Corte di Giustizia UE 26 luglio 2017, n. C-490/16
Rinvio pregiudiziale – Regolamento (UE) n. 604/2013 –
Determinazione dello Stato membro competente ad esaminare una domanda di
protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino
di un paese terzo – Arrivo di un numero eccezionalmente elevato di
cittadini di paesi terzi intenzionati ad ottenere una protezione
internazionale – Organizzazione dell’attraversamento della frontiera ad
opera delle autorità di uno Stato membro ai fini del transito verso un altro
Stato membro – Ingresso autorizzato in virtù di una deroga per ragioni
umanitarie – Articolo 13 – Attraversamento irregolare di una
frontiera esterna – Termine di dodici mesi a partire dall’attraversamento
della frontiera – Articolo 27 – Mezzo di ricorso – Portata del
sindacato giurisdizionale – Articolo 29 – Termine di sei mesi per
eseguire il trasferimento – Calcolo dei termini – Proposizione di un
ricorso – Effetto sospensivo
1) L’articolo
27, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di
determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di
protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino
di un paese terzo o da un apolide, letto alla luce del considerando 19 del
medesimo regolamento, deve essere interpretato nel senso che un richiedente la
protezione internazionale può far valere, nell’ambito di un ricorso proposto contro
una decisione di trasferimento adottata nei suoi confronti, l’erronea
applicazione del criterio di competenza attinente all’attraversamento
irregolare della frontiera di uno Stato membro, enunciato all’articolo 13,
paragrafo 1, del regolamento sopra citato.
2) L’articolo
13, paragrafo 1, del regolamento n. 604/2013 deve essere interpretato nel
senso che un cittadino di un paese terzo, il cui ingresso sia stato tollerato,
dalle autorità di un primo Stato membro impegnate a gestire l’arrivo di un numero
eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi intenzionati a transitare
per tale Stato membro al fine di presentare una domanda di protezione
internazionale in un altro Stato membro, senza che fossero soddisfatti i
requisiti di ingresso in linea di principio richiesti nel primo Stato membro di
cui sopra, deve essere considerato come una persona che ha «varcato
illegalmente» la frontiera del suddetto primo Stato membro ai sensi del citato
articolo 13, paragrafo 1.
3) L’articolo
13, paragrafo 1, secondo periodo, del regolamento n. 604/2013, letto in
combinazione con l’articolo 7, paragrafo 2, di quest’ultimo, deve essere
interpretato nel senso che la presentazione di un ricorso avverso la decisione
di trasferimento è priva di effetti sul calcolo del termine previsto dal citato
articolo 13, paragrafo 1.
L’articolo 29, paragrafi 1 e 2, del citato regolamento deve essere
interpretato nel senso che la presentazione di un ricorso siffatto implica che
il termine enunciato in queste disposizioni comincia a decorrere soltanto a
partire dalla decisione definitiva su tale ricorso, anche quando il giudice
adito abbia deciso di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia
pregiudiziale, purché al ricorso stesso sia stato attribuito un effetto sospensivo
in conformità dell’articolo 27, paragrafo 3, del medesimo regolamento.
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
26 luglio 2017
Nella causa C‑490/16,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Vrhovno sodišče
(Corte suprema, Slovenia), con decisione del 13 settembre 2016, pervenuta in
cancelleria il 16 settembre 2016, nel procedimento
A.S.
contro
Republika Slovenija,
LA CORTE
(Grande Sezione),
composta da K. Lenaerts, presidente,
A. Tizzano, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, L. Bay Larsen
(relatore), J. L. da Cruz Vilaça, M. Berger e A. Prechal,
presidenti di sezione, A. Rosas, A. Arabadjiev, C. Toader,
M. Safjan, D. Šváby, E. Jarašiūnas, C. G. Fernlund e
S. Rodin, giudici,
avvocato generale: E. Sharpston
cancelliere: M. Aleksejev, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito
all’udienza del 28 marzo 2017,
considerate le osservazioni presentate:
– per
A.S., da M. Nabergoj e S. Zbičajnik, svetovalca za begunce;
– per il
governo sloveno, da N. Pintar Gosenca, B. Jovin Hrastnik e
A. Vran, in qualità di agenti;
– per il
governo ellenico, da T. Papadopoulou, in qualità di agente;
– per il
governo francese, da E. Armoët, in qualità di agente;
– per il
governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da
L. Cordì, avvocato dello Stato;
– per il
governo ungherese, da M. Tátrai e M. Z. Fehér, in qualità di
agenti;
– per il
governo austriaco, da G. Hesse, in qualità di agente;
– per il
governo del Regno Unito, da C. Crane, in qualità di agente, assistita da
C. Banner, barrister;
– per il
governo svizzero, da U. Bucher, in qualità di agente;
– per la Commissione europea,
da M. Condou‑Durande, M. Žebre e G. Wils, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza dell’8 giugno 2017,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La
domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 13,
paragrafo 1, dell’articolo 27, paragrafo 1, e dell’articolo 29, paragrafo 2,
del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione
dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione
internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese
terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31; in prosieguo: il
«regolamento Dublino III»).
