2013, letto in combinazione con l’articolo 7, paragrafo 2, di quest’ultimo, deve essere interpretato nel senso che la presentazione di un ricorso avverso la decisione di trasferimento è priva di effetti sul calcolo del termine previsto dal citato articolo 13, paragrafo 1.
L’articolo 29, paragrafi 1 e 2, del citato regolamento deve essere interpretato nel senso che la presentazione di un ricorso siffatto implica che il termine enunciato in queste disposizioni comincia a decorrere soltanto a partire dalla decisione definitiva su tale ricorso, anche quando il giudice adito abbia deciso di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale, purché al ricorso stesso sia stato attribuito un effetto sospensivo in conformità dell’articolo 27, paragrafo 3, del medesimo regolamento.

Dal sito http://curia.europa.eu





Corte di Giustizia UE 26 luglio 2017, n. C-646/16

Rinvio pregiudiziale – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo – Arrivo di un numero straordinariamente elevato di cittadini di paesi terzi che intendono ottenere protezione internazionale – Organizzazione dell’attraversamento della frontiera da parte delle autorità di uno Stato membro ai fini del transito verso un altro Stato membro – Ingresso autorizzato in deroga per ragioni umanitarie – Articolo 2, lettera m) – Nozione di “visto” – Articolo 12 – Rilascio di un visto – Articolo 13 – Attraversamento irregolare di una frontiera esterna






1)      L’articolo 12 del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, in combinato disposto con l’articolo 2, lettera m), di tale regolamento, deve essere interpretato nel senso che il fatto, per le autorità di un primo Stato membro che si trovano di fronte all’arrivo di un numero straordinariamente elevato di cittadini di paesi terzi, che intendono transitare in tale Stato membro allo scopo di presentare una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, di tollerare l’ingresso sul territorio di tali cittadini, che non soddisfano le condizioni di ingresso imposte, in linea di principio, in tale primo Stato membro, non deve essere qualificato come «visto» ai sensi di detto articolo 12.
2)      L’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 604/2013 deve essere interpretato nel senso che occorre considerare che il cittadino di un paese terzo, il cui ingresso è stato tollerato dalle autorità di un primo Stato membro che si trovavano di fronte all’arrivo di un numero straordinariamente elevato di cittadini di paesi terzi, che intendevano transitare in tale Stato membro allo scopo di presentare una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, senza soddisfare le condizioni di ingresso imposte, in linea di principio, in tale primo Stato membro, ha «varcato illegalmente» la frontiera di detto primo Stato membro ai sensi di tale disposizione.










SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
26 luglio 2017
Nella causa C‑646/16,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria), con decisione del 14 dicembre 2016, pervenuta in cancelleria il 15 dicembre 2016, nel procedimento promosso da
Khadija Jafari,
Zainab Jafari
con l’intervento di:
Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, L. Bay Larsen (relatore), J.L. da Cruz Vilaça, M. Berger e A. Prechal, presidenti di sezione, A. Rosas, A. Arabadjiev, C. Toader, M. Safjan, D. Šváby, E. Jarašiūnas, C.G. Fernlund e S. Rodin, giudici,
avvocato generale: E. Sharpston
cancelliere: M. Aleksejev, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 marzo 2017,
considerate le osservazioni presentate:
–        per K. e Z. Jafari, da R. Frühwirth, Rechtsanwalt;
–        per il governo austriaco, da G. Hesse, in qualità di agente;
–        per il governo ellenico, da T. Papadopoulou, in qualità di agente;
–        per il governo francese, da D. Colas, E. Armoët e E. de Moustier, in qualità di agenti;
–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da L. Cordì e L. D’Ascia, avvocati dello Stato;
–        per il governo ungherese, da M. Tátrai e M.Z. Fehér, in qualità di agenti;
–        per il governo del Regno Unito, da C. Crane, in qualità di agente, assistita da C. Banner, barrister;
–        per il governo svizzero, da E. Bichet, in qualità di agente;
–        per la Commissione europea, da M. Condou-Durande, G. Wils e M. Žebre, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 giugno 2017,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 2, 12 e 13 del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31; in prosieguo: il «regolamento Dublino III»), nonché dell’articolo 5 del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2006, L 105, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) n. 610/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 (GU 2013, L 182, pag. 1) (in prosieguo: il «codice frontiere Schengen»).
2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito dell’esame dei ricorsi proposti dalle sig.re Khadija Jafari e Zainab Jafari, cittadine afgane, avverso le decisioni adottate dal Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl (Ufficio federale competente per gli stranieri e in materia di asilo, Austria) (in prosieguo: l’«ufficio»), che dichiarano le loro domande di protezione internazionale irricevibili, dispongono il loro allontanamento e stabiliscono che il loro trasferimento verso la Croazia è lecito.
 Contesto normativo
 Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen
3        L’articolo 18, paragrafo 1, della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen, del 14 giugno 1985, tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmata a Schengen il 19 giugno 1990 (GU 2000, L 239, pag. 19), come modificata dal regolamento n. 610/2013 (in prosieguo: la «convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen), prevede quanto segue:
«I visti per un soggiorno di oltre 90 giorni (in prosieguo: “visti per soggiorni di lunga durata”) sono visti nazionali rilasciati da uno degli Stati membri in conformità della propria legislazione interna o di quella dell’Unione. Tali visti sono emessi in base al modello uniforme per i visti di cui al [regolamento (CE) n. 1683/95 del Consiglio, del 29 maggio 1995, che istituisce un modello uniforme per i visti (GU 1995, L 164, pag. 1)] e sono contrassegnati dalla lettera “D” nella dicitura indicante il tipo di visto. (...)».
 Direttiva 2001/55/CE
4        L’articolo 18 della direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi (GU 2001, L 212, pag. 12), così dispone:
«Si applicano i criteri e le procedure per la determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda d’asilo. In particolare, lo Stato membro competente per l’esame della domanda di asilo presentata da una persona che gode della protezione temporanea ai sensi della presente direttiva è lo Stato membro che ha accettato il trasferimento di tale persona nel suo territorio».
 Codice frontiere Schengen
5        Il codice frontiere Schengen è stato abrogato e sostituito dal regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2016, L 77, pag. 1). Il codice frontiere Schengen era pertanto applicabile alla data dei fatti di cui al procedimento principale.
6        I considerando 6, 27 e 28 del codice frontiere Schengen erano così formulati:
«(6)      Il controllo di frontiera è nell’interesse non solo dello Stato membro alle cui frontiere esterne viene effettuato, ma di tutti gli Stati membri che hanno abolito il controllo di frontiera interno. Il controllo di frontiera dovrebbe contribuire alla lotta contro l’immigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani nonché alla prevenzione di qualunque minaccia per la sicurezza interna, l’ordine pubblico, la salute pubblica e le relazioni internazionali degli Stati membri.
(...)
(27)      Il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen a cui il Regno Unito non partecipa (...). Il Regno Unito non partecipa pertanto alla sua adozione e non è vincolato da esso o tenuto ad applicarlo.
(28)      Il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen a cui l’Irlanda non partecipa (...). L’Irlanda non partecipa pertanto alla sua adozione e non è vincolata da esso o tenuta ad applicarlo».
7        L’articolo 4 di tale codice, intitolato «Attraversamento delle frontiere esterne», così disponeva:
«1.      Le frontiere esterne possono essere attraversate soltanto ai valichi di frontiera e durante gli orari di apertura stabiliti. Ai valichi di frontiera che non sono aperti 24 ore al giorno gli orari di apertura devono essere indicati chiaramente.