2 Tale
domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone A.S.,
cittadino siriano, alla Republika Slovenija (Repubblica di Slovenia) in merito
alla decisione di quest’ultima di non esaminare la domanda di protezione
internazionale presentata da A.S.
Contesto normativo
3 I
considerando 4, 5 e 19 del regolamento Dublino III sono così formulati:
«(4) Secondo
le conclusioni [adottate dal Consiglio europeo nella riunione straordinaria
tenutasi a] Tampere [il 15 e il 16 ottobre 1999], il [Sistema europeo comune di
asilo] dovrebbe prevedere a breve termine un meccanismo per determinare con
chiarezza e praticità lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di
asilo.
(5) Tale
meccanismo dovrebbe essere fondato su criteri oggettivi ed equi sia per gli
Stati membri sia per le persone interessate. Dovrebbe, soprattutto, consentire
di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire
l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione
internazionale e non dovrebbe pregiudicare l’obiettivo di un rapido
espletamento delle domande di protezione internazionale.
(...)
(19) Al fine
di assicurare una protezione efficace dei diritti degli interessati, si
dovrebbero stabilire garanzie giuridiche e il diritto a un ricorso effettivo
avverso le decisioni relative ai trasferimenti verso lo Stato membro
competente, ai sensi, in particolare, dell’articolo 47 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea. Al fine di garantire il rispetto del diritto
internazionale è opportuno che un ricorso effettivo avverso tali decisioni
verta tanto sull’esame dell’applicazione del presente regolamento quanto
sull’esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il
richiedente è trasferito».
4 L’articolo
1 di detto regolamento dispone quanto segue:
«Il presente regolamento stabilisce i criteri e i
meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una
domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un
cittadino di un paese terzo o da un apolide (“Stato membro competente”)».
5 L’articolo
3, paragrafo 2, secondo comma, del medesimo regolamento recita:
«Qualora sia impossibile trasferire un richiedente verso
lo Stato membro inizialmente designato come competente in quanto si hanno
fondati motivi di ritenere che sussistono carenze sistemiche nella procedura di
asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro,
che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi
dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, lo
Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione dello Stato membro
competente prosegue l’esame dei criteri di cui al capo III per verificare se un
altro Stato membro possa essere designato come competente».
6 L’articolo
7, paragrafo 2, del citato regolamento precisa quanto segue:
«La determinazione dello Stato membro competente in
applicazione dei criteri definiti dal presente capo avviene sulla base della
situazione esistente al momento in cui il richiedente ha presentato domanda di
protezione internazionale per la prima volta in uno Stato membro».
7 L’articolo
12 del regolamento Dublino III stabilisce un criterio per la determinazione
dello Stato membro competente, attinente al rilascio di titoli di soggiorno o
di visti.
8 L’articolo
13 di tale regolamento, intitolato «Ingresso e/o soggiorno», dispone, al
paragrafo 1, quanto segue:
«Quando è accertato, sulla base degli elementi di prova
e delle circostanze indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all’articolo
22, paragrafo 3, del presente regolamento, inclusi i dati di cui al regolamento
(UE) n. 603/2013 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno
2013, che istituisce l’“Eurodac” per il confronto delle impronte digitali per
l’efficace applicazione del regolamento n. 604/2013 e per le richieste di
confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati
membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE)
n. 1077/2011 che istituisce un’agenzia europea per la gestione operativa
dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia
(GU 2013, L 180, pag. 1)], che il richiedente ha varcato illegalmente,
per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la
frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per
l’esame della domanda di protezione internazionale. Detta responsabilità cessa
12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera».
9 L’articolo
21, paragrafo 1, del regolamento Dublino III enuncia:
«Lo Stato membro che ha ricevuto una domanda di
protezione internazionale e ritiene che un altro Stato membro sia competente
per l’esame della stessa può chiedere a tale Stato membro di prendere in carico
il richiedente quanto prima e, al più tardi, entro tre mesi dopo la
presentazione della domanda ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2.
In deroga al primo comma, nel caso di una risposta
pertinente di Eurodac con dati registrati ai sensi dell’articolo 14 del
regolamento (UE) n. 603/2013, la richiesta è inviata entro due mesi dal
ricevimento della risposta pertinente ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2,
di tale regolamento.
Se la richiesta di prendere in carico un richiedente non
è formulata entro i termini previsti al primo e al secondo comma, la competenza
dell’esame della domanda di protezione internazionale spetta allo Stato membro
al quale la domanda è stata presentata».
10 L’articolo
23, paragrafi 2 e 3, del regolamento Dublino III è formulato nei seguenti
termini:
«2. Una richiesta di
ripresa in carico è presentata quanto prima e in ogni caso entro due mesi dal
ricevimento della risposta pertinente Eurodac ai sensi dell’articolo 9,
paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 603/2013.
Se la richiesta di ripresa in carico è basata su prove
diverse dai dati ottenuti dal sistema Eurodac, essa è inviata allo Stato membro
richiesto entro tre mesi dalla data di presentazione della domanda di
protezione internazionale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2.
3. Se la richiesta di
ripresa in carico non è presentata entro i termini prescritti al paragrafo 2,
la competenza per l’esame della domanda di protezione internazionale spetta allo
Stato membro in cui la nuova domanda è stata presentata».
11 L’articolo
26, paragrafo 1, del regolamento Dublino III ha il seguente tenore:
«Quando lo Stato membro richiesto accetta di prendere o
riprendere in carico un richiedente (...), lo Stato membro richiedente notifica
all’interessato la decisione di trasferirlo verso lo Stato membro competente e,
se del caso, di non esaminare la sua domanda di protezione internazionale.
(...)».
12 L’articolo
27, paragrafi 1 e 3, di detto regolamento prevede:
«1. Il richiedente
(...) ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento,
o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo
giurisdizionale.
(...)
3. Ai fini di ricorsi
avverso decisioni di trasferimento o di revisioni delle medesime, gli Stati
membri prevedono nel proprio diritto nazionale:
a) che il
ricorso o la revisione conferisca all’interessato il diritto di rimanere nello
Stato membro interessato in attesa dell’esito del ricorso o della revisione; o
b) che il
trasferimento sia automaticamente sospeso e che tale sospensione scada dopo un
determinato periodo di tempo ragionevole durante il quale un organo
giurisdizionale ha adottato, dopo un esame attento e rigoroso, la decisione di
concedere un effetto sospensivo al ricorso o alla revisione; o
c) che
all’interessato sia offerta la possibilità di chiedere, entro un termine
ragionevole, all’organo giurisdizionale di sospendere l’attuazione della
decisione di trasferimento in attesa dell’esito del ricorso o della revisione
della medesima. Gli Stati membri assicurano un ricorso effettivo sospendendo il
trasferimento fino all’adozione della decisione sulla prima richiesta di
sospensione. (...)».
13 L’articolo
29, paragrafi 1 e 2, del suddetto regolamento recita:
«1. Il trasferimento
del richiedente (...) dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro
competente avviene (...) comunque entro sei mesi a decorrere dall’accettazione
della richiesta di un altro Stato membro di prendere o riprendere in carico
l’interessato, o d[a]lla decisione definitiva su un ricorso o una revisione in
caso di effetto sospensivo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3.
(...)
2. Se il
trasferimento non avviene entro il termine di sei mesi, lo Stato membro
competente è liberato dall’obbligo di prendere o riprendere in carico
l’interessato e la competenza è trasferita allo Stato membro richiedente.
Questo termine può essere prorogato fino a un massimo di un anno se non è stato
possibile effettuare il trasferimento a causa della detenzione
dell’interessato, o fino a un massimo di diciotto mesi qualora questi sia
fuggito».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
14 A.S.
ha lasciato la Siria
per il Libano, prima di viaggiare attraverso la Turchia, la Grecia, l’ex Repubblica
jugoslava di Macedonia e la
Serbia. Egli ha attraversato la frontiera tra quest’ultimo
Stato e la Croazia
nel corso dell’anno 2016. Le autorità croate hanno organizzato il suo trasporto
fino alla frontiera slovena.
15 A.S.
è entrato in Slovenia il 20 febbraio 2016. Egli è stato poi consegnato dalle
autorità slovene alle autorità austriache. Queste ultime hanno però rifiutato
il suo ingresso in Austria.
16 Il
23 febbraio 2016, A.S. ha presentato in Slovenia una domanda di protezione
internazionale.