(...)
3.      Fatt[i] salv[i] (...) i loro obblighi in materia di protezione internazionale, gli Stati membri impongono sanzioni, a norma della legislazione nazionale, in caso di attraversamento non autorizzato delle frontiere esterne al di fuori dei valichi di frontiera e degli orari di apertura stabiliti. (...)».
8        Sotto il titolo «Condizioni d’ingresso per i cittadini di paesi terzi», l’articolo 5 di detto codice prevedeva che:
«1.      Per soggiorni previsti nel territorio degli Stati membri, la cui durata non sia superiore a 90 giorni su un periodo di 180 giorni, il che comporta di prendere in considerazione il periodo di 180 giorni che precede ogni giorno di soggiorno, le condizioni d’ingresso per i cittadini di paesi terzi sono le seguenti:
a)      essere in possesso di un documento di viaggio valido che autorizza il titolare ad attraversare la frontiera (...)
(...)
b)      essere in possesso di un visto valido, se richiesto (...), salvo che si sia in possesso di un permesso di soggiorno valido o di un visto per soggiorni di lunga durata in corso di validità;
c)      giustificare lo scopo e le condizioni del soggiorno previsto e disporre dei mezzi di sussistenza sufficienti, sia per la durata prevista del soggiorno sia per il ritorno nel paese di origine o per il transito verso un paese terzo nel quale l’ammissione è garantita, ovvero essere in grado di ottenere legalmente detti mezzi;
d)      non essere segnalato nel [sistema d’informazione Schengen (SIS)] ai fini della non ammissione;
e)      non essere considerato una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna, la salute pubblica o le relazioni internazionali di uno degli Stati membri, in particolare non essere oggetto di segnalazione ai fini della non ammissione nelle banche dati nazionali degli Stati membri per gli stessi motivi.
(...)
4.      In deroga al paragrafo 1:
a)      i cittadini di paesi terzi che non soddisfano tutte le condizioni di cui al paragrafo 1, ma che sono in possesso di un permesso di soggiorno o di un visto per soggiorno di lunga durata, sono ammessi a entrare nel territorio degli altri Stati membri ai fini di transito, affinché possano raggiungere il territorio dello Stato membro che ha rilasciato il permesso di soggiorno o il visto per soggiorno di lunga durata, a meno che non figurino nell’elenco nazionale delle persone segnalate dallo Stato membro alle cui frontiere esterne essi si presentano e che tale segnalazione sia accompagnata da istruzioni di respingere o rifiutare il transito;
b)      i cittadini di paesi terzi che soddisfano le condizioni di cui al paragrafo 1, salvo la lettera b), e che si presentano alla frontiera possono essere ammessi nel territorio degli Stati membri se è stato loro rilasciato un visto alla frontiera (...)
(...)
c)      i cittadini di paesi terzi che non soddisfano una o più delle condizioni di cui al paragrafo 1 possono essere autorizzati da uno Stato membro ad entrare nel suo territorio per motivi umanitari o di interesse nazionale o in virtù di obblighi internazionali. Qualora il cittadino di paese terzo interessato sia oggetto di una segnalazione di cui al paragrafo 1, lettera d), lo Stato membro che ne autorizza l’ingresso nel suo territorio ne informa gli altri Stati membri».
9        L’articolo 10, paragrafo 1, dello stesso codice precisava che sui documenti di viaggio dei cittadini di paesi terzi viene sistematicamente apposto un timbro al momento dell’ingresso e dell’uscita.
10      L’articolo 12, paragrafo 1, del codice frontiere Schengen specificava:
«(...) Una persona che ha attraversato illegalmente una frontiera e che non ha il diritto di soggiornare sul territorio dello Stato membro interessato è fermata ed è sottoposta a procedure che rispettano la direttiva 2008/115/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98)]».
 Direttiva 2008/115
11      L’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2008/115 (in prosieguo: la «direttiva rimpatri») così recita:
«Gli Stati membri possono decidere di non applicare la presente direttiva ai cittadini di paesi terzi:
a)      sottoposti a respingimento alla frontiera conformemente all’articolo 13 del codice frontiere Schengen ovvero fermati o scoperti dalle competenti autorità in occasione dell’attraversamento irregolare via terra, mare o aria della frontiera esterna di uno Stato membro e che non hanno successivamente ottenuto un’autorizzazione o un diritto di soggiorno in tale Stato membro;
(...)».
12      L’articolo 3 di detta direttiva, intitolato «Sanzioni», così recita:
«Ai sensi della presente direttiva si intende per:
(...)
2)      “soggiorno irregolare” la presenza nel territorio di uno Stato membro di un cittadino di un paese terzo che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni d’ingresso di cui all’articolo 5 del codice frontiere Schengen o altre condizioni d’ingresso, di soggiorno o di residenza in tale Stato membro;
(...)».
 Regolamento (CE) n. 810/2009
13      I considerando 36 e 37 del regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) (GU 2009, L 243, pag. 1), come modificato dal regolamento 610/2013 (in prosieguo: il «codice dei visti»), sono così formulati:
«(36)      Il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen a cui il Regno Unito non partecipa (...). Il Regno Unito non partecipa pertanto alla sua adozione e non è vincolato da esso o tenuto ad applicarlo.
(37)      Il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen a cui l’Irlanda non partecipa (...). L’Irlanda non partecipa pertanto alla sua adozione e non è vincolata da esso o tenuta ad applicarlo.
14      L’articolo 1, paragrafo 1, del codice dei visti così dispone:
«Il presente regolamento fissa le procedure e le condizioni per il rilascio del visto di transito o per soggiorni previsti sul territorio degli Stati membri non superiori a 90 giorni su un periodo di 180 giorni».
15      L’articolo 25, paragrafo 1, di detto codice prevede quanto segue:
«I visti con validità territoriale limitata sono rilasciati eccezionalmente nei seguenti casi:
a)      quando, per motivi umanitari o di interesse nazionale o in virtù di obblighi internazionali, lo Stato membro interessato ritiene necessario:
i)      derogare al principio dell’adempimento delle condizioni di ingresso di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettere a), c), d) ed e), del codice frontiere Schengen;
(...)».
16      Gli articoli da 27 a 29 del codice dei visti definiscono le norme relative alla modalità di compilazione del visto adesivo, all’annullamento di un visto adesivo già compilato e all’apposizione di un visto adesivo.
17      L’articolo 35 di detto codice, intitolato «Visti chiesti alle frontiere esterne», al suo paragrafo 4 prevede quanto segue:
«Qualora non siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettere a), c), d) ed e), del codice frontiere Schengen, le autorità responsabili del rilascio del visto alla frontiera possono emettere, a norma dell’articolo 25, paragrafo 1, lettera a), del presente regolamento, un visto con validità territoriale limitata al solo Stato membro di rilascio».
 Regolamento Dublino III
18      I considerando 25 e 41 del regolamento Dublino III sono redatti come segue:
«(25)      La progressiva instaurazione di uno spazio senza frontiere interne, entro il quale è garantita la libera circolazione delle persone in forza del TFUE e la definizione di politiche dell’Unione relative alle condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini dei paesi terzi, compresi gli sforzi comuni per la gestione delle frontiere esterne, rende necessario instaurare un equilibrio tra i criteri di competenza in uno spirito di solidarietà.
(...)
(41)      A norma dell’articolo 3 e dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al TFUE, detti Stati membri hanno notificato che desiderano partecipare all’adozione e all’applicazione del presente regolamento».