17 Le
autorità slovene hanno chiesto alle autorità croate di prendere in carico A.S.
sulla base dell’articolo 21 del regolamento Dublino III. Queste ultime, in data
20 maggio 2016, hanno accolto tale richiesta.
18 Il
14 giugno 2016, il Ministrstvo za notranje zadeve (Ministero dell’Interno,
Slovenia) ha deciso di non esaminare la domanda di protezione internazionale
presentata da A.S., a motivo del fatto che quest’ultimo doveva essere
trasferito verso la Croazia
che è lo Stato membro competente ad esaminare detta domanda, in applicazione
del criterio enunciato all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino
III, in quanto A.S. avrebbe attraversato irregolarmente la frontiera croata,
provenendo da un paese terzo.
19 A.S.
ha contestato tale decisione dinanzi all’Upravno sodišče (Tribunale
amministrativo, Slovenia). Il 4 luglio 2016, tale giudice ha respinto il
suddetto ricorso, sospendendo però l’esecuzione della decisione del Ministero
dell’Interno del 14 giugno 2016 fino a che una decisione definitiva non avesse
posto termine alla controversia oggetto del procedimento principale. A.S. ha
allora presentato un ricorso dinanzi al giudice del rinvio.
20 Sulla
scorta di tali circostanze, il Vrhovno sodišče (Corte suprema, Slovenia) ha
deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti
questioni pregiudiziali:
«1) Se la
tutela giurisdizionale prevista dall’articolo 27 del regolamento [Dublino III]
si riferisca anche all’interpretazione dei presupposti per l’applicazione del
criterio di cui all’articolo 13, paragrafo 1, del medesimo regolamento, qualora
si tratti della decisione di uno Stato membro di non esaminare una domanda di
protezione internazionale, e un altro Stato membro abbia già riconosciuto la
propria competenza ad esaminare la domanda del richiedente sulla medesima base,
e qualora il richiedente si opponga a ciò.
2) Se il
presupposto dell’ingresso irregolare di cui all’articolo 13, paragrafo 1, del
regolamento [Dublino III] debba essere interpretato in modo autonomo e
indipendente, oppure se esso vada interpretato in collegamento con l’articolo
3, punto 2, della direttiva [2008/115/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili
negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è
irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98),] e con l’articolo 5 del
[regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del
15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di
attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere
Schengen) (GU 2006, L 105, pag. 1), come modificato dal regolamento
(UE) n. 610/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno
2013 (GU 2013, L 182, pag. 1),] i quali definiscono la nozione di
attraversamento illegale di una frontiera, e un’interpretazione siffatta debba
essere applicata in riferimento all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento
[Dublino III].
3) Se, alla
luce della risposta fornita al secondo quesito, occorra nelle circostanze della
presente fattispecie interpretare la nozione di ingresso irregolare di cui
all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento [Dublino III] nel senso che non
si configura un attraversamento irregolare della frontiera quando tale
attraversamento sia stato organizzato dalle pubbliche autorità di uno Stato
membro allo scopo di effettuare il transito verso un altro Stato membro (...).
4) Nel caso in
cui la risposta al terzo quesito fosse affermativa, se occorra di conseguenza
interpretare l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento [Dublino III] nel
senso che esso impedisce il rinvio del cittadino di uno Stato terzo verso lo
Stato nel quale egli aveva fatto il suo primo ingresso nel territorio
dell’Unione.
5) Se
l’articolo 27 del regolamento [Dublino III] debba essere interpretato nel senso
che i termini previsti dagli articoli 13, paragrafo 1, e 29, paragrafo 2, [del
medesimo regolamento] non decorrono nel caso in cui il richiedente eserciti il
diritto alla tutela giurisdizionale, più in particolare qualora ciò includa
anche la proposizione di una domanda di pronuncia pregiudiziale, oppure qualora
il giudice nazionale sia in attesa di una risposta della Corte di giustizia
dell’Unione europea ad una domanda siffatta presentata in un altro caso. In
subordine: se, in un caso siffatto, i termini decorrerebbero, ma lo Stato
membro competente non avrebbe il diritto di rifiutare la presa in carico
dell’interessato».
Procedimento dinanzi alla Corte
21 Il
giudice del rinvio ha chiesto di applicare il procedimento pregiudiziale di
urgenza previsto dall’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.
22 Il
27 settembre 2016 la Corte,
su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, ha deciso che
non vi era luogo per accogliere tale domanda.
23 Con
decisione del 22 dicembre 2016, il presidente della Corte ha disposto la
trattazione prioritaria della presente causa.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
24 Con
la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se
l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III debba essere
interpretato nel senso che un richiedente la protezione internazionale può far
valere, nell’ambito di un ricorso proposto contro una decisione di
trasferimento adottata nei suoi confronti, l’erronea applicazione del criterio
di competenza attinente all’attraversamento irregolare della frontiera di uno
Stato membro, enunciato all’articolo 13, paragrafo 1, del citato regolamento.
25 L’articolo
27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III precisa che il richiedente la
protezione internazionale ha diritto a un ricorso effettivo avverso una
decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in
diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale.
26 La
portata del ricorso esperibile da un richiedente la protezione internazionale
avverso una decisione di trasferimento adottata nei suoi confronti viene
precisata nel considerando 19 del suddetto regolamento, il quale indica che, al
fine di garantire il rispetto del diritto internazionale, il ricorso effettivo
istituito dal medesimo regolamento avverso le decisioni di trasferimento deve
vertere, da un lato, sull’esame dell’applicazione del regolamento stesso e,
dall’altra, sull’esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro
in cui il richiedente viene trasferito (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno
2016, Ghezelbash, C‑63/15, EU:C:2016:409, punti 38 e 39).
27 A
questo proposito, la Corte
ha statuito, al punto 61 della sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash (C‑63/15,
EU:C:2016:409), che, nell’ambito di tale ricorso, il richiedente la protezione
internazionale poteva far valere l’erronea applicazione di un criterio di
competenza per l’esame della domanda di protezione internazionale enunciato nel
capo III del regolamento Dublino III.
28 In
questa sentenza, la Corte
non ha operato alcuna distinzione tra i diversi criteri previsti dal capo
summenzionato, tra i quali figura quello attinente all’attraversamento
irregolare della frontiera di uno Stato membro, enunciato all’articolo 13,
paragrafo 1, del citato regolamento.
29 Vero
è che nella causa decisa dalla sentenza di cui sopra risultava direttamente
coinvolto soltanto il criterio enunciato all’articolo 12 del regolamento
Dublino III.
30 Tuttavia,
le motivazioni addotte dalla Corte in quella pronuncia valgono anche, mutatis
mutandis, per il criterio enunciato all’articolo 13, paragrafo 1, del medesimo
regolamento.
31 Occorre
infatti rilevare, in particolare, che i criteri contenuti negli articoli 12 e
13 del regolamento Dublino III svolgono un ruolo paragonabile nella conduzione
della procedura di determinazione dello Stato membro competente istituita da
tale regolamento e, dunque, nell’applicazione di quest’ultimo (v., in tal
senso, sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash, C‑63/15, EU:C:2016:409, punti da
41 a 44).
32 Allo
stesso modo, gli sviluppi che hanno caratterizzato il sistema di determinazione
dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione
internazionale presentata in uno degli Stati membri e gli obiettivi di tale
sistema, sottolineati dalla Corte ai punti da 45 a 59 della sentenza del 7
giugno 2016, Ghezelbash (C‑63/15, EU:C:2016:409), sono del pari pertinenti ai
fini del controllo dell’applicazione dell’articolo 13 del citato regolamento.
33 Quanto
al fatto, evidenziato dal giudice del rinvio, che, nel procedimento principale,
un altro Stato membro ha già riconosciuto la propria competenza ad esaminare la
domanda di protezione internazionale in oggetto, occorre sottolineare che, a
norma dell’articolo 26, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, una decisione
di trasferimento può essere notificata alla persona interessata soltanto dopo
che lo Stato membro richiesto ha accettato di prendere in carico o di
riprendere in carico quest’ultima.
34 Ciò
detto, la circostanza di cui sopra non può implicare che il controllo
giurisdizionale della decisione di trasferimento quanto all’applicazione dei
criteri enunciati nel capo III del citato regolamento sia escluso, a pena di
privare l’articolo 27, paragrafo 1, di tale regolamento della parte essenziale
del suo effetto utile. È d’altronde giocoforza constatare che, nella causa
decisa dalla sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash (C‑63/15, EU:C:2016:409),
lo Stato membro richiesto aveva espressamente riconosciuto di essere competente
ad esaminare la domanda di protezione internazionale in oggetto.
35 Dall’insieme
delle considerazioni sopra esposte risulta che occorre rispondere alla prima
questione dichiarando che l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino
III, letto alla luce del considerando 19 del medesimo regolamento, deve essere
interpretato nel senso che un richiedente la protezione internazionale può far
valere, nell’ambito di un ricorso proposto contro una decisione di
trasferimento adottata nei suoi confronti, l’erronea applicazione del criterio
di competenza attinente all’attraversamento irregolare della frontiera di uno
Stato membro, enunciato all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento sopra
citato.