19      L’articolo 1 di tale regolamento stabilisce che:
«Il presente regolamento stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (“Stato membro competente”)».
20      L’articolo 2 di detto regolamento così prevede:
«Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni
(...)
m)      “visto”: l’autorizzazione o la decisione di uno Stato membro necessaria per il transito o per l’ingresso ai fini di soggiorno in tale Stato membro o in diversi Stati membri. La natura del visto è illustrata dalle seguenti definizioni:
–        “visto per soggiorno di lunga durata”: l’autorizzazione o la decisione, emessa da uno degli Stati membri conformemente al suo diritto interno o al diritto dell’Unione, necessaria per l’ingresso ai fini di un soggiorno nel territorio di tale Stato membro per una durata superiore ai tre mesi,
–        “visto per soggiorno di breve durata”: l’autorizzazione o la decisione emessa da uno Stato membro ai fini del transito o di un soggiorno previsto nel territorio di uno o più o tutti gli Stati membri la cui durata non sia superiore a tre mesi su un periodo di sei mesi a decorrere dalla data del primo ingresso nel territorio degli Stati membri,
–        “visto di transito aeroportuale”: visto valido per il transito nelle zone internazionali di transito di uno o più aeroporti degli Stati membri;
(...)».
21      L’articolo 3, paragrafi 1 e 2, del medesimo regolamento così dispone:
«1.      Gli Stati membri esaminano qualsiasi domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide sul territorio di qualunque Stato membro, compreso alla frontiera e nelle zone di transito. Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III.
2.      Quando lo Stato membro competente non può essere designato sulla base dei criteri enumerati nel presente regolamento, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda di protezione internazionale è stata presentata.
Qualora sia impossibile trasferire un richiedente verso lo Stato membro inizialmente designato come competente in quanto si hanno fondati motivi di ritenere che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione dello Stato membro competente prosegue l’esame dei criteri di cui al capo III per verificare se un altro Stato membro possa essere designato come competente.
(...)».
22      L’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento Dublino III è redatto come segue:
«I criteri per la determinazione dello Stato membro competente si applicano nell’ordine nel quale sono definiti dal presente capo».
23      L’articolo 12 di detto regolamento, intitolato «Rilascio di titoli di soggiorno o visti», ai suoi paragrafi da 2 a 5 precisa che:
«2.      Se il richiedente è titolare di un visto in corso di validità, lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale è quello che ha rilasciato il visto, a meno che il visto non sia stato rilasciato per conto di un altro Stato membro nel quadro di un accordo di rappresentanza ai sensi dell’articolo 8 del [codice dei visti]. In tal caso, l’esame della domanda di protezione internazionale compete allo Stato membro rappresentato.
3.      Se il richiedente è titolare di più titoli di soggiorno o visti in corso di validità, rilasciati da vari Stati membri, lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale è, nell’ordine:
(...)
b)      lo Stato membro che ha rilasciato il visto la cui scadenza è più lontana, quando i visti sono di analoga natura;
c)      quando si tratta di visti di natura diversa, lo Stato membro che ha rilasciato il visto di validità più lunga o, in caso di validità identica, lo Stato membro che ha rilasciato il visto la cui scadenza è più lontana.
4.      Se il richiedente è titolare soltanto (...) di uno o più visti scaduti da meno di sei mesi che gli avevano effettivamente permesso l’ingresso nel territorio di uno Stato membro, si applicano i paragrafi 1, 2 e 3 fino a che il richiedente non abbia lasciato i territori degli Stati membri.
Qualora il richiedente sia titolare (...) di uno o più visti scaduti da oltre sei mesi che gli avevano effettivamente permesso l’ingresso nel territorio di uno Stato membro e non abbia lasciato i territori degli Stati membri, è competente lo Stato membro in cui è presentata la domanda di protezione internazionale.
5.      Il fatto che il titolo di soggiorno o il visto sia stato rilasciato ad un cittadino di un paese terzo che ha declinato una identità falsa o usurpata o dietro presentazione di documenti falsificati, contraffatti o non validi non osta all’attribuzione della competenza allo Stato membro che lo ha rilasciato. Tuttavia, lo Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno o il visto non è competente se può dimostrare che la frode è avvenuta successivamente al rilascio del titolo o del visto».
24      L’articolo 13 del regolamento Dublino III, intitolato «Ingresso e/o soggiorno», al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:
«Quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle circostanze indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all’articolo 22, paragrafo 3, del presente regolamento, inclusi i dati di cui al regolamento (UE) n. 603/2013 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce l’“Eurodac” per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione del regolamento n. 604/2013 e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE) n. 1077/2011 che istituisce un’agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (GU 2013, L 180, pag. 1)], che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale. Detta responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera».
25      L’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento Dublino III prevede quanto segue:
«Se un cittadino di un paese terzo o un apolide entra nel territorio di uno Stato membro in cui è dispensato dal visto, l’esame della domanda di protezione internazionale compete in questo caso a tale Stato membro».
26      L’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento in parola enuncia quanto segue:
«In deroga all’articolo 3, paragrafo 1, ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento.
Lo Stato membro che decide di esaminare una domanda di protezione internazionale ai sensi del presente paragrafo diventa lo Stato membro competente e assume gli obblighi connessi a tale competenza. (...)
(...)».
27      L’articolo 33 del regolamento Dublino III istituisce una procedura di allerta rapida, di preparazione e di gestione delle crisi riguardante le circostanze in cui l’applicazione di tale regolamento può essere ostacolata da un rischio comprovato di speciale pressione sul sistema di asilo di uno Stato membro, e/o da problemi nel funzionamento del sistema di asilo di uno Stato membro.
28      L’articolo 34 di tale regolamento prevede alcune procedure di scambio di informazioni tra gli Stati membri.
 Procedimento principale e questioni pregiudiziali
29      Le sig.re Jafari hanno lasciato l’Afghanistan nel mese di dicembre 2015, con i loro figli, hanno poi viaggiato attraverso l’Iran, la Turchia, la Grecia, l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia e la Serbia. Esse hanno varcato la frontiera tra quest’ultimo Stato e la Croazia nel 2016. Le autorità croate hanno organizzato il loro trasferimento, in autobus, fino alla frontiera slovena.
30      Successivamente, le sig.re Jafari e i loro figli sono entrati in Slovenia. Il 15 febbraio 2016, le autorità slovene hanno consegnato loro documenti di polizia che indicavano che la rispettiva destinazione di viaggio era, per una di loro, la Germania e, per l’altra, l’Austria. In tale stessa data, dopo essere entrate in Austria, le sig.re Jafari hanno presentato in quest’ultimo Stato membro, nell’interesse loro e dei loro figli, domande di protezione internazionale.
31      L’ufficio ha indirizzato alle autorità slovene una richiesta di informazioni, ai sensi dell’articolo 34 del regolamento Dublino III, indicando i documenti di polizia consegnati alle sig.re Jafari. Le autorità slovene hanno risposto a tale richiesta affermando che i cittadini di paesi terzi in questione non erano registrati in Slovenia ad alcun titolo rilevante ai fini dell’applicazione di tale regolamento e che essi avevano attraversato la Slovenia in provenienza dalla Croazia.
32      Il 16 aprile 2016, l’ufficio ha formulato alle autorità croate una richiesta di presa a carico delle sig.re Jafari e dei loro figli ai sensi dell’articolo 21 di detto regolamento. Le autorità croate non hanno dato seguito a tale richiesta. Con lettera del 18 giugno 2016, l’ufficio ha riferito a queste ultime che, in applicazione dell’articolo 22, paragrafo 7, dello stesso regolamento, la competenza per l’esame delle domande di protezione internazionale presentate dalle sig.re Jafari e dai loro figli spettava ormai alla Repubblica di Croazia.
33      Il 5 settembre 2016, l’ufficio ha dichiarato le domande di protezione internazionale presentate dalle sig.re Jafari irricevibili, ha disposto l’allontanamento delle stesse e dei loro figli e ha stabilito che il loro trasferimento verso la Croazia era legittimo. Tali decisioni si fondavano sul fatto che i cittadini di paesi terzi interessati sarebbero entrati irregolarmente in Grecia e in Croazia e che il loro trasferimento verso la Grecia sarebbe escluso a causa delle carenze sistemiche nel procedimento di asilo in tale Stato membro.
34      Le sig.re Jafari hanno impugnato tali decisioni dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Austria). Il 10 ottobre 2016, tale giudice ha respinto i loro ricorsi rilevando, in particolare, che, in assenza di visto, il loro ingresso in Croazia doveva essere ritenuto irregolare in considerazione dei requisiti stabiliti dal codice frontiere Schengen e che nessun argomento poteva essere tratto dall’ammissione in Croazia degli interessati in violazione di tali requisiti.
35      Le sig.re Jafari hanno proposto impugnazioni contro tale decisione dinanzi al giudice del rinvio facendo valere, segnatamente, di essere state ammesse in Croazia, in Slovenia e in Austria ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 4, lettera c), di tale codice.
36      È in tale contesto che il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1)      Se, per la comprensione dell’articolo 2, lettera m), dell’articolo 12 e dell’articolo 13 del regolamento [Dublino III], si debbano prendere in considerazione altri atti giuridici, coi quali il suddetto regolamento presenta punti di contatto, ovvero se a tali disposizioni debba essere attribuito un significato indipendente da essi.
2)      Per il caso in cui le disposizioni del regolamento Dublino III debbano essere interpretate a prescindere da altri atti giuridici:
a)      Se, nelle condizioni dei casi oggetto del procedimento principale, caratterizzati dal fatto di rientrare in un periodo in cui le autorità nazionali degli Stati prevalentemente coinvolti si trovavano di fronte ad un numero straordinariamente elevato di persone che richiedevano il transito attraverso il loro territorio nazionale, sia da considerare come “visto” ai sensi dell’articolo 2, lettera m), e dell’articolo 12 del regolamento Dublino III, l’ingresso di fatto tollerato nel territorio nazionale di uno Stato membro, che doveva avvenire soltanto allo scopo del transito proprio attraverso tale Stato membro e della presentazione di una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro.
Qualora alla seconda questione, lettera a), debba essere data risposta affermativa:
b)      Se, alla luce della tolleranza di fatto dell’ingresso a scopo di transito, si debba ritenere che il “visto” abbia perduto la sua validità con l’uscita dallo Stato membro interessato.
c)      Se, alla luce della tolleranza di fatto dell’ingresso a scopo di transito, si debba ritenere che il “visto” continui ad essere valido ove l’uscita dallo Stato membro interessato non sia ancora avvenuta, ovvero se il “visto” perda la sua validità, indipendentemente dall’uscita non avvenuta, nel momento in cui un richiedente rinuncia definitivamente alla sua intenzione di recarsi in un altro Stato membro.
d)      Se la rinuncia, da parte del richiedente, all’intenzione di recarsi nello Stato membro originariamente considerato come meta, abbia come conseguenza che, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 5, del regolamento Dublino III, si debba configurare come comportamento fraudolento successivo al rilascio del “visto”, di modo che lo Stato membro che ha rilasciato il “visto” non sia competente.
Qualora alla seconda questione, lettera a), debba essere data risposta negativa:
e)      Se l’espressione di cui all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III “ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro” debba essere intesa nel senso che nelle citate particolari condizioni dei casi oggetto del procedimento principale non deve considerarsi avvenuto un attraversamento illegale della frontiera esterna.
3)      Per il caso in cui le disposizioni del regolamento Dublino III debbano essere interpretate prendendo in considerazione altri atti giuridici:
a)      Se per valutare l’esistenza, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, di un “attraversamento illegale” della frontiera, debba prendersi specialmente in considerazione la questione se, in base al codice frontiere Schengen – in particolare in base all’articolo 5 [di questo] – ricorrano le condizioni di ingresso, questione particolarmente rilevante per il procedimento principale in considerazione del momento in cui ha avuto luogo l’ingresso.
Nel caso in cui alla terza questione, lettera a), debba essere data risposta negativa:
b)      Quali disposizioni del diritto dell’Unione debbano in particolare essere prese in considerazione nel valutare se, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, sia riscontrabile un “attraversamento illegale” della frontiera.
Nel caso in cui alla terza questione, lettera a), debba essere data risposta affermativa:
c)      Se, nelle condizioni dei casi oggetto del procedimento principale, caratterizzati dal fatto di svolgersi in un periodo in cui le autorità nazionali degli Stati prevalentemente coinvolti si trovavano di fronte ad un numero straordinariamente elevato di persone che richiedevano il transito attraverso il loro territorio nazionale, l’ingresso nel territorio di uno Stato membro – di fatto tollerato senza un esame delle circostanze del caso di specie – che doveva avvenire soltanto allo scopo del transito proprio attraverso tale Stato membro e della presentazione di una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, debba essere considerato come autorizzazione all’ingresso ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 4, lettera c), del codice frontiere Schengen.
Nel caso in cui alla terza questione, lettere a) e c), debba essere data risposta affermativa:
d)      Se dall’autorizzazione all’ingresso ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 4, lettera c), del codice frontiere Schengen consegua che si debba ritenere esistente un permesso equiparabile ad un visto ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), del codice frontiere Schengen e quindi un “visto” ai sensi dell’articolo 2, lettera m), del regolamento Dublino III, di modo che nell’applicazione delle disposizioni dirette all’accertamento dello Stato membro competente in base al regolamento Dublino III si debba prendere in considerazione anche l’articolo 12 di quest’ultimo.
Nel caso in cui alla terza questione, lettere a), c) e d), debba essere data risposta affermativa:
e)      Se, alla luce della tolleranza di fatto dell’ingresso a scopo di transito, si debba ritenere che il “visto” abbia perduto la sua validità con l’uscita dallo Stato membro interessato.
f)      Se, alla luce della tolleranza di fatto dell’ingresso a scopo di transito, si debba ritenere che il “visto” continui ad essere valido ove l’uscita dallo Stato membro interessato non sia ancora avvenuta, ovvero se il “visto” perda la sua validità, indipendentemente dall’uscita non avvenuta, nel momento in cui un richiedente rinuncia definitivamente alla sua intenzione di recarsi in un altro Stato membro.
g)      Se la rinuncia, da parte del richiedente, all’intenzione di recarsi nello Stato membro originariamente considerato come meta abbia come conseguenza che, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 5, del regolamento Dublino III, si debba configurare come comportamento fraudolento successivo al rilascio del “visto”, di modo che lo Stato membro che ha rilasciato il “visto” non sia competente.
Nel caso in cui debba essere data risposta affermativa alla terza questione, lettere a) e c), ma risposta negativa alla terza questione, lettera d):
h)      Se l’espressione, di cui all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, “ha varcato illegalmente per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro” debba essere intesa nel senso che, nelle citate particolari condizioni dei casi oggetto del procedimento principale, l’attraversamento della frontiera, da qualificare come autorizzazione all’ingresso ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 4, lettera c), del codice frontiere Schengen non dev’essere considerato come attraversamento illegale della frontiera esterna».