Sulla seconda e sulla terza questione
36 Con
la sua seconda e la sua terza questione, che occorre esaminare congiuntamente,
il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 13, paragrafo 1, del
regolamento Dublino III, letto, se del caso, in combinazione con le
disposizioni del regolamento n. 562/2006, come modificato dal regolamento
n. 610/2013, e con quelle della direttiva 2008/115, debba essere
interpretato nel senso che un cittadino di un paese terzo, il cui ingresso sia
stato tollerato, dalle autorità di un primo Stato membro impegnate a gestire
l’arrivo di un numero eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi intenzionati
a transitare per tale Stato membro al fine di presentare una domanda di
protezione internazionale in un altro Stato membro, senza che fossero
soddisfatti i requisiti di ingresso in linea di principio richiesti nel primo
Stato membro di cui sopra, deve essere considerato come una persona che ha
«varcato illegalmente» la frontiera del suddetto primo Stato membro ai sensi
del citato articolo 13, paragrafo 1.
37 In
via preliminare, occorre rilevare come dai punti da 41 a 58 della sentenza
pronunciata in data odierna, Jafari (C‑646/16), risulti che l’ammissione di un
cittadino di un paese terzo nel territorio di uno Stato membro in una
situazione quale quella che viene in questione nel procedimento principale non
può essere qualificata come «visto» ai sensi dell’articolo 12 del regolamento
Dublino III.
38 Per
quanto riguarda l’interpretazione dell’articolo 13, paragrafo 1, di tale
regolamento, risulta, anzitutto, dai punti da 60 a 72 della sentenza sopra
citata che, sebbene gli atti adottati dall’Unione nei settori del controllo
alle frontiere e dell’immigrazione costituiscano elementi del contesto utili al
fine di interpretare la summenzionata disposizione, ciò non toglie che la
portata della nozione di «attraversamento irregolare» della frontiera di uno
Stato membro ai sensi del regolamento suddetto non può, in linea di principio,
essere direttamente dedotta da tali atti adottati dall’Unione.
39 Risulta
poi dai punti da 73 a 92 della sentenza summenzionata che un cittadino di un
paese terzo ammesso nel territorio di un primo Stato membro, senza che fossero
soddisfatti i requisiti di ingresso in linea di principio richiesti in tale
Stato membro, nella prospettiva di un transito verso un altro Stato membro al
fine di presentare in quest’ultimo una domanda di protezione internazionale,
deve essere considerato come una persona che ha «varcato illegalmente» la
frontiera di tale primo Stato membro ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1,
del regolamento Dublino III, indipendentemente dal fatto che tale
attraversamento sia stato tollerato o autorizzato in violazione delle norme
applicabili ovvero che sia stato autorizzato invocando ragioni umanitarie e
derogando ai requisiti di ingresso in linea di principio imposti ai cittadini
di paesi terzi.
40 Infine,
la circostanza che l’attraversamento della frontiera abbia avuto luogo in una
situazione caratterizzata dall’arrivo di un numero eccezionalmente elevato di
cittadini di paesi terzi intenzionati a ottenere una protezione internazionale
non è tale da avere una qualche incidenza sull’interpretazione o
sull’applicazione della disposizione sopra citata (sentenza pronunciata in data
odierna, Jafari, C‑646/16, punti da 93 a 100).
41 Ciò
premesso, occorre ricordare che, in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2,
del regolamento Dublino III e dell’articolo 4 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea, il trasferimento di un richiedente la
protezione internazionale verso lo Stato membro competente non deve essere
eseguito qualora tale trasferimento comporti un rischio reale che l’interessato
subisca trattamenti inumani o degradanti ai sensi del citato articolo 4 (v., in
tal senso, sentenza del 16 febbraio 2017, C. K. e a., C‑578/16 PPU,
EU:C:2017:127, punto 65). Un trasferimento non potrebbe dunque essere eseguito
nel caso in cui, a seguito dell’arrivo di un numero eccezionalmente elevato di
cittadini di paesi terzi intenzionati ad ottenere una protezione
internazionale, sussistesse un rischio siffatto nello Stato membro competente.
42 Ne
consegue che occorre rispondere alla seconda e alla terza questione dichiarando
che l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III deve essere
interpretato nel senso che un cittadino di un paese terzo, il cui ingresso sia
stato tollerato, dalle autorità di un primo Stato membro impegnate a gestire
l’arrivo di un numero eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi
intenzionati a transitare per tale Stato membro al fine di presentare una
domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, senza che
fossero soddisfatti i requisiti di ingresso in linea di principio richiesti nel
primo Stato membro di cui sopra, deve essere considerato come una persona che
ha «varcato illegalmente» la frontiera del suddetto primo Stato membro ai sensi
del citato articolo 13, paragrafo 1.