 Procedimento dinanzi alla Corte
37      Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio ha chiesto l’applicazione del procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte.
38      Con ordinanza del presidente della Corte del 15 febbraio 2017, Jafari (C‑646/16, non pubblicata, EU:C:2017:13), quest’ultimo ha accolto detta domanda.
 Sulle questioni pregiudiziali
39      In via preliminare, occorre rilevare che, dacché l’articolo 2, lettera m), e gli articoli 12 e 13 del regolamento Dublino III vertono su aspetti delle politiche concernenti i controlli alle frontiere e l’immigrazione disciplinati da atti dell’Unione distinti, è opportuno, per rispondere alla prima questione, esaminare separatamente, da una parte, la rilevanza di tali atti ai fini dell’interpretazione dell’articolo 2, lettera m), e dell’articolo 12 di tale regolamento e, dall’altra, ai fini di quella dell’articolo 13 di detto regolamento.
 Sulla prima questione, sulla seconda questione, lettera a), e sulla terza questione, lettera d)
40      Con la sua prima questione, la sua seconda questione, lettera a), e la sua terza questione, lettera d), che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12 del regolamento Dublino III, in combinato disposto con l’articolo 2, lettera m), di tale regolamento e, se del caso, con le disposizioni del codice dei visti, debba essere interpretato nel senso che il fatto, per le autorità di un primo Stato membro che si trovano di fronte all’arrivo di un numero straordinariamente elevato di cittadini di paesi terzi, che intendono transitare in tale Stato membro allo scopo di presentare una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, di tollerare l’ingresso sul territorio di tali cittadini, che non soddisfano le condizioni di ingresso imposte, in linea di principio, in tale primo Stato membro, debba essere qualificato come «visto» ai sensi di detto articolo 12.
41      Risulta, segnatamente, dall’articolo 3, paragrafo 1, e dall’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento Dublino III che lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale è, in linea di principio, quello designato secondo i criteri previsti al capo III di tale regolamento (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash, C‑63/15, EU:C:2016:409, punto 42).
42      L’articolo 12 di detto regolamento, che figura al capo III di questo, prevede che, se un richiedente protezione internazionale è titolare di un visto in corso di validità o scaduto, lo Stato membro che ha rilasciato tale visto è, a determinate condizioni, competente per l’esame della domanda di protezione internazionale.
43      L’articolo 2, lettera m), del medesimo regolamento contiene una definizione generale del termine «visto» e precisa che la natura del visto si valuta sulla base di definizioni più specifiche relative, rispettivamente, al visto per soggiorni di lunga durata, al visto per soggiorni di breve durata e al visto di transito aeroportuale.
44      Da tale disposizione deriva che la nozione di «visto» ai sensi del regolamento Dublino III comprende non soltanto i visti per soggiorni di breve durata e di transito aeroportuale, le cui procedure e condizioni di rilascio sono armonizzati dal codice dei visti, ma anche i visti per soggiorni di lunga durata che non rientrano nell’ambito di applicazione di tale codice e possono, nell’attuale assenza di misure generali adottate dal legislatore dell’Unione sul fondamento dell’articolo 79, paragrafo 2, lettera a), TFUE, essere rilasciati in base alle normative nazionali (v., in tal senso, sentenza del 7 marzo 2017, X e X, C‑638/16 PPU, EU:C:2017:173, punti 41 e 44).
45      Inoltre, si deve rilevare che, come sottolineato dai considerando 36 e 37 del codice dei visti e dal considerando 41 del regolamento Dublino III, taluni Stati membri che non sono vincolati da tale codice sono, invece, assoggettati a detto regolamento. Ne discende che i visti per soggiorni di breve durata o di transito rilasciati da tali Stati membri senza osservare le norme previste da detto codice devono, tuttavia, essere considerati come «visti» ai sensi dell’articolo 2, lettera m), e dell’articolo 12 del regolamento Dublino III.
46      Peraltro, occorre osservare che il legislatore dell’Unione ha definito il termine «visto» all’articolo 2, lettera m), di tale ultimo regolamento senza menzionare il codice dei visti o altri atti dell’Unione che disciplinano specificamente la materia dei visti, nonostante esso abbia direttamente fatto riferimento a diversi atti dell’Unione nelle definizioni di cui all’articolo 2, lettere a), b), d), e) o f), del regolamento Dublino III.
47      Ciò posto, se è vero che gli atti adottati dall’Unione in materia di visti costituiscono elementi di contesto che è necessario prendere in considerazione in sede di interpretazione dell’articolo 2, lettera m), e dell’articolo 12 del regolamento Dublino III, ciò non toglie che la nozione di «visto» ai sensi di tale regolamento non può essere direttamente dedotta da tali atti e deve essere compresa sulla base della specifica definizione di cui all’articolo 2, lettera m), di detto regolamento nonché dell’economia generale di questo.
48      A tale riguardo, si deve constatare che tale definizione specifica che un visto è un’«autorizzazione o [una] decisione di uno Stato membro» che è «necessaria per il transito o per l’ingresso» nel territorio di tale Stato membro o in diversi Stati membri. Dai termini stessi utilizzati dal legislatore dell’Unione deriva quindi che, da un lato, la nozione di visto rimanda a un atto formalmente adottato da un’amministrazione nazionale, e non a una semplice tolleranza, e che, dall’altro, il visto non coincide con l’ammissione nel territorio di uno Stato membro, poiché il visto è richiesto proprio al fine di consentire tale ammissione.
49      Tale constatazione trova sostegno nella distinzione operata dall’articolo 2, lettera m), del regolamento Dublino III, tra le diverse categorie di visti. Infatti tali categorie, identificate in via generale per mezzo delle menzioni apposte sui visti adesivi, si distinguono in quanto i visti che vi rientrano sono richiesti al fine di consentire un ingresso nel territorio per differenti tipi di soggiorno o di transito.
50      Il contesto in cui si inserisce l’articolo 12 di tale regolamento corrobora tale analisi. Il rilascio di un visto, di cui a tale articolo, contestualmente al rilascio di un titolo di soggiorno, si differenzia così dall’ingresso e dal soggiorno propriamente detti, che sono oggetto dell’articolo 13 del regolamento in parola. Inoltre, il criterio di cui all’articolo 14 dello stesso regolamento, vale a dire l’ingresso con esenzione dal visto, dimostra che il legislatore dell’Unione ha distinto l’ingresso dal visto in quanto tale.
51      Tale distinzione è del resto coerente con l’architettura generale della normativa dell’Unione nelle materie interessate. Infatti, mentre le norme che disciplinano l’ammissione nel territorio degli Stati membri erano previste, all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale, dal codice frontiere Schengen, le condizioni per il rilascio di visti sono definite in atti diversi quali, per quanto riguarda i visti per soggiorni di breve durata, il codice dei visti.
52      Occorre altresì rilevare che, nell’ambito definito da tale normativa, gli Stati membri che vi partecipano sono tenuti a rilasciare i visti secondo un modello uniforme, costituito da un adesivo, per quanto riguarda sia i visti per soggiorni di breve durata, ai sensi degli articoli da 27 a 29 del codice dei visti, che i visti per soggiorni di lunga durata, in virtù dell’articolo 18, paragrafo 1, della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen. Il rilascio di un visto ai sensi di detta normativa riveste dunque una forma diversa da quella dell’adozione di un’autorizzazione d’ingresso la quale, conformemente all’articolo 10, paragrafo 1, del codice frontiere Schengen, consta di un timbro apposto su un documento di viaggio.