Sulla quarta questione
43 Alla
luce della risposta fornita alla seconda e alla terza questione, non occorre
rispondere alla quarta questione.
Sulla quinta questione
44 Con
la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se
l’articolo 13, paragrafo 1, e l’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento
Dublino III debbano essere interpretati nel senso che i termini previsti da
tali disposizioni continuano a decorrere dopo la presentazione di un ricorso
contro la decisione di trasferimento considerata, anche quando il giudice adito
abbia deciso di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale.
45 L’articolo
13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, che è contenuto nel capo III di
tale regolamento, relativo ai criteri di determinazione dello Stato membro
competente, precisa, nel suo secondo periodo, che la competenza di uno Stato
membro fondata sul criterio attinente all’attraversamento irregolare della
frontiera di uno Stato membro cessa dodici mesi dopo la data di tale
attraversamento.
46 L’articolo
29, paragrafo 2, del citato regolamento, che è contenuto nella sezione VI del
capo VI del medesimo regolamento, relativa ai trasferimenti, stabilisce che, se
il trasferimento dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro
competente non viene effettuato entro il termine di sei mesi, lo Stato membro
competente è liberato dall’obbligo di prendere o riprendere in carico la
persona interessata e la competenza è trasferita allo Stato membro richiedente.
47 Risulta
da queste due disposizioni che i termini da esse enunciati hanno entrambi come
scopo di limitare nel tempo la responsabilità di uno Stato membro ai sensi del
regolamento Dublino III.
48 Per
questo, risulta sia dal tenore letterale delle suddette disposizioni sia dalla
loro collocazione nell’ambito di tale regolamento che esse sono applicabili in
due fasi differenti del procedimento istituito dal regolamento stesso.
49 Infatti,
il termine menzionato all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III
costituisce un presupposto di applicazione del criterio enunciato da tale
disposizione e si deve provvedere a rispettarlo nel corso della procedura di
determinazione dello Stato membro competente al termine della quale può,
eventualmente, essere adottata una decisione di trasferimento.
50 Per
contro, l’articolo 29, paragrafo 2, del citato regolamento si riferisce
all’esecuzione della decisione di trasferimento e può essere applicato soltanto
una volta che il principio del trasferimento sia acquisito, ossia, al più
presto, quando lo Stato membro richiesto abbia accettato la richiesta ai fini
della presa in carico o della ripresa in carico.
51 I
rispettivi regimi collegati ai due termini suddetti devono dunque essere
precisati tenendo conto del loro oggetto specifico nel quadro del procedimento
istituito dal citato regolamento.
52 Per
quanto riguarda, in primo luogo, il termine enunciato all’articolo 13,
paragrafo 1, del regolamento Dublino III, occorre rilevare che l’articolo 7,
paragrafo 2, di quest’ultimo precisa che la determinazione dello Stato membro
competente in applicazione dei criteri enunciati nel capo III del regolamento
medesimo avviene sulla base della situazione esistente al momento in cui il
richiedente ha presentato domanda di protezione internazionale per la prima
volta in uno Stato membro.
53 Pertanto,
l’ultimo periodo dell’articolo 13, paragrafo 1, del citato regolamento deve
essere interpretato nel senso che esso implica che lo Stato membro la cui
frontiera esterna sia stata attraversata irregolarmente da un cittadino di un
paese terzo non potrà più essere considerato competente, sulla base di questa
disposizione, nel caso in cui il termine di dodici mesi successivi
all’attraversamento irregolare di detta frontiera sia già scaduto alla data in
cui il richiedente ha presentato la propria domanda di protezione
internazionale per la prima volta in uno Stato membro.
54 Date
tali circostanze, la presentazione di un ricorso contro una decisione di
trasferimento, che è necessariamente successiva alla notificazione di
quest’ultima e dunque alla presentazione di una domanda di protezione
internazionale, non può, per sua natura, avere un qualsivoglia effetto sul
calcolo del termine stabilito all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento
Dublino III.
55 In
una situazione quale quella in questione nel procedimento principale, in cui
una domanda di protezione internazionale è stata presentata meno di dodici mesi
dopo l’attraversamento irregolare della frontiera di uno Stato membro, la
regola enunciata nell’ultimo periodo dell’articolo 13, paragrafo 1, del
regolamento Dublino III non costituisce un ostacolo all’applicazione di tale
criterio di competenza.