53      Alla luce dell’insieme di tali elementi, è necessario considerare che un’ammissione nel territorio di uno Stato membro, all’occorrenza anche solo tollerata dalle autorità dello Stato membro interessato, non configura un «visto» ai sensi dell’articolo 12 del regolamento Dublino III, in combinato disposto con l’articolo 2, lettera m), di tale regolamento.
54      La circostanza che l’ammissione nel territorio dello Stato membro interessato avvenga in una situazione caratterizzata dall’arrivo di un numero straordinariamente elevato di cittadini di paesi terzi che intendono ottenere protezione internazionale non è idonea a modificare tale conclusione.
55      Infatti, da un lato, nessun elemento del regolamento Dublino III indica che la nozione di «visto» dovrebbe essere oggetto di una diversa interpretazione in presenza di una simile situazione.
56      Dall’altro lato, si deve constatare che, se è vero che il legislatore dell’Unione ha previsto che atti riguardanti l’ammissione nel territorio e il rilascio di visti possano fondarsi su ragioni umanitarie, egli ha comunque mantenuto, in tale contesto, una netta distinzione tra tali due tipologie di atti.
57      Difatti, egli ha espressamente distinto la facoltà di autorizzare l’ingresso sul territorio per ragioni umanitarie, prevista all’articolo 5, paragrafo 4, lettera c), del codice frontiere Schengen, da quella di rilasciare, per le medesime ragioni, un visto con validità territoriale limitata, di cui all’articolo 25, paragrafo 1, lettera a), del codice dei visti. Benché l’articolo 35, paragrafo 4, di detto codice permetta, certamente, a determinate condizioni, di rilasciare un visto di tal genere alla frontiera, l’ingresso nel territorio deve allora, in taluni casi, essere autorizzato in base all’articolo 5, paragrafo 4, lettera b), del codice frontiere Schengen e non ai sensi dell’articolo 5), paragrafo 4), lettera c), di tale codice. Orbene, nel caso di specie, è pacifico che l’articolo 5, paragrafo 4), lettera b), di detto codice non è applicabile.
58      Dall’insieme delle considerazioni che precedono emerge che occorre rispondere alla prima questione, alla seconda questione, lettera a), e alla terza questione, lettera d), dichiarando che l’articolo 12 del regolamento Dublino III, in combinato disposto con l’articolo 2, lettera m), di tale regolamento, deve essere interpretato nel senso che il fatto, per le autorità di un primo Stato membro che si trovano di fronte all’arrivo di un numero straordinariamente elevato di cittadini di paesi terzi, che intendono transitare in tale Stato membro allo scopo di presentare una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, di tollerare l’ingresso sul territorio di tali cittadini, che non soddisfano le condizioni di ingresso imposte, in linea di principio, in tale primo Stato membro, non deve essere qualificato come «visto» ai sensi di detto articolo 12.
 Sulla prima questione, sulla seconda questione, lettera e), e sulla terza questione, lettere da a) a c) e h)
59      Con la sua prima questione, la sua seconda questione, lettera e), e la sua terza questione, lettere da a) a c) e h), che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, letto, eventualmente, in combinato disposto con le norme del codice frontiere Schengen e della direttiva rimpatri, debba essere interpretato nel senso che occorra considerare che il cittadino di un paese terzo, il cui ingresso è stato tollerato dalle autorità di un primo Stato membro che si trovavano di fronte all’arrivo di un numero straordinariamente elevato di cittadini di paesi terzi, che intendevano transitare in tale Stato membro allo scopo di presentare una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, senza soddisfare le condizioni di ingresso imposte, in linea di principio, in tale primo Stato membro, abbia «varcato illegalmente» la frontiera di detto primo Stato membro ai sensi di tale disposizione.
60      L’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, che figura al capo III del medesimo, intitolato «Criteri di determinazione dello Stato membro competente», prevede segnatamente che, qualora un richiedente protezione internazionale abbia varcato illegalmente la frontiera di uno Stato membro nel quale è entrato in provenienza da un paese terzo, tale Stato membro è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale.
61      La nozione di «attraversamento irregolare» della frontiera di uno Stato membro non è definita da tale regolamento.
62      Una tale definizione non è neppure contenuta negli altri atti dell’Unione, in vigore alla data dei fatti di cui al procedimento principale, relativi al controllo delle frontiere o all’immigrazione.
63      Per quanto concerne, più specificamente, gli atti menzionati dal giudice del rinvio, occorre rilevare, in primo luogo, che la direttiva rimpatri definisce unicamente, al suo articolo 3, paragrafo 2, la nozione di «soggiorno irregolare», la quale non coincide con quella di «ingresso irregolare» (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2016, Affum, C‑47/15, EU:C:2016:408, punto 60).
64      Del pari, la nozione di «attraversamento irregolare» della frontiera di uno Stato membro non può essere assimilata a quella di «soggiorno irregolare».
65      Inoltre, benché l’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva rimpatri menzioni i cittadini di paesi terzi fermati o scoperti in occasione di un «attraversamento irregolare» della frontiera esterna di uno Stato membro, la stessa non fornisce alcuna indicazione in merito alla portata precisa di tale nozione.
66      In secondo luogo, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 127 delle sue conclusioni, il codice frontiere Schengen non definisce neppure la nozione di «attraversamento irregolare» della frontiera di uno Stato membro.
67      Sebbene esso preveda certo, al suo articolo 4, paragrafo 3, l’imposizione di sanzioni in caso di attraversamento non autorizzato delle frontiere esterne al di fuori dei valichi di frontiera e degli orari di apertura stabiliti, lo stesso fa ivi riferimento a un’ipotesi molto specifica che non può comprendere tutti i casi di attraversamento irregolare di una frontiera.
68      Del pari, se è vero che la seconda frase dell’articolo 12, paragrafo 1, del codice frontiere Schengen contiene una norma applicabile a «una persona che ha attraversato illegalmente una frontiera», esso non precisa in alcun modo la definizione della nozione di «attraversamento irregolare» e non specifica, segnatamente, se questo avvenga in caso di violazione delle norme riguardanti l’attraversamento delle frontiere esterne, di cui all’articolo 4 di tale codice, di quelle che definiscono le condizioni di ingresso, di cui all’articolo 5 del medesimo, o ancora di quelle concernenti il controllo delle frontiere esterne, che sono oggetto del capo II del titolo II del codice in parola.
69      Inoltre, la nozione di «attraversamento irregolare» della frontiera è utilizzata, all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III con riferimento allo scopo specifico di tale regolamento, vale a dire la determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale. Orbene, un siffatto scopo è privo di qualsiasi connessione con la seconda frase dell’articolo 12, paragrafo 1, del codice frontiere Schengen, poiché codesta è volta a precisare la relazione tra il controllo delle frontiere e l’attuazione delle procedure di rimpatrio previste dalla direttiva rimpatri.
70      Inoltre, si deve rilevare che, come specificato dai considerando 27 e 28 del codice frontiere Schengen e dal considerando 41 del regolamento Dublino III, taluni Stati membri che non erano vincolati da tale codice sono, invece, assoggettati a detto regolamento. Ne consegue che l’attraversamento delle frontiere di tali Stati membri deve, all’occorrenza, essere qualificato come «regolare» o «irregolare» ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, nonostante l’ammissione nel territorio di detti Stati membri non sia disciplinata dalle norme relative all’attraversamento delle frontiere e all’ingresso fissate dal codice frontiere Schengen.