56 Per
quanto riguarda, in secondo luogo, il termine enunciato all’articolo 29,
paragrafo 2, del regolamento Dublino III, risulta, da un lato, dal rapporto tra
i diversi paragrafi di tale articolo e, dall’altro, dall’assenza di
qualsivoglia precisazione, in tale disposizione, in merito al momento di inizio
di tale termine che essa precisa unicamente le conseguenze della scadenza del
termine per l’esecuzione del trasferimento enunciato all’articolo 29, paragrafo
1, del medesimo regolamento (v., per analogia, sentenza del 29 gennaio 2009,
Petrosian, C‑19/08, EU:C:2009:41, punto 50).
57 Orbene,
l’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento Dublino III tiene conto delle
conseguenze dell’eventuale presentazione di un ricorso, prevedendo che il
termine di sei mesi per l’esecuzione del trasferimento decorra a partire dalla
decisione definitiva sul ricorso o sulla revisione qualora venga attribuito
l’effetto sospensivo in conformità dell’articolo 27, paragrafo 3, del suddetto
regolamento.
58 Di
conseguenza, la presentazione di un ricorso che, come quello in esame nel
procedimento principale, si sia visto riconoscere un effetto sospensivo implica
che il termine per l’esecuzione del trasferimento scadrà, in linea di
principio, soltanto sei mesi dopo l’adozione di una decisione definitiva su
tale ricorso.
59 Alla
luce di quanto precede, occorre rispondere alla quinta questione dichiarando
che l’articolo 13, paragrafo 1, secondo periodo, del regolamento Dublino III,
letto in combinazione con l’articolo 7, paragrafo 2, di quest’ultimo, deve
essere interpretato nel senso che la presentazione di un ricorso avverso la
decisione di trasferimento è priva di effetti sul calcolo del termine previsto
dal citato articolo 13, paragrafo 1.
60 L’articolo
29, paragrafi 1 e 2, del citato regolamento deve essere interpretato nel senso
che la presentazione di un ricorso siffatto implica che il termine enunciato in
queste disposizioni comincia a decorrere soltanto a partire dalla decisione
definitiva su tale ricorso, anche quando il giudice adito abbia deciso di
sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale, purché al ricorso
stesso sia stato attribuito un effetto sospensivo in conformità dell’articolo
27, paragrafo 3, del medesimo regolamento.
Sulle spese
61 Nei
confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce
un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire
sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni
alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione)
dichiara:
1) L’articolo 27,
paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione
dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione
internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese
terzo o da un apolide, letto alla luce del considerando 19 del medesimo
regolamento, deve essere interpretato nel senso che un richiedente la
protezione internazionale può far valere, nell’ambito di un ricorso proposto
contro una decisione di trasferimento adottata nei suoi confronti, l’erronea
applicazione del criterio di competenza attinente all’attraversamento
irregolare della frontiera di uno Stato membro, enunciato all’articolo 13,
paragrafo 1, del regolamento sopra citato.
2) L’articolo 13,
paragrafo 1, del regolamento n. 604/2013 deve essere interpretato nel
senso che un cittadino di un paese terzo, il cui ingresso sia stato tollerato,
dalle autorità di un primo Stato membro impegnate a gestire l’arrivo di un
numero eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi intenzionati a
transitare per tale Stato membro al fine di presentare una domanda di
protezione internazionale in un altro Stato membro, senza che fossero
soddisfatti i requisiti di ingresso in linea di principio richiesti nel primo
Stato membro di cui sopra, deve essere considerato come una persona che ha
«varcato illegalmente» la frontiera del suddetto primo Stato membro ai sensi
del citato articolo 13, paragrafo 1.
3) L’articolo 13,
paragrafo 1, secondo periodo, del regolamento n. 604/2013, letto in
combinazione con l’articolo 7, paragrafo 2, di quest’ultimo, deve essere
interpretato nel senso che la presentazione di un ricorso avverso la decisione
di trasferimento è priva di effetti sul calcolo del termine previsto dal citato
articolo 13, paragrafo 1.
L’articolo 29, paragrafi 1 e 2, del citato
regolamento deve essere interpretato nel senso che la presentazione di un
ricorso siffatto implica che il termine enunciato in queste disposizioni
comincia a decorrere soltanto a partire dalla decisione definitiva su tale
ricorso, anche quando il giudice adito abbia deciso di sottoporre alla Corte
una domanda di pronuncia pregiudiziale, purché al ricorso stesso sia stato
attribuito un effetto sospensivo in conformità dell’articolo 27, paragrafo 3,
del medesimo regolamento.
Dal sito http://curia.europa.eu