71      Da ultimo, è necessario constatare che il legislatore dell’Unione ha scelto di non menzionare, all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, la direttiva rimpatri o il codice frontiere Schengen, facendo espresso riferimento al regolamento n. 603/2013.
72      In tali circostanze, pur essendo vero che gli atti adottati dall’Unione in materia di controllo delle frontiere e immigrazione configurano elementi di contesto di cui occorre tenere conto in sede di interpretazione dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, ciò nondimeno la portata della nozione di «attraversamento irregolare» della frontiera di uno Stato membro ai sensi di tale regolamento non può, in linea di principio, essere direttamente dedotta da tali atti.
73      Di conseguenza, in mancanza di una definizione di tale nozione in detto regolamento, è necessario, conformemente ad una consolidata giurisprudenza della Corte, determinare il significato e la portata di questa sulla base dell’accezione abituale dei termini utilizzati, prendendo in considerazione il contesto nel quale sono usati e gli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui fanno parte (v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2014, Diakité, C‑285/12, EU:C:2014:39, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).
74      Per quanto riguarda l’accezione abituale della nozione di «attraversamento irregolare» di una frontiera, è necessario considerare che l’attraversamento di una frontiera senza osservare le condizioni richieste dalla normativa applicabile nello Stato membro interessato deve necessariamente essere ritenuta «irregolare» ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III.
75      Ne consegue che, nel caso in cui la frontiera varcata sia quella di uno Stato membro vincolato dal codice frontiere Schengen, il carattere irregolare dell’attraversamento di questa deve essere valutato tenendo conto, in particolare, delle norme stabilite da tale codice.
76      Ciò è quanto avviene nel procedimento principale, poiché salvo l’articolo 1, prima frase, l’articolo 5, paragrafo 4, lettera a), il titolo III del codice frontiere Schengen e le disposizioni del titolo II di tale codice e degli allegati che fanno riferimento al sistema d’informazione Schengen, le disposizioni di detto codice si applicano alla Repubblica di Croazia, in virtù dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, dell’atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica di Croazia e agli adattamenti del trattato sull’Unione europea, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica (GU 2012, L 112, pag. 21), in combinato disposto con l’allegato II, punto 8, al medesimo.
77      Tuttavia, la considerazione svolta al punto 74 della presente sentenza non è sufficiente a definire esaustivamente la nozione di «attraversamento irregolare» ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III.
78      Occorre, altresì, tenere conto della circostanza che la normativa relativa all’attraversamento delle frontiere esterne può attribuire alle autorità nazionali competenti la facoltà di derogare, invocando ragioni umanitarie, alle condizioni di ingresso imposte, in linea di principio, ai cittadini di paesi tersi al fine di assicurarsi della regolarità del loro futuro soggiorno negli Stati membri.
79      Una facoltà di tal genere è segnatamente prevista all’articolo 5, paragrafo 4, lettera c), del codice frontiere Schengen, che consente agli Stati membri partecipanti a tale codice di autorizzare, in deroga, i cittadini di paesi terzi, che non soddisfano una o più condizioni di ingresso imposte, in linea di principio, a tali cittadini, a entrare nel loro territorio per ragioni umanitarie o di interesse nazionale oppure conformemente a obblighi internazionali.
80      Ciò posto, occorre rilevare innanzitutto che l’articolo 5, paragrafo 4, lettera c), del codice frontiere Schengen precisa, diversamente dall’articolo 5, paragrafo 4, lettera b), di tale codice, che una simile autorizzazione è valida solo per il territorio dello Stato membro interessato, e non per il territorio «degli Stati membri» nel loro complesso. Pertanto, tale prima disposizione non può comportare la regolarità dell’attraversamento della frontiera da parte del cittadino di un paese terzo, ammesso dalle autorità di uno Stato membro al solo scopo di permettere il transito di tale cittadino verso un altro Stato membro per presentarvi una domanda di protezione internazionale.
81      Inoltre, e in ogni caso, alla luce della risposta fornita alla prima questione, alla seconda questione, lettera a), e alla terza questione, lettera d), l’esercizio di una facoltà quale quella di cui all’articolo 5, paragrafo 4, lettera c), del codice frontiere Schengen non può essere assimilato al rilascio di un visto ai sensi dell’articolo 12 del regolamento Dublino III.
82      Parimenti, poiché tale esercizio non incide sull’esistenza di un eventuale obbligo di possedere un visto per il cittadino di un paese terzo interessato, un ingresso autorizzato in tale contesto non può essere considerato come un ingresso sul territorio di uno Stato membro in cui l’interessato è dispensato dall’obbligo di visto, ai sensi dell’articolo 14 di tale regolamento.
83      Pertanto, ammettere che l’ingresso del cittadino di un paese terzo autorizzato da uno Stato membro, invocando ragioni umanitarie, in deroga alle condizioni di ingresso imposte, in linea di principio, ai cittadini di un paese terzo non configura un attraversamento irregolare della frontiera di tale Stato membro ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III implicherebbe che detto Stato membro, qualora si avvalga di una facoltà di tale sorta, non è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale introdotta da tale cittadino in un altro Stato membro.
84      Orbene, una simile conclusione sarebbe incompatibile con l’economia generale e con gli obiettivi di tale regolamento.
85      Difatti, il considerando 25 del regolamento Dublino III fa, segnatamente, riferimento al nesso diretto tra i criteri di competenza fissati in uno spirito di solidarietà e gli sforzi comuni per la gestione delle frontiere esterne che sono posti in essere, come richiamato dal considerando 6 del codice frontiere Schengen, nell’interesse non solo dello Stato membro dalle cui frontiere esterne viene effettuato il controllo, ma anche di tutti gli Stati membri che hanno abolito il controllo di frontiera interno.
86      In tale contesto, dalla struttura degli articoli 12 e 14 del regolamento Dublino III emerge che tali articoli disciplinano, in via di principio, tutte le ipotesi di ingresso regolare nel territorio degli Stati membri, poiché l’ingresso regolare di un cittadino di un paese terzo in tale territorio normalmente si fonda su un visto o su un titolo di soggiorno, oppure si basa su un’esenzione dall’obbligo di visto.
87      L’applicazione dei diversi criteri contenuti in tali articoli, nonché nell’articolo 13 di tale regolamento, deve, in generale, consentire di attribuire allo Stato membro che è all’origine dell’ingresso o del soggiorno del cittadino di un paese terzo sul territorio degli Stati membri la competenza a esaminare la domanda di protezione internazionale eventualmente presentata da tale cittadino.
88      A tal proposito, è possibile constatare che tale idea è espressamente enunciata nella relazione sulla proposta della Commissione, del 3 dicembre 2008 [COM(2008) 820 definitivo], che ha condotto all’adozione del regolamento Dublino III, che riprende, su tale punto, quanto era già esposto nella relazione sulla proposta della Commissione [COM(2001) 447 definitivo], che ha determinato l’adozione del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU 2003, L 50, pag. 1). Quest’ultima relazione precisava altresì che i criteri introdotti da tale regolamento, tra cui figurava l’attraversamento irregolare della frontiera di uno Stato membro, si fondavano in particolare sull’idea che ogni Stato membro è responsabile, nei confronti di tutti gli altri Stati membri, della sua politica in materia di ingresso e di soggiorno di cittadini di paesi terzi e deve assumerne le conseguenze con spirito di solidarietà e di leale cooperazione.
89      Alla luce di tali elementi, i criteri di cui agli articoli da 12 a 14 del regolamento Dublino III non possono essere interpretati, senza rimettere in discussione l’economia generale di tale regolamento, in maniera tale da escludere la competenza dello Stato membro che ha deciso di autorizzare, invocando ragioni umanitarie, l’ingresso nel suo territorio del cittadino di un paese terzo privo di visto e che non beneficia di un’esenzione di visto.
90      Inoltre, il fatto che, come nel caso di specie, il cittadino di un paese terzo interessato sia entrato nel territorio degli Stati membri sotto la sorveglianza delle autorità competenti senza sottrarsi in alcun modo al controllo frontaliero non può essere determinante ai fini dell’applicazione dell’articolo 13, paragrafo 1, di detto regolamento.
91      Infatti, i criteri di competenza di cui agli articoli da 12 a 14 del regolamento Dublino III hanno lo scopo non di sanzionare un comportamento illecito del cittadino di un paese terzo interessato, bensì di determinare quale sia lo Stato membro competente tenendo conto del ruolo ricoperto da tale Stato membro con riferimento alla presenza di detto cittadino nel territorio degli Stati membri.
92      Ne consegue che occorre ritenere che il cittadino di un paese terzo, ammesso nel territorio di un primo Stato membro, senza soddisfare le condizioni di ingresso imposte, in linea di principio, in tale Stato membro per il transito verso un altro Stato membro allo scopo di presentarvi una domanda di protezione internazionale, ha «varcato illegalmente» la frontiera di tale primo Stato membro ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, tanto nel caso in cui tale attraversamento sia stato tollerato o autorizzato in violazione delle norme applicabili, quanto nell’ipotesi in cui sia stato autorizzato invocando ragioni umanitarie e in deroga alle condizioni di ingresso generalmente imposte ai cittadini di paesi terzi.
93      La circostanza che l’attraversamento della frontiera abbia avuto luogo in una situazione caratterizzata dall’arrivo di un numero straordinariamente elevato di cittadini di paesi terzi, che intendono ottenere protezione internazionale, non è idonea a influenzare l’interpretazione o l’applicazione dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III.
94      Infatti, si deve rilevare, in primo luogo, che il legislatore dell’Unione ha preso in considerazione il rischio che si verificasse una simile situazione e ha, dunque, messo a disposizione degli Stati membri strumenti diretti a consentire di rispondervi in maniera adeguata, senza tuttavia prevedere l’applicazione, in tale ipotesi, di uno specifico sistema di determinazione dello Stato membro competente.
95      Così, l’articolo 33 del regolamento Dublino III introduce un sistema di allerta rapido, di preparazione e di gestione delle crisi volto ad attuare azioni preventive dirette, in particolare, a evitare che l’applicazione di tale regolamento sia ostacolata da un rischio comprovato di speciale pressione sul sistema di asilo di uno Stato membro.
96      Al contempo, l’articolo 3, paragrafo 1, di detto regolamento prevede l’applicazione della procedura definita dallo stesso regolamento a ogni domanda di protezione internazionale presentata dal cittadino di un paese terzo o da un apolide nel territorio di un qualsivoglia Stato membro, incluse le domande eventualmente presentate in una situazione caratterizzata dall’arrivo di un numero straordinariamente elevato di cittadini di paesi terzi che intendono ottenere protezione internazionale.
97      In secondo luogo, tale tipologia di situazioni è specificamente disciplinata dalla direttiva 2001/55, il cui articolo 18 dispone che, in caso di afflusso massiccio di sfollati, si applicano i criteri e le procedure di determinazione dello Stato membro competente.
98      In terzo luogo, l’articolo 78, paragrafo 3, TFUE consente al Consiglio dell’Unione europea, su proposta della Commissione europea e previa consultazione del Parlamento europeo, di adottare misure temporanee a beneficio dello o degli Stati membri che debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi.
99      Il Consiglio ha così adottato, sul fondamento dell’articolo 78, paragrafo 3, TFUE, le decisioni (UE) 2015/1523, del 14 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia (GU 2015, L 239, pag. 146), e (UE) 2015/1601, del 22 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia (GU 2015, L 248, pag. 80).
100    In quarto luogo, a prescindere dall’adozione di tali misure, la presa a carico, in uno Stato membro, di un numero straordinariamente elevato di cittadini di paesi terzi che intendono ottenere protezione internazionale può anche essere agevolata dall’esercizio, da parte di altri Stati membri, unilateralmente o di concerto con lo Stato membro interessato nello spirito di solidarietà sotteso al regolamento Dublino III ai sensi dell’articolo 80 TFUE, della facoltà, di cui all’articolo 17, paragrafo 1, di tale regolamento, di decidere di esaminare domande di protezione internazionale che gli sono presentate, sebbene tale esame non competa loro in virtù dei criteri stabiliti da tale regolamento.
101    In ogni caso, è opportuno rammentare che, in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, del medesimo regolamento e dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il trasferimento di un richiedente protezione internazionale verso lo Stato membro competente non deve essere operato qualora tale trasferimento comporti un rischio reale che l’interessato subisca trattamenti inumani o degradanti ai sensi di tale articolo 4 (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a., C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 65). Un trasferimento non potrebbe dunque essere eseguito se, a seguito dell’arrivo di un numero straordinariamente elevato di cittadini di paesi terzi che intendono ottenere una protezione internazionale, sussistesse un rischio di tale genere nello Stato membro competente.
102    Dall’insieme delle considerazioni che precedono emerge che occorre rispondere alla prima questione, alla seconda questione, lettera e), e alla terza questione, lettere da a) a c) e h), dichiarando che l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III deve essere interpretato nel senso che occorre considerare che il cittadino di un paese terzo, il cui ingresso è stato tollerato dalle autorità di un primo Stato membro che si trovavano di fronte all’arrivo di un numero straordinariamente elevato di cittadini di paesi terzi, che intendevano transitare in tale Stato membro allo scopo di presentare una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, senza soddisfare le condizioni di ingresso imposte, in linea di principio, in tale primo Stato membro, ha «varcato illegalmente» la frontiera di detto primo Stato membro ai sensi di tale disposizione.
 Sulla seconda questione, lettere da b) a d), nonché sulla terza questione, lettere da e) a g)
103    Tenuto conto della risposta fornita alle altre questioni, non occorre rispondere né alla seconda questione, lettere da b) a d), né alla terza questione, lettere da e) a g).
 Sulle spese
104    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1)      L’articolo 12 del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, in combinato disposto con l’articolo 2, lettera m), di tale regolamento, deve essere interpretato nel senso che il fatto, per le autorità di un primo Stato membro che si trovano di fronte all’arrivo di un numero straordinariamente elevato di cittadini di paesi terzi, che intendono transitare in tale Stato membro allo scopo di presentare una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, di tollerare l’ingresso sul territorio di tali cittadini, che non soddisfano le condizioni di ingresso imposte, in linea di principio, in tale primo Stato membro, non deve essere qualificato come «visto» ai sensi di detto articolo 12.
2)      L’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 604/2013 deve essere interpretato nel senso che occorre considerare che il cittadino di un paese terzo, il cui ingresso è stato tollerato dalle autorità di un primo Stato membro che si trovavano di fronte all’arrivo di un numero straordinariamente elevato di cittadini di paesi terzi, che intendevano transitare in tale Stato membro allo scopo di presentare una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, senza soddisfare le condizioni di ingresso imposte, in linea di principio, in tale primo Stato membro, ha «varcato illegalmente» la frontiera di detto primo Stato membro ai sensi di tale disposizione.


Dal sito http://curia.europa.eu